"Le pagine corsare "
dedicate a Pier Paolo Pasolini
Eretico e Corsaro
Prefazione dettata per la prima raccolta di versi di Vera Gherarducci,
Il Giorno Unico, editore Guanda.
Il Dramma
ANNO 46 - NUMERO 1
GENNAIO 1970
(Trascrizione curata da Bruno Esposito)
Ci vuol poco a capire che le poesie di Vera Gherarducci sono vere poesie. Appena ne ho lette alcune - o meglio appena ho letto i primi versi della prima poesia - ho deciso subito di pubblicare la Gherarducci su uno dei primi numeri della nuova serie di « Nuovi Argomenti », senza avere il minimo dubbio.
L’occhiata tipografica a una poesia della Gherarducci non convince, stia bene attento a questo il lettore : l’occhio sembra non desiderare leggere versi disposti in quel modo : perché si tratta di un modo apparentemente vecchio, datato; tutti i mille poeti e poetesse della provincia italiana dispongono i versi sulla pagina in quel modo : credo si tratti dell’adozione in massa della metrica deli’Ungaretti di moda negli anni Quaranta (i primi) e della successiva codificazione, che ha sostituito in qualche modo quella dannunziana. Forse è in quel fondo che la Gherarducci ha cominciato, e non si è più curata di cambiare. Infatti disponendo i versi così, essa ha trovato il modo di renderli assolutamente aderenti a una sua ideale voce orale : ideale perché assolutamente intonata al proprio sentimento. E qui c’è una contraddizione la cui soluzione costituisce l’originalità e la bellezza delle poesie della Gherarducci. Le sue poesie costituiscono, infatti, un diario: anziché titoli hanno date «vere», quelle che si pongono di solito, ambiziosamente, in calce ai versi, quasi a suggerire i dati di una evoluzione poetica. Al contrario, nella Gherarducci, la data è tutto: è talmente tutto che non significa più una data: è il tabù e il totem del tempo : una benedizione e una maledizione del Dio misterioso del calendario piccolo borghese. Non si capirà mai infatti, neanche a libro concluso, se queste date sono una glorificazione del tempo come luogo, alla fine, della dissoluzione in se stesso, o un esorcismo contro il suo perpetuo essere se stesso.
Bene, essendo datate nel titolo, queste poesie si definiscono come pagine di diario: ed ecco il sentimento di quel giorno, di quell’ora.-, con tutta la sua presumibile violenza, o angoscia o fatalismo o tutto ciò che volete, ma comunque molto definito e particolaristico. Intonare la voce a questo sentimento significa generalmente portarla al massimo dell’espressività : alle « punte espressive » (anche nel senso della massima depressione, come certi crepuscolari cui la Gherarducci un po’ assomiglia). Invece la voce della Gherarducci si intona a un sentimento che non richiede alcuna drammatica frequenza di alti e bassi, di punte in su o in giù.
Che richiede invece una sorta di monotonia giaculatoria c insieme ragionata, ragionante, logica parlata, quotidiana. Spesso infatti la Gherarducci usa allocuzioni, modi di dire, aggettivazioni usate dalle élites colte, nelle cose dove la gente « privilegiata » ha anche buon gusto, in un suo gergo usato con misura.
Questo significa che il sentimento di quel dato giorno, di quella data ora, è sempre lo stesso : e la Gherarducci vi intona la voce ogni volta allo stesso modo. Il suo diario non è che una iterazione, linguisticamente; e, psicologicamente, non è che un cerimoniale nevrotico che riproduce sempre allo stesso modo i suoi sintomi. La Gherarducci insomma tiene il diario di un giorno solo che ritorna sempre uguale da un primo 25 novembre a un ultimo 14 settembre. In questo giorno unico accadono tutti gli avvenimenti della vita di una donna sposata con dei figli piccoli che crescono, con tutto il suo background borghese facilmente immaginabile. In questo giorno, anche, ritorna sempre lo stesso sentimento di questa vita : il suo rapporto di intimità e di estraneità con essa. L’abisso nevrotico e la confidenza normale : l’atroce isolamento di una donna e la saggezza di una signora borghese che sa essere moglie, madre e padrona di casa con effettivo affetto.
È in una specie primaria di sincerità - che sembra non conoscere difficoltà - che va ricercata la soluzione di una dissociazione generalmente insanabile tra vita privata ed eterno, che in realtà sono un fenomeno assurdamente unico.
È diffìcile insomma cogliere un filo reale nella propria vita. La Gherarducci l’ha colto. Ciò le è costato la rinuncia a tutti gli altri fili della vita. La sua semplicità sintattica e metrica è assoluta. Essa dà il sentimento del suo Giorno Unico, in tutta la sua ambiguità e il suo terrore mescolato alla normalità, con una chiarezza disarmante e un realismo quasi brutale. È incredibile, ogni poesia che si legge in questo libro sembra la migliore, quella da citare; ma poi la seguente funziona ancora meglio; è sempre della stessa poesia che si tratta, come di una cosa che non sazia mai. E ciò che rende ognuna di queste poesie la più bella è il fatto che in esse non c’è mai, in nessun modo, nulla di irreale.
Pier Paolo Pasolini
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