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"Le pagine corsare "
dedicate a Pier Paolo Pasolini
Eretico e Corsaro
A Mario Alicata
Roma (Roma, ottobre 1964)
Caro Alicata, scusa se tormento te con queste continue aggressioni telefoniche e postali, cosa che è assolutamente fuori, del resto, dalle mie abitudini. Fresco di Matteo ti ricordo la frase: Dite sì se è sì, no se è no: tutto il resto viene dal Maligno. Devi dirmi con coraggio se tu e la tua cerchia, a me, dite sì o no. Non perché questo possa contare sulla mia reale e profonda ideologia e fede comunista, ma perché possa aiutarmi nella mia chiarezza e nei miei atteggiamenti pratici. Non c' è niente di più penoso di un ospite non invitato... Per esempio, come avevo promesso più di un anno fa, appena finito il mio film, pochi giorni or sono, ho spedito subito un telegramma a Vie Nuove chiedendo di riprendere, libero da impegni urgenti, la mia collaborazione. Sono anche in questo caso, un ospite non invitato? (malgrado l' immediato consenso di Bracaglia). Questo te lo scrivo data l' ondata di profonda antipatia che nei giornali di sinistra ha suscitato il mio film, da l' Unità al Paese Sera: non tanto per gli articoli sul Vangelo, molto rispettosi e impegnati, anche se fondamentalmente e chiaramente scontenti, quanto per la dichiarazione di voto, così faziosamente aggiunta in calce agli articoli, così brutalmente proclamata nei titoli in favore di Antonioni: questo, data la composizione della giuria, mi ha tolto ogni possibilità di avere il Leone. Potevate fare tutto questo con una maggiore delicatezza, e un maggiore rispetto per le mie speranze. E' stata una specie di linciaggio, una mortificazione che né il mio film né io certo ci meritavamo. Il mancato successo a Venezia è un brutto colpo per Bini, naturalmente, per ragioni elementari: tale da compromettere molte possibilità per il futuro. Ma questo sarebbe nulla, rispetto al mio scoraggiamento, alla mia decisione di abbandonare il cinema. E' stato il mio impegno troppo grande, una fatica troppo disumana, un accumularsi di ansie troppo angosciose, perché tutto possa finire contro le ragioni di una sterile convenienza politica. Convenienza debole, incerta, miope e un po' ipocrita, come tutta la politica culturale dell' Unità, prima e dopo Stalin. Io penso che sia semplicemente sciocco rifiutare per partito preso il Vangelo, e accettare la discussione con la pop-art, o prendere sul serio la fasullaggine sociologica del, del resto, candido e nobile Antonioni. Ma non è tanto questo che volevo dirti. Volevo dirti che, pure essendo fin troppo chiaro che il Vangelo è stato un' opera sincera che ha radici antiche nella mia costituzione psicologica di non credente è stata anche un' opera che mi ha dato la possibilità di fare nel futuro ciò che voglio. Tu sai bene in che condizioni ero ridotto. Rileggiti, ti prego, la mia poesia La persecuzione e tanti altri passi della Poesia in forma di rosa (dove pure tante cose dovevo per pudore e per prudenza tacerle: ed erano in pratica le più terribili). Ero ridotto a un reietto, a cui tutti potevano fare tutto. In preda ai più atroci scherni, esposto a tutte le illazioni possibili. Era insomma disonorante porgermi la mano. Così voi mi avevate vicino. Era mai possibile avere un vicino simile? Nella impossibilità (che io in parte posso anche capire) di difendermi esplicitamente, voi avevate finito con l' accettare quella mia figura pubblica. E' un gioco tremendo, e noi lo accettiamo. Col Vangelo le cose sono cambiate di colpo, da reietto sono d' incanto tornato su posizione almeno di rispetto. E potrei fare il mio film in Africa: il primo film in cui si parli esplicitamente un linguaggio marxista e rivoluzionario, senza mezzi termini, senza sentimentalismi. Oppure potrei realizzare il mio antico sogno di fare una vita di Gramsci (mi pare di avertene parlato, qualche tempo fa). Quando tu vedrai con i tuoi occhi il Vangelo, vedrai come questa opera non mi precluda affatto di fare quelle per cui in pratica l' ho fatta. Perché quello che la domina è un sentimento di segreta poesia, di rimpianto ed evocazione del mito, di ricostruzione fantastica di un' epico-lirica popolare. Ma certo, i giornalisti, non son capaci di guardare che la lettera delle cose. Da qui ogni susseguente brutalità. Sono stato molto sincero con te. Vorrei che tu lo fossi altrettanto con me. Ora, capisco che l' ambiguità dell' Unità e del Paese Sera, se è dettata da ragioni pratiche di condotta, è dettata anche da più profondi motivi magari in parte inconsci, per esempio una inconscia avversione moralistica e piccolo-borghese nei miei riguardi. E' per questo che è più difficile dirmi il sì o il no di cui ti parlavo in principio: ma proprio per questo ti prego di cercare di farlo.
Un affettuoso saluto dal tuo Pier Paolo Pasolini
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