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Biografia, lavori in corso - a breve anche il 1974 e il 1975

domenica 27 dicembre 2020

Pasolini, gli Italiani oggi - Controcampo, trasmissione del 19 ottobre 1974

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro



Pasolini, Italiani oggi
Controcampo, trasmissione del 19 ottobre 1974
di Giuseppe Sibilla
Radiocorriere
13/19 ottobre 1974


[...]
Avevamo un tempo, neanche troppo lontano, un'Italia e degli italiani che parevano facili da riconoscere e da catalogare, non importa se fosse la risultante di una civiltà rurale oppure borghesemente e tranquillamente urbana. Sono poi successe cose che hanno rimescolato profondamente le carte: i contadini sono andati a lavorare in fabbrica, o si sono resi conto che sulla loro ecologicamente beata confidenza con la terra c'era qualcuno che aveva interesse a speculare; i lavoratori in fabbrica sono diventati ceto medio; il ceto medio che cosa sia diventato non lo sa ancora nessuno; e tutti in pari misura sono stati sottoposti al martellamento dei mezzi di comunicazione di massa e degli << esempi >> che quei mezzi hanno loro offerto e offrono, con effetti dei quali è molto difficile dire con sicurezza in che misura li si debba dividere in positivi e negativi.


Lo « scandalo »

Questa situazione esiste, e certo è assai più articolata e ambigua di quanto non possa risultare da una sommaria descrizione.
Ne parlano e ne discutono in molti, senza che la discussione si allarghi tutta via ad assumere proporzioni << scandalose >> Un giorno se ne occupa un personaggio di quelli che, a quanto pare, non riescono mai ad esprimere un atteggiamento o a prendere una posizione senza determinare sconquassi, e lo scandalo scoppia. Ecco perciò il << caso >> e lo spunto che Controcampo non si lascia sfuggire. Ed ecco la trasmissione che è stata approntata per questa settimana, col titolo, chiarissimo di "Italiani oggi".
Facciamo un passo indietro e partiamo dall'antefatto. Il 10 giugno Pier Paolo Pasolini pubblica sul Corriere della Sera un articolo intitolato "Gli italiani non sono più quelli", nel quale afferma in modo molto esplicito che, specialmente da una decina d'anni a questa parte, i suoi e nostri connazionali sono completamente cambiati, e sono cambiati in peggio. Il mutamento, dice, è cosi radicale da definire addirittura antropologico, e nessuno ne è rimasto escluso: non ceti medi, che hanno sostituito i valori magari discutibili in cui prima credevano con la 
<< ideologia edonistica del consumo e della tolleranza modernistica di tipo americaneggiante >>; 
non l'Italia contadina e paleoindustriale, che 
<< è crollata, si e disfatta, non c'è più >>, 
ed è presumibilmente in attesa di diventare qualcosa di molto simile all'Italia media, e quindi di assumerne i valori negativi, di farsi anch'essa 
<< modernizzante, falsamente tollerante, americaneggiante >>.
Fra questi italiani modificati è divenuto impossibile, secondo Pasolini, distinguere fra popolo e borghesia, operai e sottoproletari, e perfino tra fascisti e antifascisti. 
<< La matrice che genera tutti gli italiani è ormai la stessa >>, 
dice lo scrittore-regista:
<< Non c'è più dunque differenza culturale apprezzabile tra un  qualsiasi cittadino italiano fascista e un qualsiasi cittadino italiano antifascista. Essi sono culturalmente, psicologicamente e, quel che è più impressionante, fisicamente, intercambiabili >> Com'è logico, trattandosi d'un fenomeno recente, la confusione o << omologazione >> come Pasolini la definisce, riguarda soprattutto le giovani generazioni: << I giovani dei campi fascisti, i giovani delle SAM, i giovani che sequestrano e mettono bombe sui treni... sono in tutto e per tutto identici all'enorme maggioranza dei loro coetanei. Culturalmente, psicologicamente, somaticamente  — ripeto — non c'è nulla che li distingua.„ Si può parlare casualmente per ore con un giovane fascista dinamitardo e non accorgersi che è un fascista. Mentre solo fino a dieci anni fa bastava non dico una parola, ma uno sguardo, per distinguerlo e riconoscerlo >>. 

