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Biografia, lavori in corso - a breve anche il 1974 e il 1975

venerdì 26 febbraio 2021

Pasolini, Orgia - Prologo

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro


Locandina
Teatro Stabile Torino, 1968/69


Pasolini, Orgia

Orgia è un'opera teatrale, una tragedia in versi costituita da un prologo e sei episodi, di Pier Paolo Pasolini.

Fu prodotta la prima volta nel novembre 1968 dal Teatro Stabile di Torino e rappresentata allo spazio Deposito d'Arte Presente di Torino (spazio autogestito e autofinanziato, che ospitava opere dell'Arte Povera e azioni teatrali).

Diretta da Pasolini stesso, era interpretata da Laura Betti, nel ruolo della Donna, e da Luigi Mezzanotte, nel ruolo dell'Uomo. Pasolini non ne vide mai la pubblicazione, poiché essa avvenne postuma per Garzanti.

Copione di scena del Teatro Stabile Torino, 1968/69
Orgia di P.P.Pasolini
(autore e regista)
Parte finale. 

Prologo


Pier Paolo Pasolini, I Turcs tal Friûl - Caso o anticipazione profetica?

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro



Pier Paolo Pasolini, I Turcs tal Friûl
Caso o anticipazione profetica?


Luna, infinit il lun da la to sfera al brila tal seren dai vècius muàrs. Ma nu i sin vifs cun cuàrps di zovinús cujèrs di oru antíc e imbarlumíc […]. Luna, sclarís la ciera dai Furlàns co a clamin da li stalis: Jesus, Jesus! […]. Luna, sfavila fuàrt sora dal ciàf dai fantassús ch’a prèin tal sagràt. I vin che idea di copaju dúcius […] Luna, sclarís la ciera dai Furlàns co a cridin tal ledàn: Soi muàrt, soi muàrt.


Pasolini, I Turcs tal Friúl, pp. 68-69.



Nel settembre del 1943 Pasolini è costretto ad arruolarsi ma dopo l’8 settembre, rifiuta di consegnare le armi ai tedeschi e riesce a fuggire e a raggiungere Casarsa della Delizia, località dove la famiglia aveva trovato rifugio nel 1942. Pasolini nella primavera del 1944 scrive un breve testo teatrale, "I Turcs tal Friûl", che risulterà profetico, rispetto a ciò che da li a breve dovrà accadere.

Casarsa è colpita dai bombardamenti e i fascisti fanno rastrellamenti per l'arruolamento forzato nell'esercito della Repubblica di Salò, il fratello più giovane di Pasolini, Guido, entra nella Resistenza ( Brigata partigiana Osoppo con il nome di battaglia di Ermes ) mentre Pasolini decide di restare con la madre Susanna e insieme si trasferiscono a Versutta dove cominciano a fare gratuitamente scuola ai bambini del paese. Pasolini rifiuta di entrare nella resistenza mentre il fratello Guido, decide di combattere con le armi e nel 1945, il 7 febbraio, viene assassinato per mano di partigiani comunisti al servizio di Tito.

I protagonisti di I Turcs tal Friûl sono due fratelli che reagiscono in modo diverso alla disperata paura di morire: Pauli ( Pier Paolo ), che decide di non combattere e di seguire la strada indicata dai vecchi della comunità, la rassegnazione, si rifugia nella preghiera e nel lavoro

giovedì 25 febbraio 2021

Pasolini e la sua "religiosità/non religiosità", di Bruno Esposito

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro



Pasolini e la sua  "religiosità/non religiosità" .
(Bruno Esposito)

Una delle questioni più spinose, e anche controverse, sulla quale però Pasolini stesso si è espresso molte volte.

Pasolini tirato per la giacca, da destra, da sinistra e da tutte le altre parti, apparato chiesastico compreso. Tutto questo ha cominciato a diventare "percepibile" a partire dagli anni '90 (una quindicina d'anni dopo l'uccisione di Pasolini), poiché qualcosa veniva ristampato – addirittura la famiglia rendeva finalmente disponibile a diciassette anni dalla morte il manoscritto di "Petrolio" per la stampa, e più in generale.
Non è un compito semplice, quello di parlare di quest'argomento, anzi, è uno dei più impegnativi. Le cose che  dirò sono soltanto una parte di ciò che si potrebbe scrivere sulla "religiosità/non religiosità" di Pasolini. Per scandagliare questo aspetto della complessa personalità pasoliniana, che conosco soltanto in parte, bisogna conoscere profondamente oltre 25mila pagine di testi pasoliniani pubblicati e assicuro, non è uno scherzo.

