"Le pagine corsare "
dedicate a Pier Paolo Pasolini
Eretico e Corsaro
Illuminando con Pasolini, pensando a Pontormo
Tonino Delli Colli
(Intervista a cura di Alessandro Gatti)
Scegliendo il cinema d’autore
Nella mia carriera ricordo molte scene per me importanti. Una è quella in cui Anna Magnani nel film Mamma Roma corre disperata in esterno con un carretto e va a cercare il figlio che troverà morto. Li fu difficile rappresentare visivamente lo strazio e l’emozione del personaggio. Il figlio muore in prigione legato su un tavolaccio. Siamo in interno e Pier Paolo Pasolini voleva che quella inquadratura somigliasse come luci e composizione al Pontormo.
Desiderava che gli ricreassi un gioco di contrasti tra la religiosità di un corpo esanime nell’oscurità, e la corsa in esterno di una madre disperata.
Credo che se dovessi rigirare oggi questa sequenza la rifarei così come l’originale. Avendo lavorato molto con Pasolini le scene importanti sarebbero davvero molte, vorrei citare anche la crocefissione nel Vangelo secondo Matteo.
Il cinema cambia
Io sono entrato a Cinecittà a 18 anni nel 1938 un’anno dopo la sua apertura e ho fatto la "bottega", cosa che oggi non si fa più. Le tappe sono state bruciate e si firma la fotografia di un film molto prima. Bisogna cominciare come tutte le cose artigianali d’arte partendo da zero, guardando gli altri e sperando di avere dei buoni maestri, poi si può mettere qualcosa di noi, ma solo dopo.
Il cinema è certamente cambiato ma io rimango ancorato a quello che era il vecchio cinema, cioè quello di trenta o quaranta anni fa il cosiddetto cinema d’autore, oggi di autori ce ne sono tanti. Un tempo c’era chi scriveva la storia, chi firmava la regia e chi la rappresentava visivamente con la fotografia, ed era un privilegio poter partecipare ad un film del genere. Oggi altri fattori intervengono nella post-produzione che possono falsificare un pò l’idea originale dell’autore, perciò un prodotto filmico diventa una elaborazione di più autori. Il cinema è cambiato in questo senso.
I nuovi sistemi di ripresa digitale non mi appartengono, o meglio non ho il desiderio di aquisire queste nuove tecniche anche se tutto cambia e l’evoluzione renderà ancora più istantanea la realizzazione del cinema.
Le nuove tecniche
Il cinema elettronico è a mio modo di vedere più tecnico che artistico. Sarei curioso di sapere se questo nuovo modo di riprendere il cinema in un arco di quarant’anni sarà in prospettiva considerato cinema d’autore, una meta che troppo spesso viene tralasciata.
L’opera dell’autore con le nuove tecnologie è manomessa. Nel passato non era proprio così se pensiamo a Mario Bava o Antonio Margheriti che facevano effetti speciali, anche artigianali o caserecci, ma con un grande istinto fotografico, erano infatti anche direttori della fotografia.
Il discorso della modernità si può estendere anche alla visione dei giornalieri, che preferisco vedere su pellicola e in sala magari non stampandoli tutti. Ho bisogno del riscontro della sala per potere capire dove devo intervenire sulle correzioni o come devo proseguire le riprese.
Il cinema nelle sale
La grana, il fuoco, l’incisione sono tre fattori che caratterizzano la pellicola, e che non si ritrovano nelle proiezioni di materiale elettronico o digitale. L’esperimento statunitense di trasmettere un film via satellite nelle sale mi lascia sconcertato perché il segnale arriva con gli stessi procedimenti della televisione e non attraverso una macchina da proiezione. Non è una notizia rassicurante anche se la vedo come un esperimento, mi trasmette lo stesso timore che mi dà vedere i miei film in tv, non si sa mai che tonalità e che colori risulteranno sul monitor. Ho avuto una delusione vedendo in tv uno dei miei film di maggior successo di pubblico, Il nome della rosa fu trasmesso in prima serata e la qualità fotografica era alterata, l’immagine slavata. Mi informai con i tecnici della messa in onda, e scoprii che c’era stata una banale distrazione tecnica, ed era stata inserito un nastro magnetico per un’altro. Questo la dice lunga sulla considerazione che a volte ha il nostro lavoro, che si esprime al meglio in una proiezione corretta, canonica.