Una mutazione 

La perniciosa omologazione » si è prodotta per opera di un « Potere » che Pasolini scrive con l'iniziale maiuscola << solo perché >> precisa in un altro articolo, apparso il 24 giugno sempre sul Corriere, 
<<sinceramente non so in che cosa consista e chi lo rappresenti>>. 
Egli si sente di attribuirgli, vagamente,
<< dei tratti " moderni ", dovuti alla tolleranza e a una ideologia edonistica perfettamente autosufficiente: ma anche dei tratti feroci e sostanzialmente repressivi: la tolleranza infatti è falsa, perché in realtà nessun uomo ha mai dovuto essere tanto normale e conformista come il consumatore; e quanto all'edonismo, esso nasconde evidentemente una decisione a preordinare tutto con una spietatezza che la storia non ha mai conosciuto. Dunque questo nuovo Potere non ancora rappresentato da nessuno e dovuto a una " mutazione della classe dominante, è in realtà — se proprio vogliamo conservare la vecchia terminologia — una forma totale di fascismo >>. 
Sono affermazioni sorprendenti, e non ci si può certo meravigliare che provochino l'immediata discesa in campo di scrittori, osservatori politici e politici attivi, saggisti e uomini di cultura in genere. Le risposte e non sono per niente entusiastiche. Pasolini è accusato di essersi lasciato andare a uno << sfogo poetico >>, a una << nostalgia mal riposta >>, e in sostanza di voler attribuire un significato e un peso politici a un modo di argomentare che è invece di tipo estetizzante e mistico, e che sta a livello pre-morale e pre-ideologico. Quest'ultima osservazione glie la fa l'amico Moravia, il quale aggiunge che sul piano politico
<< c è una maniera sicura di distinguere un cittadino italiano fascista da un cittadino italiano antifascista, ed è quella di prendere in considerazione le idee e l'ideologia o la visione del mondo in cui mostra di credere >>. 

Alcune opinioni 

Per lo storico Lucio Colletti, Pasolini ha probabilmente
<< solo nostalgia dell'Italia rustica e paesana, un mito letterario che non serve a niente >>. 
Il sociologo Franco Ferrarotti definisce la sortita pasoliniana
<< frutto di candida e accattivante ignoranza >> 
e aggiunge che
<< quando nessuna apprezzabile distinzione è più tracciabile tra fascisti e antifascisti, quando si è tutti fascisti, è chiaro che si è maturi per una sommaria assoluzione plenaria >>. 
Giorgio Bocca, che già in precedenti occasioni aveva giudicato indispensabile operare una distinzione fra il Pasolini « artista e letterato » e il politico
<< dilettante che farebbe meglio a stare attento alle parole >>, 
lo dichiara adesso
<< entrato in orbita >> e << scopritore dell'acqua calda >>. 
I politici reagiscono duramente. Sulla Voce Repubblicana l'articolo del 10 giugno viene definito << ambizioso >>, e il suo autore
<< letterato di corte, narcisista, politicamente mobilissimo >> 
Maurizio Ferrara con una lunga replica sull'Unità accusa Pasolini di confondere la politica con la metafisica, e quindi di compiere una pericolosa
<< fuga intellettuale dalla ragione e dai suoi obblighi >> 
e di
<< concedere un visto di entrata alle tesi di chi ha tutto l'interesse politico a che i contorni del fascismo restino annebbiati >> 
Nella pioggia di reprimende, che peraltro lo lasciano fermo nelle convinzioni che ha espresso e ribadito, l'unica voce parzialmente comprensiva è quella dello scrittore Leonardo Sciascia, che si dichiara in disaccordo sulla sostanza, ma gli riconosce almeno il merito di pensare.
<< Pasolini può anche sbagliare, può anche contraddirsi >>, dice, << ma sa pensare con quella libertà che pochi oggi riescono ad avere e ad affermare >>. 
Se a Controcampo piacciono gli spunti attuali e polemici, sarebbe stato difficile immaginarne uno migliore. Pasolini è chiamato a chiarire ed eventualmente approfondire il suo atteggiamento negli studi televisivi, dai quali, com'è noto, partono << messaggi >> abilitati a raggiungere destinatari ben più numerosi di quelli che di solito seguono le discussioni ideologiche sui giornali. Il suo oppositore primario è il prof. Ferrarotti, che già aveva avuto occasione di manifestarsi in pieno disaccordo con lui. Gli altri quattro interlocutori sono Maurizio Ferrara, anch'egli << sceso in campo >> subito e senza mezze misure, lo scrittore Giuseppe Cassieri, il giornalista Giovanni Russo e il parlamentare democristiano Filippo Maria Pandolfi. 
Pasolini esordisce sostenendo la necessità di distinguere fra sviluppo economico e progresso, due cose non soltanto diverse ma addirittura opposte.
Lo sviluppo, ha detto, tende alla produzione intensa, disperata, ansiosa, smaniosa, di beni superflui, e conseguentemente ad imporne il consumo; e a volerlo e a incrementarlo sono i << nuovi padroni >> della società odierna, i detentori di quel << Potere >> con l'iniziale maiuscola di cui egli ha parlato nei suoi scritti. 
II progresso si identifica invece con la creazione e produzione di beni che siano autenticamente necessari per i singoli e per la collettività. 
E in Italia è successo questo:
che i nuovi padroni, il Potere, hanno avuto partita vinta. spingendo gli italiani ad un consumismo fine a se stesso che li ha per l'appunto << omologati >> , ossia resi eguali nel desiderio di beni per lo più superflui, e disponibili all'accettazione di mode che anche esteriormente li hanno livellati fino a renderli indistinguibili l'uno dall'altro. 