Pasolini, Teorema Libro - «Il primo paradiso, Odetta... »

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro


Internet culturale
Teorema di Pier Paolo Pasolini, ci cala nella realtà borghese, venata di meschinità... la realtà di una famiglia destabilizzata dall’arrivo improvviso di un ospite... 


«Il primo paradiso, Odetta... »


Il primo Paradiso, Odetta, era quello del padre. 
C'era un'alleanza dei sensi, nel figlio
- maschio o femmina – 
dovuta all'adorazione di qualcosa di unico. 
E il mondo, intorno, 
aveva un lineamento solo: quello del deserto.

Internet culturale
In quella luce oscura e senza fine, 
nel cerchio del deserto come un grembo potente, 
il bambino godeva il Paradiso.
Ricordati: c'era un Padre soltanto (non la madre). 
La sua protezione
aveva un sorriso adulto ma giovane, 
e lievemente ironico, come ha sempre chi protegge 
il debole, il tenerino - maschio o femminuccia.

Tu sei stata in questo Primo Paradiso 
fino a oggi: e, in quanto femmina, 
non ne perderai mai il ricordo e la venerazione. 
Sarai, per natura, adoratrice... Ma prima 
di tornare a te, per avvertirti dei pericoli 
della religione, voglio farti la storia 
di tuo fratello, ch'è dello stesso sesso di Dio.
Anch'egli, in tempi in cui era veramente bambino,
(più bambino ancora di quand'era nel ventre materno
o di quando succhiò il primo latte dal seno)
è vissuto in quel Primo Paradiso del Padre.

Pasolini, Inchiesta sulla donazione della fabbrica

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro




Inchiesta sulla donazione della fabbrica 

Tratto da: Teorema libro.

(Trascrizione curata da Bruno Esposito)
 
 
 
Suonano le campane di mezzogiorno dalla vicina Lainate, o da Arese, ancora più vicina. Ad esse si mescolano le sirene. La fabbrica si stende per tutta la lunghezza dell'orizzonte, come un immensa zattera ancorata tra le marcite e le barriere trasparenti di pioppi. 

L’odore dell’India, Recensione di Alfredo Perna

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro



 Immagine di Fabio Fontanella

«È quasi mezzanotte, al Taj Mahal c'è l'aria di un mercato che chiude. Il grande albergo, uno dei più conosciuti del mondo, forato da una parte all'altra da corridoi e saloni altissimi (pare di girare nell'interno di un enorme strumento musicale) è pieno solo di boys vestiti di bianco, e di portinai col turbante di gala, che aspettano il passaggio di equivoci tassì.»




Nel 1961, in compagnia di Alberto Moravia ed Elsa Morante, Pasolini si reca per la prima volta in India. Le emozioni e le sensazioni provate sono così intense da spingerlo a scrivere queste pagine, un diario di viaggio divenuto un libro di culto. Pasolini si aggira attento nella realtà caotica del subcontinente indiano, osservando i gesti e le movenze della gente, seguendo i colori dei paesaggi e soprattutto l'odore della vita. L'incanto di una terra ammaliante e l'orrore dell'esistenza che vi si conduce ci vengono restituiti dalla sua curiosità sensibile alle condizioni sociali, ma soprattutto con l'originalità della sua visione.


Pasolini in India (1961). La religione.

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro



Pasolini in India (1961). La religione.

Pier Paolo Pasolini tra gli ultimi giorni del 1960 e i primi giorni del 1961 era in India con Alberto Moravia ed Elsa Morante. Raccolse le sue impressioni e ne ricavò alcuni articoli che pubblicò su “Il giorno” tra il marzo e l’aprile del 1961. Essi furono ristampati l’anno successivo da Longanesi in un volume dal titolo L’odore dell’India. Più d’uno sostiene che venisse dal quel viaggio e dal segno profondo che impresse nella memoria e nella fantasia di Pasolini quell’amore per i paesi riarsi e per le loro culture arcaiche che avrebbe impregnato diversi e importanti capitoli della sua ricerca di scrittore e cineasta. Il libro, insomma, più che un aiuto alla conoscenza dell’India, risulta un documento essenziale della vicenda umana e intellettuale del poeta friulano. Non so quasi nulla dell’India e non sono in grado di confermare o confutare codesto giudizio. Mi pare tuttavia che nel libretto, poi più volte ristampato (da Guanda oltre che da Longanesi), Ppp più che farci da guida non tanto su luoghi, genti e costumi del favoloso Oriente possa insegnarci a guardare, ad ascoltare, o odorare, a sentire insomma con tutti i sensi il mondo e, dentro il mondo, l’uomo. Posto qui sotto alcuni brani tratti dal secondo capitolo, che tratta di religioni e religiosità, come invito a leggere l’intero libro. (S.L.L.)

