"Le pagine corsare "
dedicate a Pier Paolo Pasolini
Eretico e Corsaro
'Porno Teo Kolossal':
il film mancato di Pasolini con Eduardo
Trattamento di Pier Paolo Pasolini e Sergio Citti (1975)
È l’alba, e il treno arriva verso la periferia di quella che è una grandissima città, un’enorme metropoli che sembra occupare l’intera terra e l’intero cielo. È Parigi, ma, nella nostra favola, essa è annunciata con il nome mitico di “Numanzia”.
Siamo dunque alle porte di un’altra Città-Utopia. Ma non appena la città è apparsa -- vista dalla sua estrema periferia, dai villaggi che la circondano -- dalle sponde dei laghetti e dei boschi dell’ultima campagna -- il treno viene fermato da un reparto militare motorizzato...
Numanzia è infatti circondata da un grande esercito che l’assedia: l’assedia dislocando i suoi accampamenti in un enorme cerchio tutt’intorno alla città. Si tratta di un esercito fascista, che è sul punto di occupare Numanzia, città, invece, socialista [22].
I passeggeri del treno vengono fatti scendere e vengono subito trattati esattamente come la polizia nazista trattava la gente: vengono contabilizzati, divisi e incolonnati come bestie, e portati brutalmente verso il posto di polizia -- dove dovranno essere controllati i loro documenti, le loro valigie, ecc. ecc.
Certamente la loro destinazione finale -- ne potrebbe essere altrimenti -- è un campo di concentramento.
Dunque Eduardo e Ninetto si trovano così in mezzo alle file di un esercito fascista. nelle mani , praticamente, di crudeli, stupidi, fanatici miliziani. Ma, ancora una volta! , la buona stella napoletana viene loro in aiuto. In mezzo al gruppo dei miliziani -- o “poliziotti” -- o SS -- c’è anche un gruppo di civili, e, tra questi civili, c’è il solito angelo napoletano.
Costui si accorge subito -- da alcune parole, per quanto pronunciate a mezza voce, di Eduardo e di Ninetto, di fronte a quello che sta loro accadendo -- che si tratta di suoi concittadini.
È preso, segretamente, dal solito spirito di fraternità: ma se lo tiene dentro, ricorrendo, per farsi capire, all’espressione degli occhi e a qualche gesto, il minimo necessario. Il dialoghetto mimico tra lui e Eduardo è un capolavoro di sottigliezza, di detto e non detto, di comprensione, totale e sviscerata, impalpabile lieve come un velo. Alla fine, con accento inequivocabile, al maresciallo che sta appunto per smistare i due verso un campo di concentramento, Totonno dice: -- Un momento, marescià! Aggio bisogno di due sguatteri. -- Totonno è infatti il cuoco del Capo dell’esercito fascista, e, come tale, ha diritto di scegliersi, tra i profughi, i due aiutanti di cui ha bisogno. Sceglie i due napoletani, dice loro di andargli appresso, con aria sostenuta e vagamente pomposa. Appena però i tre sono un po’ fuori dalla vista dei poliziotti, ecco la solita vociante e un po’ scomposta ritualità del riconoscimento.
Eduardo e Ninetto dunque vanno a fare gli sguatteri nella tenda attigua a quella -- in vista di Numanzia -- del Capo Fascista. E cominciano il loro umile lavoro pieni di buona volontà.
(La Cometa scintilla alta nel cielo, sopra l’accampamento).
Subito, naturalmente, come sempre, si svolgono, “come viste” dai due sguatteri, le prime scene che rivelano il mondo in cui ci troviamo; che è un mondo tipicamente clericale e fascista: proprio nel senso classico della parola.
La violenza, la disciplina, il fanatismo: tutte le forme di uno spaventoso ritorno di neo-nazismo -- anche se tecnicizzato -- anche se, naturalmente, più moderno che venti, trenta anni fa.
Viene la notte, i due sono nelle loro brandine, ma Eduardo non può dormire. Si svolge una scenetta tra i due, in cui Ninetto, come al solito, non dà nessuna soddisfazione al suo padrone, e dice:
“ A sor maè, so’ cazzi vostri!
Sete voi che avete voluto annà appresso a stà Cometa!
A me che me ne importa, fate un po’ voi!”.
Eduardo esce brontolando, inquieto fuori dalla tenda; ed ecco che in maniera inaspettata la Stella Cometa, che brilla nel cielo, sopra il campo dei fascisti, comincia a muoversi. Non c’è un momento da perdere.
Eduardo e Ninetto, senza nemmeno far le valigie, stavolta, infilandosi soltanto sulle mutande i pantaloni, mettendosi le scarpe senza nemmeno allacciarle -- e arraffando solo il misterioso fagotto -- escono dalla tenda, e a naso in alto incominciano a seguire la Cometa!
