"Le pagine corsare "
dedicate a Pier Paolo Pasolini
Eretico e Corsaro
Pier Paolo Pasolini
biografia breve
1970
«Ci sono dei vecchietti allegri, io sarò uno di quelli»
"L'ora è confusa e noi come perduti la viviamo".
Insieme a Dacia Maraini, Maria Callas e Alberto Moravia, fa un viaggio in Africa: Dakar, Abidjan, Mali.
La seguì a Parigi - lei venne a Roma. Con lei, Moravia e Dacia, in quattro, compì un viaggio in Africa, fra il dicembre 1970 e il gennaio 1971. La chiamava: «Uccellino con potente voce d’aquila / e aquila tremante».
Regia: Pier Paolo Pasolini
Fotografia: Giorgio Pelloni;
Commento: Pier Paolo Pasolini;
Musica: Gato Barbieri;
Montaggio: Cleofe Conversi, Pier Paolo Pisolini;
Produzione: Gian Vittorio Baldi per IDI Cinematografica;
Distribuzione: Cineteca di Bologna; origine: Italia, 1970;
Durata: 55’.
Uno dei più belli di Pasolini. Mai convenzionale, mai pittoresco, il documentario ci mostra un’Africa autentica, per niente esotica e perciò tanto più misteriosa del mistero proprio dell’esistenza, coi suoi vasti paesaggi da preistoria, i suoi miseri villaggi abitati da un’umanità contadina e primitiva, le sue due o tre città modernissime già industriali e proletarie. Pasolini ‘sente’ l’Africa nera con la stessa simpatia poetica e originale con la quale a suo tempo ha sentito le borgate e il sottoproletariato romano.
(Moravia, 1971)
[...] E' vero che da quasi un anno ho cessato la collaborazione a un rotocalco perché era impubblicabile una mia osservazione riguardante uomini influenti, i quali si dichiaravano «equidistanti» dai gruppi sovversivi di destra e dai gruppi sovversivi di sinistra: e prevedevo dunque con questo che si sarebbe arrivati all’attuale situazione, in cui si è costretti a ricordare il ’19 se non addirittura il ’22. La dichiarazione di equidistanza dai due corni estremi è oggettivamente un appoggio al corno destro...
(Tratto dalla fascetta editoriale di "Trasumanar e organizzar",
edizione Garzanti 1971,
firmata da Pier Paolo Pasolini)
Molto probabilmente le osservazioni impubblicabili nei confronti di uomini influenti a cui fa riferimento Pier Paolo Pasolini, sono le critiche rivolte a Saragat, allora presidente della Repubblica, per le dichiarazioni rese dal politico all’indomani della strage di Piazza Fontana.
Ha ancora in mente di realizzare il film su San Paolo
L'Unita 29 gennaio 1970 |
Il 28 gennaio al Teatro dell’Opéra di Parigi si tiene un gran galà per la proiezione di Medea, al quale interviene una folta rappresentanza del beau monde.
«ci sono dei vecchietti allegri, io sarò uno di quelli»
(Un fatale modo di essere,
Tempo 28 giugno 1969,
rubrica "Il caos")
In marzo Franco Rossellini, produttore del film, organizza una proiezione di Medea in Argentina, al Festival di Mar del Plata.In partenza dall’aeroporto di Roma, il 10 marzo, Pasolini e la Callas vengono fotografati mentre si baciano sulle labbra facendo scatenare giornalisti in cerca di notizie sensazionali:
Maria Callas al Festival cinematografico in Argentina, al Festival di Mar del Plata.
In aprile esce il volume Medea - Un film di Pier Paolo Pasolini, curato da Giacomo Gambetti con un’intervista a Maria Callas e, in appendice, venticinque Poesie di Pier Paolo Pasolini scritte durante la lavorazione di «Medea».
Dall'otto all'undici aprile, i netturbini proclamano tre giorni di sciopero nazionale. Alla loro lotta Pasolini dedica una poesia e gira un documentario ( mai montato) che doveva essere un lavoro collettivo e che si riteneva perduto e ritrovato solo nel 2005.