Un‘intervista di Renzo Paris ad Alberto Moravia - L‘ESPERIENZA DELL’INDIA

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro





L‘ESPERIENZA DELL’INDIA

Un‘intervista di Renzo Paris ad Alberto Moravia

Tratta da PIER PAOLO PASOLINI, L‘ODORE DELL’INDIA

© 1990 Ugo Guanda Editore S. p. A. , Viale Solferino 28, Parma
Prima edizione Le Fenici Tascabili aprile 2000


Terza ristampa gennaio 2002



R. P. — Nel ’61, dopo aver pubblicato La noia, insieme a Pasolini e a Elsa Morante hai fatto «l’esperienza dell’India» , come la definisci in Un’idea dell’India. La rifaresti?


A. M. — Probabilmente sì. L‘India è inesauribile. Ci si va sempre per la prima volta. O per l’ultima. E in tutti i casi, chiunque voglia farsi un’idea di ciò che è «veramente» il fenomeno religioso, deve andare in India. Ci sono stato troppo poco per farmi quest’idea. Per questo, ci tornerei.

R. P. — Le tue polemiche con Pasolini fanno ormai parte della storia culturale del nostro paese. L‘Italia è cambiata in meglio o in peggio? Davate risposte diametralmente opposte. Anche nei vostri due libri sull’India, uno non a caso basato sull’odore e l’altro su un’idea, esprimevate due concezioni occidentali, una razionale e una viscerale, che sembravano destinate a non incontrarsi mai. È ancora così?

Pier Paolo Pasolini - L'ODORE DELL'INDIA

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro


 
 
L'ODORE DELL'INDIA
Pier Paolo Pasolini



Sono alcune impressioni di Pier Paolo Pasolini durante il suo primo viaggio in India nel 1961, assieme ad Alberto Moravia ed Elsa Morante, scritte per “Il Giorno” e poi raccolte in L'Odore dell'India.
Pasolini ha tracciato una sorta di grande affresco sull'India.
Il suo interesse, infatti, si incentra su tutti gli aspetti dell'India. Pasolini si aggira attento nella realtà caotica del subcontinente indiano, osservando i gesti e le movenze della gente. Seguendo i colori dei paesaggi e soprattutto l’odore della vita. I templi di Benares, le notti di Bombay, tutto l’incanto di una terra ammaliante e, insieme, l’orrore dell’esistenza.

I

mercoledì 24 febbraio 2021

Dal teatro allo schermo: interpreti d’eccezione - di Roberto Chiesi

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro



Dal teatro allo schermo: interpreti d’eccezione

di Roberto Chiesi 

(Ringrazio Roberto Chiesi, per il cortese consenso alla pubblicazione)


Pier Paolo Pasolini
in Edipo re
Da una parte Pasolini ha dichiarato di non amare gli attori professionisti, di non amare la professionalità dell’attore, ma dall’altra parte ha anche ammesso, come è evidente perché all’epoca di questa dichiarazione aveva già usato diversi attori nei suoi film, che era aperto anche a usare gli attori. E allora, come usava Pasolini i grandi attori, le grandi bestie da scena? Li usava per quello che erano, per la loro presenza fisica, per la loro personalità reale, o per il modo in cui egli intendeva la manifestazione fisica di questi attori sullo schermo, o anche per quello che la personalità di questi attori poteva evocare? Si può notare come ulteriore annotazione che Pasolini era singolarmente attratto dai grandi attori comici, dai grandi mattatori, dalle grandi maschere della tradizione comica, anche popolare, non legata in alcun modo al teatro colto. E ha fatto proprio ricorso ad alcuni attori che avevano questa estrazione, che appartenevano a questo mondo.

APPUNTI PER UN’ORESTIADE AFRICANA - di Roberto Chiesi

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro



APPUNTI PER  UN’ORESTIADE AFRICANA  

di Roberto Chiesi 


Titolo: Appunti per un’Orestiade africana
Regista: Pier Paolo Pasolini.
Anno: 1970 
Durata: 55’ 
Soggetto: Pier Paolo Pasolini.
Musiche: Gato Barbieri.
Fotografia: Giorgio Pelloni.
Produzione: Gian Vittorio Baldi.
Distribuzione: Dae.

