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Biografia, lavori in corso - a breve anche il 1974 e il 1975

mercoledì 25 novembre 2020

Pasolini: Bestemmie da 8 milioni - Atto di citazione Amoroso - Lo Specchio domenica 14 ottobre 1962

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro

 
Lo Specchio domenica 14 ottobre 1962


Pasolini: Bestemmie da 8 milioni
Atto di citazione Amoroso
Lo Specchio domenica 14 ottobre 1962

Pag. 16 e 17

***

Ringrazio sentitamente 

Sergio Oriente 

che mi ha fornito in forma digitale una copia della rivista cartacea. 

Trascrizione curata da Bruno Esposito.


Lo Specchio domenica 14 ottobre 1962



Lo Specchio domenica 14 ottobre 1962
ROMA. — La storia di Stracci, << ladrone buono >> non sarà, portata sugli schermi da Roberto Amoroso. II produttore che avrebbe dovuto realizzarla e che a questo scopo aveva già versato a Pier Paolo Pasolini un milione di lire e altri milioni aveva distribuito a registi, sceneggiatori e soggettisti, ha Ietto il treatment scritto, chissà perchè. in romanesco dallo scrittore, sussultando sulla propria sedia di produttore. 
Amoroso aveva tempo fa deciso di realizzare un film ad episodi con il titolo << La vita è bella >> e ne aveva affidato la realizzazione, (soggetto e regia). a Jacopetti, Zuffi, Guerrini e Pasolini. 
I primi tre autori avevano puntualmente e senza incidenti consegnato i soggetti commissionati, frutto delie loro diverse attitudini e ispirazioni. Jacopetti aveva descritto alcuni momenti della nostra vita di ogni giorno come ognuno di noi vorrebbe che fosse, con mogli non gelose, commercianti onesti e vigili urbani cortesi. Guerrini aveva immaginato la vacanza di un di boxeur massacrato di botte sul ring e corteggiato sulla spiaggia, da nugoli di belle donne; Zuffi l'avventura, spiacevole, di un << commenda >> che sorprende l'amichetta tra le braccia d'un giovanotto e risolve il suo problema buttando dal balcone le pellicce e i gioielli che le aveva regalato. Pasolini consegnò invece la storia di Stracci: << La ricotta >>. Ispirata a certe barzellette da Caffè dello Sport, << La ricotta >> appare solo un pretesto per consentire all'autore d'esprimere la vocazione sacrilega; che, sarà opportuno non dimenticarlo, data fin dai tempi del noto epigramma su Pio XII che costò all'editore Bompiani l'espulsione dal Circolo della Caccia. 
Roberto Amoroso è personaggio probabilmente ai problemi dell'alienazione e dell'incomunicabilità; ma è uomo di cinema e scaltro e troppo esperto delle cose del mondo per subire rassegnatamente la beffa dl Pier Paolo Pasolini. Dopo aver inutilmente invitato l'autore a modificare l'opera e a renderla accettabile al pubblico, Amoroso apprese dai giornali che Pasolini aveva, per suo conto, già venduto al produttore Bini quello stesso soggetto per il quale aveva incassato un milione di anticipo da lui. Amoroso non era disposto a sfidare l'opinione pubblica e le autorità costituite oltre che le inevitabili reazioni di Rizzoli, di Elsa De Giorgi, di Giovanna Ralli, personaggi gratuitamente inseriti nella sua storia sacrilega da Pasolini. Soprattutto Amoroso non era disposto a buttare all'aria dei milioni per consentire a Pasolini di proseguire la sua polemica con la Chiesa, la borghesia italiana, gli angeli e i santi; per dargli il piacere di scrivere << Le tre croci vengono deposte in un immondezzaio >>. L'incarico di tutelare in sede giudiziaria gli interessi del produttore è Stato affidato a Michele Pazienza,  un avvocato fra l'altro noto per aver patrocinato gli interessi degli elefanti del Circo Togni contro la XX Century Fox che aveva sfrattato i corpulenti animali dal set di Cleopatra. Il produttore     chiederà  ai giudici di condannare Pasolini a modificare il soggetto in maniera da renderlo realizzabile e a risarcire i darmi provocati fino ad oggi; Pasolini solleciterà presumibilmente il pagamento dei sette milioni che Amoroso gli aveva promesso e che egli presumibilmente  ambisce di sommare a quelli che riceverà da Bini. 
Il cinema italiano, dice Amoroso, Sta diventando << una fetenzia >>. II produttore che si segnalò alla storia del cinema con << Malaspina >> uro dei più clamorosi successi di cassetta del dopoguerra, è scoraggiato dall'invasione dei ragazzi di vita. delle << squillo >> e dei protettori. Ma è inutile chiedergli perché, trovandosi in quella disposizione di spirito, abbia scelto proprio Pasolini per fargli sceneggiare e dirigere fargli il suo film: << Va di moda >>.

Ricorso alla Magistratura 


La  polemica giudiziaria avrà l'esito che i giudici del Tribunale di Roma riterranno debba avere; ma fin da adesso c'è da chiedersi fino a che punto certi ambienti che si dicono imparentati con l'Arte con l'A maiuscola sopporteranno la presenza di questo << poeta maledetto >> la cui opera comincia a interessare i Carabinieri più che il pubblico che dovrebbe a quella fonte abbeverarsi. E perchè i lettori possano rendersene conto, trascriviamo qui di seguito l'atto di citazione dall'avv. Pazienza allo scrittore di vita: 

Lo Specchio domenica 14 ottobre 1962


Tribunale di Roma 
ATTO Dl CITAZIONE 


Il sottoscritto avv. Michele Pazienza nell'interesse del sig. Roberto Amoroso dom.to in via Tagliamento n. 24 elett.te dom.to presso l'avv. Michele Pazienza in Roma via Sant'Erasmo 19, per delega a margine
 

espone quanto appresso 


Il produttore cinematografico Roberto Amoroso intendendo produrre un film dal titolo << La vita è bella >> ad episodi, prese contatto nel febbraio 1962 con vari registi-soggettisti ai quali affidare la realizzazione, ed alla fine decise di impostare il film su 4 episodi, affidati alla regia rispettivamente di Gualtiero Iacopetti,  Pier Pado Pasolini, Mino Guerrini e Piero Zuffi. che dovevano provvedere anche al soggetto e alta sceneggiatura.
 
