"Le pagine corsare "
dedicate a Pier Paolo Pasolini
Eretico e Corsaro
"Smetto di essere poeta originale, costa mancanza
di libertà: un sistema stilistico è troppo esclusivo.
Adotto schemi letterari collaudati, per essere più libero.
Naturalmente per ragioni pratiche".
di libertà: un sistema stilistico è troppo esclusivo.
Adotto schemi letterari collaudati, per essere più libero.
Naturalmente per ragioni pratiche".
Un affetto e la vita di P. P. Pasolini
Ho un affetto più grande di qualsiasi amore
su cui esporre inutilizzabili deduzioni -
Tutte le esperienze dell’amore
sono infatti rese misteriose da quell’affetto
in cui si ripetono identiche.
Sono legato ad esso
perché me ne impedisce altri.
Ma sono libero perché sono un po’ più libero da me stesso.
La vita perde interesse perché si è ridotta a un teatro
in cui le fasi di questo affetto si svolgono:
e così ho perso l’ebbrezza di avere strade sconosciute
da prendere ogni sera
(al vecchio vento che annuncia cambiamenti di ore e stagioni).
Ma che ebbrezza nel poter dire: “Io non viaggio più”.
Tutto è monotono perché in tutto non c’è altro
che un certo luccichio di occhi,
un certo modo di correre un po’ buffo,
un certo modo di dire “Paolo”, e un certo modo
di straziare a causa della rassegnazione.
Ma tutto è messo in forse dal terrore che qualcosa cambi.
In ogni amore c’è una fusione tra la persona che si ama
e qualcun altro: ma ciò è naturale. Nell’affetto
ciò sembra invece così innaturale:
la fusione avviene a tali profondità
che non è possibile darne spiegazioni, trarne motivi
per congratularsi, comunque essa sia, della propria sorte.
La tenerezza che tale affetto impone
al profondo, non conduce né a fecondare
né a essere fecondati, anche se per gioco;
eppure si soccombe ad esso
con lo stesso senso di precipitare nel vuoto
che si prova gettando il seme, quando si muore
e si diventa padri. Infine (ma quante altre
cose si potrebbero ancora dire..!),
benché sembri assurdo, per un simile affetto,
si potrebbe anche dare la vita. Anzi, io credo
che questo affetto altro non sia che un pretesto
per sapere di avere una possibilità – l’unica -
di disfarsi senza dolore di se stessi.
P. P. Pasolini, Trasumanar e organizzar, Garzanti.
Trasumanar e organizzar
La fascetta editoriale dell'edizione Garzanti 1971, firmata da Pier Paolo Pasolini
Lo devo ammettere: i veri lettori di questo libro sono coloro che gli possono conferire una certa oggettività attraverso un interesse professionale. Ciò, è vero, accade in Italia per tutti i libri di poesia: ma per questo, credo, in modo particolare, perché almeno per la prima metà esso è costituito da "documenti", o privati (a testimoniare una vita) o letterari (a testimoniare una evoluzione linguistica e intellettuale).
Tuttavia, per quanto privo di illusioni, continuo sempre a credere nell'esistenza almeno ideale di un lettore ingenuo, disposto a prendere come fatti obbiettivi e di consumo non ignobile, anche le cose più intime, stravaganti e personali. Così, è a questo lettore che voglio specialmente dire che non dipende da me se Trasumanar e organizzar può già apparire, nell'aprile del 1971, leggermente anacronistico: le involuzioni sociali sono sempre traumatiche e perciò rapide.
E' vero che da quasi un anno ho cessato la collaborazione a un rotocalco perché era impubblicabile una mia osservazione riguardante uomini influenti, i quali si dichiaravano "equidistanti" dai gruppi sovversivi di destra e dai gruppi sovversivi di sinistra: e prevedevo dunque con questo che si sarebbe arrivati all'attuale situazione, in cui si è costretti a ricordare il '19 se non addirittura il '22. La dichiarazione di equidistanza dai due corni estremi è oggettivamente un appoggio al corno destro.
So bene poi che sono molto pochi i lettori che leggono interamente, dal principio alla fine, un libro di poesie: perciò indicherei, a chi avesse una scusabile fretta, le sezioni "Trasumanar e organizzar", "Charta (sporca)", "Poemi zoppicanti" e "Manifestar", come le più interessanti.
So anche che ci sono dei lettori che, di un libro di poesie, ne leggono solo una: in tal caso consiglierei "La poesia della tradizione".
Chi è la persona che ha scritto questo libro? Non lo so bene. Comunque essa è stata certamente guidata da una mezza dozzina di "principi" dettati da chissà che istinto.
- Il primo di questi principi è stato quello di resistere contro ogni tentazione di letteratura-azione o letteratura-intervento: attraverso l'affermazione caparbia, e quasi solenne, dell'inutilità della poesia.
- Il secondo principio di tale persona è stato quello di non temere l'attualità (in nome di qualcos'altro che la vanifica, e in cui peraltro essa crede).
- Il terzo principio è stato quello di concedersi una certa libertà linguistica rasentante talvolta l'arbitrarietà e il gioco (cose in precedenza mai avvenute, perché le sue mistificazioni furono sempre ingenue, appassionate e zelanti).
- Il quarto principio è stato quello di considerare fatale da parte sua la rassegnazione di fronte al persistere dell"oxymoron", o della "sineciosi" (vedi "Sineciosi della diaspora").
- Il quinto principio è consistito nella scoperta, quasi improvvisa, che la libertà è "intollerabile" all'uomo (specialmente giovane), che si inventa mille obblighi e doveri per non viverla.
- Il sesto principio (molto meno importante) è consistito nel non voler fare di tutti i principi sopraddetti, e di una forma di fedeltà a se stessa, necessaria ad adempiersi, un contributo alla restaurazione.
Su tutto è sempre prevalsa l'idea, disperata ma rassegnata, che la propria vita si fosse rimpicciolita: ma che comunque fosse aumentato il piacere di vivere, in ragione della materiale diminuzione del futuro.
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