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venerdì 27 dicembre 2024

Conferenza stampa di Pier Paolo Pasolini al termine di "Salò o le 120 giornate di Sodoma" - Teatro 15 di Cinecittà, 9 maggio 1975

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro




Conferenza stampa di Pier Paolo Pasolini al termine di "Salò o le 120 giornate di Sodoma"
" Registrazione video di "Teatro 15 di Cinecittà, 9 maggio 1975"





©Eretico e Corsaro - Le Pagine Corsare


Curatore, Bruno Esposito

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Pasolini, De Sade e l’universo dei consumi - Gideon Bachmann, il 2 maggio 1975 intervista Pasolini - Il cinema in forma di poesia, a cura di L. De Giusti, Cinemazero, Pordenone 1979

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© Archivio Cinemazero, Pordenone; © Foto: Deborah Imogen Beer

 Pasolini, De Sade e l’universo dei consumi

Gideon Bachmann, il 2 maggio 1975 intervista Pasolini

Il cinema in forma di poesia

a cura di L. De Giusti, Cinemazero

Pordenone 1979



Questo film è un allegoria? e di che cosa?

Sì, lo è; però non è un vero e proprio apologo, come era Teorema, ad esempio. Stavolta il sesso ha una funzione metaforica, e quindi il film non è una favola ma una grande metafora, almeno nelle mie intenzioni. Come dicevo in quella specie di autocritica sul «Corriere della Sera», il sesso questa volta è la metafora del rapporto tra il potere e chi è sottoposto al potere.

Pasolini, Il potere e la morte - Intervista per la Televisione della Svizzera italiana, 29 aprile 1975

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Pasolini,  Il potere e la morte

Intervista per la Televisione della Svizzera italiana

29 aprile 1975


Qual è il significato attuale di questo film su Salò?

Oltre che un film sull’anarchia del potere, questo film vuole essere anche un film sull’inesistenza della storia, cioè la storia così com’è vista dalla cultura eurocentrica (il razionalismo e l’empirismo occidentale da una parte, il marxismo dall’altra) nel film vuole essere dimostrata come inesistente.

mercoledì 25 dicembre 2024

Pasolini porta Sade a Salò tra i repubblichini, David Grieco intervista Pasolini sul set del suo film - L'Unità, domenica 19 gennaio 1975

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L'Unità, domenica 19 gennaio 1975 pag. 9


Pasolini porta Sade a Salò tra i repubblichini

David Grieco intervista Pasolini sul set del suo film

 L'Unità, domenica 19 gennaio 1975

pag. 9

( Trascrizione dal cartaceo curata da ©Bruno Esposito )  


Incontro con lo scrittore-regista

La collaborazione per le edizioni italiane di « Trash » di Morrissey e di «Sweel Movie» di Makavejev Fra tre settimane il primo giro di manovella per la versione cinematografica delle « 120 giornale di Sodoma » - Intanto sta completando un romanzo-fiume

« E' molto importante i morti debbono essere "riciclati". trasformati in cibo e quindi mangiati » 

Cosi sentenzia con tono grave l'eclettico regista Dusan Makavejev, di passaggio a Roma per presentare il suo più recente film Swect Movie, visto nella primavera scorsa alla «Quinzaine des réalisateurs » del Festival di Cannes II quarantatreenne cineasta di Belgrado, al suo quinto lungometraggio — ricordiamo L'uomo non è un uccello (1963), Un affare di cuore (1967). Verginità indifesa (1968) e W. R.: i misteri dell'organismo (1971) — ha incontrato i giornalisti romani a casa di Pier Paolo Pasolini, il quale ha curato, insieme con Dacia Marainl, l'adattamento italiano di Swect Movie (letteralmente «Dolce film»).

Pier Paolo Pasolini, poesia L'usignolo - L'usignolo della Chiesa Cattolica

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Pier Paolo Pasolini
L'usignolo

L'usignolo della Chiesa Cattolica

«Io non sono la luce...»
San Giovanni, Vangelo


I

STRANIERO
Salute, giovinetto. Cosa fai appoggiato al fresco rastrello?

GIOVINETTO
Salute, straniero, dietro di me Casarsa coi campi smarriti e i vecchi muri.

STRANIERO
Sei povero o signore? che nome hai?

GIOVINETTO
Ho vent’anni, vado nel campo a servire il mio padrone.

STRANIERO
Qual è la vostra bellezza?

