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Biografia, lavori in corso - a breve anche il 1974 e il 1975

lunedì 26 giugno 2023

Pier Paolo Pasolini. Libertà e sesso secondo Pasolini - Corriere della Sera, 4 febbraio 1973, pagina 2

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro



Pier Paolo Pasolini
Libertà e sesso secondo Pasolini 

Corriere della Sera, 4 febbraio 1973

pagina 2

( Ora in << Pasolini, Per il cinema >> - Tomo I°, Meridiani Mondadori, a cura di Walter Siti )

Corriere della Sera, 4 febbraio 1973
Al Decameron è seguita una lunga serie di film che non soltanto lo imitavano, ma cercavano (e ci riuscivano, presso il grande pubblico) di esserne delle perfette contraffazioni; di passare per i suoi «seguiti»; di riprodurne, insomma l'autenticità. Si trattava dunque di vere e proprie truffe o sofisticazioni. La stessa cosa è successa ai Racconti di Canterbury (e addirittura alle Mille e una notte, che devo ancora girare, per esempio, con un Finalmente le Mille e una notte). Insomma la concorrenza è stata ed è continua, sleale, sfacciata, brutale. Una torma di sciacalli ha seguito il Decameron e segue ora i Racconti di Canterbury, valendosi di metodi che dovrebbero essere inconcepibili in una società appena civile. E, del resto, sono inconcepibili: nessuno di noi potrebbe concepire infatti che uscisse un prodotto chiamato «Agip n. 2», oppure «Finalmente Fiat» (col «finalmente» in caratteri molto piccoli).

domenica 25 giugno 2023

Pier Paolo Pasolini - Italo Calvino, Le città invisibili - Tempo, 28 gennaio 1973

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro



Pier Paolo Pasolini 


Italo Calvino, Le città invisibili

Tempo, 28 gennaio 1973

(Oggi in Descrizioni di descrizioni)


   Sono cresciuto insieme con Italo Calvino, l'ho visto giovanissimo, quasi un ragazzo (credo che abbia uno o due anni meno di me, ma quando sono entrato nel mondo uscendo dal monastero friulano nel 1950, lui era un po' più adulto, e più dentro le cose della società e della letteratura, che ancora per un pezzo mi sarebbero state precluse, quasi che io non le meritassi, per qualche indegnità - o per troppa ingenuità). Abbiamo lavorato insieme, lui a Torino, io a Roma, fin verso ai quaranta anni, cioè fino a che abbiamo raggiunto il centro della vita ( quarantanni è l'età in cui l'uomo è più «illuso», crede di più nei cosiddetti valori del mondo, prende più sul serio il fatto di dovervi partecipare, di dover impossessarsene. Il ventenne, nei confronti del quarantenne, è un mostro di realismo). Il nostro lavoro, in qualche modo si integrava, benché fosse cosi diverso: e ci legava soprattutto l'ottimismo - come un buon sentimento - consistente nella convinzione che il nostro lavoro fosse al «centro» di qualcosa, e che qualcosa ne dovesse risultare. In modo molto ombroso, ci ammiravamo e ci amavamo, senza molti complimenti, troppo presi dall'importanza di ciò che facevamo per consentirci pause disinteressate.

Pasolini: sono morali «I racconti di Canterbury» - Il processo in appello a Napoli - L'Unità, 20 giugno 1973

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Pasolini: sono morali «I racconti di Canterbury»
Il processo in appello a Napoli

L'Unità, 20 giugno 1973

(Trascrizione dal cartaceo curata da Bruno Esposito)

L'Unità, 20 giugno 1973

L'Unità, 20 giugno 1973
Le dichiarazioni del regista nel corso di un interrogatorio di notevole interesse. 

Attesa per il 2 luglio la sentenza.

Nostro servizio

NAPOLI, 19

«Vi è oscenità soltanto là dove c'è volgarità; nella mia opera di volgarità non ve ne è neppure l'ombra; quindi ritengo il mio film non soltanto privo di oscenità, ma, per i motivi che poi illustrerò, addirittura altamente morale».

Con queste parole ha esordito davanti alla I Sezione della Corte di Appello di Napoli Pier Paolo Pasolini nel procedimento voluto dalla Procura generale che impugnò la sentenza con la quale il Tribunale di Benevento dichiarò non osceno perchè opera d'arte, il film Racconti di Canterbury e prosciolse da ogni accusa Pasolini e il produttore Alberto Grimaldi.

