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lunedì 14 dicembre 2020

Dicono di lei Pasolini - Enzo Biagi 4gennaio 1973 - Intervista a Pasolini

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro




DICONO DI LEI Pasolini
LA STAMPA 
Anno 107 Numero 3 
Giovedì 4 Gennaio 1973

(Trascrizione curata da Bruno Esposito)

Roma, gennaio.

IL taxi attraversa la città. Mi abbandono ai clacson, all'aria pesante di benzina bruciata, a qualche considerazione. Stanno girando una pellicola che è un condensato: Le Mille e Una Notte di Boccaccio a Canterbury. Immagino che cosa c'è da aspettarsi, ma l'inventore del titolo è un genio. C'è dentro la magia dell'Oriente, con gli ombelichi delle odalische; il Dugento, con i petti delle castellane e i fratoni gaudenti; l'Inghilterra medioevale, con le ragazze magre e lentigginose, che quando escono dalle tinozze rivelano insospettabili risorse, e i cavalieri erranti, e i paesaggi che sembrano illustrazioni dei « Classici dell'arte », e tutte le avventure si concludono inesorabilmente sui grandi letti a baldacchino. 
C'è dentro, in qualche modo, il nostro « Dottor Pier Paolo Pasolini », come sta scritto sul campanello. Abita nella zona dell'Eur. La casa è tranquilla, attorno ci sono degli alberi verdi. Nel soggiorno, un caminetto, molti libri appoggiati sui mobili, ricordi africani. 
La faccia cli Pasolini è scavata, gli occhi mi sembrano malinconici, o febbricitanti. E' la seconda volta che lo incontro, e mi pare sempre indifeso. Chissà perchè, penso debba fare dei sogni terribili. 

Dico: « Questo nuovo filone, questo genere che ha iniziato, che segna il trionfo dell'erotismo, e la sagra dei sequestri giudiziari, questo salto dalle parabole di Matteo ai racconti di Shahrnzad, non le sembra un po' brusco? ». 


« E' coerente con la vita che ho scelto. I miei film si rivolgevano, come fatto estetico, a persone sensibili, ad anime belle. Nel senso migliore: mi creda, senza ironia. Ho perduto anche quelle. Era destino che accadesse. No, non c'è calcolo: ho avuto molti dispiaceri, angosce, un senso dì isolamento ». 


« Un conto sono le vicende degli Apostoli, un po' diverse quelle dei giovanotti britannici che, nella sua ultima opera, si esibiscono in esercizi assolutamente inconsueti, per questi schermi ». 


« Li ho realizzati nello stesso modo, con lo stesso entusiasmo. Sono sempre storie corali. Allora il mio Vangelo dava scandalo per come rappresentavo la figura di Cristo; adesso quello che sconvolge è il sesso. E perché? Perché c'è chi ha creata una specie di gerarchia dei valori: ai primi posti la religione, la politica, poi l'ideologia, poi i rapporti sentimentali. Lui, sì, è l'ultimo. Ma questo è mostruoso. Se il sesso è combinato con l'amore, allora siamo tutti d'accordo, allora va bene. Ma ciò accade forse due o tre volte in un'intera esistenza; per la maggior parte della gente è solo un attimo, un'occasione. Quando ho pensato al Decameron non supponevo potesse aprire la strada a degli imitatori, non intendevo dare il via a una serie di volgarità ». 


«Che cosa c'è di diverso, in lei, dai seguaci, oltre, si capisce, al talento? ». 


« Non ricorro mai al doppiosenso, all'allusione, non cado nell'ipocrisia ». 


«Pane al pane, ma qualche volta c'è un po' di confusione nel forno. Legge le critiche? Ho visto, sull'Express, che Claude Mauriac dice, a proposito del Canterbury, che "il troppo è nulla". Troppi uomini con donne e uomini con uomini e uomini da soli, troppe funzioni del ricambio realisticamente narrate ». 


« Me ne dispiace. No, non seguo le recensioni. Vedo quelle che mi capitano, non le cerco. Io so quanto costa fare un film, e fra il mio lavoro e quella colonnina c'è sempre una sproporzione ». 


« Lei è instancabile: poesie, sceneggiature, saggi, dibattiti, viaggi; sembra quasi un'ossessione ». 


« Se non lavoro sono triste ». 


«Che cosa la offende di più, che cosa la ferisce? ». 


« La superficialità. Dire cose per sentito dire, per convenzione ». 


« Lei è stato protagonista di alcune sgradevoli cronache. Che cosa ha provato, cosa le è rimasto dentro? ». 


«Si è sempre piuttosto infantili davanti alla polizia e magistratura. Piuttosto terrorizzati. Basta sedere sul banco degli imputati. Potrei scrivere un "Libro bianco" sui miei rapporti con la giustizia italiana, accuse, sentenze, arringhe, richieste del Pubblico Ministero. Sono stato processalo per avere rapinalo duemila lire, nascondendomi sotto un cappello nero, le mani infilate in guanti naturalmente neri, e con la pistola caricata con pallottole d'oro ». 