GIOVINETTO
Il Vallo e il Bosco con le rogge d’argento.

STRANIERO
E non avete mai feste?

GIOVINETTO
Le Domeniche son feste piene di canti!

STRANIERO
Che triste paese!

GIOVINETTO
Donne mie, vecchi della mia infanzia, che dolce allegria i giorni della Settimana Santa!

STRANIERO
Non avete corpi dentro lo scuro vestito?

GIOVINETTO
Campana dell’Ave, campana dell’Angelus.

STRANIERO
Sentite sempre la voce del cielo?

GIOVINETTO
No. L’uomo ha le carte, il vino e le ragazze.

STRANIERO
Ah, vedo che sono ombre i vostri anni!

GIOVINETTO
L’alba schiarisce i paesucci cristiani, prega il giovane e va a zappare nel campo.

STRANIERO
Felice te! Io sono lontano dal mio paese.

GIOVINETTO
E che cosa hai trovato per la tua strada?

STRANIERO
Questa conchiglia, giovinetto!

GIOVINETTO
Oh, lascia che vi posi sopra l’orecchio!

STRANIERO
Attento, è un suono di dolore...

GIOVINETTO
No! Io vi sento battere Rosario, cantare ragazzi, e sospirare mia madre nel campo.

martedì 24 dicembre 2024

Pier Paolo Pasolini, La crocifissione - L'usignolo della Chiesa Cattolica

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Pier Paolo Pasolini
La crocifissione

L'usignolo della Chiesa Cattolica


       «Ma noi predichiamo Cristo crocifisso: 

       scandalo pe’ Giudei, stoltezza pe’ Gentili.»

       Paolo, Lettera ai Corinti


Tutte le piaghe sono al sole

ed Egli muore sotto gli occhi

di tutti: perfino la madre

sotto il petto, il ventre, i ginocchi,

guarda il Suo corpo patire.

L’alba e il vespro Gli fanno luce

sulle braccia aperte e l’Aprile

intenerisce il Suo esibire

la morte a sguardi che Lo bruciano.

domenica 22 dicembre 2024

Pier Paolo Pasolini, Accattone - La vigilia. Il 4 ottobre, 1961

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Pier Paolo Pasolini
 Accattone - La vigilia

Il 4 ottobre, 1961

 (Pier Paolo Pasolini, La vigilia - Accattone, Edizioni FM, Roma 1961)


       Mi sono alzato tardi, come al solito, verso le undici. So che oggi è un giorno, come si dice?, decisivo. L’ansia mi fa star male: proprio fisicamente. Il cuore mi batte, mi si rovescia lo stomaco. Sento, nella faccia, dolermi certi punti, in cui si annida la vecchiaia: la fronte, gli zigomi sotto gli occhi, la testa dietro le orecchie.

       Mi metto al lavoro. Come un principiante. L’aver ripreso in mano un dramma che avevo scritto nel 1944, e rimasto sempre incompleto, è un fatto che ha in questo momento un significato particolare: non so se è consolazione o disperazione. Rileggendolo, ieri sera, sono entrato in uno stato di nervi che credo provi solo chi è alle soglie dell’esaurimento. Le idee che mi si erano presentate, per completarlo e correggerlo (sedici anni dopo che era stato scritto!) non mi lasciavano in pace un istante: correvano dentro di me come torrenti, come scariche. Avevano qualcosa di radioso e inebbriante, è vero: era la vecchia «joy» che si ridestava. Ma nel tempo stesso mi sfinivano, mi facevano star male come avessi la febbre. A cena, dal Pastarellaro, con Moravia, la Morante, la Adriana Asti (che dovrebbe avere poi una parte importante nel dramma), Parise, mia madre e altri amici, non riuscivo a parlare, né quasi a ascoltare: ero tutto rivoltato in dentro: verso quelle idee radiose, che mi attraversavano dalla testa ai piedi.

Pier Paolo Pasolini e il cinema. Brevi note su alcuni registi.

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Pier Paolo Pasolini e il cinema.
Brevi note su alcuni registi

Pasolini è stato un semiologo dilettante che si è occupato del linguaggio cinematografico, oltre ad essere un recensore di film propri e altrui.

Per lui il cinema riproduce la realtà, perché le sequenze cinematografiche scelgono alcuni tra gli infiniti oggetti della realtà, pure quando devono evocare situazioni del passato.

