"Le pagine corsare "
dedicate a Pier Paolo Pasolini
Eretico e Corsaro
Pasolini e l'Orestea di Eschilo
IV
La tragedia tra antropologia e teatro
La tragedia tra antropologia e teatro
di Irene Pozzi
Indice:
- Pasolini e l'Orestea di Eschilo - La tragedia tra antropologia e teatro - L’originale: la tragedia come passaggio tra due mondi
- Pasolini e l'Orestea di Eschilo - La tragedia tra antropologia e teatro - Universalità e contingenza: una tragedia “politica” a diversi livelli
- Pasolini e l'Orestea di Eschilo - La tragedia tra antropologia e teatro - Il testo pasoliniano
- Pasolini e l'Orestea di Eschilo - La tragedia tra antropologia e teatro - Il “nuovo ordine” dell’Africa postcoloniale: progetto per un’Orestea cinematografica
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4. Il “nuovo ordine” dell’Africa postcoloniale: progetto per un’Orestea cinematografica
«Il nuovo mondo è instaurato. Il potere di decidere, almeno formalmente, è nelle mani del popolo. Le antiche divinità primordiali coesistono con il nuovo mondo della ragione e della libertà». (Pier Paolo Pasolini) Circa un decennio dopo la traduzione della trilogia per Gassman, Pasolini torna a lavorare sull’Orestea con l’idea di creare da questa un film sull’Africa post-coloniale, nell’ambito di quel che avrebbe dovuto essere un progetto cinematografico più ampio chiamato Poema del Terzo Mondo.
Pasolini voleva, creando un’Orestiade africana, andare a rileggere gli eventi storici della recente indipendenza africana attraverso il paradigma dell’Orestea, riferendolo, nel caso dell’Africa, al passaggio da civiltà tribale a società moderna basata sulla democrazia.
Il progetto filmico dell’Orestiade ci è rimasto in traccia negli Appunti per un’Orestiade africana che Pasolini definisce non un documentario, non un film, ma una raccolta di appunti visivi.
E' interessante notare come il testo teatrale eschileo viva nella mente di Pasolini per trovare nuova forma in quel media comunicativo moderno che è il cinema.
Pasolini dunque non si ferma a un’attualizzazione del testo che ne permetta la fruizione da parte dei suoi contemporanei, ma va oltre, lasciandosi ispirare dalla correlazione tra la società di passaggio descritta da Eschilo e la moderna Africa democratica, per creare un’opera che descriva la società moderna attraverso i paradigmi della tragedia di Eschilo ed attraverso un nuovo medium.
Gli appunti visivi che Pasolini girò in Uganda Tanzania e Tanganika alla fine degli anni ‘60 hanno valore di ricerca preliminare: Pasolini utilizza la macchina da presa come strumento per collezionare volti e gesti del popolo africano nell’ottica di trovare in quei luoghi e tra quelle facce i personaggi della propria nuova Orestiade.
In particolare il regista, vedendo nel coro un elemento essenziale del proprio progetto, insiste sul carattere popolare che la propria opera cinematografica dovrà avere.
Vi è un momento, negli Appunti, in cui Pasolini si relaziona con approccio antropologico al proprio soggetto filmato, allontanandosi dall’ottica di riprendere per “registrare”, e crea una sorta di micro etno-fiction all’interno del video: è il momento in cui il regista riprende un giovane Oreste africano (colui che ha pensato momentaneamente come probabile Oreste) a partire dall’inseguimento delle Erinni, fino al “tempio di Apollo” (per il quale Pasolini sceglie l’Università anglosassone neocapitalista di Dar-es-Salaam, perché “rappresentativa di tutte le condizioni interne all’Africa”).