La Cometa va, esattamente, oltre le trincee fasciste, proprio verso il centro della città di Numanzia.
C’è dunque da attraversare le linee... Ma i nostri due personaggi -- sia attraverso le loro personali trovate per sfuggire alla sorveglianza, sia aiutati dalla fortuna che aiuta sempre i personaggi comici (candidi in mezzo ai cattivi) -- riescono a andare al di là del campo fascista e a internarsi nel territorio nemico...
Attraversata la zona franca, completamente disabitata, che li separa da Numanzia, ecco che si imbattono ora nei cavalli di Frisia, nei trinceramenti, nelle barricate, che gli abitanti di Numanzia hanno eretto contro l’esercito fascista. Ed ecco che si imbattono anche nei soldati di Numanzia che naturalmente li fermano: anche per loro vige la legge ferrea della guerra, benché essi siano i “buoni”.
In una triste strada della più lontana periferia, i nostri due eroi vengono fermati, interrogati e risulta subito, naturalmente, che non solo non hanno documenti, ma che non sanno neppure come giustificare la loro presenza lì (se non balbettando deliranti frasi sulla nascita di un Messia...). Basta.
Scusandosi, i militari di Numanzia come o abbiamo detto, -- li mettono in guardina.
Dentro la camera di sicurezza, Ninetto, in uno dei suoi rari e inspiegabili guizzi di affetto, cerca di consolare Eduardo; anzi questa volta lo fa ancora con più tenerezza e festosità. Gli recita una scenetta allegra, gli dice che tanto il giorno dopo sicuramente li lasceranno passare e così via; finché, quasi cullandolo come un bambino, lo fa dormire sul tavolaccio. Qui comincia la solita parentesi, il solito episodio del sonno di Eduardo.
In un ambiente intellettuale -- un caffè, o un circolo, o una sede di partito -- un poeta è chiuso nel suo silenzio mentre intorno a lui si svolgono le più accese discussioni in merito ai problemi politici e strategici della città di Numanzia assediata.
Ad un certo punto il poeta interrompe tutti, comunicando che ha una proposta da fare.
Si sente immediatamente che si tratta di una proposta importante, essenziale: e lo si sente per quel tono particolare che ha sempre la verità.
Si fa intorno un silenzio carico d‘ attesa. La proposta del poeta è la seguente:
Non ci sono più speranze per noi, i fascisti sono infinitamente più forti, abbiamo perduto tutte le battaglie, abbiamo perduto anche l’ultima battaglia, che ha fatto sì che noi ci dovessimo chiudere dentro la nostra città.
Ormai tutto è perduto. L‘unica cosa che ci resta da fare è non cadere vivi nelle mani dei fascisti. Ciò che io dunque propongo è il suicidio collettivo di tutta la popolazione di Numanzia. Così che quando l’esercito dei fascisti entrerà nella nostra città, troverà una città di morti. Meglio la morte che la schiavitù sotto i fascisti.
Gli altri capiscono, appunto, che questa è la Verità. Molti dei suoi colleghi intellettuali sono subito dalla sua parte, altri però si oppongono. Infatti è loro opinione che imporre dall’alto qualcosa -- qualsiasi cosa -- alla città non è democratico. Il suicidio collettivo può essere sentito con tanta forza da un intellettuale, da un poeta, da un cittadino privilegiato; ma la massa del popolo, i ceti medi potrebbero anche, in fondo, rassegnarsi a vivere sotto il fascismo; non si può obbligarli a morire. La discussione su questo punto è drammatica.
Però tutti sono d’accordo sul fatto che il poeta debba scrivere la sua proposta e pubblicarla.
Il giorno dopo la proposta del poeta, sotto forma di articolo, esce sul più importante giornale parigino (su “Le Monde”, che è diventato socialista: tutta la città è comunque democratica; gli stessi fascisti numantini sono stati tolti di mezzo, non con la violenza, ma con la persuasione... E sapremo tutto ciò
man mano che entreremo nel vivo della storia).
Appare dunque l’articolo del poeta su “Le Monde”, e tutti gli altri giornali lo discutono così come avevano discusso in privato gli intellettuali col poeta. Si accendono polemiche (non più d’élite), finché il partito cui appartiene il Poeta, che è, diciamo così, il Partito di estrema sinistra, fa sua la proposta del poeta e la presenta in Parlamento.
Nasce ora la discussione in Parlamento. E in Parlamento, dopo un acceso dibattito, si decide di indire un referendum tra la popolazione di Numanzia per scegliere nel modo più democratico tra il suicidio collettivo e la resa.