Carlo Hayman-Chaffey, cinesata inglese, gira il documentario Pier Paolo Pasolini: A Filmaker’s Life:
Regia: Carlo Hayman-Chaffey
Fotografia: Gordon Gardner
Montaggio: Anthony Ciccolini
Musica :Andro Cecovini
Suono: Umberto Picistrelli
Attori: Pier Paolo Pasolini, Ninetto Davoli, Franco Citti, Giancarlo Arnao, Sergio Citti, Cesare Zavattini, Alberto Moravia.
Tra la primavera e l'estate, scrive la sceneggiatura di dieci novelle del Decamerone, ambientato nel mondo napoletano.
“Ero in aeroplano, stavo girando Medea . All’improvviso mi venne in mente di fare un film su un mondo altrettanto popolare, ma non barbarico e tragico, bensì vivace, allegro…pensai subito al Boccaccio. Con Medea avevo toccato il fondo di una ricerca iniziata con Teorema e continuato con Porcile , ma le mie radici morali e allegoriche erano già presenti nel mio Edipo e in Uccellacci e uccellini ”.
(P. P. Pasolini, Intervista a “Panorama”, 1974).
Film girato fra il settembre e l’ottobre del 1970 nei teatri di posa Safa Palatino (oma). Esterni di Napoli, Casola Amalfi, Vesuvio, Ravello, Meta di Sorrento, Caserta; dintorni di Roma e Viterbo; Nepi, Abbazia di Fossanova, Latina; Bolzano e dintorni, Bressanone; Francia (Valle della Loira).
PRIMA PROIEZIONE:29 giugno 1971: XXI Festival di Berlino - Viene premiato con l’Orso d’argento per il rigore artistico. la maturità cinematografica e il corposo umorismo con cui Pasolini ricrea l’ironia irriverente del Boccaccio.
USCITA NELLE SALE:
25 agosto 1971: Trento, Cinema Moderno;
18 settembre 1971: Roma, Cinema Embassy
Il Decameron provoca il sollevamento generale di tutti i benpensanti della Penisola: dalle associazioni monarchiche ai clerico-fascisti per finire ad una certa frangia della magistratura.
Da Milano, Pavia, Roma, Lucera, Padova, Venezia, Napoli, Chieti, Verona e altre città le denunce di privati cittadini arrivano a decine.
Il “Decameron” subì più di ottanta denunce per pornografia.
L’Unità del 3 ottobre 1971 scrive: «Il sequestro del Decameron limitatamente ad una zona del territorio nazionale, cioè Bari, è un fatto clamoroso perché implica l’assoluto potere discrezionale del singolo magistrato il quale si attribuisce così un’autorità speciale che non gli riconoscono né la legge né la Costituzione italiana».
"Ho scelto Napoli per il Decameron perché Napoli è una sacca storica: i napoletani hanno deciso di restare quello che erano, e, così, di lasciarsi morire: come certe tribù dell’Africa, i Beja, per esempio, nel Sudan, che non vogliono avere rapporti con la nuova storia, e si lasciano estinguere, relegati nei loro villaggi, fedeli a se stessi, autoescludendosi. I napoletani non possono fare proprio questo, ma quasi."
Per l’episodio di Giotto Pasolini pensa a Sandro Penna.
«Vieni qui, divertiamoci, infilati questo buffo costume disegnato da Danilo Donati, presta il mistero non effabile della tua presenza fisica a un mitico Giotto rievocato per gioco, fallo rivivere nel tuo corpo, vedrai come ci divertiremo, dietro le quinte!»
Ma Penna, dopo aver mostrato un minimo interesse, rifiuta.
«Ah, vicissitudini di un povero regista!»
Sergio Citti suggerisce a Pasolini di interpretare lui stesso Giotto ( Pasolini come Giotto - Epoca, 18 ottobre 1970, Numero 1047)
"Ho preso la decisione in cinque minuti. «Dove sono i vestiti di Giotto?» ho chiesto all’aiuto-costumista, alla sarta; mi sono stati portati; sono andato dietro le macerie di una casa diroccata di Caserta vecchia dove stavo girando il «mercato dei cavalli», e, come una comparsa, sull’erba, mi sono tolto calzoni, maglietta, canottiera, catenella e ho indossato il costume. Mi sono ripresentato davanti alla macchina da presa così conciato, e mi pareva di sprofondare nelle viscere della terra: la troupe mi guardava nascondendo dietro la filosofica apatia romana il suo divertito stupore.