(Ringrazio Roberto Chiesi, per il cortese consenso alla pubblicazione)


Nella primavera del 1968, Pier Paolo Pasolini stava progettando un film diviso in cinque episodi, sotto il titolo complessivo di Appunti per un poema sul Terzo mondo, che avrebbe voluto ambientare, rispettivamente, in Africa, India, America Latina, nei Paesi  Arabi  e  nei  quartieri  neri  dell’America  del  Nord.  Per  l’episodio  africano, considerò l’ipotesi di rielaborare la sceneggiatura di un film mai realizzato, Il padre selvaggio, ma alla fine decise di ispirarsi all’Orestiade di Eschilo.   
Erano  trascorsi  quasi  dieci  anni  da  quando  Pasolini  aveva  tradotto  la  trilogia eschilea per uno spettacolo teatrale diretto e interpretato da Vittorio Gassman. Nella Lettera  del  traduttore  (1960),  scriveva:  «Il  momento  più  alto  della  trilogia  è sicuramente  l’acme  delle Eumenidi,  quando  Atena  istituisce  la  prima  assemblea democratica  della  storia.  Nessuna  vicenda,  nessuna morte,  nessuna  angoscia  delle tragedie dà una commozione più profonda e assoluta di questa pagina. Le Maledizioni si  trasformano  in  Benedizioni.  L’incertezza  esistenziale  della  società  primitiva permane  come  categoria  dell’angoscia  esistenziale  o  della  fantasia  nella  società evoluta».  
Nell’immaginazione pasoliniana, la “società primitiva” venne ad identificarsi con l’Africa  tribale  e  arcaica.  Mentre  il  progetto  di Appunti  per  un  poema  sul  Terzo mondo si arenava per ostacoli produttivi, nel dicembre 1968, si concretizzò invece la possibilità di realizzare l’Orestiade sotto forma di “appunti per un film da farsi”, in Kenia e Tanzania.  

Laura Betti, le pagine inedite - Tratto da Laura Betti illuminata di nero.

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro


Laura Betti, illuminata di nero, a cura di Roberto Chiesi 


Laura Betti, le pagine inedite 
tratto da Laura Betti illuminata di nero, 
a cura di Roberto Chiesi 

(Un ringraziamento a Maria Vittoria Chiarelli, per la sua accurata trascrizione)

Teta Velata


Questa e altre pagine inedite sono state ritrovate in una cartella dell'archivio di Laura Betti, accanto a brani dattiloscritti del romanzo Teta Veleta. Possiamo quindi ipotizzare che si tratti di passaggi successivamente eliminati dalla stesura definitiva dell'opera.






7 gennaio 1976


Laura Betti, illuminata di nero, a cura di Roberto Chiesi 

Sono finite le feste. Natale. Capo d'Anno. Epifania. Giorni e giorni di silenzio atono e stravolto. Silenziose anche le urla di Susanna, la mia ultima figlia(1).
Poi le urla di Susanna sono state chiuse dentro ad un'automobile rossa che volava per l'autostrada Trieste-Casarza (sic) fino a diventare un solo, unico urlo prolungato, impastato di Pavesini, di Esso e di caschi colorati. Via, via mia figlia Susanna, chiusa dentro il suo urlo cieco, chiusa nella mia mano che le ha strappato un lieve odore di primule.

lunedì 22 febbraio 2021

Pier Paolo Pasolini, La padroncina impaziente - Il Mondo, 27 gennaio 1954

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro


Pier Paolo Pasolini, La padroncina impaziente

Il Mondo, 27 gennaio 1954
Biblioteca nazionale centrale Roma


Biblioteca nazionale centrale Roma

Intervista sincera con Pasolini sul mondo, l'arte, il marxismo - La Stampa, 12 luglio 1968



"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro


 La Stampa, 12 luglio 1968

Intervista sincera con Pasolini sul mondo, l'arte, il marxismo 



(Dal nostro inviato speciale) 
Spoleto, luglio.
 
Domanda — Perché protesta sempre, signor Pasolini? 

Risposta — Protestare è una funzione dei letterati. 

D. — Allora protesterebbe anche se non ci fosse nulla da protestare? 

R. — La genesi di uno scrittore è codificata da leggi biologiche. Da bambini 
gli scrittori si assomigliano tra di loro, come i pazzi. Hanno in comune il senso della esclusione dal mondo 

D. — Lei si sente escluso dal mondo? 

R. — No, io sto benissimo nel .mondo, lo
trovo meraviglioso, mi sento attrezzato
alla vita, come un gatto
.

D. — Allora, perché protesta? 

R. — E' la società borghese che non mi piace. E' la degenerazione della vita del mondo. Hitler è stato il tipico prodotto della piccola borghesia. 
D. — E Stalin? 

R. — Anche Stalin è un prodotto piccolo borghese. 

D. — E Attila? 

R. — Attila era una forza scatenata della natura. La sua atrocità non si ammantava di giustizia, di ordine. 

D. — Che cosa pensa di Che Guevara? 

R. — Assomiglia troppo ad Hemingway per i miei gusti. 
D. — Che cosa non le piace di Hemingway? 

R. — Il borghese che scambia la sua inquietudine, per quanto nobile, per una palingenesi, il suo moralismo piccolo borghese per moralità rivoluzionaria. Questo è anche ciò che mi offende in Che Guevara. il suo atteggiamento arbitrario e precostituito rispetto alla rivoluzione. 

