"Le pagine corsare "
dedicate a Pier Paolo Pasolini
Eretico e Corsaro
Pier Paolo Pasolini inizia il suo incontro settimanale con i lettori di Tempo
Giancarlo Vigorelli
Tempo numero 32
6 agosto 1968
pag. 18 e 19
Giancarlo Vigorelli
Tempo numero 32
6 agosto 1968
pag. 18 e 19
Radiocorriere TV
5/11 gennaio 1969
La Fiera letteraria», IX, 47
25 novembre 1956
L'uscita delle poesie di Noventa, finalmente raccolte in volume (ed. di «Comunità»), dopo anni di attesa da parte dei suoi privati ammiratori, e premiate con uno squillante Viareggio, ha rinnovato un certo interesse intorno alla poesia dialettale. Anzi per molti è stata una scoperta, in quanto problema di stile e fenomeno di cultura: e allora si è avuta una serie di interventi che, riguardo a quel problema e a quel fenomeno, si dichiaravano apertamente agnostici o lecitamente incerti. Ma bastava, almeno, che questi facitori di recensioni e notiziari leggessero qualche pagina degli scritti usciti in questi ultimi anni del Devoto, dello Schiaffini, del Contini, per rendersi conto, almeno, di come
Pier Paolo Pasolini e la religione
Sequenze Numero 69, aprile 1972
(Traduzione dal francese curata da Bruno Esposito)
Ammiratore di Pier Paolo Pasolini, Michel-M. Campbell ha approfittato di un viaggia in Italia per incontrare l'autore del Vangelo secondo Matteo. In questa sua intervista, il professore della Facoltà di Teologia dell'Università di Montréal non esita a rivolgere a Pasolini domande sulla religione.
Sembra che il mondo religioso sia costantemente presente nei film di Pasolini.
L.B.
Roma
28 agosto 1950
Carissima mammetta,
eccoti una bella notizia. Sabato ho ricevuto questo telegramma:
«Sua poesia Testament Coran ha vinto giuria unanime secondo premio lire cinquantamila concorso nazionale Cattolica. Gradiremmo se possibile sua presenza domenica pomeriggio. Congratulazioni».
Sei contenta? Io ho goduto soprattutto per te, e per le benefiche influenze sul babbo (almeno temporanee). È un bel successo poi, perché, se il vincitore era preordinato, io ho vinto il secondo posto per puro merito come dice l’unanimità della giuria.
Tratto da Un paese di temporali e di primule, a cura di Nico Naldini
Ugo Ganda Editore
Gli scolaretti di Versuta, Learco Cossarin, Dante Spagnol, Bepino Bertolin e altri, hanno conservato un quadernetto di poesie che il loro insegnante compose per loro, per cantare l’umile bellezza del mondo che essi conoscevano, ma per rivelargliela meglio attraverso la poesia. La raccoltina di quattordici poesie si intitola «1944».
Gli scolaretti di Versuta
Bionduccio e allegro il Nini
con gli occhi birichini;
Cesare, serio e Dante
con l’occhio un po’ sognante.
Crovatin studentino
Gigiuti un bel bambino.
Pietà per la nazione i cui uomini sono pecore
e i cui pastori sono guide cattive
Pietà per la nazione i cui leader sono bugiardi
i cui saggi sono messi a tacere
Pietà per la nazione che non alza la propria
voce
Il regista conclude il "Decamerone,,
Manichini impiccati, diavoli pelosi, beati e gerarchie: tutto «alla napoletana»
La Stampa, 7 novembre 1970.
Pag. 7
(Trascrizione dal cartaceo curata da Bruno Esposito)
(Nostro servizio particolare)
Roma, 6 novembre.
(l.m.) All'ultimo giro di manovella del Decamerone di Pier Paolo Pasolini l'operatore Tonino Delli Colli e tutti i tecnici della troupe hanno un'aria stravolta, sfiniti come sono dalle sei settimane di riprese in esterni fra Napoli, Caserta, Ravello, Amalfi, Bolzano, Viterbo, Roma e persino lo Yemen. Il regista conserva la consueta calma e gentilezza. Si gira, oggi, all'aperto; è stato ricostruito un Giudizio Universale sulla base di quello, famosissimo, di Giotto nella Cappella degli Scrovegni a Padova, con manichini a grandezza naturale impiccati ed appesi ad uncini di ferro, diavoli pelosi, beati paludati in ampi manti, gerarchie celesti disposte in scala ed un enorme manichino raffigurante una Madonna severa, che sostituisce Dio padre.
« E' un giudizio universale alla napoletana — spiega Pasolini — perché le novelle di Boccaccio che ho portato sullo schermo sono state calate nell'ambiente napoletano, napoletano è il linguaggio usato per quasi tutto il film, e a Napoli — si sa — si invoca sempre la Madonna, non Dio ».