Il 7-3-1962 il dott. Pier Paolo Pasolini firmava il seguente preciso impegno, concernente il soggetto, la sceneggiatura e la regia: 
<< Ricevo dal sig. Roberto Amoroso la somma di L.  1.000.000, quale acconto sul mio compenso stabilito in lire otto milioni per la realizzazione di un episodio da me scritto e diretto, riguardante il film dal titolo provvisorio "La vita è bella">>.
Non veniva fissata per iscritto una scadenza contrattuale, ma le parti convenivano verbalmente che si sarebbe iniziata la lavorazione del film a fine giugno 1962. Il Pasolini prometteva di consegnare pochi giorni dopo il soggetto, in maniera che il produttore lo potesse esaminare per le eventuali modifiche. Nel frattempo iniziava la pubblicità relativa alla produzione, ed i giornali cominciarono ad interessarsi del producendo film. 
Il Pasolini in un primo tempo proponeva di elaborare un soggetto riguardante la figura di un Insegnante pederasta che. innamoratosi di un allievo e da questi respinto, si impiccava. L'idea veniva nettamente respinta, ed allora il Pasolini proponeva un altro tema: << La ricotta >> di cui parleremo appresso, e che il produttore in linea di massima accettò. 
Doveva essere una vicenda ambientata nel campo cinematografico ed impostata sulla figura di un generico perennemente affamato che per una serie di vicissitudini non riusciva a consumare il suo << cestino >> fino a quando riusciva ingordamente a fare una scorpacciata di riotta. L'idea, in linea di massima, veniva accettata, ma l'elaborazione tardava per gli impegni del Pasolini ( << Mamma Roma >> ecc.). 
Di qui i solleciti che l'Amoroso indirizzava al Pasolini il 2-4-1962, il 27-4-1962, il 2-5-1962, e nei quali si reclamava urgentemente il << treatment >> onde predisporre il piano di produzione. 
Solo a metà maggio il Pasolini consegnava il soggetto e << treatment >> e grande fu la meraviglia dell'Amoroso nel constatare che l'idea originaria si era trasformata, attraverso l'elaborazione, in una raccolta di inverocondie che offendevano il senso morale-religioso dell'Amoroso e del pubblico tutto, al quale il produttore non poteva propinare un'opera siffatta. In qualche punto il pubblico italiano veniva offeso: << Il popolo più analfabeta, la borghesia più ignorante d'Europa >>. Il soggetto era anche ricco di riferimenti personali che avrebbero trascinato l'Amoroso in una serie di liti giudiziarie. 
Lo Specchio domenica 14 ottobre 1962
Occupiamoci brevemente del soggetto. Esso è ambientato nel mondo cinematografico e narra di un generico, tale Stracci, che deve impersonare la figura del Buon Ladrone in un film su Cristo: ottenuto il cestino con la colazione. Stracci, sempre affamato, si accinge a mangiare quando arriva la moglie con sette ragazzini e quindi deve cedere il cestino. Si rimette in fila, riesce a conquistare un altro cestino che nasconde sotto un mucchio di cantinelle. Si sveste degli abiti di scena e ritorna sul posto dove era nascosto il cestino, ma ha l'amara sorpresa di trovare il cagnoletto della Maddalena che gli mangia questo secondo cestino. Bastona il cane. ma sopravviene un giornalista di << Telesera >> al quale Stracci riesce ad appioppare la bestiola per 1.000 lire. Fugge fuori degli stabilimenti e compra 1.000 lire di ricotta. Ritorna sul lavoro e fa per mangiarla Quando si sente chiamare dal regista. Nasconde la ricotta, va ad impersonare, inchiodato in croce, il Ladrone Buono,  accanto a Cristo ed al Ladrone  Cattivo. Innanzi a Stracci la Maddalena esegue uno spogliarello, Si esegue una scena: in pausa di lavorazione, schiodato dalla croce, Stracci si rimpinza di ricotta. Riprende il lavoro, arriva sul posto il produttore Rizzoli con tutto un codazzo, il regista riprende la scena finale in cui Stracci deve pronunciare la sua battuta: << Quando sarai nel regno dei Cieli ricordami al Padre Tuo >> ma quando arriva il suo turno non la pronuncia più. << Il testone penzola sulla croce, contro una fuga di nuvole nere. vertiginosamente >> morto. 
Questo è il soggetto. dal quale dobbiamo scegliere fior da fiore, tralasciando le cattive parole di cui è infiorato e che sembrano oggi costituire uno << stile >>. 
A pag. 3, uno dei Santi ribatte << con la voce melliflua di gola >> di un vecchio vizioso: << Sta zitto che ti scomunico >>. 
A pag. 10: << Arriva il Santo, quello vizioso. Cammina tutto fanatico. Smiccia il più grande degli Stracci e lo squadra con l'occhio balordo. Poi malinconico gli fa un cenno con la testa, un soffio. E scompare nei cespugli, tra fasci taglienti di luce, nella gran pace. Il più grande degli Stracci, il bandito capellone, lo guarda e gli va appresso. Signora Stracci: "Indò vai?". Pischello Stracci: "Ciò da fa" E scompare anche lui, tra i tronchi lievi, nella profonda pace del mezzodi. Am, am, am, bocche innocenti che masticano, poi il secondo degli Stracci, gheisha in mezzi blue jeans, prende e va sulle orme dei soldati giovinetti del Pontermo. 
"A ma' ciò da fà pure io". Andando per gli arbusti, ecco un altro apostolo con alle tacche due soldati del Pontermo. Totale del boschetto, mentre una banda laggiù alle falde del Calvario intona con un guizzo trascinante: "Sempre libera degg'iò!".
A pag. 16: << Un giornalista di "Telesera" è capitato in mezzo al bivacco equatoriale. Un c..., è, alto quasi due metri,  che ride sempre con la bocca aperta  come un forno, timidamente 
per nascondere la ferocia… >>.
A pag. 17: << Il  giornalista di "Tetesera" si accosta al regista per intervistarlo "con la faccia che pare di pane inzuppato nella p..., come un bambino che chiede la marmellata alla madre o una z... che chiede la mancia al suo cliente >>.
A pag. I8 e 19: << Il regista abbassa gli occhi, si concentra, e, quando li rialza, secco: regista: il mio profondo, intimo, arcaico cattolicesimo. "Telesera" (dopo aver annotato sul taccuino grondando avida soddisfazione). "E... che cosa ne pensa della società italiana? Spento, ma con glaciale sicurezza, il regista: "Il popolo più analfabeta, la borghesia più ignorante d'Europa" >>. 
A pag. 27 e 28: << Maddalena se ne sta tra i Santi tutta schizzinosa. Il quarto negro le comunica qualcosa parlandole all'orecchio. Lei dice di no, lui si, daje, lei no, lui si… Insomma alla fine la Maddalena ci sta e comincia pian piano davanti a Stracci crocefisso lo spogliarello. Si toglie il velo, poi il  manto, ecc. ecc. Insomma il lettere mo' deve da fa' 'no sforzo di immaginazione e immaginare da solo tutta sta…>>. 
A 32 e 33: Colloquio fra Stracci ( Buon Ladrone) e Cristo, entrambi in croce: << Stracci (morente di fame, le braccia distese sulla croce). Ciò fame. ciò fame... Mo' bestemmio! Cristo: See! Provace! Te do un sacco de botte! >>. E continua un lungo dialogo nel corso del quale il Cristo risponde a Stracci servendosi del più qualificato linguaggio di P.P.P. 
A pag. 47 : << Stracci: inchiodato sulla croce, r... >>.
A pag. 50 e 52: << Si vede qualche dive, Giovanna Ralli, Elsa De Giorgi. Poi lui, Rizzoli che fuma pacifico il suo sigaro, il regista, l'aiuto, le dive, la corte, tutti, tutti in semicerchio, come visti dai crocefissi, schiacciati contro terra, aspettano >>.