L'interrogatorio degli imputati ha avuto una impostazione un po' insolita, di un certo livello. Il presidente Sabelli non si è limitato alle solite domande per l'accertamento di una realtà «esteriore», ma si è sforzato di vedere «dal di dentro» il film di Pasolini; ha cercato cioè di immedesimarsi nella visione che dell'opera aveva avuto lo stesso autore.

PRESIDENTE: « Quale è stata l'idea animatrice del suo film? ».

PASOLINI: «Di questa mia opera debbo parlare su due piani; uno tecnico e uno morale o concettuale. Tecnicamente, mi ero proposto di fare un film che non fosse la semplice illustrazione di un'opera d'arte, ma l'interpretazione di essa, dello spirito libero, addirittura dissacrante che poi caratterizzò tutto l'umorismo inglese. Come idea nel senso più lato, ho voluto fare un film fuori di ogni attualismo, cioè non ancorato a questa o quella realtà o visione contingente, ma a valori universali e permanenti».

venerdì 23 giugno 2023

L'oriente di Pasolini - L'idea delle mille e una notte - "Il Mondo", 31 maggio 1973

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro

Le immagini sono di Roberto Villa 
Roberto Villa ha donato il suo archivio alla Cinteca di Bologna.

L‟IDEA DELLE MILLE E UNA NOTTE
Giulia Massari
Da "Il Mondo", 31 maggio 1973


Trentacinque persone, macchine, i mille oggetti che servono a una troupe cinematografica, i costumi che Danilo Donati ha disegnato per le

Mille e una notte, e cioè lunghi e larghi vestiti, larghe e lunghe sciarpe che poi saranno integrati con antiche vesti prestate dal museo di Sana‟a e con qualche povero straccio ottenuto nei villaggi più sperduti, vincendo la grandissima diffidenza, come si trattasse di strapparsi un pezzo di carne, di uomini e donne arabi nemmeno attratti da un po‟ di denaro, i bagagli di ognuna di quelle trentacinque persone, vestite dapprincipio in maniera occidentale, poi sempre più semplificando, fino a un paio di calzoni con una camiciola, tutt‟al più un

martedì 20 giugno 2023

Pier Paolo Pasolini - Sandro Penna: «Un po' di febbre» - Tempo, 10 giugno 1973, pag. 81

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Pier Paolo Pasolini
Sandro Penna: «Un po' di febbre»
Tempo, 10 giugno 1973
pag. 81
(Oggi in Scritti corsari)




Caro Sandro, non è forse giusto ch'io dica a te cose che riguardano te, e che ti dipingono con tanto amore. Io ho un culto di te. E, come tutti i culti, mi dà il rimorso di non essere così forte e fedele da praticarlo degnamente. Ciò lo dico come se ambedue fossimo morti, e la vita non ci toccasse dunque più con la sua miseria, che giorno per giorno, ora per ora, contraddice ciò che tu sei e ciò che io penso tu sia...


   Questo libro è un brano di tempo ritrovato. È qualcosa di materiale. Un delicatissimo materiale fatto di luoghi cittadini con asfalto e erba, intonaci di case povere, interni coi modesti mobili, corpi di ragazzi coi loro casti vestiti, occhi ardenti di purezza e innocente complicità. E com'è sublime il completo, totale disinteresse di Penna per ciò che accadeva al di fuori di questa esistenza tra il popolo. Niente è stato più antifascista di questa esaltazione di Penna nell'Italia sotto il fascismo, vista come un luogo di inenarrabile bellezza e bontà. Penna ha ignorato la stupidità e la ferocia del fascismo: non l'ha considerata esistente. Peggiore insulto non poteva - innocentemente - inventare contro di esso. Che Penna è crudele: non ha pietà per ciò che minimamente non è investito dalla grazia della realtà, figurarsi per ciò che n'è fuori o contro. La sua condanna - non pronunciata - è assoluta, implacabile, senza appello.


