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Biografia, lavori in corso - a breve anche il 1974 e il 1975

domenica 31 gennaio 2021

Pasolini - 1960 STENDALI’ - Video

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro




1960 

STENDALI’



Cortometraggio
Regia di Cecilia Mangini
Sceneggiatura: Cecilia Mangini
Testo e traduzione: Pier Paolo Pasolini
Voce: Lilla Brignone
Fotografia: Giuseppe Dimitri
Musica: Egisto Macchi

TRAMA:
La ritualità delle prefiche, mestieranti del pianto, è ricostruita in questo splendido documentario che ripercorre in appena dieci minuti la tragedia di una morte nella terra salentina. Il dolore del trapasso è sentito individualmente, ma coralmente partecipato dalla comunità che ne sancisce le parole ed i gesti.

Pier Paolo Pasolini traduce dal dialetto grecanico e reinterpreta il canto di morte che accompagna le immagini del rito.

Stendalì (suonano ancora) 
Didascalia in sovrimpressione: 

Qualcuno è morto. Lo annuncia il suono delle campane: le vicine di casa vengono a consolare le madri, le spose o le sorelle e a piangere con loro. E’ la visita funebre. Poi saranno i soli uomini a accompagnare il morto nel cimitero. Intanto le donne, nella casa, continuano il pianto. Il pianto, così regolato e rituale, è una sopravvivenza arcaica in una società che infatti è per molti versi arcaica: la società delle aree depresse, cioè di quasi tutta l’Italia meridionale. In una simile società, oberata da condizioni economiche a volte disumane, la morte sarebbe intollerabile, priva di senso, se il suo dolore disgregatore non fosse contenuto dal rozzo istituto del “pianto”, per cui le informi manifestazioni della disperazione vengono, per così dire, stilizzate. Alcuni canti funebri – questi, per esempio, dei comuni pugliesi di lingue greca – sono tra le più alte forme della poesia popolare. 

Voce off (testo di P.P. Pasolini): 

Piangete, madri che avete figli, piangete con tutto il vostro dolore, che vi venga dalle foglie dell’anima che vi abbandonano prima del tempo. Viene la morte che non ci rispetta, che ci ha tutti quanto segnati. Piangete a lutto, tutti voi piccini, piangete grandi, piangete ragazzi, questo fiore ha perduto ogni forza e aveva appena sedici anni. Io ti aspetterò, io, o mio figliolo, io ti aspetterò fino alle tre, quando io vedrò che tu non vieni, correrò a cercarti nell'orto e nel cortile. Io ti aspetterò, io, o mio figliolo, io ti aspetterò fino alle cinque, quando io vedrò che tu non vieni, correrò a cercarti da tutti i parenti. Io ti aspetterò, io, o mio figliolo, io ti aspetterò fino alle nove, quando io vedrò che tu non vieni, io perderò ogni speranza e se vedrò che tu non vieni e alle dieci non ti fai vedere, alle dieci sarò divenuta terra, terra, terra da seminarvi. Io ti aspetterò, io, o mio figliolo, io ti aspetterò fino all'anno, e quando io vedrò che tu non vieni, annerirò come fuliggine. E tu, cuore arso, piangi, piangi, urla sempre come un bue selvaggio che al mondo hai perduto ogni luce. Me l'avessi detto tu, figlio mio, che tu stavi per partire, ti avrei preparato un canestro con tutta la tua roba. Chi ti preparerà il vestito quando verrà la domenica? Nessuno di tutti che qui stanno. Tu resterai solo. Chi ti laverà la camicia, figlio mio? Te la laverà la lapide e la terra. E chi te la potrà stirare? Te la stirerà la lapide e la terra. Chi ti sveglierà, figlio mio, quando il giorno sarà alto? Là sotto è sempre un sonno, sempre notte buia.




@Eretico e Corsaro - Le Pagine Corsare

Curatore, Bruno Esposito

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Pasolini - 1968 APPUNTI PER UN FILM SULL’INDIA - Video

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro



Un occidentale che va in India ha tutto, ma non dà niente. L’India, invece, non ha nulla, in realtà dà tutto.

P.P. Pasolini da Appunti per un film sull’India


Avevo cinque anni e la mia famiglia allora abitava a Conegliano. La sera di una domenica io la mamma e il babbo eravamo appena tornati dal cinematografo. Io aspettavo che fosse pronta la cena e sfogliavo certi foglietti che erano stati dati al cinematografo come réclame. Ricordo ancora una sola illustrazione ma la ricordo con grande precisione che mi turba ancora. Quanto la osservai! Che soggezione e voluttà mi diede! La divoravo con gli occhi e tutti i miei sensi erano eccitati per poterla gustare a fondo. Provavo allora lo stesso spasimo che ora mi stringe il cuore di fronte a un’immagine o a un pensiero che non sono capace di esprimere. La figura rappresentava un uomo riverso tra le zampe di una tigre. Del suo corpo si vedevano solo il capo e il dorso; il resto scompariva (lo immagino ora) sotto la pancia della belva. Ma io credetti invece che il corpo fosse stato ingoiato, proprio come il topo tra le fauci di un gatto… il giovane avventuriero, del resto, pareva ancora vivo, e conscio di essere semilavorato dalla tigre stupenda. Giaceva col capo supino, in una posizione quasi di donna - inerme, nudo. L’animale intanto lo inghiottiva ferocemente. […] Davanti a questa figura […] sentivo un brivido dentro di me, e come un abbandono. […] Intanto cominciavo a desiderare di essere io l’esploratore divorato vivo dalla belva. Da allora spesse volte prima di addormentarmi fantasticavo di essere in mezzo alla foresta e di essere aggredito dalla tigre. Mi lasciavo divorare da essa. E poi naturalmente… escogitavo il modo di riuscire a liberarmi e a ucciderla.