Il viso più scavato del solito, l'occhio inquieto e febbrile, Pasolini definisce questo suo Decamerone
« il più lieto e solare fra ì film prima fatti »,
ricollegandolo per il lato realistico ad Accattone e Mamma Roma, per la vena onirica e surreale a Uccellacci e uccellini. Teorema, La ricotta.
La fatica sembra che non pesi su di lui. Parla già del prossimo film che girerà, una vita di San Paolo riportata fra i grattacieli di New York e i boulevards di Parigi, mettendo l'accento sul momento in cui nasce la Chiesa come organismo burocratico e potenza temporale,
« e San Paolo quindi fallisce al suo compito di organizzatore».
Il regista annunzia anche la prossima pubblicazione di un suo volume di versi, per lo più inediti.
« Sono stato fermo due anni — egli ha detto —. Ho scritto solo "versi su commissione" o versi molto brutti. Poi sono tornato a cercare questo mezzo di espressione, ma il perché non saprei spiegarlo. Anche alla stesura di alcune tragedie sto lavorando alacremente. Tre sono terminate. Altre tre sono ancora incomplete ».
Queste forme di cinema collettivo che si stanno tentando — gli chiediamo — crede che abbiano una validità? Pensa di dargli il suo contributo?
« Io sono in un certo senso all'antica — risponde —. Per me la paternità di un'opera spetta solo al suo creatore. A meno che non si tratti di documenti, testimonianze, interpretazioni storiche. In questo caso il lavoro di équipe è utile e positivo. Ad un filmato di questo tipo sto già lavorando da tempo con un gruppo di giovani di "Potere Operaio". Intendiamo raccontare, interpretandolo e giudicandolo con partecipazione e passione civili, questo ultimo anno della storia italiana. C'è il problema della diffusione. Di far arrivare cioè il prodotto ad un pubblico il più vasto possibile. Ebbene: noi gireremo per le città, le università, ovunque sarà possibile allestire proiezioni di questo filmato. Se ci saranno dall'alto divieti ed opposizioni, noi li affronteremo, direttamente ».
@Eretico e Corsaro - Le Pagine Corsare |
5 novembre 1975
(Trascrizione integrale curata da Bruno Esposito)
Prima di tutto voglio ringraziarvi di essere convenuti qui per dare l'estremo addio ad un caro amico e ad un grande artista.
E adesso vorrei aggiungere una cosa: in questi ultimi giorni sono stato continuamente ossessionato dalle immagini della morte di Pier Paolo Pasolini, non soltanto per la crudeltà, l'atrocità, di questa morte, ma perchè non mi riusciva di rintracciarne il senso, il significato. E noi siamo... noi uomini, vogliamo che le cose significhino qualche cosa, che non siano slegate, assurde, inerti - senza una voce, senza un messaggio.
L'Unità del 3 novembre 1975
Come è giunta lo notizia in casa dagli amici più cari. L'attere ha effettuato il riconoscimento del corpo - L'ansia a casa - Gli occhiali nell'auto.
2 novembre 1975
E' passato da poco mezzogiorno quando Ninetto Davoli arriva in via Eufrate all'EUR e infila il portone del palazzo dove abita la famiglia di Pasolini. L'attore ritorna dall'Idroscalo di Ostia dove, poche ore prima, è stato ritrovato il cadavere del regista. E' stato lui l'ultimo degli amici che l'hanno visto sabato sera, ed è toccato a lui, stamane, riconoscere nel povero viso sfigurato i lineamenti di Pasolini.
Davoli ha ancora gli occhi rossi, si stringe nell'impermeabile, cerca di raccontare quanto è successo -
« Stamattina presto — dice — mi ha telefonato la cugina di Pier Paolo, Graziella, che vive con lui e con la madre. Era preoccupata Mi ha detto che i carabinieri avevano trovato l'automobile rubata a Paolo, ed erano venuti a casa sua alle due di mattina. Ma che di Paolo ancora non si sapeva nulla ».
« Mi sono precipitato qui, e poi sono andato subito dai carabinieri. Ho chiesto informazioni, notizie, ma nessuno mi ha saputo dire niente. Poi ho sentito che avevano trovato un cadavere a Ostia. Dicevano che non poteva essere quello di Pasolini. Neanche lo ci volevo credere, ma ho convinto i carabinieri ad accompagnarmi sul posto. Volevo vedere, accertarmi».
Davoli è circondato dai giornalisti che arrivano uno dietro l'altro. Continua il suo racconto.
« Ad Ostia mi sono prima fatto portare all'automobile, quella rubata. Quando ho visto che dentro c'erano gli occhiali, ho capito che era successo qualcosa a Paolo; non si separava mai dai suoi occhiali. Poi. quando siamo arrivati all'Idroscalo l'ho riconosciuto ».
Qualcuno gli chiede particolari sul riconoscimento, ma Davoli non vuole parlarne.
« Che vi devo dire? E' una cosa atroce. Non riesco a capire come si possa passare avanti e indietro, con un'auto sul corpo di un uomo ».