Che paese meraviglioso era l'Italia durante il periodo del fascismo e subito dopo! La vita era come la si era conosciuta da bambini, e per venti trent'anni non è più cambiata: non dico i suoi valori — che sono una parola troppo alta e ideologica per quello che voglio semplicemente dire — ma le apparenze parevano dotate del dono dell'eternità: si poteva appassionatamente credere nella rivolta o nella rivoluzione, che tanto quella meravigliosa cosa che era la forma della vita, non sarebbe cambiata. Ci si poteva sentire eroi del mutamento e della novità, perché a dare coraggio e forza era la certezza che le città e gli uomini, nel loro aspetto profondo e bello, non sarebbero mai mutati: sarebbero giustamente migliorate soltanto le loro condizioni economiche e culturali, che non sono niente rispetto alla verità preesistente che regola meravigliosamente immutabile i gesti, gli sguardi, gli atteggiamenti del corpo di un uomo o di un ragazzo. Le città finivano con grandi viali, circondati da case, villette o palazzoni popolari dai «cari terribili colori» nella campagna folta: subito dopo i capolinea dei tram o degli autobus cominciavano le distese di grano, i canali con le file dei pioppi o dei sambuchi, o le inutili meravigliose macchie di gaggie e more. I paesi avevano ancora la loro forma intatta, o sui pianori verdi, o sui cucuzzoli delle antiche colline, o di qua e di là dei piccoli fiumi.

domenica 18 giugno 2023

Pasolini Appendice 2: «I racconti di Canterbury» - Pasolini su Pasolini, Conversazioni con Jon Halliday

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Fotogramma del film "I racconti di Canterbury" di Pier Paolo Pasolini


Pasolini Appendice 2: «I racconti di Canterbury»
Pasolini su Pasolini
Conversazioni con Jon Halliday


   Il regista Pier Paolo Pasolini si trova in Inghilterra per girarvi una trasposizione cinematografica dei Racconti di Canterbury di Chaucer. Siamo andati a Rye, nel Kent, per discutere con lui del suo nuovo film e anche della sua attuale posizione politica in Italia.

   L’abbiamo trovato, con un folto gruppo di tecnici suoi connazionali, in un tipico alberghetto di campagna inglese, dove sembrava decisamente fuori posto. Erano circa le otto di sera. La cittadina era ormai morta da varie ore. Pasolini sedeva a un tavolo ornato di bottigliette di senape e di ketchup, e cercava di ordinare qualcosa da mangiare. Il cameriere gli si rivolgeva chiamandolo «Mister Pas», avendo evidentemente rinunciato al tentativo di pronunciare correttamente quel cognome. Comunicava con Mister Pas in un francese zoppicante, e la ben nota anglofilia di Pasolini stava subendo un duro colpo.

Pasolini, "Contro i capelli lunghi" - Corriere della sera, 7 gennaio 1973, Tribuna libera, pagina 2

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Eretico e Corsaro

Foto di Roberto Villa - Tutti i diritti riservati
Fonte: 
https://www.beniculturali.it/evento/pasolini-passaggio-in-iran-1973-2023

Pasolini, "Contro i capelli lunghi"

Corriere della sera
7 gennaio 1973
Tribuna libera
pagina 2

( in Scritti corsari con il titolo: 7 gennaio 1973. Il «discorso» dei capelli ) 



    La prima volta che ho visto i capelloni, è stato a Praga. Nella hall dell'albergo dove alloggiavo sono entrati due giovani stranieri, con i capelli lunghi fino alle spalle. Sono passati attraverso la hall, hanno raggiunto un angolo un po' appartato e si sono seduti a un tavolo. Sono rimasti lì seduti per una mezzoretta, osservati dai clienti, tra cui io; poi se ne sono andati. Sia passando attraverso la gente ammassata nella hall, sia stando seduti nel loro angolo appartato, i due non hanno detto parola (forse - benché non lo ricordi - si sono bisbigliati qualcosa tra loro: ma, suppongo, qualcosa di strettamente pratico, inespressivo).

sabato 17 giugno 2023

Al processo per querela, Pasolini nega di aver voluto offendere i frati - L'Unità, mercoledi 24 gennaio 1973

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Eretico e Corsaro

Fotogramma del film, I racconti di Canterbury


 Al processo per querela
Pasolini nega di aver voluto offendere i frati 

L'Unità

mercoledi 24 gennaio

1973

(Trascrizione dal cartaceo, curata da Bruno Esposito)

L'Unità, mercoledi 24 gennaio 1973

Al Tribunale di Benevento è cominciato lunedi un nuovo processo contro il film I racconti di Canterbury di Pier Paolo Pasolini, in seguito alla denuncia presentata da un religioso, padre Antonio Gambale, che ha ravvisato in un episodio del film una offesa all'onore, al decoro, alla reputazione degli ordini religiosi francescani, oltre che alla religione dello Stato. 