Poichè  


a) L'opera suddetta a giudizio dell'Amoroso era irrealizzabile cosi come trattata, suonando offesa al pubblico ed al suo comune senso religioso: non poteva consentirsi la riproduzione cinematografica di irriverenze tali da produrre forte turbamento in tutte le coscienze cattoliche. 
b) Inoltre l'irrealizzabile progetto è stato consegnato con forte ritardo rispetto al previsto.
c) Infine mal si concilia il soggetto stesso con il concetto informatore del film evidenziato dal titolo << La vita è bella >>.
Si rendono necessari rifacimenti tali non soltanto da superare sicuri ostacoli della censura, ma da rendere il soggetto accettabile alla concezione morale del pubblico,. e da evitare le sicure liti giudiziarie. 
Riferito tutto ciò al Pasolini, egli, come l'Amoroso poteva apprendere dai giornali, prendeva accordi con altro produttore per la realizzazione dell'episodio cinematografico, per la ideazione del quale aveva percepito il compenso di un milione dall'Amoroso!!!

Lo Specchio domenica 14 ottobre 1962

RITENUTO CHE:

 
del compenso di otto milioni previsto per il soggetto, la sceneggiatura e la regia la relativa al soggetto ben può essere considerata equivalente al milione percepito dal Pasolini e ciò sia in relazione alle normali retribuzioni dei soggetti, sia in relazione alta lunghezza del soggetto (episodio. e non film). 
CHE quindi il Pasolini, dopo aver ceduto all'Amoroso i diritti di utilizzazione economica di un soggetto consegnato con estremo ritardo, poco aderente al film assolutamente irrealizzabile per i motivi sopra esposti, lo cede per giunta ad altro produttore, mettendo in essere cosi una serie di inadempienze che hanno arrecato all'Amoroso un danno gravissimo. 
CHE per giunta alla richiesta di restituzione del milione percepito e di un congruo risarcimento dei danni, il Pasolini oppone ad dirittura la richiesta di una regolarizzazione del compenso di 8 milioni. dimostrando cosi di voler essere retribuito due volte per to stesso lavoro. 

CONSIDERATO CHE: 


ai sensi dell'art. 45 della Legge del Diritto d'Autore all'Amoroso spettano i diritti di utilizzazione economica del soggetto, ai sensi dell'art. 47 stessa legge l'Amoroso ha facoltà di apportare alle opere utilitarie le modifiche necessarie per il loro adattamento cinematografico, ai sensi dell'art. 50 il Pasolini può disporre liberamente dell'opera soltanto se l'Amoroso non la realizza nel termine di 3 anni dal giorno della consegna. 
Allo stato l'Amoroso ha dovuto sospendere la realizzazione del film << La vita è bella >> disdicendo i contratti con gli altri coautori e ricevendo un danno di decine di milioni, come sarà opportunamente provato.