Fellini e gli effetti speciali
Gli effetti speciali, quelli che facevamo noi, diciamo artigianali non hanno niente a che vedere con quelli di oggi.
Federico Fellini non voleva sentire parlare di effetti speciali, mi diceva sempre "Se li possiamo fare noi con i nostri mezzi, va bene, ma se deve intervenire qualcun’altro non mi va più bene", da queste parole capii che Fellini non voleva che si toccasse la sua opera così come l’aveva pensata con lavori di post-produzione. Mi ricordo che al massimo facevamo dei cristalli dipinti davanti alla macchina da presa che poi facevamo combaciare con la scena vera, era tutto puro artigianato cinematografico.
La tecnica ci ha sempre seguito
La tecnica del cinema si è sempre evoluta costantemente, anno dopo anno. Quando girai il primo film a colori in italia Totò a colori la pellicola che usavo era di 6 asa, oggi siamo arrivati a 700 asa, con una qualità impensabile un tempo, questo è un vantaggio in tutti sensi. Il miglioramento è stato in tutte le tecniche dai positivi agli internegativi e gli interpositivi. Questo, ai fini della tecnica convenzionale, cioè del mezzo, che non va a toccare l’opera del regista, migliora e facilita il lavoro. La mia opinione è che il cinema digitale è ancora a livello sperimentale, da usare come un mezzo in più. Come l’uso della Steadicam, di cui veramente non ci accorgiamo quando l’operatore è bravo e diventa solo un mezzo tecnico che si riversa nel film.
Le belle sceneggiature sono i veri effetti speciali
Steven Spielberg tra i suoi film d’esordio fece Duel. Era di grande qualità. Poi ha scelto un cinema popolare, universale, ricco di meraviglie e di effetti, superando ogni record di incassi, però solo con Shindlers’ list film normale senza effetti e rivolto ad un pubblico adulto è riuscito ad avere un successo di critica e premi prestigiosi. L’elettronica e gli effetti sono per Hollywood un espediente per fare merchandising, per lanciare altri prodotti collaterali, come per le produzioni Disney lo sono i pupazzi.
Con questo non voglio contestare le grandi qualità di Spielberg, è comunque un grande regista con o senza effetti.
Il restauro quando si può
E’ positivo che il termine restauro sia diventato popolare, ci si è accorti della sua necessità, se dovessi però comparare quello che facciamo in Italia e quello che si pratica all’estero, direi subito che in Usa si interviene sul singolo fotogramma, con costi altissimi nell’ordine di uno, due miliardi. Qui in Italia se il negativo è buono lo si lava, si ritocca si stampa una copia, ma per ragioni di costo non si interviene elettronicamente. Chi in Italia ha il compito di restaurare deve avere anche la fortuna di trovare una copia in condizioni decenti, perché ogni film ha la sua conservazione più o meno corretta e oltre certi limiti è difficile intervenire. Io ho personalmente curato il restauro di Mamma Roma e Accattone, sono durati molto tempo perché bisognava anche scovare i frammenti migliori per poterli assemblare insieme.
Scegliere la qualità, in sessanta anni di cinema
Nel mio lavoro ho fatto molti film anche commerciali italiani e stranieri dove guadagnavo molto bene. Ad un certo punto della mia carriera ho deciso di fare una svolta di qualità, l’ho potuta fare solo quando ho cominciato ad avere una autonomia economica che mi sosteneva e mi permetteva arresti anche di sei mesi, per poter scegliere. Tutto ciò mi ha ripagato ampiamente in termini di qualità e di soddisfazione.
Se dovessi elencare il meglio dopo 178 film, sceglierei oltre ai film già citati di Pier Paolo Pasolini: Sergio Leone, Il buono il brutto e il cattivo, C’era una volta il West, C’era una volta in America. Federico Fellini,Ginger e Fred, Intervista, La voce della luna. Louis Malle, Cognome e nome: Lacombe Lucien. Roman Polansky Luna di fiele, La morte e la fanciulla. Roberto Benigni, La vita è bella.
Collaborano alla creazione di queste pagine corsare:
Mario Pozzi
Maria Vittoria Chiarelli
Giovanna Caterina Salice
Simona Zecchi