Dopo alcune eccezioni della parte civile e della difesa, è stato interrogato il produttore Alberto Grimaldi, che ha contestato i capi d'accusa. Non e stato interrogato il regista, assente per indisposizione. Il tribunale ha quindi disposto la proiezione del film; il processo e stato rinviato per la discussione al 3 febbraio.

Pasolini ha fatto diffondere una dichiarazione in proposito:

«Io non ho mai avuto alcuna ragione per offendere i frati o polemizzare con loro — egli dice. Anzi, se c'è una categoria di persone per cui ho una forma di simpatia e di tenerezza sono proprio i frati. Lo dico anche adesso che uno di loro ha voluto querelarmi in nome dell' "onore" del "decoro" e della "reputazione" della categoria: che sono concetti non religiosi, ma piccolo-borghesi. La mia simpatia e la mia tenerezza per i frati sono sempre state determinate dal fatto che i frati mi appaiono come sostanzialmente fuori — per le loro stesse regole — dal mondo piccolo-borghese e clericale. Fuori dal mondo del potere, insomma. Se fosse dipeso da me, semmai, avrei collocato nell'Inferno, che non e "pasoliniano" ma "chauceriano", dei preti o dei porporati: sempre scherzosamente, si capisce. Ma io, in questo episodio più ancora che negli altri, ho voluto restare fedele al testo di Chaucer: e infatti vi sono restato fedele fino alla lettera, fino a ridurre il mio testo quasi al rango dell'Illustrazione.

«Cosa che accade meno nel resto del film, il quale, essendo "opera di autore", si ispira a Chaucer, ma non l'illustra". Tutto ciò che riguarda i frati — afferma il regista — il loro andare alla questua avidamente, la loro punizione infernale, e preso alla lettera dal testo di Chaucer, ossia da un testo che e per il mondo anglo-sassone (ossia, in pratica, per tutto il mondo, eccettuata la provincia culturale italiana) uno dei testi più alti di ogni letteratura. Chaucer e per gli anglosassoni ciò che per noi Dante. E' noto e universalmente pacifico, dunque, il carattere di tale testo: il suo senso profondamente moralistico e religioso, e insieme la sua assoluta liberta laica.

giovedì 15 giugno 2023

Scontro “Rovente” a Milano su Pasolini e la pornografia, Il dibattuto su “Canterbury” al Circolo Turati di Milano (novembre 1972)

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Eretico e Corsaro

Foto di Letizia Battaglia - Tutti i diritti riservati



Nel novembre 1972, al Circolo Turati di Milano Pasolini fu invitato a discutere della “libertà d’espressione tra repressione e pornografia”. Con lui, Morando Morandini, Giovanni Raboni, l’avvocato Marco Janni e Giancarlo Feretti, moderatore del dibattito. L’occasione era data dall’ultimo film di Pasolini, I racconti di Canterbury, continuamente bloccato e sbloccato dalla censura in ragione di una presunta offesa al comune senso del pudore, ai sensi dell’articolo 529 del Codice Rocco. E’ uno dei tanti capitoli dell’incredibile odissea giudiziaria di Pasolini, che pure in occasione di quell’incontro fu fatto oggetto di attenzione, ma anche di accuse arroventate di disimpegno e di deviazionismo decadente. Accuse dal “Movimento” e da sinistra, in quel caso.

CON IL NUOVO FILM TRATTO DA CHAUCER Pasolini ci svelerà il mondo delle allegre comari inglesi - STAMPA SERA Giovedì 13 - Venerdì 14 Gennaio 1972

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Eretico e Corsaro



 CON IL NUOVO FILM TRATTO DA CHAUCER 
Pasolini ci svelerà il mondo delle allegre comari inglesi 

Diavoli, carnefici e penitenti in una scena fantastica del film «I racconti di Canterbury» 

STAMPA SERA 

Giovedì 13 - Venerdì 14 Gennaio 

1972

nostro servizio Roma, 

giovedì sera. 