Il cinema è soggettivo quando l'autore sceglie le immagini secondo la sua personale visione ideologica e poetica della realtà, o oggettivo quando l'autore prende le immagini dalla realtà così come sono, senza l'intervento della propria ideologia, oppure si tratta di immagini divenute convenzionali perché rivestite di un determinato significato sulla base di una tradizione cinematografica precedente .

MAMMA ROMA - DIARIO AL REGISTRATORE di Pier Paolo Pasolini - 1962

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@Angelo Novi - Marcel Carné con Pier Paolo Pasolini e Anna Magnani in visita sul set


MAMMA ROMA
 DIARIO AL REGISTRATORE 
di Pier Paolo Pasolini

1962


       3 maggio 1962, ore 9

       Ricordo che anche l’anno scorso quando dovevo fare Accattone – e pareva non dovessi più farlo – ho passato delle notti insonni, le sole della mia vita, perché, di solito, io dormo intensamente per nove ore di seguito con dei sogni spesso bellissimi. Invece in quel periodo ho fatto dei sogni terribili. Sognavo nel cuore della notte – avendo coscienza di essere nel cuore della notte – il sole, un sole radioso e stupendo, che era tanto più macabro quanto più era radioso. Perché era, appunto, un sole sognato nella notte, nel cuore della notte. Quel sole colpiva delle facce, o, meglio, dei «primi piani», degli amici di Accattone, al Ciriola, sul Tevere, con i profili delle statue bianche del Ponte degli Angeli. Nel fondo della notte, una luce ardente biancheggiava sulle facce degli amici di Accattone – Peppe il Folle, il Tedesco, Piede d’Oro – con un biancore che aveva qualcosa di mortuario, di funereo – il biancore che hanno le ossa dissepolte abbandonate in un pomeriggio d’estate, con la polvere. E questo senso di funereo che c’era nel sole, che pure era stupendo, era dovuto al fatto che quelle inquadrature erano, per me, irrealizzabili, mi erano impedite dalle circostanze.

Dalla nebbia escono i teddy boys di Pier Paolo Pasolini - Il Manifesto del 7 febbraio 1996

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Immagine - Repubblica 6 aprile 2008


Dalla nebbia escono i teddy boys di Pier Paolo Pasolini

Il Manifesto del 7 febbraio 1996
ALBERTO PICCININI

I L "CONTESSA", il "Rospo", "Mosè", il "Gimkana", Toni detto "Elvis", "Rospo" che della banda di teddy boys è il capo, il suo fratellino Cino. Milano si ricostruisce. E' tutta grattacieli, fabbriche, neon, juke box, macerie e... Adriano Celentano. Una notte di capodanno di fine anni Cinquanta, in un turbinare di motociclette e macchine rubate, i ragazzi della ghenga festeggiano a modo loro. Fanno passare un brutto quarto d'ora a una coppietta - cummenda e segretaria - sopresa a far l'amore in macchina, in un prato. Rubano i gioielli che addobbano la madonnina di una chiesa di campagna, e li regalano ad una barbona di passaggio. Vanno a trovare un amico maggiordomo in una villa di signori, e lì si strafogano di polenta. Rapiscono tre signore impellicciate e le costringono ad un orgia spaccona e ubriaca. Ballano il rock'n'roll in un night dove si esibisce Laura Betti. Caricano in macchina un omosessuale di passaggio, per spogliarlo e poi picchiarlo. Infine, uno di loro muore, colpito da un proiettile involontariamente sparato da Cino, il fratellino.

Pier Paolo Pasolini - «Ho cambiato idea per farla cambiare» ­«II Giorno», 22 agosto 1968

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Pier Paolo Pasolini
«Ho cambiato idea per farla cambiare»

­«II Giorno», 22 agosto 1968

Caro Chiarini,

dopo aver scritto su queste stesse colonne del «Gior­no» le ragioni per cui ho deciso di mandare al tuo Festi­val il mio film dissentendo così con l’Anac e tutte le altre formazioni culturali e politiche che si erano allineate nel contestarlo, oggi succede un fatto nuovo e inaspettato (anche a me stesso): non mando più il mio film al Festi­val di Venezia così come era ufficialmente — e sia pure fortunosamente e con grande e imperterrita passione da parte tua — istituito. Che cos’è successo, che mi ha fatto prendere una diversa decisione?

E qual è questa diversa decisione?