(P.P. Pasolini, “Quaderni rossi” in Id.,
Romanzi e racconti, Milano, Mondadori, 1
998, Vol. I, pp. 135-136 (a cura di
Walter Siti e Silvia de Laude).


"Se vedessi due tigrotti
affamati saresti disposto 
a offrire il tuo corpo 
per sfamarli?"


1968 APPUNTI PER UN FILM SULL’INDIA


Regia di Pier Paolo Pasolini
Produzione: Gianni Barcelloni per la RAI TV
Soggetto, commento, fotografia: Pier Paolo Pasolini
Montaggio: Jenner Menghi

PRIMA PROIEZIONE:
18 agosto 1968: XXIX Mostra di Venezia, sezione “Documentari”.

USCITA NELLE SALE:
Il film non è uscito nei circuiti commerciali.

STORIA:
Film girato dal 20 dicembre 1967 al 10 gennaio 1968 negli esterni dello Stato di Maharashtra (Bombay), Stato di Uttar Pradesh, Stato di Rajahstan, New Delhi. Gli “appunti” si riferivano a un film da farsi “sulla storia di un maragià il quale, secondo una leggenda mitica indiana, offre il proprio corpo alle tigri per sfamarle (questo, idealmente, prima della liberazione dell’India); e, dopo la liberazione dell’India, sempre idealmente, la famiglia di questo maragià scompare perché i suoi membri muoiono di fame ad uno ad uno durante una carestia” (vedi: Nico Naldini, Pasolini, una vita, Einaudi 1989). Il progetto originario era di fare un film sullo sviluppo della coscienza politica in alcune nazioni del Terzo Mondo che, affrancate dal colonialismo, stavano avviando forme di gestione democratica. Per rappresentare poeticamente tutto ciò, il regista prevedeva di utilizzare racconti radicati nella cultura locale, accomunati da un “sentimento violentemente e magari anche velleitariamente, rivoluzionario: così da fare del film stesso un’azione rivoluzionaria”. Pasolini effettuò le riprese cinematografiche per le strade, principalmente nella città di Bombay e nelle sue estreme, poverissime periferie, con la cinepresa in spalla, riprendendo persone di ogni estrazione sociale e presentando loro la propria idea di realizzazione della storia del marajà, con l’intento di verificare la propria concezione poetica del film e di ricercare i personaggi adatti all’interpretazione. Ascoltando e registrando le opinioni, i commenti, i suggerimenti, coglie sui volti vecchi e giovani di coloro che incontra, nei gesti, nei sorrisi da cui traspare una grande quiete interiore, una incredibile ricchezza di espressioni.

BIBLIOGRAFIA:
- Luciano De Giusti (a cura di), Il cinema in forma di poesia, Pordenone, Cinemazero, 1979; pp. 134-135. Soggetto. Col titolo di Storia indiana.





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1972 - 12 DICEMBRE

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro




Perché ho fatto questo film insieme a un gruppo di giovani compagni di Lotta Continua? Il perché c’è sicuramente, ma, per essere sincero io non lo so dire. Ho criticato a suo tempo, con violenza e forse con inopportunità, l’azione politica dei giovani: molte di quelle mie critiche si sono sfortunatamente rivelate giuste, e non ne abiuro. Tuttavia mi sembra che la tensione rivoluzionaria reale sia vissuta oggi dalle minoranze di estrema sinistra. La critica globale e quasi intollerante che queste esprimono contro lo stato italiano e la società capitalistica mi trovano completamente d’accordo nella sostanza, anche se non spesso sulla forma. Perciò, fin che ne sono capace, e ne ho la forza, è ad esse che mi unisco...

P.P. Pasolini, Il cinema in forma di poesia, 
Pordenone, Cinemazero, 1979; p. 97.

1972 DODICI DICEMBRE

Regia di Pier Paolo Pasolini (non accreditato) e Giovanni Bonfanti (aiuto regia: Maurizio Ponzi, Fabio Pellarin, Umberto Angelucci)
Produzione: Giovanni Bonfanti - Lotta Continua
Distribuzione: Circoli Ottobre - Lotta Continua / DAE
Soggetto: Giovanni Bonfanti e Goffredo Fofi
Sceneggiatura: Giovanni Bonfanti
Fotografia: Giuseppe Pinori, SEbastiano Celest Enzo Tosi, Roberto Lombardi, Dimitri Nicolau
Musica: Pino Masi


STORIA:
La regia del film è attribuita interamente a Giovanni Bonfanti. In realtà Pasolini ne diresse personalmente circa la metà. Il film si impernia sulla strage alla Banca Nazionale dell’Agricoltura di Milano, la strage di Piazza Fontana, avvenuta il 12 dicembre 1969.




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