D. — L'ha conosciuto? 

R. —- No, ho letto quello che scrivono di lui i giornali. Ma sento che è così. 
D. — Come vorrebbe che fosse il mondo per piacerle? 

R. — Il mondo mi piace così com'è, una volta avrei detto che mi piacerebbe una società .socialista. .Ma ora sono deluso. 

D. — C'è un uomo, una società ai mondo che la soddisfi? 

R. — Indicherei Fidel Castro e Cuba. 

D. — Conosce bene Fidel Castro e Cuba? 

R. — No. 

D. — Perché non va a conoscerli? 

R. — Non ho tempo, devo lavorare. 

D. — Le sue opinioni politiche, data la sua celebrità, hanno una vasta risonanza. Non si sente responsabile dell'effetto che possono avere? 

Re — ignoro di essere una persona di rappresentanza e mi voglio riservare il diritto di sbagliare. Se andassi a Cuba e mi accorgessi di avere sbagliato, lo direi. 

D. — Crede in una morale? 

R. — Io sono per la morale contro il moralismo borghese. Qual è la differenza? Glie la spiego: il moralista dice di no agli altri, l'uomo morale lo dice solo a se stesso. 
D. — Lei dice di no à se stesso? Quando? 

R. — Sono domande da salotto. 

D. — Preferisce parlare delle vacanze? Allora, dove andrà in vacanza? 

R. — Non vado in vacanza. Non ci vado mai. 

D. — E' un no che dice a se stesso? 

R. — Non ho tempo per le vacanze. Ho molto da lavorare. Il lavorò è una ossessione, non riesco a strapparmici. 

D. — Forse un'evasione? 

R. — Diciamo piuttosto una droga. 

D. — Perché si droga? 

 
R. — Glie l'ho detto. Il mio rapporto con la società storica in cui mi trovo è un rapporto infelice.

D. — Ma lei ha detto che al mondo ci si trova bene. 

R. — Ho un rapporto meraviglioso col mondo: la natura, l'amore, le persone concrete. Anche con i piccoli borghesi. I miei migliori amici e i più solidi sono nella borghesia. 

D. — Non è in contraddizione? 

R. — La borghesia, anche nei momenti più orrendi, ha dato cose stupende. Devo riconoscere che anche ai giorni nostri l'umanità fa bellissimi quadri, romanzi, film, grandi progressi nel sapere. E' la ideologia del consumismo 
che io nego. Quello che la società contemporanea dà ancora di buono e di bello, viene dalle sue radici umanistiche, 
da un mondo antico, povero e religioso. Ma la società consumistica è irreligiosa, e quindi arida. 

D. — Lei non è ateo? 

R. — Sì, io sono ateo. Ma i miei rapporti con le cose sono pieni di mistero e di sacro. Per me niente è naturale, nemmeno la natura. 

D. — Le sue risposte mi sembrano piuttosto astratte. 

R. — Come le sue domande. 

D. — Parliamo di lei. E* un timido? 

R. — Sì, io sono un timido. Anzi, per meglio dire, un ingenuo. Ma nessuno mi crede. E' doloroso vivere nel fraintendimento. Per anni hanno creduto che io abbia rapinato un benzinaro puntandogli la pistola. E' angoscioso vivere così. 
Adesso mi accusano di avere scritto una poesia contro gli studenti. La scrissi in un momento dì impulso per una rivista che pochi leggono. Acconsentii poi a che un settimanale ne pubblicasse qualche brano in occasione di un dibattito con dei giovani. Invece l'hanno pubblicata per intero. Quando l'ho vista sul settimanale, ero già pentito di averla scritta. Io sono dalla parte dei giovani, anche se non approvo il loro mettersi a sinistra del comunismo. E' un atteggiamento velleitario. Nei paesi dove esistono forti partiti marxisti, non si può prescindere 
da essi senza rischio di estremismi che finiscono con l'essere autolesivi, come purtroppo è accaduto in Francia. 

D. — Perché ha presentato il suo Teorema al Premio Strega, se poi l'ha ritirato? Si dice che l'abbia ritirato perché aveva, ottenuto pochi voti. Che cosa risponde? 

R. — Non esiste. scrittore che non presenti la sua opera a qualche premio, per farla conoscere, per vincere, per guadagno. Le cose gravi le ho sapute dopo. Quel che avviene al Premio Strega non è più una piccola lotta elettorale, come una volta. E' un gioco in grande, che diventa pericoloso. 

