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sabato 5 luglio 2025

Intervista a Pasolini, Sade 1944 - Il cinema in forma di poesia, a cura di Luciano De Giusti, Pordenone, Edizioni cinemazero, 1979, pp. 172–177

"Le pagine corsare " 

dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro



Intervista a Pasolini
Sade 1944
Il cinema in forma di poesia
a cura di Luciano De Giusti

Pordenone, Edizioni Cinemazero, 1979

pp. 172–177


Momenti della conferenza-stampa sul set di Salò o le 120 giornate di Sodoma, il giorno prima della fine delle riprese.


Pasolini. … Nella scenografia di Salò, i lustrini, tutto ben lucidato, i mobili, una raccolta di quadri preziosi: è venuta fuori una crosta di perbenismo borghese che è prevalsa sulle intenzioni che avevo. E poi la coreografia nazi-fascista: quattro bandiere, due candelabri… Senza volerlo, queste cose hanno assunto una grande importanza visiva, credo.

Domanda. Lei dice che è prevalsa sulle intenzioni che aveva. Quali erano le intenzioni iniziali?

Pasolini. Le intenzioni erano queste, ma credevo che fossero degli elementi poco importanti nel film: invece piano piano, a forza di accumularsi scena per scena, sono diventati degli elementi prevalenti, almeno dal punto di vista visivo, e quindi visionario, e dunque, penso, sostanziale.

Domanda. Il discorso centrale politico è un discorso sull’anarchia del potere: possiamo parlarne più ampiamente?

Pasolini - PRESENTAZIONE DELL’ULTIMO «STROLIGÙT» - Libertà, domenica 26 maggio 1946, pag. 3

"Le pagine corsare " 

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Pasolini
PRESENTAZIONE DELL’ULTIMO «STROLIGÙT»

Libertà, domenica 26 maggio 1946

pag. 3

( © Questa trascrizione da cartaceo, è stata curata da Bruno Esposito )


 Se c’è qualcuno che non avrebbe da presentare, sia pure a una ristretta cerchia di lettori, la candida pubblicazione dell’Academiuta, questo sono proprio io. E per chiare ragioni. Ma ripenso a Boine, che in Plausi e botte, ha presentato un libro suo; e ora al Russo che ha fatto recentemente la medesima cosa in Belfagor. Ma poi non basterebbe a confortarmi l’ineffabile ombra del Baretti-Aristarco? Se io dunque mi autorizzo a presentare un’operetta di cui sono il curatore e che reca tre volte la mia firma (una poesia, uno scritto filologico, una traduzione) lo faccio evidentemente come giustificazione. E come giustificare davanti a un lettore sprovveduto o non informato, il secondo numero regolare di un’antologia poetica che si è assunta il preciso programma di innestare un friulano esautorato dai vernacoli nel tronco di una tradizione in lingua? Evidentemente bisognerebbe incominciare con una polemica anti-zoruttiana, ma sarebbe un discorso che ci condurrebbe troppo lontano. E poi le polemiche ci dispiacciono. Se tuttavia fosse possibile, in poche parole, ridurre alle sue giuste proporzioni la figura dell’eterno Zorutti, e, senza alcuna malignità, distruggere la facile, stucchevole poetica degli zoruttiani noi non rinvieremmo la discussione ad un altro momento. Ma è difficile, così, d’un tratto, oscurare un idolo che commuove da cento anni il cuore dei Friulani; e certamente dopo una mia pagina anti-zoruttiana, anche se mantenuta entro i puri limiti di una battaglia estetica, le azioni dello Zorutti non si abbasserebbero di un punto nell’immoto mercato udinese. Del resto basti dire che per noi zoruttiano equivale a dialettale; e per dialettale non intendiamo unicamente la poesia scritta in un qualsiasi dialetto, ma in genere una poesia ritardataria e sentimentale (ricordo certo Pascoli inferiore, che, dopo lo Zorutti, pare essere il poeta più amato dai verseggiatori della Piccola Patria).

Pier Paolo Pasolini, Una disperata vitalità - da Poesia in forma di rosa, 1964

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

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Una disperata vitalità

(da Poesia in forma di rosa, 1964)


(Stesura, in «cursus» di linguaggio «gergale» 

corrente, dell'antefatto: Fiumicino, il vecchio 

castello e una prima idea vera della morte.) 


I

Come in un film di Godard: solo

in una macchina che corre per le autostrade

del Neo-capitalismo latino – di ritorno dall’aeroporto –

[là è rimasto Moravia, puro fra le sue valige]

solo, «pilotando la sua Alfa Romeo»

in un sole irriferibile in rime

non elegiache, perché celestiale

il più bel sole dell’anno –

come in un film di Godard: