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venerdì 27 giugno 2025

Pier Paolo Pasolini, La morale delle favole - Antonio Bertini intervista Pasolini sul set di Uccellacci e uccellini - Vie nuove, 25 novembre 1965 , pag. 49 e 50

"Le pagine corsare " 

dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro



Pier Paolo Pasolini
La morale delle favole
 Antonio Bertini intervista Pasolini sul set di Uccellacci e uccellini

Vie nuove, 25 novembre 1965

 pag. 49 e 50

( © Questa trascrizione da cartaceo, è stata curata da Bruno Esposito )



<< Al mondo tutti gli uomini sono concorrenti... L'ho detta una schifezza! >> E Totò scuote la testa. 

Si ricomincia. 

<<Motore>>, <<Partito>>  risponde il fonico. 

Si ode un lungo trillo di campanello. Totò riprende a dire la battuta. Ma ha come una improvvisa amnesia e si interrompe. 

<<Eppure la so>> piagnucola. 

Nel teatro numero 8 degli stabilimenti De Paolis si gira in questi giorni l'ultimo film del poeta-regista Pier Paolo Pasolini. 

Tra gli autori nuovi rivelatisi in campo cinematografico dopo il 

1960 è certamente uno dei più originali e interessanti. Il suo esordio avvenne clamorosamente con Accattone, un film ricco di poesia e di umanità, in cui la parabola vitale di un giovane sottoproletario romano acquistava una dolorosa dimensione tragica. Poi venne Mamma Roma, scritto per Anna Magnani. Recentemente l'attrice ha dichiarato: 

<<Non capisco... Pasolini ha scritto il film per me, ma considera gli attori solo come strumenti da usare o materia da plasmare>>. 

mercoledì 14 maggio 2025

Pasolini, Le ragioni di un non amore - Uccellacci e uccellini - Vie nove numero 21, del 27 maggio 1965, pag. 26

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro



Pasolini, Le ragioni di un non amore

Uccellacci e uccellini

Vie nove

numero 21

27 maggio 1965

pag. 26

( © Questa trascrizione da cartaceo, è stata curata da Bruno Esposito )


Ho letto il suo soggetto intitolato «L’aquila» e vi ho ritrovato un’accentuata francofobia, che del resto non da oggi rilevo nelle sue posizioni critiche e letterarie. Non capisco in concreto che cosa voglia dimostrare l’allegoria del domatore francese i cui sforzi per addomesticare l’aquila non soltanto risultano vani, ma addirittura alla fine mutano lui stesso in aquila. La Sua francofobia giunge fino al punto di definire «pernacchiette» quel piccolo caratteristico soffio con il quale i francesi hanno l’abitudine di sottolineare certe frasi. Ma ciò che è più grave, ciò che fa torto alla Francia, alla sua universale cultura e alla sua tradizionale generosità è che Lei mette tutti i francesi nello stesso sacco, come se niente di ciò che è francese meriti non dico ammirazione, ma almeno stima e comprensione. Infatti nel pantheon del Suo sovrano disprezzo Lei colloca alcuni rappresentanti illustri di correnti politiche constrastanti, da Sartre a Mauriac, da Camus a Claudel. 

Giordano Siviero

Terville (Moselle)

Francia


Cominciano le illazioni, le facili accuse che partono da un particolare isolato, anziché dall’insieme. Io non ce l’ho affatto con la Francia, che considero il centro della mia cultura. Ce l’ho, nel mio episodio, contro un certo tipo di intellettuale laico parigino, in quanto rappresentante supremo di una certa borghesia del mondo occidentale. Inoltre ho molte osservazioni anche polemiche da fare sulla cultura francese di questi anni (però Barthes, Fanon, Lévi-Strauss sono francesi!).

Pasolini, L’aquila e la preda - Uccellacci e uccellini - Vie Nuove, numero 20, del 20 maggio 1965, pag. 30

"Le pagine corsare " 
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Eretico e Corsaro




Pasolini
L’aquila e la preda
Uccellacci e uccellini


Vie Nuove
numero 20
del 20 maggio 1965
pag. 30

( © Questa trascrizione da cartaceo, è stata curata da Bruno Esposito )


 Mentre, presumibilmente, i lettori di «Vie nuove» che si interessano alla cosa, stanno onestamente digerendo il secondo e il terzo apologo di Uccellacci e uccellini, io mi occuperò delle prime reazioni al primo. Che non vengono, no, dai lettori di «Vie nuove» che, com’è giusto, aspettano di aver letto l’opera completa – sia pure nei miei brevissimi riassunti – prima di intervenire.