D. — Lei ha scritto una sceneggiatura per un film, poi ne ha fatto un'opera di narrativa per il Premio Strega. Corre voce che l'abbia anche ridotta in opera teatrale per concorrere ad un altro premio, il « Pirandello ». Non le sembra uno sfruttamento intensivo di una idea? 
R. — Io sono un letterato e una mia sceneggiatura è già opera di narrativa. Non è vero che concorro al Premio Pirandello. 

D. — Crede che sia bene abolire d'ora in poi tutti i premi? 

R. — No, i premi sono necessari per far conoscere le opere al pubblico. Con Moravia ne abbiamo fondato uno in un piccolo paese che si chiama Zafferano. Ciò che è urgente, è far sì che i premi sfuggano all'industria culturale. 

D. — Moravia, Pasolini sempre gli stessi. Non è anche questa una forma di monopolio culturale? Come mai in vent'anni nessuno ha preso il vostro posto? Non nascono più scrittori degni di sostituirvi? 
R. — Se fosse vivo Ludovico Ariosto, si sentirebbe di escluderlo dalle giurie? Una certa forma di potere, dovuta al prestigio di uno scrittore, è naturale. Del resto, Moravia sta dimostrando di non essere un sorpassato, di avere ancora molte cose da dire. Se altri non lo sostituiscono al vertice, è perché la società italiana è morta. Una piccola società analfabeta produce una letteratura mediocre. Del resto, i giovani non sono interessati alla letteratura, come dimostra il movimento studentesco. Io ho cominciato 
a scrivere versi all'età di sette anni. I ragazzi di oggi sono attratti da altre vocazioni, politiche, tecniche... Con questo non voglio dire che siano meno valide. 

D. — C'è una domanda che le piacerebbe io le avessi posto? 

R. — Mi piacerebbe che ci si occupasse delle cose serie che faccio. Ho pubblicato
un manifesto sul teatro in Nuovi Argomenti, che mi sembra cosa nuova e importante, ma è caduto nel vuoto. 

D. — Forse ci si attende da lei, invece di un nuovo manifesto, un nuovo teatro. R. — Ho sei drammi pronti, sei tragedie in versi. Sembra che lo Stabile di Torino stia per darmi la possibilità di rappresentarne una. Ma adesso ho da fare, sto montando Teorema. 

Addio, signora Bergagna. Mi faccia leggere l'intervista prima di pubblicarla. 

Addio, signor Pasolini. Mi faccia vedere il suo film prima che sia rappresentato. 

Laura Bergagna  

La Stampa, 12 luglio 1968



Curatore, Bruno Esposito

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domenica 21 febbraio 2021

Intervista a Pasolini: nei miei libri c'è la storia della mia vita. Trascrizione da "Primo piano - Personaggi e problemi dell'Italia d'oggi (1968) "di Carlo Di Carlo

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro



Pasolini nei miei libri c'è la storia della mia vita.

Pier Paolo Pasolini 1968 di Carlo Di Carlo
Un filmato di Carlo Di Carlo che fece parte del programma televisivo Pier Paolo Pasolini: Primo piano. Personaggi e problemi dell'Italia d'oggi (1968) 

(Trascrizione dal sonoro curata da Bruno Esposito)