Vota “sì” chi è per il suicidio collettivo, vota “no” chi è per la resa.
Comincia la campagna elettorale nella città assediata. Siccome il tempo stringe, ci sono solo pochi giorni per poter prendere una decisione: travolgente, vorticosa, è quindi la serie di comizi per informare la popolazione e per spiegare ideologicamente e politicamente il senso del referendum. I comunisti di estrema sinistra (diciamo tipo il “Manifesto”) a cui appartiene il poeta -- sono assolutamente per il suicidio collettivo. Anche i socialisti lo sono, in fondo (benché i socialisti di destra siano dissenzienti). I partiti, diciamo così, della destra, sia pur democratica, sono invece incerti o contrari.
Infuriano dunque i comizi. La città essendo da tempo profondamente politicizzata, la folla partecipa, naturalmente, con tutta la più disperata passione (è il caso di dirlo), finché si arriva alla votazione e allo scrutinio dei voti (tutto, naturalmente, in rapidissimi scorci).
La maggioranza del popolo di Numanzia risulta essere per la morte collettiva, per il rifiuto di cadere, vivi, sotto la schiavitù fascista.
L‘esito della votazione, secondo la legge del Parlamento, deve avere esecuzione immediata. La decisione presa collettivamente e democraticamente dal popolo di Numanzia dovrà essere messa subito in pratica: il giorno dopo tutti dovranno collettivamente uccidersi, nella stessa ora.
Dissolvenza.
Eduardo si risveglia (questa volta però non è passata una sola notte, ma varie notti trascorse tutte in quella tetra camera di sicurezza): Eduardo si risveglia e, per prima cosa, i suoi occhi si posano su Ninetto, che sta fischiettando tutto giulivo: inaspettatamente e stranamente giulivo.
Eduardo si guarda perplesso intorno, e si accorge che non ci sono più le guardie, e che addirittura la porta della cella è spalancata.
Tutto felice allora egli esce dalla cella, seguito da Ninetto, sempre giulivo e fischiettante.
Appena fuori, guarda in alto e vede la sua Stella, che si sta muovendo verso il centro della città.
Seguendola di buona lena, i due attraversano tutta la periferia di Numanzia, completamente deserta, e cominciano ad addentrarsi nella vera e propria città.
Qui li aspetta uno spettacolo assolutamente unico tra i tanti spettacoli straordinari del loro viaggio, il più straordinario.
II suicidio collettivo, democraticamente stabilito, è stato infatti attuato: e cosi Numanzia altro non è che un’immensa città di morti.
Ma lo straordinario consiste soprattutto nel fatto che i numantini si sono uccisi fissando per l’ eternità l’atto che più hanno avuto caro nella vita.
Camminando nel profondo silenzio delle strade di Numanzia, Eduardo e Ninetto vedono infatti tutta una serie di cittadini che si sono dati la morte nel modo che essi più desideravano.
Nelle panchine dei giardinetti ci sono dei giovanissimi morti abbracciati teneramente.
Sulle rive della Senna ci sono dei pescatori morti con la lenza sul fiume.
Lungo le bancarelle di libri ci sono dei letterati morti sui libri che più amavano.
Preso dalla curiosità, Ninetto apre piano piano la porta di una casa e vede moglie e marito morti nell’atto di fare l’amore.
Dentro un’altra casa c’è un vecchio pensionato morto solo con il suo cane.
In un’altra, un omosessuale morto, con accanto un mazzo di rose, abbracciato al suo ragazzo.
Altri si sono uccisi tutti insieme: ai Champs Elisées, per esempio, ci sono alcune Autorità che si sono uccise con il loro vestito da cerimonia, sotto l’arco di Trionfo, con intorno le bande dei militari, morti stringendo le loro trombe.
Sempre nei “Champs Elisées”, in un “cinema d’essai”, tutti gli spettatori si sono uccisi insieme mentre stavano vedendo il film di Charlot: “Il grande dittatore”: sullo schermo, per l’eternità, c’è l’immagine immobile di Chaplin che dà un colpo col sedere al mappamondo.
Piano piano, però, il silenzio di questa città di morti comincia a diventare tragico, quasi intollerabile.
Ninetto comincia allora a fischiettare, un po’ per fare allegria al suo costernato padrone e un po’ anche per onorare i morti; e intona lo “Ca ira” (o “Bandiera rossa”). È l’umile celebrazione dell’ eroica morte dei cittadini di Numanzia.
Dai “Champs Elisées ” al Pont Royal, dal Pont Royal a Saint Germain des Près, tra i morti.
Ed ecco, a Saint Germain des Près, lo stesso caffè in cui il poeta aveva lanciato l’idea del suicidio collettivo.