CITA 


il sig. Pier Paolo Pasolini - Via Gücinto Carini, 45 - Roma, a comparire innanzi al Tribunale di Roma, nella nota sede di Palazzo di Giustizia. P.zzg Cavour ed alla udienza del 10-11-1962, ore di rito, con invito a costituirsi nei modi e nel termine di cui all'art. 166 c.p.c. innanzi al Giudice Istruttore designando ai sensi dell'art. 168 c.p.c., ed avvertenza che in difetto si procederà in contumacia per ivi: 
1) Sentir dichiarare che i diritti di utilizzazione economica del soggetto << La ricotta >> sono stati acquistati da Roberto Amoroso con il pagamento della somma di lire un milione, sugli otto complessivamente pattuiti soggetto, sceneggiatura e regia, e che per almeno tre anni dal maggio 1962, nel caso l'Amoroso non utilizzi il soggetto. al sig. Pier Paolo Pasolini è inibito di cedere ad altri tali diritti. 
2) Sentir dichiarare tenuto Pier Paolo Pasolini a tutti i rifacimenti necessari per realizzare il film, senza offendere il pubblico ed il suo senso religioso e morale, e senza coinvolgere il produttore in liti giudiziarie con terzi.
3) Sentir condannare il Pasolini al risarcimento dei danni per la ritardata o impossibilitata realizzazione del film, danni materiali e morali, per danno emergente e lucro cessante, da liquidarsi in separata sede, se del caso con una provvisionale di sessanta milioni. 
4) Sentir condannare il Pasolini alle spese, competenze ed onorari di giudizio. 
Con riserva di chiedere la risoluzione del contratto in corso di causa. Si esibirà il soggetto e la copia delle raccomandate di sollecito e del carteggio. Si chiede 
ranno tutti gli opportuni mezzi istruttori. 
Con osservanza. 
Roma, 2 ottobre 1962.
a cura di Piero Palumbo 


Lo Specchio domenica 14 ottobre 1962






Sergio Oriente:

1961. Pasolini sta scrivendo “Mamma Roma” e per farlo si rifugia in una villa al Circeo, a casa di Elsa de Giorgi, dove è ospite con Sergio Citti. Il 18 novembre Pasolini esce a fare un giro in macchina, giunge ad un distributore di benzina ed entra nel bar, proprietà di un certo Benedetto de Santis. Dietro il bancone c’è un giovane di 19 anni: Bernardino, fratello di Benedetto. Il poeta cerca di chiacchierare con il giovane, senza successo. Beve una coca cola e se ne va. Pasolini non può immaginare che quello è l’inizio di un lunghissimo e assurdo incubo.



Curatore, 

Collaboratori:

Carlo Picca
Mario Pozzi
Alessandro Barbato
Maria Vittoria Chiarelli
Giovanna Caterina Salice
Simona Zecchi

martedì 10 novembre 2020

Biografia breve, 1961 - Il cinema di poesia di Pier Paolo Pasolini

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro


Pier Paolo Pasolini sul set di Accattone, 1961, Angelo Pennoni / © Reporters Associati - Roma


Biografia breve, 1961

Il cinema di poesia di Pier Paolo Pasolini

...Ci incamminiamo lungo la strada che porta alla città lontana, che giace ai nostri piedi (siamo su un’altura) tra ricami fitti di nebbie azzurrine e di luci quasi liquide. Ma facciamo solo pochi passi per la strada, tra gli atroci arbusti, che qualcosa di orrendo accade vicino a noi, nella penombra: un ringhio disperato, una corsa rantolante: sono degli sciacalli.
Torniamo subito indietro, con la coda fra le gambe. Il cuoco, in una delle casupole luccicanti accanto al bungalow, ci sta preparando la cena: vedo che gli occhi di Moravia brillano di rassegnato sospetto e di rinnovata speranza... In un‘aria leopardiana, dei bambinelli stanno giocando davanti alla casa dei loro genitori: uno piccolo piccolo è dentro una casetta, e viene ben presto ritirato. L’altro, più grandino, ci guarda con tutta la sua dolcezza.
Lì, intorno c’è anche una capra, coi caprettini ancora lattanti, e un cane, e un pappagalletto in una gabbia appesa ai rami del banjan davanti alla casa. Moravia non nasconde la sua viva simpatia per uno dei capretti, che salta intorno vivamente, chiamando la madre: «ma, ma...» Vorrebbe acchiapparlo per fargli una delle sue carezze: ma quello scappa. Allora il bambino lo rincorre, e torna verso di noi col capretto tra le braccia. Il capretto è bianco bianco, il bambino nero nero: e hanno tutti e due la stessa dolcissima pupilla... (27)
Il 16 gennaio 1961, Pasolini e Moravia sono raggiunti da Elsa Morante, in India, dove si trovano come inviati, rispettivamente, per "Il Giorno" e il "Corriere della sera", ad un convegno per la commemorazione del centenario della nascita di Tagore che si tiene a Mumbai.
Di seguito alcuni art. di Pasolini apparsi su "Il Giorno":
  • Uomini vestiti di asciugamani (26 febbraio 1961)
  • Non conoscono l’allegria (4 marzo 1961) 
  • Il santone sembrava un capoufficio (9 marzo 1961) 
  • È un mondo, un oceano o un inferno? (11 marzo 1961) 
  • Un popolo che esce da ombre atroci (16 marzo 1961) 
  • Il rogo di morti sul fiume sacro (23 marzo 1961)

 




Pubblica: 

Accattone, Garzanti - Milano 1961.