La storia della mia vita è la storia dei miei libri, i miei libri eccoli qua, quindi, qui, in questo divano, c'è tutta la mia vita, praticamente. II primo mio libro è uscito nel '42, è un libro di poesie in dialetto friulano che è il dialetto di mia madre, le ho scritte verso i 18 anni e le ho pubblicate esattamente a 20 anni, nel '42 avevo 20 anni. Perché ho scritto in friulano? Allora non me ne sono reso ben conto, me ne sono reso conto immediatamente appena è uscito il libro; appena è uscito il libro alcuni critici avrebbero voluto recensirlo non l'hanno
potuto recensire perchè le riviste di allora, erano gli ultimi anni del fascismo, non volevano che si parlasse di dialetti, non volevano che esistesse una letteratura dialettale; questo perche? Perché l'Italia di allora, l'Italia ufficiale di allora, era un'Italia completamente stereotipa e falsa, praticamente al di fuori di ogni forma di realismo,  anche se completamente poetico, come era questo; cioè non si voleva che in Italia si parlasse di dialetto. praticamente non si voleva che in Italia ci fossero dei contadini e degli operai. Comunque in
questo libro non c'è niente di quello che è stato chiamato poi "impegno". E' un libro completamente poetico, di un amore un po' romanzato e fantastico, mio, per 1a terra di mia madre. per i contadini friulani, ecc. ecc.. 
Dopo poco, nel '45, durante 1a guerra, avevo fondato, nel paese di mia madre, Casarsa nel Friuli, una specie di accademia che chiamavo piccola accademia di lingue friulana. In sede di questa accademia, a nostre spese, io e degli altri miei anici, pubblicammo dei libricini. Questo dunque, è il secondo
libricino che è uscito, si chiama "Diario", questo però in lingua italiana. Ancora poesie,  diciamo cosi, anteguerra, di atmosfera culturale ancora simbolista o surrealista, o in certo senso neoclassica, con qualche rapporto con l'ermetismo, ma comunque già qui ci sono degli elementi della mia poesia futura, cioè già qui parlo, per esempio, della morte del mio fratello partigiano, ecco, è già un tema nuovo nella mia poesia, evidentemente. In questi anni ho continuato a scrivere sia in friulano che in lingua, le poesie friulane le ho raccolte
soltanto dopo una decina d' anni, in un volume che si chiama "La migliore gioventù", le poesie italiane sono qui, "L'usignolo della chiesa cattolica" che ho pubblicato pochissimo tempo fa. Fino a quel punto io credevo di essere letteralmente quello che in un senso tecnico si definisce poeta ma a un certo punto ho cominciato a vedere dei film. E vivevo allora, benché abbia studiato a Bologna, all'università di Bologna, però ho passato la mia giovinezza in gran parte appunto nel paese di mia madre nel Friuli, dove ero fuori da ogni contatto
culturale. La cultura italiana del tempo mi è arrivata attraverso il cinema, e ho visto i primi film del neorealismo italiano. Sono stati i primi film del neorealismo italiano che mi hanno fatto venire in mente l'idea di poter scrivere anche 
dei racconti. o delle novelle o dei romanzi. Ho fatto dei tentativi che sono rimasti nel cassetto, e di cui uno soltanto ha visto la luce due o tre anni fa, si chiama "Il sogno di una cosa". Ma arrivato a Roma, dove sono arrivato nel '50, immediatamente cambiando
ambiente, cambiando costumi, cambiando abitudini, cambiando conoscenze, ecc., mi sono propriamente arricchito di questa dimensione narrativa che prima non avevo ed ho cominciato, appena arrivato a Roma, a scrivere, a scrivere dei racconti di ambiente romano, che poi ho radunato insieme, gli ho dato una certa unità, li ho raccolti nel volume "Ragazzi di vita" che è uscito nel '55. Con "Ragazzi di vita" è cominciato quello che posso definire il mio successo,  letterario ma anche la serie dei miei guai perché con "Ragazzi
di vita" ho subito il mio primo processo. Un processo allora trionfalmente vinto perché il pubblico Ministero stesso ha chiesto l'assoluzione in quanto si trattava di un'opera di poesia, di un'opera d'arte, almeno nelle intenzioni e quindi non era imputabile di accuse di scurrilità e di oscenità di cui era stato accusato. Prima di scrivere il secondo romanzo ho continuato a scrivere dei versi e sono usciti quindi tre volumi. II primo: "Le ceneri di Gramsci", il secondo uscito subito dopo nel '59: "La religione del mio temo" e l'ultimo uscito due o tre
anni fa: "La poesia in forma di rosa". E' qui contenuta quella che io considero la parte più solida di quel che ho ratto finora. I romanzi sono stati un po' un'avventura per me, non mi considero ancora un romanziere. Sono arrivato al romanzo verso 30 anni, ho fatto due o tre esperimenti, in parte riusciti in parte no, non lo so, hanno avuto un certo peso nella cultura degli anni '50, credo, ma io continuo a considerarmi uno scrittore di versi. Ed ecco infatti l'altro romanzo che prosegue i temi, i 
personaggi, l'ambiente, ecc., ecc. , dei
