Quando Pasolini chiese di cambiare tesi di laurea
e farla su Pascoli
e farla su Pascoli
di Carlo Picca
La più organica e imponente espressione dell'attività critica
di Pasolini è certamente Passione e Ideologia, un volume che fu pubblicato
da Garzanti nel 1960. In questo
notevole ed interessantissimo studio, che è da considerarsi un vero e proprio
manuale critico non solo per gli addetti ai lavori, sono presenti due vaste analisi
letterarie dedicate rispettivamente alla poesia dialettale e alla poesia
popolare italiana del secolo scorso.
Vi è poi una seconda parte, la quale ha in oggetto i saggi su
personalità importanti della nostra letteratura compresi gli anni dello sperimentalismo,
e fra le quali figure spicca senza dubbio quella di Pascoli.
Un rapporto vivo di stima,
ma al contempo anche connotato da una attenzione ambivalente, quello dello
scrittore friulano per il poeta del Fanciullino.
Questo perché per
Pasolini in Pascoli coabitano, con evidente contraddizione, una ossessione vera
e propria e spesso melensa, che tende in modo quasi patologico a mantenerlo sempre fisso a sé stesso, come uno
strumento mono corda, ma anche, uno sperimentalismo che lo varia e lo riesce a rinnovare
di continuo in modo sorprendente.
In
altri termini coesistono in lui una forza irrazionale che lo costringe alla
fissità stilistica e una forza intenzionale che lo porta alle tendenze
stilistiche più disparate.
Così, pari all'allontanamento
che possono suscitare alcuni versi e temi del Pascoli, a causa di questa sua
immobilità, corrisponde tuttavia una più
che complementare simpatia derivante dal suo sperimentalismo e dalla sua
appassionata velleità di ricercatore.
Parole non a caso
queste, tutt'altro, Pascoli per lungo tempo fu motivo di studio molto approfondito
per il regista di Accattone, e forse
non tutti sanno che Pasolini in procinto di laurearsi, nel 1944, nonostante la
tesi assegnatagli dal professor Longhi intorno alla pittura contemporanea,
decise e propose di potersi smarcare proprio per dedicarsi al poeta del X agosto.
E lo fece
giustificandosi che il manoscritto di quella tesi gli era andato perduto, a
Pisa, durante il marasma seguito all'armistizio, e non volendo rifare tutto
quel lavoro daccapo, mutò argomento e soprattutto relatore rivolgendosi con
un’epistola al Professore Calcaterra.
Così nel marzo 1944, lo
studente Pasolini chiese la tesi di laurea al suo docente di Letteratura
italiana dell’Università di Bologna, appunto Calcaterra. Al nuovo professore avanzò
un lavoro accademico su Pascoli sperando ardentemente che questi lo soccorresse
nella sua istanza rocambolesca ed imprevista fino a poco prima.
La cosa andò a buon
fine e si concretizzò, avvenne infatti che il poeta de Le Ceneri di Gramsci discuterà il 26 novembre 1945 la sua tesi intitolata Antologia della poesia pascoliana: introduzione e commenti.
Completa conversione di
argomento dunque, giustificata dal fatto che Pascoli fosse un poeta a cui egli si
sentiva legato profondamente, “quasi da una fraternità umana”, e per questo,
nonostante non sempre lo avesse accettato senza remore, l’aveva comunque sempre
letto e molto assorbito.
Come dimostra la
lettera che Pasolini scrisse a Calcaterra per giustificare il cambio di tesi,
la lettura del Pascoli, ha sempre avuto in lui un valore di “studio della tecnica
della poesia”, ovvero di uno studio personale e peculiare, in cui tutte le sue
facoltà critiche restavano “sveglie”, protese a rilevare “gli affetti risolti
in linguaggio” innovativo.
Ed ammessa e concessa
la dote contraddittoria della sua poesia, tuttavia laddove “si fa più chiara ha
in sé una commovente modernità”.
Secondo l’autore di
Casarsa, come ebbe poi modo di scrivere nel 1955 circa il «Fanciullino», in un
articolo apparso sulla rivista Officina e qui ripreso nei corsivi, e
successivamente raccolto proprio nel volume Passione
e Ideologia, la poetica pascoliana, se non ha in sé l’attributo di una
lingua ispirata ad un realismo di origine
ideologico, alla Manzoni o Verga per intenderci, possiede però quello di una
vita intima e poetica dell’io immerso
in un allargamento e sperimentalismo linguistico ben degno di nota.
In questa analisi si configura il Pascoli anche come punto
di riferimento per tutta la poesia a venire dopo lui, ovvero per l’intero organismo stilistico dei
crepuscolari e degli epigoni di questi.
Per lo scrittore che fu
Eretico e Corsaro infatti, con questa caratteristica di saper fornire alla
lingua un contributo stilistico originale non da poco, Pascoli senza ombra di dubbio, influenzerà non
solo Sbarbaro, Saba, il lessico vernacolare di taluni dialettali come De Titta,
Costa, Lorenzoni, e ancora Govoni, fino ad arrivare ad Ungaretti, Montale,
Onofri, Gatto, Betocchi, Bertolucci, ma tanti e tanti altri poeti, ritenendo in
questa maniera, assai ricco e complesso il suo apporto alle forme poetiche di gran
parte del novecento.
Concludendo, va detto
che prima di tutta l’indagine pasoliniana, Pascoli era sempre stato descritto
in veste molto accademica dalla critica letteraria precedente. La sua lettura seppe
aprire un varco nuovo di conoscenza, ancora tutt’oggi punto di riferimento per
chi studia e approfondisce il poeta di Myricae.
Carlo Picca