La religione del mio tempo, Garzanti - Milano 1961. 

"La religione del mio tempo esprime la crisi degli anni sessanta... La sirena neo-capitalistica da una parte, la desistenza rivoluzionaria dall'altra: e il vuoto, il terribile vuoto esistenziale che ne consegue. Quando l'azione politica si attenua, o si fa incerta, allora si prova o la voglia dell'evasione, del sogno ('Africa, unica mia alternativa') o una insorgenza moralistica (la mia irritazione contro certa ipocrisia delle sinistre: per cui si tende ad attenuare, classicisticamente la realta': si chiama 'errore del passato', eufemisticamente, la tragedia staliniana ecc.)".(28)

Sempre nello stesso anno, collabora a diversi lavori per il cinema:
  • 1961 La ragazza in vetrina
  • 1961 La ragazza con la valigia 
  • 1961 La canta delle marane 


 


Ad aprile inizia le riprese di Accattone, che verrà presentato in settembre, al festival di Venezia:
In Accattone ho voluto rappresentare la degradazione e l’umile condizione umana di un personaggio che vive nel fango e nella polvere delle borgate di Roma. Io sentivo, sapevo, che dentro questa degradazione c’era qualcosa di sacro, qualcosa di religioso in senso vago e generale della parola, e allora questo aggettivo, «sacro», l’ho aggiunto con la musica. Ho detto, cioè, che la degradazione di Accattone è, sì, una degradazione in qualche modo sacra, e Bach mi è servito a far capire ai vasti pubblici queste mie intenzioni...(29)
In autunno lavora alla sceneggiatura del film Mamma Roma e intanto prosegue l'accanimento giudiziario nei suoi confronti:

Processo Vece

Denuncia Antonio Vece. Antonio Vece, un maestro elementare di Avellino sporge denuncia presso la polizia giudiziaria di Roma contro Pasolini. Dichiara di essere stato avvicinato da Pasolini, di essere salito sulla sua Giulietta, di essere stato portato in aperta campagna, minacciato, malmenato e derubato di un capitolo di un suo romanzo. Due giorni dopo, al commissariato di polizia di Centocelle, confessa di aver inventato ogni cosa. Viene denunciato per simulazione di reato, che sarà archiviata in data 2 dicembre 1965.(30)
25.10.61 Denuncia da parte di Vece Antonio.
27.10.61 Ritrattazione di Vece. Denuncia contro di lui da parte della polizia per calunnia.
04.01.62 Processo per calunnia di Vece. Notifica della citazione in qualità di parte lesa davanti al P.M. di Roma.
05.01.62 Processo Vece. Presentazione spontanea e interrogatorio davanti al P.M.
11.01.63 Processo Vece. Notifica della citazione a comparire come parte lesa davanti al tribunale di Roma.
08.03.63 Processo vece. I udienza. Costituzione di parte civile.
20.03.63 Processo Vece. Notifica della citazione in qualità di parte lesa davanti al tribunale di Roma.
22.03.63 Processo Vece. II udienza e sentenza.
12.11.63 Processo Vece. Notifica del decreto di citazione a comparire, in qualità di parte civile, davanti alla corte di appello di Roma.
26.02.64 Processo Vece. Udienza di corte d'appello.
03.04.64 Processo Vece. Notifica del decreto di citazione a comparire, in qualità di parte civile, davanti alla corte d'appello di Roma.
07.10.64 Processo Vece. Sentenza della corte d'appello.

Fatti del Circeo


 Fatti del Circeo. Il commesso di un bar a S. Felice Circeo, sostiene che uno sconosciuto, dopo aver bevuto una Coca-Cola e dopo aver fatto molte domande, avrebbe indossato un paio di guanti neri, inserito nella pistola un proiettile d'oro e cercato di rapinarlo dell''incasso della giornata.