Pier Paolo Pasolini è sempre in prima fila. Dopo il successo incontrato dal Decameron (e mentre si stanno producendo in Italia altri quattro o cinque film, del filone boccaccesco, un filone che si annuncia più prolifico del western all'italiana) Pasolini ha riscoperto Geoffrey Chaucer, il grande poeta inglese contemporaneo del Boccaccio, più volte accusato dai critici letterari di aver plagiato qua e là il narratore italiano. The Tales of Canterbury («I racconti di Canterbury»), comunemente indicati come il Decameron inglese, forniscono al regista italiano una materia altrettanto gustosa: beffe, allegre comari, mariti traditi, monaci libertini e monache vogliose. 

Pier Paolo Pasolini, biografia breve - 1972 Scandalizzare è un diritto... Amen

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Foto di Letizia Battaglia - Tutti i diritti riservati

Pier Paolo Pasolini
biografia breve
1972  
Scandalizzare è un diritto... Amen


«Io penso che scandalizzare sia un diritto, 
essere scandalizzati un piacere, 
e chi rifiuta di essere scandalizzato è un moralista, 
il cosiddetto moralista»

«Nei saggi ideologici ci metto il mio senso comune:
solo per quelli poetici, oh Tetis, il mio acume»

 Nei primi sei mesi dell’anno, il suo impegno maggiore è  il lavoro di montaggio e doppiaggio de I racconti di Canterbury. 

L' Unità - 23 febbreio 1972
L' Unità - 9 dicembre 1972

Guido Enaudi chiede d tempo a Pasolini di lavoare ad una nuova edizione dell’antologia della Poesia dialettale del Novecento. In febbreio Pasolini scrive all’editore: 


Caro Einaudi,

scusami per il lungo silenzio: faccio tre film in una volta e trascuro gli amici! L’idea di riprendere in mano la «Poesia dialettale» mi attira – fra l’altro, in questi ultimi cinque o sei anni sono usciti dodici o tredici libri di poeti dialettali, anche giovani, molto buoni. Ma quando avrò il tempo di occuparmene? Tu mi dai un largo margine di tempo: ma l’anno che mi attende è occupato dalla fine dei lavori dei «Canterbury», poi dalle «Mille e una notte», e poi devo preparare il mio volume di teatro, e poi, a farla completa, mi sono venuti in mente ben due romanzi!1 Non ti posso dunque promettere niente, purtroppo: ma lascio a me stesso aperto uno spiraglio (in ogni caso, avresti un giovane che, per sollevarmi dalla ricerca, si occupasse di raccogliere i volumi dei dialettali usciti dopo la mia antologia?)

Un affettuoso saluto dal tuo

Pier Paolo Pasolini

martedì 13 giugno 2023

Per il «Decamerone» di Pasolini, 80 denunce - LA STAMPA Anno 106 - Numero 34 - Venerdì 11 Febbraio 1972

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Eretico e Corsaro


Liliana Madeo 
Per il «Decamerone» di Pasolini, 80 denunce.

LA STAMPA Anno 106

Numero 34

Venerdì 11 Febbraio 1972 

Tanti "moralizzatori,, fra il pubblico del cinema.  

L'opera di Pasolini ha ottenuto il record degli incassi e quello delle proteste - Gli italiani che si scandalizzano per i film sono gli spettatori più zelanti: le lettere alla Procura partono il giorno della « prima ». 

(Nostro servizio particolare) 

Roma. 10 febbraio 1972. 