« Ha assegnato a sua madre la parte della Madonna. E' un segno di venerazione. Di suo padre non parla mai. So che era un ufficiale, ma non riesco a vedere che personaggio avrebbe potuto interpretare ». 


« Finché era vivo lo condannavo in maniera recisa. C'era una pietà di fondo, ma il rapporto con lui era infernale. Mi faceva pena, perché aveva sbagliato tutto: nazionalista, filofascista, prima sul fronte francese, poi prigioniero in Etiopia. E' tornato che era uno sconfitto. Aveva capito perché i suoi ideali dovevano cadere. Ha voluto a tutti i costi che seguissi i miei studi, la mia vocazione. Quando morì, aveva il grado di colonnello. La mamma è esattamente il contrario: ha avuto una giovinezza spiritualistica; non è cattolica, non è praticante, ma ha poeticizzato la fede. Ama il coraggio, la verità, la bontà ». 


« In certi momenti, lei mi sembra un po' Malaparte e un po' D'Annunzio: ha il gusto dell'avventura, dello scalpore ». 


« Sono così diverso da tutti e due. Con D'Annunzio ho in comune la vitalità, ma in forme completamente differenti ». 

« Mi sembra anche un uomo senza speranza ». 


« Non ho le speranze conformiste: nel partito, nelle chiese; sono gli alibi della coscienza. La mia, si manifesta nel fare. Per me, gran parte del futuro è passato: neppure una delle attese, dei desideri, si è realizzata ». 

« E' infelice? ». 


« Di carattere, affatto. Sono appassionato, allegro. Alcune cose mi fanno soffrire selvaggiamente, in maniera quasi patologica, ma mi riprendo abbastanza presto, mi libero ». 

« Senza cinema, senza scrivere, che cosa le sarebbe piaciuto diventare? ». 


« Un bravo calciatore. Dopo la letteratura e l'Eros, per me il football è uno dei grandi piaceri ». 

« Ricorda qualche momento di gioia, dei momenti lieti?>> 


« Un periodo, un giorno o due bellissimi, ma li ho dimenticati. Ecco, ore: una volta che ero partito  in macchina per cominciare il Decameron, alla fine dell'estate. Certe notti, in Africa, da solo. Nel Kuwait, aspettavo qualcosa, ero solo... ». 

« Perché sempre solo? ». 


« La solitudine è la cosa che amo di più ». 

« Prega mai? ». 


« Ho smesso di colpo, a quattordici anni ». 

« Perché? ». 


«Un trauma inspiegabile. Avevo comperato, nelle bancarelle, il Macbeth, e L'Idiota di Dostoevskij. Li avevo letti. Forse lasciarono in me qualcosa. Vivevo a Bologna, ed entravo sempre nella chiesetta di via Nosadella, ripetevo la stessa orazione migliaia di volte, raggiungendo abbandoni mistici. Durante una Messa decisi: mai più ». 

« Ha paura della morte? ». 


« Da ragazzo ne avevo un forte terrore: quando ero piccolo, ho sofferto di una nevrosi, e un'altra mi ha fatto patire a vent'anni. impiccavano i ragazzi coi ganci. Adesso non la temo per niente ». 

«Quali persone stima di più? ». 


« I giovani operai ». 

« Mi spieghi, se crede ». 


« Pongono meno schemi, meno diaframmi fra sé e la realtà. Hanno avuto la grande fortuna di non andare a scuola, di non crearsi un mondo più brutto, più pallido, più contorto, più pieno di piccole idee sbagliate, il cui modello è adesso divulgato dalla Tv ». 

« Non le piace, suppongo, l'Italia ». 


«Inflitti, medito di scappare. Sono colpito dalla borghesizzazione completa. La borghesia, certo, ci ha dato grandi conquiste, ma anche Hitler. Sta accadendo qualcosa di analogo. I giovani capelloni operai assomigliano, che orrore, alle SS». 

« Dove andrà? ». 


« In un Paese arabo o africano. Dieci anni fa sarebbe stata una forma di evasione, adesso mi sono riavvicinato: non mi attrae il loro folclore, ma i loro problemi, che io sento. Sono sfiduciato ». 

Intanto, si prepara a girare Le mille e una notte, le novelle che la bellissima Shahrazad narrava al sultano di Persia che voleva, per vendicarsi della moglie che l'aveva tradito, uccidere tutte le fanciulle del serraglio. 
Pasolini cerca di sfuggire, credo, dalla mediocrità e dalle minacce che. incombono, ma soprattutto da se stesso. Ha conservato la forza dell'innocenza. O il rimpianto. No, non è un paradosso. 
Enzo Biagì




Curatore, Bruno Esposito

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