Il barista cerca di reagire e colpisce con un coltello la mano del rapinatore, che fugge. Il giorno successivo il barista vede passare per strada una Giulietta, in cui riconosce il suo rapinatore: prende il numero di targa e fa una denuncia ai carabinieri. In quella Giulietta c'è Pier Paolo Pasolini. I carabinieri di Roma perquisiscono l'abitazione e la macchina di Pasolini in cerca della pistola. Pasolini ammette di essere entrato nel bar, di aver bevuto una Coca-Cola, di aver fatto alcune domande, ma di essersi poi diretto a S. Felice Circeo, dove stava lavorando alla sceneggiatura di Mamma Roma. La sua versione non convince e viene rinviato a giudizio.
I giornali della sinistra e quelli moderati difendono Pasolini contro l'assurda accusa, mentre i giornali di destra attaccano, come al solito, senza mezze misure lo scrittore.
Il processo si apre a Latina. L'avvocato difensore di Pasolini, il democristiano Carnelutti, viene sospettato dai giornali di essere l'amante dello scrittore. Pasolini viene condannato a quindici giorni di reclusione, più cinque per porto abusivo di armi da fuoco e diecimila lire per mancata denuncia della pistola, con la condizionale. I difensori presentano immediatamente appello. Il 13 luglio 1963 la corte d'appello di Roma dichiara di non doversi procedere contro Pasolini per estinzione del reato intervenuta per amnistia. L'avvocato di Pasolini, Berlingieri, ricorre in cassazione per ottenere l'assoluzione con formula piena, ma ottiene solo un'assoluzione per mancanza di prove.(32)
18.11.61 Fatti del Circeo (rapina). Denuncia di De Santis Benedetto.
19.11.61 Fatti del Circeo. Denuncia di De Santis Bernardino.
22.11.61 Fatti del Circeo. Due interrogatori davanti ai carabinieri (nucleo di polizia giudiziaria di Roma).
22.11.61 Fatti del Circeo. Perquisizione domiciliare.
22.12.61 Fatti del Circeo. Notifica della costituzione di parte civile di De Santis Bernardino.
25.01.62 Fatti del Circeo. Citazione davanti al giudice istruttore di Latina per un confronto con Bernardino De Santis.
27.01.62 Fatti del Circeo. Confronto cono Bernardino De Santis davanti al G.I. di Latina.
28.02.62 Fatti del Circeo. Notifica di un mandato di comparizione davanti al giudice istruttore di Roma (per rogatoria).
09.03.62 Fatti del Circeo. Interrogatorio davanti al G.I. di Roma.
17.04.62 Fatti del Circeo. Sentenza di rinvio a giudizio.
07.06.62 Fatti del Circeo. Notifica del decreto di citazione a comparire davanti al tribunale Latina.
03.07.62 Fatti del Circeo. Udienza davanti al tribunale di Latina e sentenza.
07.07.62 Fatti del Circeo. Notifica della dichiarazione d'appello del pubblico ministero contro la sentenza del tribunale di Latina.
25.07.62 Fatti del Circeo. Notifica della dichiarazione d'appello del procuratore generale contro la sentenza del tribunale di Latina.
09.10.62 Fatti del Circeo. Notifica dell'avviso del deposito della sentenza di I grado.
15.01.63 Fatti del Circeo. Notifica del decreto di citazione a comparire davanti alla corte di appello di Roma.
06.04.63 Fatti del Circeo. Udienza in corte di appello.
09.05.63 Fatti del Circeo. Notifica del decreto di citazione a comparire davanti alla corte di appello di Roma.
12.07.63 Fatti del Circeo. Udienza di corta d'appello e sentenza.
16.07.63 Fatti del Circeo. Notifica della dichiarazione di ricorso per cassazione del procuratore generale.
12.11.63 Fatti del Circeo. Notifica dell'estratto contumaciale della sentenza di II grado.
01.03.65 Fatti del Circeo. La corte di cassazione annulla la sentenza della corte d'appello di Roma e rinvia gli atti per il nuovo giudizio.
09.06.67 Fatti del Circeo. Notifica del decreto di citazione a comparire davanti la corte d'appello di Roma.
06.07.67 Fatti del Circeo. I udienza in corte d'appello. Rinvio a nuovo ruolo.
27.11.67 Fatti del Circeo. Notifica del decreto di citazione davanti alla corte d'appello di Roma.
09.06.67 Fatti del Circeo. Notifica del decreto di citazione a comparire davanti alla corte d'appello di Roma.
06.07.67 Fatti del Circeo. I udienza di corte d'appello. Rinvio a nuovo ruolo.
27.11.67 Fatti del Circeo. Notifica del decreto di citazione a comparire davanti alla corte d'appello di Roma.
19.12.67 Fatti del Circeo. II udienza e sentenza della corte d'appello.
27.12.67 Fatti del Circeo. Notifica del ricorso per cassazione del procuratore generale contro la sentenza.
01.06.68 Fatti del Circeo. Notifica dell'estratto contumaciale della sentenza di II grado.
28.12.68 Fatti del Circeo. Notifica dell'ordinanza di inammisibilità dei ricorsi in cassazione contro la sentenza di II grado.



Note:

27) P.P.Pasolini, L'odore dell'India, Longanesi, Milano, 1962

28) Pier Paolo Pasolini - da un articolo su Vie Nuove del 16 novembre 1961 - raccolta nel volume Le belle bandiere - Editori Riuniti. 29) P.P. Pasolini, BIANCO E NERO, Anno XXVIII n. 3-4, Roma, marzo/aprile 1967

29) P.P. Pasolini, BIANCO E NERO, Anno XXVIII n. 3-4, Roma, marzo/aprile 1967

30)PASOLINI IN TRIBUNALE - Matdid, materiali didattici di italiano per stranieri a cura di Roberto Tartaglione e Giulia Grassi, Scuola d'Italiano Roma.

31) ibid.

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Curatore, Bruno Esposito

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domenica 1 novembre 2020

Pasolini, scandalo senza eredi

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro





Pasolini, scandalo senza eredi
Da Corriere della Sera del 03/11/2000
La memoria

Pasolini conosceva - di più, ne era specialista - un segreto che noi intravedemmo solo grazie al femminismo: il segreto dei corpi. Che noi non abbiamo, ma siamo un corpo. Che quando facciamo l'amore, mangiamo, giochiamo a pallone, pensiamo pensieri e scriviamo poesie e articoli di giornale, è il nostro corpo che lo fa. Pasolini riconosceva il proprio corpo, e dunque quelli degli altri. Sapeva che esistono i popoli, le nazioni, le classi, le generazioni, e una quantità di altri vasti ingredienti della vicenda sociale, ma li guardava al dettaglio nel modo di camminare e di pettinarsi, di urtarsi per gioco o di ghignare per minaccia. Si sentiva in dovere di essere marxista, ma il suo era un marxismo delle fisionomie, dei gesti, dei comportamenti e dei dialetti. "È da questa esperienza, esistenziale, diretta, concreta, drammatica, corporea, che nascono in conclusione tutti i miei discorsi ideologici". Il sentimento così forte del proprio corpo e di quello degli altri, tenerezza e colluttazione, seduzione e ripudio, "amore a sputi in faccia", passa nel corpo della sua prosa, ma controllato e quasi raziocinante.