Niente di nuovo

L'opposizione fra sviluppo economico e progresso, gli fa osservare Ferrarotti, è in realtà la sempiterna contraddizione fra il sistema di produzione capitalistico e lo sviluppo sociale correttamente inteso: niente di nuovo e niente di << italiano >> in senso specifico. Il problema travaglia tutto il mondo allo stesso modo. << Ma non è questo il punto >>, secondo Ferrarotti:
<< il punto sta nella necessità di identificare le forze sociali che hanno un interesse oggettivo a un tipo di sviluppo che sia anche progresso sociale equilibrato, e quelle che invece spingono a fondo per una espansione economica che, mentre non soddisfa i bisogni elementari, accelera e addirittura fagocita il mercato e le persone con l'offerta di beni superflui. E qui si può già capire che oggi, per esempio, il fascismo e la conservazione non sono più quelli di ieri, sono forze che si legano non a una condizione statica. ma che paradossalmente si presentano come forze dinamiche. Questo è il fatto nuovo: la conservazione è diventata dinamica, è diventata tecnocratica >>. 

Al punto d'avvio 

Maurizio Ferrara, primo a intervenire dopo l'impatto fra i due contendenti principali, giudica la contrapposizione sviluppo-progresso 
<< insufficiente a delimitare il campo della questione >>
se la si mantiene, come a suo parere fanno sia Pasolini sia Ferrarotti, in una dimensione unicamente economica. << In Italia >>, dice
<< c'è stato uno sviluppo distorto. ci sono state scelte sbagliate, antipopolari, assolutamente al servizio di un certo tipo di profitto; ma questo ha creato delle contraddizioni e delle contro-spinte, ha creato un movimento politico del tutto nuovo. Dobbiamo mettere nel conto positivo di questi 25-30 anni il fatto che l'Italia è profondamente cambiata e migliorata >>. 
Anche Pandolfi, con sfumature e motivazioni diverse, concorda sul cambiamento in meglio degl'italiani. Russo lamenta piuttosto che la crescita morale, civile e intellettuale dei cittadini non sia stata affatto compresa dalle classi dirigenti. Cassieri chiede che si riporti la discussione al suo punto d'avvio, cioè allo << scandaloso >> articolo pasoliniano, e vi distingue alcuni momenti diversamente rilevanti.
La nostalgia verso l'Italia arcaica e contadina è da respingere, dice; è invece il 
caso di meditare sulle preoccupazioni di Pasolini in ordine al prevalere del consumismo gratuito; e quanto al fatto che egli insista sull'impossibilità di distinguere non solo sotto il profilo della cultura, ma anche fisico, somatico, i fascisti dagli antifascisti, bisogna stare attenti a non dare al termine << fascismo >> un'estensione tale da fargli perdere ogni significato storico: 
<< A furia di essere tutti fascisti, nessuno lo è più, e si arriva alla vanificazione della terminologia, a uno sterile nominalismo >> 
Con il che viene toccato il nodo centrale della discussione. Dice Russo: 
<< In fondo è vero che in una piazza non possiamo distinguere lo studente, o il ragazzo del Sud, o il vecchio, da come sono vestiti e da come sono fatti. Ma se guardiamo a come sono fatte le nostre città, noi distinguiamo perfettamente le borgate dal villino residenziale. Distinguiamo perfettamente chi ha la piscina e va a farsi il bagno comodamente. e chi invece deve andare a bagnarsi in certe acque infette perché, per esempio a Napoli non sono stati risolti i problemi delle fogne >>. 
Intorno a questi temi si discute, e la discussione e l'interesse di mostrano che, per distorto che sia stato. il nostro sviluppo ha creato un'esigenza e un'aspirazione a certi valori che tutti riconosciamo come positivi. Ed è qui che il fascismo interviene, continua Russo, 
<< proprio contro chi vuole la giustizia, il progresso, e non lo sviluppo economico puro e semplice. I fascisti di oggi, prodotto di questa società consumistica, sono forse diversi da quelli del passato quanto a matrice, ma restano gli stessi come modulo ideologico. come violenza politica; senza rispetto per la libertà, per lo spirito, per i valori che secondo me sono eterni. Di fronte ad esso non possiamo assumere un atteggiamento liquidatorio, ne dal punto di vista estetico, né da quello culturale o sociologico >> 

