Lettera di Pier Paolo Pasolini
al Dott. Lucio S. Caruso
della Pro Civitate Christiana
Caro Caruso,
vorrei spiegarle meglio per scritto, quello che le ho confusamente confidato a voce. La prima volta che sono venuto da voi a Assisi, mi sono trovato accanto al capezzale il Vangelo: vostro delizioso-diabolico calcolo! E infatti tutto è andato come doveva andare: l’ho riletto - dopo circa vent’anni (era il quaranta, il quarantuno, quando, ragazzo, l’ho letto per la prima volta: e ne è nato L’Usignolo della Chiesa Cattolica, - poi l’ho letto soltanto saltuariamente, un passo in qua, un passo là, come succede…).
Da voi, quel giorno, l’ho letto tutto di seguito, come un romanzo. E, nell’esaltazione della lettura - lei lo sa, è la più esaltante che si possa fare! - mi è venuta, tra l’altro, l’idea di farne un film. Un’idea che da principio mi è sembrata utopistica e sterile, “esaltata”, appunto. E invece no. Col passare dei giorni e poi delle settimane, questa idea si è fatta sempre più prepotente e esclusiva: ha cacciato nell’ombra tutte le altre idee di lavoro che avevo nella testa, le ha debilitate, devitalizzate. Ed è rimasta solo lei, viva e rigogliosa in mezzo a me.
Solo dopo due o tre mesi, quando ormai l’avevo elaborata - e mi era diventata del tutto familiare - l’ho confidata al mio produttore: ed egli ha accettato di fare questo film così difficile e rischioso, per me - e per lui.
Ora, ho bisogno dell’aiuto vostro: di Don Giovanni, Suo, dei suoi colleghi. Un appoggio tecnico, filologico, ma anche un appoggio ideale. Le chiederei insomma (e, attraverso lei, con cui ho maggiore confidenza, alla “Pro Civitate Christiana”) di aiutarmi nel lavoro di preparazione del film, prima, e poi di assistermi durante la regia.
La mia idea è questa: seguire punto per punto il “Vangelo secondo San Matteo”, senza farne una sceneggiatura o una riduzione. Tradurlo fedelmente in immagini, seguendone senza una omissione o un’aggiunta il racconto. Anche i dialoghi dovrebbero essere rigorosamente quelli di San Matteo, senza nemmeno una frase di spiegazione o raccordo: perché nessuna immagine o nessuna parola inserita potrà mai essere all’altezza poetica del testo. È questa altezza poetica che così ansiosamente mi ispira. Ed è un’opera di poesia che io voglio fare. Non un’opera religiosa nel senso corrente del termine, né un’opera in qualche modo ideologica.
In parole molto semplici e povere: io non credo che Cristo sia figlio di Dio, perché non sono credente - almeno nella coscienza. Ma credo che Cristo sia divino: credo cioè che in lui l’umanità sia così alta, rigorosa, ideale da andare al di là dei comuni termini dell’umanità. Per questo dico “poesia”: strumento irrazionale per esprimere questo mio sentimento irrazionale per Cristo.
Vorrei che il mio film potesse essere proiettato nel giorno di Pasqua in tutti i cinema parrocchiali d’Italia e del mondo. Ecco perché ho bisogno della vostra assistenza e del vostro appoggio. Vorrei che le mie esigenze espressive, la mia ispirazione poetica, non contraddicessero mai la vostra sensibilità di credenti. Perché altrimenti non raggiungerei il mio scopo di riproporre a tutti una vita che è modello - sia pure irraggiungibile - per tutti.
Spero tanto che abbiate fiducia in me.
Le stringo la mano, affettuosamente,
suo Pier Paolo Pasolini.
Fonte:
http://www.sanfrancescopatronoditalia.it/notizie/cultura/lettera-di-pier-paolo-pasolini-al-dott-lucio-s-caruso-della-pro-civitate-christiana-31250#.WInludozUdU