"Ragazzi di vita", si chiama "Una vita violenta". Racconta la storia di un giovane che passa da una fase di piena incoscienza civile e politica, attraverso varie esperienze, Fino ad acquisire una coscienza di classe benchè lui poi non appartenga a nessuna Classe, appartenga in pieno a un sottoproletariato urbano, ondeggiante, che è stato fascista e che quindi è privo di questa coscienza. Durante questi anni, appunto gli anni dell'impegno, è stata molto intensa anche la mia attività saggistica e critica. Ho raccolto tutti
questi miei saggi in un volume che si chiama "Passione e ideologia" e soprattutto sono stato direttore con Leonetti e Roversi, di una rivista letteraria e politica 
che si chiama "L'officina". Questa mia attività ha avuto delle varie interruzioni, è stata ripresa recentemente, quando mi sono deciso a dirigere insieme a Carocci e Moravia, una nuova serie della rivista «novi argomenti". 
Da che cosa stata caratterizzata tutta questa mia produzione in maniera assolutamente schematica e
semplicistica? E' stata caratterizzata, prima di tutto, da un istintivo e profondo odio per lo stato in cui vivo, dico proprio stato, intendo dire stato di cose e stato nel senso proprio politico della parola. Lo stato capitalistico piccolo borghese che ho io cominciato a odiare fin dall'infanzia. 
Naturalmente, con l'odio non si fa nulla, infatti, non sono riuscito a scrivere mai una sola parola che descrivesse o si occupasse o denunciasse il tipo umano piccolo borghese italiano; il mio senso di repulsione è cosi forte che non riesco a
scriverne. Quindi ho scritto nei miei romanzi soltanto di ragazzi appartenenti al popolo; io vivo cioè con la piccola borghesia italiana. Ho rapporti o con il popolo o con intellettuali. La piccola borghesia si, però, è riuscita ad avere rapporti con me! E li ha avuti attraverso i mezzi che ha in mano cioè attraverso la magistratura e la polizia ed ha intentato una serie di processi alla mia opera, la quale è caratterizzata, naturalmente, non solo dall'odio contro la polizia ma da una visione marxista delle cose, da un'analisi marxista della mia società.
Questi processi sono cominciati con "Ragazzi di vita" e sono arrivati fino a temo fa, con il processo contro il mio Film "Ricotta" per vilipendio alla religione; perché nel frattempo sono passato ai film, ho abbandonato in parte la letteratura, o perlomeno ho abbandonato il romanzo non la poesia, per dedicarmi quasi esclusivamente al cinema. Questo è accaduto negli anni '60 e non senza ragione perché gli anni '60 sono gli anni di una profonda crisi della cultura italiana. L'Italia sta passando da una fase di
paleocapitalismo verso una forma di neocapitalismo. Questo ha implicato una crisi di tutte le ideologie esistenti allora in Italia, soprattutto dell'ideologia marxista e dell'impegno, sicché si è parlato di crisi del romanzo, son sorti i movimenti avanguardistici che rompevano le tradizioni e le forme chiuse e classiche di narrativa e di poesia, si è parlato di antiromanzo, ecc.. ecc.. Io non ho potuto inserirmi in questo movimento perché ornai la mia formazione era fatta, II carattere letterario era definito, non potevo
tradirlo, tornarmene indietro. E son passato istintivamente al cinema, ho sostituito cioè, il racconto romanzesco col racconto cinematografico. E in principio ho creduto che si trattasse di una nuova tecnica ,In realtà ni sono accorto che si tratta di una scelta vera e propria perché il cinema è una vera e propria lingua, secondo me forse realizzando con questo il mio avventuroso, un po' scapestrato desiderio di abbandonare la nazionalità italiana. Scrivendo con la lingua del cinema mi esprimo in un'altra lingua che
non è più l'italiano, è una lingua internazionale. E cosi ho fatto il mio primo Film <<Accattone>>. Ecco qui la sceneggiatura. Subito dopo "Mamma Roma", poi quell'episodio della Ricotta, di cui ho nominato prima, accusato di vilipendio alla religione e subito dopo, con 
grande stupore di coloro che mi hanno condannato per vilipendio alla religione, il "Vangelo secondo Matteo" che è caduto negli anni del pontificato di Giovanni XXIII ed è stato una specie di concreto atto di dialogo e di rapporto tra
un comunista, seppure non iscritto al partito, e le forze più avanzate del cattolicesimo italiano. 
L'ultimo film mio è "Uccellacci e uccellini" in cui in maniera favolosa, cosi, aneddotica e simbolica, racconto la crisi di cui dicevo poco fa, cioè la crisi dell'ideologia dell'impegno degli anni '50 e l'avvento di un nuovo orizzonte ideologico intorno a noi, nella società italiana. per il futuro chi vivrà vedrà.


Io sono una forza del Passato.
Solo nella tradizione è il mio amore.
Vengo dai ruderi, dalle chiese,
dalle pale d'altare, dai borghi
abbandonati sugli Appennini o le Prealpi,
dove sono vissuti i fratelli.
Giro per la Tuscolana come un pazzo,
per l'Appia come un cane senza padrone.
O guardo i crepuscoli, le mattine
su Roma, sulla Ciociaria, sul mondo,
come i primi atti della Dopostoria,
cui io assisto, per privilegio d'anagrafe,
dall'orlo estremo di qualche età
sepolta. Mostruoso è chi è nato
dalle viscere di una donna morta.
E io, feto adulto, mi aggiro
più moderno di ogni moderno
a cercare fratelli che non sono più. 


Curatore, Bruno Esposito

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