"Le pagine corsare "
dedicate a Pier Paolo Pasolini
Eretico e Corsaro
Pier Paolo Pasolini
Io difendo padre Arpa
«Paese Sera», 6 febbraio 1968
( Nell'immagine sotto, L'Unità del 7 febbraio 1968)
I lettori di «Paese Sera» hanno letto qualche giorno fa una notizia di cronaca abbastanza lunga — e articolata, commentata «scritta» — non puramente e meccanicamente informativa, voglio dire. Serpeggiava in quella notizia, resa «oggettiva» dal fatto di comparire nella pagina della cronaca, un certo spiritello divertito, non privo di non saprei dire che compiacenza (quella forse che dà la conferma di essere dalla parte della ragione?). Come tutti i lettori di giornali, anche i lettori di «Paese Sera» non hanno buona memoria (suppongo). Quindi certamente non si ricordano che il padre Arpa della cui cattura e della cui traduzione a Regina Coeli si parlava in quella notizia, è lo stesso padre Arpa di cui «Paese Sera» si era occupato in altre occasioni: per esempio quando si parlava della difesa della Dolce vita (e io ho anche la presunzione di aggiungere la difesa di Accattone), oppure quando si parlava del festival del Cinema Sud Americano (quello stesso che ora viene delibato come se il saporino della truffa desse un certo piacere di vittoria).
Padre Arpa è un uomo piccolo come una formica, in uno stato perpetuo di raptus che può far anche sorridere i laici cattivi, che parla sempre come se non avesse incertezze; con una pronuncia alto-italiana che sanno avere (chissà perché) solo i preti, e aggredisce qualsiasi argomento come se a ordinare la sintassi e a concludere con la reggente giusta una serie imprevedibile di subordinate, ci pensasse uno spiritello serafico sempre pronto e sempre pacifico, (e padre Arpa considererebbe offensivo non affidarglisi ciecamente).
Perché scrivo queste cose? Perché mi lascio andare a questa aneddotica tra ironica e affettuosa? Perché questa captatio benevolentiae sorniona e appena mormorata?
È semplice, perché io difendo padre Arpa. E non intendo affatto — come fanno i galantuomini e le persone corrette — aspettare il giudizio della magistratura. Che uomo sarei se per giudicare aspettassi il giudizio della magistratura? Non sono stato vicino a padre Arpa? Non ho parlato con lui? Non l’ho sentito parlare? Non ho osservato la sua presenza fisica e il suo comportamento (con cui talvolta si parla più che con le parole?). E allora? Un uomo è forse un miracolo? E il nostro giudizio su lui è casuale? Può cambiare col cambiare delle cose, come se l’avessimo formulato non con la nostra testa, ma in una specie di sogno?
E noto: gli italiani sono poco psicologi. Demandano le proprie definizioni psicologiche al caso e al soccorso degli altri. Chiunque potrebbe essere un altro. Qualunque buono potrebbe essere cattivo e qualunque cattivo potrebbe essere buono. Gli italiani son pronti ad accettare tutto, su un loro concittadino, fuorché quello che può pensare la loro testa. Evidentemente mancano molto di fiducia nella propria testa.