Giotto non è più Giotto, ma ironicamente, come annuncia Forese (divenuto un avvocatuccio napoletano), un «allievo alto-italiano di Giotto», che va a Napoli a dipingere in Santa Chiara degli affreschi realistici (esattamente, dunque, come io sono andato a Napoli a fare il film).
Cosa significa la mia presenza nel Decameron? Significa aver ideologizzato l’opera attraverso la coscienza di essa: coscienza non puramente estetica, ma, attraverso il veicolo della fisicità, cioè di tutto il mio modo di esserci, totale. Non ti dico le parole pronunciate da me, con cui finisce il film, perché voglio che siano una piccola sorpresa: ma in esse l’opera si ironizza, e diviene un’esperienza particolare, non mitizzata. La «colpevole mistificazione» di cui ti parlavo si rivela come «gioco». "
(Io e Boccaccio - «L'Espresso», 22 novembre 1970.
Intervista rilasciata a Dario Bellezza)
«Perché realizzare un’opera quando è così bello sognarla soltanto?».
« E' un giudizio universale alla napoletana perché le novelle di Boccaccio che ho portato sullo schermo sono state calate nell'ambiente napoletano, napoletano è il linguaggio usato per quasi tutto il film, e a Napoli — si sa — si invoca sempre la Madonna, non Dio ».
(Pasolini ha copiato Giotto per il Giudizio Universale
1970
OSTIA
Regia di Sergio Citti
Produzione: Alvaro Mancori A.M. Chrétien
Distribuzione: Alvaro Mancori A.M. Chrétien
Soggetto: Pier Paolo Pasolini, Sergio Citti
Sceneggiatura: Pier Paolo Pasolini, Sergio Citti
Fotografia: Mario Mancini
Musica: Franco De Masi
Fra gli interpreti: Laurent Terzieff, Franco Citti, Ninetto Davoli
TRAMA:
Figli di padre anarchico, morto ubriaco per mano loro, e di madre cattolica credente, finita in manicomio (conseguenza di un incesto col proprio padre che le tolse l’innocenza lasciandole l’incoscienza), Rabbino e Bandiera, omosessuali inconsapevoli, accolgono nella loro catapecchia di Ostia una pupa di periferia. Sarà lei l’involontaria causa di un fratricidio.
Film documentario “in forma di appello all’UNESCO” girato a Sana’a (Yemen del Nord) la domenica del 18 ottobre 1970, alla fine delle riprese del Decameron: “Era l’ultima domenica che passavamo a Sana’a, capitale dello Yemen del Nord. Avevo un po’ di pellicola avanzata dalle riprese del film. Teoricamente non avrei dovuto possedere l’energia per mettermi a fare anche questo documentario; e neanche la forza fisica, che è il requisito minimo. Invece energia e forza fisica mi son bastate, o perlomeno le ho fatte bastare. Ci tenevo troppo a girare questo documento. Si tratterà forse di una deformazione professionale, ma i problemi di Sana’a li sentivo come problemi miei. La deturpazione che come una lebbra la sta invadendo, mi feriva come un dolore, una rabbia, un senso di impotenza e nel tempo stesso un febbrile desiderio di far qualcosa, da cui sono stato perentoriamente costretto a filmare. [...] Ma intanto ogni giorno che passa è un pezzo delle mura di Sana’a che crolla o vien nascosto da una catapecchia ‘moderna’. [...] È uno dei miei sogni occuparmi di salvare Sana’a ed altre città, i loro centri storici: per questo sogno mi batterò, cercherò che intervenga l’Unesco” (P.P. Pasolini). Nel 1986 Sana’a, capitale dello Yemen, è stata dichiarata dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità.
Nel 1970, sembra attenuarsi la persecuzione giudiziaria nei confronti di Pier Paolo Pasolini - Invece si sta solo riorganizzando per colpire, a partire dal 1971, con maggiore violenza e determinazione.
27.04.70 Questione pecore di Porcile. Udienza davanti al tribunale di Catania.
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