 La prima reazione è reazionaria. Nelle infami colonne di un giornaletto neo-fascista o paleo-fascista – comunque son sempre quelli, i fascisti in paglietta – una infelice ragazza o signora, è stata la prima a occuparsi della storia dell’aquila. Questa infelice, preda probabilmente di traumi infantili ingigantiti, nel suo fisico adulto, dalle soluzioni borghesi a quei traumi – che sono soluzioni moralistiche e retoriche – questa povera bambina andata in cannone, insomma – non ha potuto evidentemente essere così oggettiva da capire neanche la pura e semplice lettera del mio raccontino. Naturalmente, siccome è una moralista, in nome delle sue alte verità morali, ha creduto lecito di esercitare nei miei riguardi uno spirito ricattatorio, che io del resto le perdono, come tutte le altre cose cattive che dice sul mio conto – ma su cui non posso tacere, per rispetto ai terzi, cui essa, nel suo ricatto, si rivolge. Questi terzi sono i cattolici, con cui ho avuto dei rapporti concreti di dialogo durante la stesura del Vangelo, e con cui mantengo una relazione di leale amicizia. Ecco (dice l’infelice preda dei terrori di una bambinella diventati terrorismo nelle malconformazioni dell’adulta) Pasolini, dopo aver fatto il Vangelo, tradisce i suoi amici cattolici: e, rappresentando nell’aquila della sua favola il Comunismo, attribuisce solo ad esso dei valori veramente religiosi (naturalmente io riassumo il pensiero della polemista, attribuendole tutta la nobiltà che non c’è).

lunedì 5 maggio 2025

Pier Paolo Pasolini, Poesia in forma di polemica - Vie nuove, 14 gennaio 1965, pag. 30

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro



Pier Paolo Pasolini
Poesia in forma di polemica

Vie nuove, 14 gennaio 1965
pag.30

( © Questa trascrizione da cartaceo, è stata curata da Bruno Esposito )




Lei, Sartre, non giudica male
che Notre Dame sia stata illuminata dai suoi preti
per questo interlocutore anfibio?

No!

Il Peperizzo di Pressis Passe, se ne va.

Nel Café di Port Royal cala l’ombra delle due.

No!

È necessario che gli scandali avvengano, ma io non mi scandalizzo

E guai all’uomo per cui gli scandali avvengono. Ma io non mi scandalizzo
affatto! E allora? Cristo stinge al Café di Port Royal (C’è
qualcuno a questo mondo che, non scandalizzandosi,
cancella qualche paragrafo del Vangelo).

Ma là (a Est) si scandalizzano.

E inoltre (aggiunge il dolce uomo che non si scandalizza
seduto sulla poltrona come una stupenda cicala messaggera d’amore)
non c’è la «critica al marxismo».

Tutto, dunque, si spiega.

Ma intanto un’altra cicala

sola in due stanzette a Budapest, sul Danubio,
cui si giunge
da una strada di metallo nero come un corridoio,
tra brume depresse,
attraverso un ingresso senza portinaio,
con sei grandi monumenti contenenti la morte della piccola borghesia
che là visse e ora vi lascia il dolore di una morte non pianta
– sei monumenti, degradanti sui sei scalini, pieni
della forma del dolore ora empita dalla grandezza del popolo,
spazzature gelide per la pressione di esterne brume implacabili
– sei monumenti scoperchiati, con parte del loro contenuto,
accese bucce d’un frutto mediterraneo pateticamente espatriato…

Basta.
Al quinto piano viene la cicala ad aprire la porta,
non si scandalizza, ma non si appassiona,
le macchine per pensare non lo possono fare.
Non c’è ansia per quello che contesto.
La cicala ha ancora «tanto da cantare», non ha
tempo per rispondere. Le vieux! (Lo abbraccerò andandomene, avrò
coraggio di dirgli «Per tutti gli anni Cinquanta sei stato nostra
Sfinge, lascia che ti abbracci»?)


Era
questa cicala prigioniera di un Quinto Piano e della Filosofia.
La sua luce era carismatica.
Ci possono essere due pezzi di pensiero, non due pezzi di luce.
Ringiovanito dalle età delle cicale, sembro
una formica catecumena, e la mia anima infatti,
come quella di un ragazzo
ha bisogno di tornare in patria con qualche regalo.

Mi palpo nella saccoccia del vestito italiano
le due battute parigine, sicuro del trionfo.
Non posso abbracciare la povera cicala magiara
che i suoi compatrioti disprezzano (amusez-vous, avec le vieux):
uomini oscuri, funzionari, giovani letterati
che di Budapest sono l’anima nuova, come un nuovo Natale,
non sanno neanche dire dove abita,
io sono forse uno dei pochi che ne hanno notizia,
come un giornalista giovane,
e quando le sette di sera
fanno notte alta (quella silenziosa che precede le albe)
sulla capitale delle sfingi e del dolore esposto come una bandiera,

me ne vado senza regalo
con i saluti per Cesare Cases e Elsa Morante.

