"Le pagine corsare "
dedicate a Pier Paolo Pasolini
Eretico e Corsaro
Quel giorno di Ognissanti
di Carl Henrik Svenstedt*
Era la mattina di Ognissanti. Siamo scesi in città molto presto attraverso Porta Pinciana. La luce era alta sopra Villa Borghese, le scimmie urlavano nel giardino zoologico. Ma c’era anche uno strano silenzio. In piazza del Popolo, piccoli gruppi di persone si addensavano intorno all’edicola, ammutoliti. I titoli dei giornali urlavano: “Pasolini ammazzato!”. Un colpo al cuore per molti. La poesia era stata la loro ultima linea di difesa contro il male, e adesso anche questa era stata travolta. I nemici erano entrati nel cortile di casa. Sentivo il mio corpo contratto come un singolo muscolo. Mia moglie italiana, cominciò a imprecare: “Andiamocene da qui. Andiamo via da questo paese di merda!”. Tornammo a Stoccolma il 3 novembre. Il mio collega della radio mi consegnò un nastro magnetico.
“Questa è una registrazione della conferenza di Pasolini alla Casa del Cinema”, disse. Ascoltai la sua voce discreta – sembrava stanco da morire. Poi scrissi queste righe per il mio nuovo romanzo. Il nastro scomparve nella nostra cantina per i successivi 36 anni. Avevo incontrato Pasolini per la prima volta alla Mostra del Nuovo Cinema di Pesaro organizzata da Lino Micciché nel 1967. Pier Paolo aveva tenuto in quell’occasione un “Discorso sul piano-sequenza ovvero il cinema come semiologia della realtà”, partendo dal filmato dell’omicidio di Kennedy.
Resta ancora uno dei commenti più belli e importanti sul cinema poetico. Ci incontrammo in seguito un paio di volte in questi anni, alla Mostra di Venezia per la prima di “Medea”, e nella sua casa all’Eur quando stavamo lavorando alla sua traduzione in svedese (poi seguita da “Porcile”). Pubblicai anche una scelta delle sue poesie, “Linee terrestre” (tradotte da Jordiska Rader). C’era la sua piccola vecchia madre, Susanna, che cinque anni dopo avrebbe seguito la sua bara come la Maria della Bibbia. Dieci anni dopo andammo a Casarsa. Sono stati seppelliti l’uno accanto all’altra nel suo quieto cimitero. Non c’era posto per un padre. Il nostro spazio condiviso era la poesia visiva, in versi e sullo schermo cinematografico. Pier Paolo è stato amato e riverito in Svezia molto precocemente. Lo consideravamo il più grande poeta italiano del dopoguerra.
*giornalista, scrittore e cineasta
traduzione di Mario Baccianini
Fonte:
L’ Espresso,