È silenzio profondo, tutti i caffè -- con i loro vecchi clienti che si sono uccisi alloro tavolino, davanti a un bicchiere di birra o di vino -- sono immersi in una pace ormai agghiacciante, dacché Ninetto ha smesso di cantare.
Ed ecco che improvvisamente si sente un rumore: un tintinnio appena percettibile: si tratta di un cucchiaino che mescola del ghiaccio dentro un bicchiere.
Ninetto si avvicina incuriosito, e anche un po’ spaventato, e, fra gli intellettuali morti, vede che l’unico rimasto vivo è proprio il poeta che aveva lanciato l’idea della morte collettiva: egli è l’unico, in tutta la città, che non ha avuto il coraggio di morire, e ora tutto solo, si sta preparando un whisky con ghiaccio. La vita è stata più forte di ogni altra cosa.
A questo punto un rombo terribile si alza nella città: sono i fascisti che la stanno invadendo.
Si vedono i carri armati spuntare dai Champs Eliseés e stringersi intorno al caffè dove sono, vivi, il poeta, Nunzio ed Epifanio, i quali, all’arrivo dei carri armati fingono, naturalmente, d’essere morti, tra gli altri.
Dissolvenza.
Siamo nuovamente nella tenda del Capo dei fascisti che, in questo momento, sono vincitori.
Si sta svolgendo una festa cui partecipano generali, diplomatici, gerarchi, tutte le autorità insomma; e tutti in alta uniforme, allegri, trionfanti, con accanto le loro signore elegantissime, ridenti e crudeli. Ci sono naturalmente anche i politici: ed è stato invitato anche il poeta, quale ospite d’onore. Il grande poeta di fama internazionale che, per di più, è ora in un certo senso, passato dalla loro parte, tradendo la sua città. Egli è seduto proprio di fronte al Capo dei fascisti.
E si giunge, tra liete conversazioni, al brindisi. II Capo, che si picca di essere un intellettuale, chiede a questo punto al poeta di recitare una poesia d’occasione. Dopo un attimo di strana ed enigmatica concentrazione, ecco che, remissivo, il poeta inizia a recitare una poesia di O. Mandel’stam, che finisce esattamente con questi versi: “Bevo, ma non ho ancora deciso quale dei due vini devo scegliere -- se l’allegro Asti spumante o lo Chateau Neuf du Pape”. (Naturalmente tutta la festa, fino alla recita finale del poeta, è vista anche da Ninetto ed Eduardo, che, promossi per l’occasione da sguatteri a camerieri, servono a tavola i fascisti).
Appena è terminato l’ultimo verso della poesia, il Capo batte le mani e ordina a un cameriere di portare immediatamente dell’ Asti Spumante.
Stappata solennemente la bottiglia, il poeta viene servito, e i due, il Capo fascista e il poeta, brindano, alzando il bicchiere, e sorseggiano il vino. Ed ecco l’imprevedibile. Il poeta bevuto il primo sorso, esclama, senza esitazione: -- Ma questo non è Asti, è Chateau Neuf du Pape!
Il Capo fascista, con ancor meno esitazione, sostiene subito che si tratta proprio d’ Asti Spumante. Il poeta ribadisce la sua convinzione, dando così inizio ad un ostinato alterco in cui nessuno dei due vuole rinunciare a nessun costo alla propria convinzione.
La cosa giunge fino a un punto di tensione evidentemente sproporzionato all’argomento (sotto cova infatti tutto il resto): tanto che alla fine il Capo dei fascisti, gettata la maschera, con la sua sadica prepotenza, ordina urlando al poeta:
-- “O tu ammetti che si tratta di Asti Spumante come dico io, o ti faccio fucilare”.
Ma il poeta si rifiuta di obbedire, ribadendo che si tratta di Chateau Neuf du Pape, e basta.
Di conseguenza egli viene su due piedi condannato alla fucilazione.
È trascinato fuori, dai miliziani, sullo spiazzo centrale del campo: e la festa si trasforma, così, in una cerimonia funebre.
Le signore, gli ufficiali e i politici escono sullo spiazzo, mentre si sta preparando il plotone d’esecuzione, (sempre “come visto” dagli occhi di Ninetto e Eduardo).
Il poeta viene spinto contro un muro e fucilato, su due piedi, ma prima di morire egli grida, alzando il pugno chiuso: “Viva la rivoluzione!”.
A questo punto Eduardo alza al cielo lo sguardo e rivede la Stella che, nel blu della notte, riprende a muoversi: verso Oriente.
Collaborano alla creazione di queste pagine corsare:
Mario Pozzi
Maria Vittoria Chiarelli
Giovanna Caterina Salice
Simona Zecchi