Più direttamente passa nelle immagini, negli autoritratti e le interviste e i documentari con la sua voce, o nelle fotografie da uomo nudo o da calciatore, e nel suo cinema. Là le descrizioni di cose viste e rivelate al suo occhio di iniziato diventavano le cose stesse. Gli articoli degli ultimi anni, articoli di moda, per così dire, erano spesso didascalie di immagini, di facce e gesti e fogge. Le fotografie di Pasolini, in questo quarto di secolo, sono state la sua commemorazione più frequente. Succede così a chi, avendo qualcosa da dire, sente di doverlo dire col proprio corpo. A chi sente che, per lui, vivere significa mettere in vista e a repentaglio il proprio corpo.

Farò qualche nome proverbiale: il mahatma Gandhi, il Che Guevara, e anche don Milani. Perfino lady Diana e madre Teresa di Calcutta, per quella volta in cui furono filmate insieme mentre passavano tra i giacigli dei lebbrosi, la vecchia infima e curva che trascinava per mano la giovane dalle gambe lunghe, e per quell'altra volta che morirono pressoché insieme, la vecchia e la giovane, come due candele nella stessa ventata. Corpi, persone. I digiuni, la malattia, la disgrazia, il martirio, fanno di persone simili dei predestinati. I loro tavoli di obitorio sono deposizioni sacre, le loro passioni sono imitazioni di Cristo. I loro visi sono fatti per andare sulle magliette dei ragazzi. Non è detto che siano poeti più grandi di altri poeti, o santi più santi, o combattenti eroici più eroici, o principesse sventate più belle di altre belle: sono persone che hanno seguito il destino del proprio corpo - fino in fondo. Meno vicine ai propri concorrenti di professione - altri poeti, altri santi, altri combattenti, altre principesse - che alle dive e ai semidei dello spettacolo, a Jimmy Dean o a Marilyn Monroe o a John Lennon.

La stessa canzone - la stessa candela - può trasferirsi dall'una all'altra. Per questo Pasolini non ha avuto eredi, benché in tanti si fossero messi in coda. Non bastava avere idee scandalose - che già non riesce così bene, e tanto meno agli imitatori - bisognava essere scandalosi. E gli epigoni erano senza corpo, e non lo sapevano: e quando se ne accorgevano, facevano troppo chiasso per attirare l'attenzione. Il corpo di Pasolini era fatto dall'inizio per fare alla lotta e all'amore. Quando il suo fratello minore Guido - che aveva fatto a pugni per lui, per ricacciare in gola ai ragazzi l'insulto fatto a Pier Paolo, "è una femminella" combatteva da partigiano in montagna e veniva ammazzato a tradimento da altri partigiani, il corpo di Pier Paolo inaugurava i turbamenti dell'amore nella piana friulana. Si addestrava a dare e ricevere, a darle e riceverle.

L'omosessualità non è il punto, benché sia la principale delle condizioni. C'è l'esperienza dell'aggressione e della ferita, dell'esibizione e dell'abbandono: e poi, bisogna avere delle cose da dire. Pasolini è stato un dilettante, si dice: è vero. Purché nel nome di dilettante entri la sofferenza; e anche la competenza. Il dilettante Pasolini non era un autodidatta. Aveva fatto buoni studi, i migliori. Sapeva, se non scoprire ciò che solo la ricerca specialistica consente di scoprire, dove e come trovare le buone scoperte, e tradurle nella propria prima persona. Conosceva il giorno e batteva la notte. Presentiva la propria ultima notte: purché non si ripeta la bestemmia che l'aveva voluta. Solo in questo senso la sua morte fu il punto d'arrivo di una congiura.

Ci avevano messo mano colposamente burocrati scolastici e genitori perbene, agenti dell'ordine e giudici dell'ordine, preti di destra e di centro e di sinistra. Naturalmente, questo non vuol dire meno che si trattò di un orrendo assassinio. Lo si voleva buffone di lusso e capro espiatorio: "Questa Italietta è stata un paese di gendarmi che mi ha arrestato, processato, perseguitato, tormentato, linciato per quasi due decenni" lo scriveva a Calvino. Mi sono chiesto quanti personaggi così abbia avuto l'Italia. Pochissimi.

Chi può paragonarsi alla sua presa sui sentimenti vivi delle persone? Altri letterati, forse? Italo Calvino è stato un grande scrittore - algido, si dice di lui non so perché, non è affatto algido - e leader culturale, e ha anche raggiunto una gran popolarità, addirittura nel santuario dell'incoronazione umanistica, la scuola. Forse ha avuto più potere di Pasolini, che a suo modo ne ebbe parecchio: tuttavia Calvino non è stato un eccitatore di passioni. Al contrario. Quanto al corpo, se lo è tenuto per sé e i suoi. Alcuni suoi ritratti fotografici sono bellissimi, ma non vanno sulle magliette. Qualcosa di simile vale per altre e altri.

Un posto a parte ce l'ha Dario Fo. Metterei a confronto con Pasolini solo don Milani, per strano che possa sembrarvi. Dalla scuola di Barbiana Pasolini era stato subito attratto, e del resto non gli sfuggiva niente di ciò che di nuovo e periferico spiazzasse le cronache (come il ' 68, per entrare nel quale scrisse la mediocre poesia su Valle Giulia, come un provocante biglietto di presentazione: il testo più citato, meno letto, e più equivocato dei nostri tempi). Anche a Barbiana aveva avuto un incontro malriuscito, e poi la cosa non andò avanti.