Rispondo prima alla seconda domanda. Io mando il mio film a Venezia attraverso l’Associazione autori cine­matografici (Anac) anziché attraverso la normale orga­nizzazione da te diretta: questo significa che aderisco alla «occupazione di lavoro», decisa di comune accordo con l'Anac, della Mostra del Cinema: occupazione di lavoro durante la quale saranno proiettati i film (da te invitati) e verrà elaborato il nuovo regolamento della Mostra.

venerdì 22 novembre 2024

Intervento di Pier Paolo Pasolini sulla traduzione dell’Orestiade e del Vantone - Ruggero Jacobbi Le belle infedeli, ovvero i poeti a teatro, Rai, gennaio 1968

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Intervento di Pier Paolo Pasolini sulla traduzione dell’Orestiade e del Vantone

Tratto dalla rubrica radiofonica a cura di Ruggero Jacobbi 

Le belle infedeli

ovvero i poeti a teatro

Rai, gennaio 1968



Oggi in: 

PASOLINI SCONOSCIUTO

Interviste, scritti, testimonianze - a cura di Fabio Francione 


   Il poeta traduttore che in questi anni è stato al centro delle più accese discussioni è stato certamente Pier Paolo Pasolini, in primo luogo per la sua versione dell’Orestiade di Eschilo messa in scena da Vittorio Gassman a Siracusa. Che ricordo ha Pasolini di questa esperienza?

mercoledì 30 ottobre 2024

Pasolini, intervista rilasciata a Gideon Bachmann e Donata Gallo sul set di Salò - Da Filmcritica, n. 256, agosto 1975

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 Intervista rilasciata a Gideon Bachmann e Donata Gallo

Da Filmcritica, n. 256, agosto 1975





Ci parlavi di un esigenza diversa, in questo film Salò e le 120 giornate della città di Sodoma per quel che riguarda la recitazione di tutti gli attori, puoi spiegarci in cosa consiste?

Sì, negli altri film, agli attori professionistici richiedevo il non professionismo e agli attori non professionisti, quelli presi dalla strada, suggerivo la battuta che poi loro dicevano a loro modo, anche nel loro dialetto se volevano, poi io avrei scelto in fase di montaggio i momenti più felici, ispirati, riusciti, lasciando magari anche degli ascolti che non c’entravano direttamente, ma che rappresentavano quel momento di verità che avevo colto. Qui invece no, in questo film le battute devono essere dette in modo esatto dalla prima parola all’ultima, perché questo non è un film di raccolta di materiali, è un film già montato mentre lo giro, voglio perciò che sia perfetto, esatto come un cristallo. Per cui questa volta, agli attori professionisti chiedo il massimo professionismo e pretendo il professionismo dagli attori non professionisti.

Pier Paolo Pasolini - Lettera luterana a Italo Calvino - Il Mondo, 30 Ottobre 1975

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Pier Paolo Pasolini a Italo Calvino

Il Mondo, 30 Ottobre 1975

Tu dici: «I responsabili della carneficina del Circeo sono in molti e si comportano come se quello che hanno fatto fosse perfettamente naturale, come se avessero dietro di loro un ambiente e una mentalità che li comprende e li ammira».
Ma perché questo?
Tu dici: «Nella Roma di oggi quello che sgomenta è che questi esercizi mostruosi avvengono nel clima della permissività assoluta, senza più l’ombra di una sfida alle costruzioni repressive».

Pier Paolo Pasolini "La vigilia di Accattone". Il 21 ottobre, 1961

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 Pier Paolo Pasolini  
"La vigilia di Accattone"
Il 21 ottobre, 1961

       Mi alzo, mi metto al lavoro – per ingannare il dolore di Accattone, e no, non sto affatto bene.

       Lo stomaco è come una bolla che lancia bolle, su, contro la cassa cranica, come contro un coperchio chiuso: non potendo esplodere, comprimono il cervello, e mi danno una specie di capogiro secco, da malato di cuore. È l’effetto della cucina cinese... E così, adesso, chino sui fogli della Storia interiore, penso quasi con ostilità al padrone del ristorante, cinese, appunto, e a tutti quei suoi piatti e piattini.

       Era un uomo piuttosto grande per essere cinese: molto gentile, e veramente timido. Un capello – dico un solo capello – o al massimo due o tre, se non mi si vuol prendere alla lettera – gli si staccava dalla calotta nera, un po’ larga alle tempie, da professore, e gli pendeva inerte e assurdo sulla fronte. Nella sua estrema cortesia, egli non faceva altro che lottare contro quel suo capello, cercando di rinserirlo nella calotta, senza mai riuscirci.

