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venerdì 18 aprile 2025

Pasolini, Marxisants (o meglio neomarxisti) - Officina, numero 2, maggio-giugno 1959

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro



Pasolini, Marxisants 

(o meglio neomarxisti)

Officina, numero 2
maggio-giugno 1959
da pag. 69 a pag. 73

( Questa trascrizione da cartaceo, è stata curata da Bruno Esposito )



Marxisants? Il francese e il genere di suffisso applicato alla grande radicale, mi lasciano dubitante davanti a questa definizione, usata sia da Roversi (con perplessità) che da Scalia (ironicamente) nel primo numero della nuova «Officina». E io non politico, e scarso lettore di sociologia, non mi dovrei sentire in grado di correggerla. Ma il «marxisants» dei miei amici mi sollecita, anzitutto quasi un punto focale nuovo sulla situazione delle prospettive in sviluppo, progresso o regresso, dopo il XX Congresso del Pcus: prospettive non solo politiche, ma ideologiche, letterarie e metodologiche, sotto il segno di una rinnovazione comunista rientrata, e sotto i segni minori dei vari moti innovativi, interni o esterni: di dissidenti, di marxisants o meglio neomarxisti [vedi «Passato e Presente»], di ex-comunisti, e anche di lealisti, rimasti nel partito di Togliatti [vedi, passim, in certe superfici interne, il nuovo «Contemporaneo»].

Tuttavia una ricostituzione rigeneratrice e semplificatrice del comunismo, a me, osservatore di passaggio e incompetente, non pare preannunciarsi all’orizzonte ideologico: è possibile, dunque, per uno scrittore, ipotizzare, come dato, un neocomunismo ancora nella piena tenebra del farsi, e, di conseguenza, prospettarsi un proprio comportamento e una propria figura nuovi, o comunque le ripercussioni etiche ed estetiche nelle sovrastrutture in cui egli opera?

Lettera di Pasolini a don Giovanni Rossi della “Pro Civitate Christiana

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro

Pasolini - Eremo di Assisi delle Carceri - Convegno Cineasti-1963


Lettera di Pasolini a don Giovanni Rossi della “Pro Civitate Christiana



Caro Don Giovani,

La ringrazio tanto per le sue parole della notte di Natale: sono state il segno di una vera e profonda amicizia; non c’è nulla di più generoso che il reale interesse per un’anima altrui. Io non ho nulla da darle per ricompensarla: non ci si può sdebitare di un dono che per sua natura non richiede d’essere ricambiato. Ma io ricorderò sempre il suo cuore di quella notte. Quanto ai miei peccati. il più grande è quello di pensare in fondo soltanto alle mie opere, il che mi rende un po’ mostruoso e non posso farci nulla; è un egoismo che ha trovato un suo alibi di ferro in una promessa con me stesso e gli altri da cui non mi posso sciogliere, Lei non avrebbe potuto assolvermi di questo peccato, perché io non avrei mai potuto prometterle realmente di avere intenzione di non commetterlo più. Gli altri due peccati che lei ha intuito, sono i miei peccati “pubblici”: ma quanto alla bestemmia, glielo assicuro, non è vero. Ho detto delle parole aspre contro una data Chiesa e un dato Papa: ma quanti credenti, ora, non sono d’accordo con me?