Record degli incassi e delle frequenze, il Decameron di Pasolini detiene fino ad oggi anche il record delle sdegnate proteste. Oltre ottanta sono le denunce sporte contro questo film. Sono ancora in corso un paio di procedimenti giudiziari, che la Procura competente a giudicare — quella di Trento, dove il film era uscito il 25 agosto — aveva già archiviato: a Sulmona si sta preparando un'istruttoria formale e da Ancona sono stati inviati gli atti alla Corte di Cassazione dopo una movimentata altalena di sequestri e dissequestri. In queste denunce c'è un campionario di un possibile «Esercito della salvezza» nostrano. Sono denunce dettate a voce al più vicino commissariato, o consegnate a mano, o inviate per posta. Alcuni usano carta da bollo, altri semplici fogli bianchi o la carta intestata che li qualifica. C'è un medico-chirurgo di Venezia, il comitato romano del fronte monarchico giovanile, il comitato nazionale per la pubblica moralità di Napoli, l'ispettore generale del Corpo forestale di Ancona, ben due suore missionarie del S. Cuore di Milano. 

domenica 11 giugno 2023

Pier Paolo Pasolini, biografia breve - 1971, No! Non posso dire tutto quello che voglio.

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Eretico e Corsaro


Pier Paolo Pasolini
biografia breve 
1971
No! Non posso dire tutto quello che voglio.


"Io penso che, prima, non si debba mai, in nessun caso, temere la strumentalizzazione da parte del potere e della sua cultura. Bisogna comportarsi come se questa eventualità pericolosa non esistesse. Ciò che conta è anzitutto la sincerità e la necessità di ciò che si deve dire. Non bisogna tradirla in nessun modo, e tanto meno tacendo diplomaticamente, per partito preso.

       Ma penso anche che, dopo, bisogna saper rendersi conto di quanto si è stati strumentalizzati, eventualmente, dal potere integrante. E allora se la propria sincerità o necessità sono state asservite e manipolate, io penso che si debba avere addirittura il coraggio di abiurarvi."[...]

Pier Paolo Pasolini, Il calcio «è» un linguaggio con i suoi poeti e prosatori - Il Giorno, 3 gennaio 1971.

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Eretico e Corsaro



P.P. Pasolini
Il football è un sistema di segni, cioè un linguaggio

Il Giorno, 3 gennaio 1971
oggi in:
Saggi sulla letteratura e sull’arte
a cura di W.Siti e S. De Laude
vol. II
“Meridiani” Mondadori
Milano 1999
pp. 2545-2551
(le immagini sono prese dal web e non è stato possibile risalire alla fonte) 


«[…] Il football è un sistema di segni, cioè un linguaggio. Esso ha tutte le caratteristiche fondamentali del linguaggio per eccellenza, quello che noi ci poniamo subito come termine di confronto, ossia il linguaggio scritto-parlato.

Infatti le “parole” del linguaggio del calcio si formano esattamente come le parole del linguaggio scritto-parlato. Ora, come si formano queste ultime? Esse si formano attraverso la cosiddetta “doppia articolazione” ossia attraverso le infinite combinazioni dei “fonemi”: che sono, in italiano, le 21 lettere dell’alfabeto.
I “fonemi” sono dunque le “unità minime” della lingua scritto-parlata. Vogliamo divertirci a definire l’unità minima della lingua del calcio? Ecco: “Un uomo che usa i piedi per calciare un pallone è tale unità minima: tale “podema” (se vogliamo continuare a divertirci). Le infinite possibilità di combinazione dei “podemi” formano le “parole calcistiche”: e l’insieme delle “parole calcistiche” forma un discorso, regolato da vere e proprie norme sintattiche.
I “podemi” sono ventidue (circa, dunque, come i fonemi): le “parole calcistiche” sono potenzialmente infinite, perché infinite sono le possibilità di combinazione dei “podemi” (ossia, in pratica, dei passaggi del pallone tra giocatore e giocatore); la sintassi si esprime nella “partita”, che è un vero e proprio discorso drammatico.

venerdì 9 giugno 2023

Le rivoluzioni di Pasolini - Di Enzo Siciliano, 5 Marzo 1971

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Eretico e Corsaro



"...io vorrei soltanto vivere . pur essendo poeta - perché la vita si esprime anche solo con se stessa. - Vorrei esprimermi con gli esempi. - Gettare il mio corpo nella lotta. - Ma se le azioni della vita sono espressive, - anche l'espressione è azione...". 