       Ad agitarlo così era Fellini: io non certo – cinese com’ero, quasi quanto lui.

       Fellini ordinava i cibi con acribia di mago: la cena – in quel locale da Dolce vita – era una vera e propria regia. E Fellini usava la sua tecnica etnica: pascoliana. Io l’avrei abbracciato, con quei suoi occhioni calamarati, con quelle sue guancione avvilite.

       Eravamo lì per perdonarci a vicenda la questione di Accattone. Anzi, ci eravamo già perdonati, e ci restava da consolidare e verificare il perdono. Era una situazione molto difficile: e solo la zuppetta di pinne di pescecane, il pollo con le mandorle, l’insalata di soia e bambù, il piatto di arancini e zenzero, e il delizioso tè di gelsomino, potevano in quel momento agire da riparo, da transfert. Ci siamo buttati su quella cena, e sulle strane facce dei commensali, come naufraghi su un salvagente.

       È molto più facile litigare che sperimentare di comune accordo la persistenza del vecchio affetto.

       Lui – mi aveva subito detto – aveva dovuto rispondere almeno a cinquanta persone che si accanivano: «Lo vedi, il tuo Pasolini...». Io non a cinquanta, ma almeno a una dozzina che mi deversavano all’orecchio: «Lo vedi, chi è Fellini...». Quanto a me rispondevo, quasi con ira, che qualsiasi cosa facesse Fellini, sia pure coscientemente, contro di me, non avrei potuto arrabbiarmi con lui. E anche lui aveva dovuto difendersi, in modo analogo, e forse più drammaticamente di me, perché il giro dei miei amici è più ristretto e, vorrei dire, anche più scelto: certo per il diverso mestiere che io faccio.

       Ma quanta amarezza, quanto disordine, quanta passività, di fronte alla lenta alienazione che ci porta per una via insensibilmente ma inevitabilmente diversa da quella sperata... Diversa, dico, rispetto alle speranze morali dell’adolescenza. Uno fra i più grossi dispiaceri – di quelli consolabili, da non potersene capacitare – della mia adolescenza, è stato passare, avidamente, dalla lettura dei Tre moschettieri a quella di Vent’anni dopo: vedere l’amicizia tra i moschettieri – quella pura, quella ideale, quella precostituita fantasticamente... – così alterata... dagli anni. Athos, Porthos, Aramis, D’Artagnan, dopo vent’anni, ancora amici, ma divisi da qualcosa che – allora, da ragazzo – mi pareva orrendo: gli interessi dell’inserimento sociale, la diversità delle opinioni: divisi fino al tradimento, un tradimento sottile, giocato con la vecchia amicizia. Qualcosa, insomma, che un giovane non può concepire. Una mescolanza inammissibile, che allora (ma anche oggi!) mi dava un dolore istituzionale... Sono passati vent’anni...

lunedì 29 luglio 2024

Pasolini, inedito del 1971 - «Che cosa è un maestro?

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 Pasolini, inedito del 1971


Che cosa è un maestro?


Intanto si capisce soltanto dopo chi è stato il vero maestro: quindi il senso di questa parola ha la sua sede nella memoria come ricostruzione intellettuale anche se non sempre razionale di una realtà comunque vissuta.

Nel momento in cui un maestro è effettivamente e esistenzialmente un maestro, cioè prima di essere interpretato e ricordato come tale, non è dunque un maestro; nel senso reale di questa parola.

Egli viene vissuto: e la conoscenza del suo valore è esistenziale.

Longhi era semplicemente uno dei miei professori all’università: ma l’aula dove insegnava era un posto diverso da tutti gli altri, fuori dall’entropia scolastica.

domenica 28 luglio 2024

Pier Paolo Pasolini: "Ho ricominciato proprio ieri 19 Marzo a dipingere" - Bolaffi Arte, numero 45, del dicembre 1974

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Pasolini dipinge Maria Callas di profilo
sull’isola greca di Skorpios


Pier Paolo Pasolini: 
"Ho ricominciato proprio ieri 19 Marzo a dipingere" 

Bolaffi Arte

numero 45

 dicembre 1974

Bolaffi Arte numero 45 dicembre 1974

 

“Mi interessa più la ‘composizione’, coi suoi contorni, che la materia. Ma riesco a fare le forme che voglio io, coi contorni che voglio io, solo se la materia è difficile, impossibile; e soprattutto se, in qualche modo, è ‘preziosa’. 