 Una minaccia 

Anche Pandolfi ritiene che il fascismo, 
<<malattia ereditaria dello Stato e della società italiana>> 
cambiato per certi aspetti esteriori; esso tuttavia 
<<sopravvive e tende a sopravvivere a se stesso>> 
Il rischio di una omologazione ingannatrice può quindi farci perdere il senso di una minaccia che e ancora all'interno della nostra società e che c'impone di stimolare gli << anticorpi >> che pure esistono e che devono servire ad evitare il conformismo e l'accettazione delle spinte al consumismo e alle mode livellatrici. La nostra società può ancora farlo, dice Pandolfi, è ancora in grado di esprimere 
<< creatività di valori. Al di là dei rischi vedo una creatività nuova. e più nelle giovani generazioni che in quella cui appartiene la maggior parte di noi >> 
Nessuno. neppure Ferrara e Cassieri, sembra voler seguire Pasolini sul piano al di là dell'oggi, oltre il contingente e il pragmatico. Ma questo è il terreno che Pasolini ha scelto, e dunque egli vi insiste. Il vecchio fascismo << arcaico, orribile, ridicolo, feroce >> dice, certo sopravvive nei rappresentanti delle generazioni anziane. Ma i giovani sono altra cosa. I giovani che oggi si dichiarano fascisti 
non rinunzierebbero in realtà ad una sola delle comodità che sono loro venute dallo sviluppo, 
<< non vorrebbero mai tornare indietro, a quella famosa Italietta rustica e rozza >> 
e in ciò sono i naturali alleati, anzi i portabandiera del « nuovo Potere» che non ha più bisogno di dittatura e autoritarismo espliciti, dichiarati. perché può ottenere lo stesso effetto con la forza della produzione, con l'imposizione dei suoi prodotti e con il generale livellamento che ne deriva. Qui sta il nuovo fascismo, qui stanno i massimi rischi, nei quali gli italiani « omologati » (ossia tutti gli italiani) sono già immersi fino al collo, e dai quali non potranno liberarsi se continueranno a riflettere e ad agire secondo schemi superati, insufficienti e non più utilizzabili.

Dibattito aperto 

Non è certo possibile. in sede di presentazione, esaurire i contenuti dl questo come di qualsiasi altro dibattito. ne restituirne la ricchezza di argomenti. Diciamo soltanto per concludere che ben poche concessioni sono venute da una parte della << barricata >> in direzione dell'altra e che proprio in questa mancata conciliazione sta il valore della testimonianza che ciascuno ha recato. Il dibattito doveva restare, ed e rimasto. aperto: i suoi destinatari sono gli ascoltatori, e se e vero che il loro interesse e destinato ad accrescersi a misura che e loro possibile identificarsi con i poli polemici sui quali la discussione è articolata, questo e un caso in cui l'identificazione dovrebbe essere massima, e perciò massimamente utile la partecipazione. << Di fronte a un tema come questo >> osserva Giacovazzo, << non si può restare neutrali, si deve scegliere, anche perché il moderatore non fa tentativi di sintesi ma, al contrario, si pone come elemento di stimolo fra le opinioni contrapposte. Per dir meglio aggiunge, 
<< non solo su un tema come questo, ma su qualsiasi tema: non c'è problema che non possa essere visto da punti d'osservazione contrari, e non c'è punto d'osservazione che non contenga almeno un nocciolo di verità >>.
Dev'essere per questo che, tutto sommato, a Giacovazzo piace sostituire il vecchio termine << moderatore >> con quello, opposto e più congruo, di      << provocatore >> 

Giuseppe Sibilla
Controcampo va in onda sabato 
19 ottobre alle ore 21 
sul Nazionale TV. 




@Eretico e Corsaro - Le Pagine Corsare

Curatore, Bruno Esposito

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