Le rivoluzioni di Pasolini - Di Enzo Siciliano

LA STAMPA
Venerdì 5 Marzo 1971
Anno 105
Numero 54

(Trascrizione curata da Bruno Esposito)

In una intervista concessa venerdì scorso al supplemento letterario de Le Monde, Pier Paolo Pasolini, parlando del suo volume di versi, Trasumanar e organizzar, di prossima pubblicazione, ha detto fra l'altro:

« Non posso più credere alla rivoluzione, ma non posso non stare dalla parte dei giovani che si battono per essa. E' già un'illusione scrivere poesia, eppure continuo a scriverne, pure se la poesia non è più per me quel meraviglioso mito classico che ha esaltato la mia adolescenza... Non credo più nella dialettica e nella contraddizione, ma alle pure opposizioni... Tuttavia sono sempre più affascinato da quell'alleanza esemplare che si compie nei grandi santi, come san Paolo, tra vita attiva e vita contemplativa ».

giovedì 8 giugno 2023

Pier Paolo Pasolini - L' evoluzione della mia poetica fotografica - Pasolini. per il cinema

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro

 (Pier Paolo Pasolini, durante le riprese del film "Salò o le 120 giornate di Sodoma" ) 

Intervista a Pier Paolo Pasolini
L' evoluzione della mia poetica fotografica

Pasolini. per il cinema

I meridiani 

a cura di Walter Siti

( Pubblicato anche in Progresso fotografico, anno 77, nº 9, Settembre 1970 - con il titolo: Incontro con i nostri lettori celebri, Pier Paolo Pasolini )


Pier Paolo Pasolini non è solo uno scrittore di successo, ma anche un regista altrettanto famoso. La cinematografia italiana gli deve film acuti, polemici, esasperati. La cultura cinematografica gli è debitrice di temi, certo mai facili, ma sempre profondamente umani, sempre ispirati, come i volti, come i gesti degli attori, alla vita difficile ed assurda di ogni giorno. Film come Il Vangelo secondo Matteo, Teorema e via via sino all’ultimissimo Medea non sono mai fine a se stessi ma appaiono piuttosto come gli anelli ben congegnati di una medesima catena, la catena umana che si distende nel tempo diversa e sempre uguale. I meriti di Pasolini regista sono innumerevoli, non ultimo quello di aver trasferito sulla celluloide le sue esperienze letterarie, l’essere riuscito a tradurre in immagini da cassetta una filosofia che non lo è altrettanto, ma a parte ogni altra considerazione c’è un fattore che ha collocato Pasolini tra i registi d’avanguardia: la particolare attenzione che egli dedica alla fotografia. Nella sua casa romana tra valanghe di libri e di appunti, Pasolini parla con voce pacata, lentamente. Veste in maniera anonima, non si atteggia, solo quella sua incredibile faccia dai lineamenti scavati stona con il resto del corpo che è esile, timido nei movimenti.

Come vede lei oggi la situazione della fotografia in generale?

lunedì 5 giugno 2023

Pasolini, Le parole di Gesù e le parole di Marx - Vie nuove, n. 30, 26 luglio 1962

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro


Pier Paolo Pasolini
Le parole di Gesù e le parole di Marx

Vie nuove
n. 30
26 luglio 1962




   Caro Pasolini, indubbiamente, la lettera di Luigi Novelli di Scarlino (Grosseto) pubblicata da «Vie nuove» il 21 giugno scorso, è piena di idee confuse; di più, l’autore sembra non ammettere idee diverse dalle sue (secondo il Novelli, dove la voce di Cristo «non giunge non esiste il progresso ma il deserto più completo regna sotto l’ombra di false religioni»). Ma la Sua risposta, caro Pasolini, mi sembra anch’essa piena di confusioni e carica di disprezzo per idee diverse da quelle che Lei appassionatamente professa. Il Novelli confessa di giudicare «a casaccio» «La religione del mio tempo», che non ha acquistato «per mancanza di mezzi», e a casaccio la giudica «una delirante poesia sui problemi proletari nella quale vengono confusi i mali sociali ed i mali spirituali». Ma Lei, mi scusi, giudica altrettanto «a casaccio» la confusa fede religiosa del signor Novelli, quando dice: «io non ci credo, in questo suo Dio raccattato nei solai della Controriforma e del perbenismo borghese», oppure quando si diverte a sviluppare un lungo e barocco paragone tra un Dio «ornamento prezioso e solenne della propria identità» e i «monumentali, incredibili cappellini con fiori e veli» che finiscono col trasformare nell’intimo le generiche costrette a portarli sulla scena, soddisfacendo il loro narcisismo.