[...] La mia pittura è dialettale: un dialetto come ‘lingua per la poesia’. Squisito, misterioso: materiale da tabernacoli. Sento ancora, quando dipingo, la religione delle cose [...]. 

Ho bisogno di una materia espressionistica, senza possibilità di scelta (come si vede anche i dilettanti hanno i loro appassionati bisogni)” 

Pier Paolo Pasolini

(Listri 1974). 

giovedì 23 maggio 2024

Ultima lettera a Pier Paolo Pasolini di Italo Calvino - Corriere della Sera, 4 novembre 1975

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Immagine - Archivi Gorolla - Tutti i diritti riservati
Corriere della Sera, 4 novembre 1975

Ultima lettera a Pier Paolo Pasolini

di Italo Calvino

Corriere della Sera, 4 novembre 1975

Non farò più in tempo a rispondere a quella lettera. Sul “Mondo” del 30 ot­tobre, Pasolini mi indiriz­zava una lettera aperta sulla violenza nel mondo d’oggi, che resterà uno dei suoi ultimi scritti. Polemiz­zava col mio articolo del “Corriere” sul delitto del Circeo, perché io descrivevo un processo di degra­dazione della società sen­za darne spiegazioni e so­prattutto senza parlare del­la spiegazione che da tem­po ne dava lui: il «consu­mismo» che distrugge tut­ti i valori precedenti e al loro posto instaura un mondo senza principi e spietato.

mercoledì 17 gennaio 2024

EROS E CULTURA - Massimo Fini intervista Pier Paolo Pasolini - «L’Europeo», settembre 1974

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EROS E CULTURA
Massimo Fini intervista Pier Paolo Pasolini

«L’Europeo» 

settembre 1974


Tratto da:

Massimo Fini

Il giornalismo fatto in pezzi

Marsilio

    La gente corre e fa la fila per vedere il suo Fiore delle Mille e una notte. Molti critici però le rimproverano di aver abbandonato dal Decamerone in poi, passando per Canterbury, l’impegno ideologico, politico e drammatico dei suoi primi film.

    Ma questo non è vero. Assolutamente. Al contrario io ritengo che i miei ultimi tre film, Fiore compreso, siano i film più ideologici che io ho mai fatto. […] L’ideologia nelle Mille e una notte è profondamente nascosta, la si ricava non da quello che si dice esplicitamente, ma dalla rappresentazione. Io faccio vedere un mondo, quello feudale, dove vive un eros particolarmente profondo, violento e felice, dove non c’è un uomo, anche il più misero degli accattoni, che non abbia profondo il senso della propria dignità. Io evoco questo mondo e dico: ecco, fate un confronto, io ve lo presento, ve lo dico, ve lo ricordo.

Pasolini, Le connivenze - L'osservatore Romano della domenica, 20 ottobre 1974

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Eretico e Corsaro

© JAN E CARLSSON / TT News Agency / Afp 
- Pier Paolo Pasolini 



Pasolini
Le connivenze

L'osservatore Romano

20 ottobre 1974

L’accenno  alle  «connivenze»  recla­ma  un  discorso  più  lungo  anche  per­chè,  in  definitiva,  l’animo  di  «Panora­ma»  ripiglia motivi e argomentazioni di altri  che  in  questi  ultimi  tempi  si  sono occupati,  con  intenzioni  diverse,  della Chiesa e  dei  suoi  problemi.  Tra questi è  Pier  Paolo  Pasolini,  il  quale  in  un articolo  venuto  a  luce  sulla  «tribuna aperta»  del Corriere della Sera  tempo fa  scrisse  sul discorso  tenuto da Paolo VI nell’udienza generale dell’11  settem­bre per dire,  in sostanza, che la Chiesa potrebbe  salvarsi  dalla rovina  totale,  - paventata,  secondo  la  sua  interpreta­zione  molto  parziale,  nel  discorso  ri­cordato - col farsi « guida grandiosa ma non  autoritaria di tutti coloro che rifiu­tano  (e  parla  un  marxista)  il  nuovo potere  consumistico  che  è  certamente irreligioso;  totalitario;  violento;  falsa­mente  tollerante,  anzi  più  repressivo che mai...» e così via, per concludere: « —   O  fare  questo o accettare un po­tere  che  non  la  vuole  più:  ossia  suici­darsi. .. ».