Me ne vado, espletato il mio dovere di giornalista sconosciuto
col suo volto minaccioso e le sue crudeli pretese di giovane,
me ne vado
come quando si lascia per sempre una città non vista.

Addio, Lukács, colombella tra le sfingi,
quanto deve ancora tubare la colomba col suo cervello d’uomo,
tra le sfingi depositarie del silenzio!

Pier Paolo Pasolini
Vedi anche:






@Eretico e Corsaro - Le Pagine Corsare


Curatore, Bruno Esposito

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venerdì 7 marzo 2025

Pasolini, III° Le corbeau - Uccellacci e uccellini - Vie nuove numero 19, del 13 maggio 1965

"Le pagine corsare " 

dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro



Pasolini,  III° Le corbeau
Uccellacci e uccellini

Vie nuove numero 19

del 13 maggio 1965

pag. 30 e pag. 63


( © Trascrizione integrale da cartaceo, curata da Bruno Esposito )


   La «voce» giusta, aggiornata, onesta, anche profonda, o almeno profondamente comprensiva, dell’ideologia, è la voce del corvo: egli appartiene e non appartiene alla vita, comprende la vita con un distacco che è anche esclusione: ha esperienza di una vita che in fondo egli non ha, e questo lo mette in una posizione imbarazzante, povero animale parlante, di cui ha coscienza e ciò dà ancora più umanità alle sue parole, alla sua partecipazione, al suo impegno.

   Il giorno è uno di quei giorni di sole, né primavera né estate, che si fanno godere dagli uomini quasi inconsapevolmente. Il sereno, la luce, l’arietta di mare ci sono, ma è naturale che ci siano. E il mondo intorno è quello dei poveri, com’è naturale che sia. Acilia, Vitinia, le campagne verso i Castelli o verso il mare, le casette, le baracche, i lotti, i casali rustici, i ponticelli, le siepi, le radure scottate dal sole.

Pasolini, II° Faucons et moineaux - Uccellacci e uccellini - Vie nuove numero 18, del 6 maggio 1965

"Le pagine corsare " 

dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro


 Pasolini II° Faucons et moineaux
Uccellacci e uccellini

Vie nuove numero 18

6 maggio 1965

pag. 30

( © Trascrizione integrale da cartaceo, curata da Bruno Esposito )



  Non abbiamo presente una frase della famosa intervista di Mao, che si riferisca ai problemi della Chiesa o delle Chiese di fronte alla lotta di classe: ma pensiamo tuttavia che non sarà difficile trovarla, magari sotto forma allusiva o metaforica. Perché è proprio a questi problemi della Chiesa di fronte alla lotta di classe che, forse un po’ arcaicamente, la nostra seconda storia si riferisce.

   È ben noto come San Francesco abbia parlato agli uccelli, e pare, con successo.

  Ebbene, ecco San Francesco, con alcuni dei suoi frati, fra cui Fra’ Marcello e il novizio Fra’ Ninetto, proprio sotto il boschetto della Porziuncola, presso Assisi, dove la tradizione vuole che egli abbia predicato agli uccelli. Sta meditando. A lungo, naturalmente, nel silenzio rallegrato, appunto, da canti di uccelli. Poi alza gli occhi, e li punta su Fra’ Marcello e Fra’ Ninetto: per incaricarli dolcemente ma inappellabilmente, con la cocciutaggine dei santi, di continuare l’evangelizzazione degli uccelli. Cominciando magari da due categorie di uccelli molto diverse fra loro, per esempio i falchi, forti e prepotenti, e i passeri, indifesi e miti.

giovedì 6 marzo 2025

Pasolini I° L’aigle, Uccellacci e uccellini - Vie nuove numero 17, del 29 aprile 1965

"Le pagine corsare " 

dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro


Pasolini I° L’aigle
Uccellacci e uccellini

Vie nuove numero 17

del 29 aprile 1965

pag.26


( © Trascrizione integrale da cartaceo, curata da Bruno Esposito )




   MAGAR COME EPIGRAFE potremmo usare una frase di Mao che in una intervista dice pressappoco: 

«La Francia? Cosa vuole da noi la Francia? Appartiene forse al Terzo Mondo, ai popoli affamati? Ebbene, se è così accettiamo molto volentieri la sua amicizia…».

   Il fondo della favola è la critica della crisi del liberalismo occidentale, e, nella fattispecie, del razionalismo parigino.