Don Milani era a sua volta uno fuori gioco, prete dall'obbedienza scandalosa, perseguitato da cappellani militari vescovi giudici e giornalisti, messo per giunta al bando dalle città e dalla pianura, e fieramente deciso a fare di quell'esilio la sua evangelica trincea. Una tonaca da curato di montagna segnala un corpo d'uomo almeno quanto lo nasconde e umilia. "Un po' femmineo", secondo Pasolini, e, nella Lettera, di un "puritanesimo sessuale degno delle più castigate edizioni paoline". Quel prete - maestro maschio di ragazzi maschi quasi tutti, e vendicatore di loro su una malcapitata professoressa donna - era anche lui, nella veste e nell'esilio, e poi nella malattia portata eroicamente e nella morte precoce, un corpo che si era messo in gioco, che aveva trovato un linguaggio suo e sicuro: di buoni studi e di esperienza vissuta intransigente e originale. Quando la Lettera a una professoressa arrivò ai suoi destinatari del '68, col breve ritardo di un anno, don Milani era morto giovane, e seppellito nel più minuscolo e fuori mano dei cimiteri, e quella morte sembrò un sacrificio; la morte illustrò la Lettera, e viceversa.

Anche don Milani ebbe aspiranti imitatori, meno golosi dei pasolinisti, perché il suo vuoto non era sulla prima del Corriere: anche loro fallimentari. Perché alle persone, ma specialmente a queste, che sanno di avere e essere un corpo, magari per infagottarlo e sottrarlo, non si può credere di somigliare imitandone le idee, né imitandone la vita. (Figurarsi la vita e le idee insieme).

Bisogna che se ne ricordi chi costruisce genealogie alla propria parte, o le riaggiusta: che le idee si misurano sulla vita dei loro autori, e viceversa. Fatto sta che don Milani può andare sulle magliette dei ragazzi. (Come, agli antipodi della canonica di Barbiana, il papa Wojtyla: il quale, idee a parte, ha un corpo, è un corpo, gran novità nel suo mestiere, e due volte scandaloso, nel vigore sportivo e nella malattia e vecchiaia). C'era stato Pannella, e Pasolini se ne riconobbe debitore. Pannella è più parlatore che scrittore. Nel 1974 l'immagine del processo penale al potere, al Palazzo, Pasolini la prese da Pannella. Pannella aveva avuto la temerarietà di far testimoniare dal proprio corpo digiuno la fame del mondo. Ci fu un tempo in cui la gente aveva di Pannella, più ancora che di Pasolini, la sensazione che sarebbe finito male: forse lo pensava anche lui.

Pasolini non ha avuto eredi, dunque. Successe però dopo la sua morte qualcosa che sembra contraddire quello che ho detto finora sui personaggi trascinatori di passioni, e forse lo conferma a contrario. Parlo del rilievo pubblico e politico che si guadagnò, quasi di malavoglia, Leonardo Sciascia. Sciascia aveva avuto da tempo il successo, e già Pasolini gli aveva riconosciuto "una certa forma di autorità", un'autorità "solamente personale: legata cioè a quel qualcosa di debole e di fragile che è un uomo solo".

Sciascia era laconico fino al silenzio e fisicamente restio fino a passar inosservato, e la sua stessa scrittura era frenata e discreta. Era, nello stesso modo del suo successo, un anti-Pasolini. Perciò il cambiamento fu ancora più singolare. Esso venne dopo la morte di Pasolini, e anzi come una specie di conseguenza di quella. Come se nel vuoto di quella Sciascia non avesse premeditato di avanzarsi, ma vi fosse stato attratto, e una volta là accettasse fino all'oltranza la sfida polemica e la recisione delle opinioni. Lo dichiarò così, nel 1981: "Dicevamo quasi le stesse cose, ma io sommessamente. Da quando non c'è lui mi sono accorto, mi accorgo, di parlare più forte".

Lo Sciascia polemista diventò drastico fino alla rottura dei legami personali, e si indusse all'impegno politico diretto e scorbutico, in Sicilia prima poi nel Parlamento: e quando, prima di tornare da quella escursione estroversa alla sua timidezza scettica, ne trasse il risultato più impegnato, il libro sull'Affaire Moro (1978), lo aprì con le pagine indirizzate al morto Pasolini, con un rimpianto struggente e una complicità fraterna. Così l'intellettuale più lontano dall'azione e dalla corporeità diventò, quasi per contrasto, sulle stesse colonne del più ufficiale quotidiano italiano, un popolare eccitatore e divisore di coscienze.

Dopo, non c'è stato molto altro. La correttezza politica è necessaria, finchè non diventi stucchevole e perbenista, ma non suscita sfidanti all' ordine mentale costituito. D'altra parte i suoi trasgressori per partito preso hanno spesso cura di tener distinte le loro enormità verbose dall'assicurazione sulla vita. La televisione, quando è troppo frequentata, annulla la distanza e con essa il carisma. Regala il successo colossale ma facile: quello di "uno qualunque del pubblico".

I corpi, nel frattempo, hanno trionfato, come in un carnevale. C'è stata la resurrezione, nel mondo di qua. Pasolini rivendicava per sé una vissuta "competenza in facce" (e in maschere senza facce dietro, come quelle dei capi democristiani), e gliela ributtavano addosso con l'insulto di "esteta": ora la competenza in ogni centimetro cubo di corpo è diplomata, e la parola è degli estetisti. Le facce non occorre andare a guardarle nelle strade del mondo, a Torvajanica o a Praga o a Isfahan, per misurare quanto siano diventate uguali e quanto resistano differenti. Basta guardarle in televisione - lo si può fare perfino da una galera, e poi scriverne sulla prima pagina di un grande quotidiano.

Fonte:
http://archivio900.globalist.it/it/articoli/art.aspx?id=5722




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