Oltre a questo momento che è l’unico, tra gli Appunti, in cui possiamo presuppore un’interazione con il soggetto ripreso, esiste nel video un altro piano di relazione con i soggetti ripresi: quello in cui il regista discute apertamente le proprie idee con alcuni studenti africani dell’Università di Roma. Durante quelle discussioni, inframmezzate attraverso il montaggio alle riprese di ricerca dei personaggi e dei luoghi, Pasolini ha la possibilità di scoprire se la propria visione (di occidentale) possa in qualche modo venir condivisa anche da alcuni ragazzi africani che hanno vissuto in prima persona quel passaggio dal mondo tribale alla modernità. Il dibattito fa emergere più di una volta le contraddizioni interne alla messa in relazione tra il paradigma eschileo e la situazione della moderna Africa. Secondo gli studenti quella messa in relazione porta con sé il rischio di una troppo facile generalizzazione di un discorso che non estendibile a tutti i paesi africani. Essi ritengono inoltre pericolosa e troppo fiduciosa l’ottica del regista che riconosce nell’Africa post-coloniale una “democrazia moderna” e verace, poiché il nuovo contesto africano secondo loro sì è ancora in fase di costruzione, ma ha già ereditato dall’Europa quel carattere poco genuino che lo rende più che altro una “democrazia formale”, e che quindi poco avrebbe a che vedere con il passaggio ad un nuovo mondo di cui parla Pasolini in cui “è il popolo a decidere”.
Ma alla domanda finale che il regista volge agli studenti chiedendo loro come e se “sia possibile rappresentare la trasformazione delle Furie in Eumenidi” i ragazzi rispondono che la nuova Africa non può esistere se non come sintesi tra Africa antica e moderna.
In un certo senso è in questo carattere di sintesi che Orestea ed Orestiade africana trovano un forte punto in comune, e qui il cerchio si chiude: Pasolini può concludere i propri Appunti cercando, prima tra le danze della tribù dei Wagogo e poi in una processione di donne ad un a festa di matrimonio, quell’atto o quel gesto ancora vivo dell’Africa tribale che possa rappresentare la difficile trasformazione delle Erinni in Eumenidi.
Oltre a questo momento che è l’unico, tra gli Appunti, in cui possiamo presuppore un’interazione con il soggetto ripreso, esiste nel video un altro piano di relazione con i soggetti ripresi: quello in cui il regista discute apertamente le proprie idee con alcuni studenti africani dell’Università di Roma. Durante quelle discussioni, inframmezzate attraverso il montaggio alle riprese di ricerca dei personaggi e dei luoghi, Pasolini ha la possibilità di scoprire se la propria visione (di occidentale) possa in qualche modo venir condivisa anche da alcuni ragazzi africani che hanno vissuto in prima persona quel passaggio dal mondo tribale alla modernità. Il dibattito fa emergere più di una volta le contraddizioni interne alla messa in relazione tra il paradigma eschileo e la situazione della moderna Africa. Secondo gli studenti quella messa in relazione porta con sé il rischio di una troppo facile generalizzazione di un discorso che non estendibile a tutti i paesi africani. Essi ritengono inoltre pericolosa e troppo fiduciosa l’ottica del regista che riconosce nell’Africa post-coloniale una “democrazia moderna” e verace, poiché il nuovo contesto africano secondo loro sì è ancora in fase di costruzione, ma ha già ereditato dall’Europa quel carattere poco genuino che lo rende più che altro una “democrazia formale”, e che quindi poco avrebbe a che vedere con il passaggio ad un nuovo mondo di cui parla Pasolini in cui “è il popolo a decidere”.
Ma alla domanda finale che il regista volge agli studenti chiedendo loro come e se “sia possibile rappresentare la trasformazione delle Furie in Eumenidi” i ragazzi rispondono che la nuova Africa non può esistere se non come sintesi tra Africa antica e moderna.
In un certo senso è in questo carattere di sintesi che Orestea ed Orestiade africana trovano un forte punto in comune, e qui il cerchio si chiude: Pasolini può concludere i propri Appunti cercando, prima tra le danze della tribù dei Wagogo e poi in una processione di donne ad un a festa di matrimonio, quell’atto o quel gesto ancora vivo dell’Africa tribale che possa rappresentare la difficile trasformazione delle Erinni in Eumenidi.
Fonte:
http://scriverecinema.wordpress.com/pasolini-e-lorestea-di-eschilo/
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Curatore, Bruno Esposito
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