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sabato 29 marzo 2025

Pasolini, Sulle aspirazioni friulane - Libertà, 26 gennaio 1947

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro

Pasolini che guarda il suo autoritratto, fatto nel 1947

Pasolini, Sulle aspirazioni friulane

Libertà, domenica 26 gennaio 1947

pag.1

(Trascrizione dal cartaceo curata da Bruno Esposito)

Libertà, domenica 26 gennaio 1947
Nuovi argomenti agli autonomisti per sostenere tout court il loro programma sono suggeriti da Pietro Pascoli («Libertà» del 23 gennaio 1947). Accogliamo infatti con assoluta condiscendenza il suo invito a dibattere il problema «al di sopra di ogni sentimentalismo e di ogni tradizionalismo». (Ma anche al di sopra, allora, di ogni prevenzione di partito, perché in tal caso si tratterebbe di un nuovo «sentimentalismo», forse meno ridicolo, certo non meno illecito.) Su che piano dunque si deve trasferire la discussione? Su quello critico, diremmo. Ma i nostri richiami in questo senso sono caduti nel vuoto. E sì che in un articolo apparso su «Libertà» del 31 dicembre 1946 ero esplicito: niente storia «antiquaria» o «monumentale» (tradizionalismi, falso folclore ecc.), ma storia «critica», cioè coscienza. È il futuro insomma, che ci importa, non il passato. Non fatichiamo del resto a riconoscere nello scritto del Pascoli quelle che sono le autentiche istanze sue e del suo partito (una sincera avversione a ciò che sa di vernacolo e quindi di borghese — che noi condividiamo in pieno) e quelle che invece sono argomentazioni aprioristiche, non prive di ingenuità. Queste sono due: 

1) il puntare sull’abolizione della Provincia, che non è meno demagogico del puntare sulla sua conservazione (l’accusa di demagogia è del Pascoli stesso contro chi, nel comizio udinese di domenica, cercava di avere dalla sua parte Pordenone e Gorizia); 

2) il mettere arbitrariamente e precocemente il Friuli fra Trieste e Venezia.

Sul primo punto, non commetteremo la sciocchezza di pronunciarci per il solo piacere di avere ragione. Ci sembra solo che in questo momento non sia maturo il fare delle affermazioni perentorie come: «La Provincia viene quindi abolita»; ci sembra invece più lecito, in attesa di decisioni definitive da cui siamo ancora piuttosto lontani, augurarsi che un ente provinciale puramente amministrativo sia mantenuto; altrimenti le penose condizioni in cui il Pascoli vede Udine in un precario futuro, ridotta cioè alle dimensioni di Sauris sotto Trieste, si verificherebbero inesorabilmente per tutti gli altri capoluoghi di provincia (avremo una Padova-Camposampiero, una Vicenza-Tezze, ecc. ecc.), Del resto non è chi non veda l’inspiegabilità del fatto che ci si debba recare da Gorizia a Udine per un qualsiasi documento. Ma odiamo le previsioni, il gioco troppo facile sul futuro, e, da parte nostra, vediamo la Regione friulana coi due enti provinciali amministrativi di Pordenone e di Gorizia; una volta tanto ci si lasci riposare sul buon senso.

Ed è ancora col buon senso (di cui siamo così scarsamente dotati, secondo gli uomini di buon senso) che preghiamo il Pascoli di guardarsi dal suo «complesso» di comunista, o per lo meno, di scoprire con minore ingenuità le carte. Quel suo grido «Cosa si nasconde sotto questo punto? Si vuole forse buttare all'aria la riforma agraria?», mutati i termini, resta un «grido di dolore», infine. Se lo sarebbe risparmiato se avesse letto con più freddezza gli art. 3 e 4 che cita, dove è chiaro che se l’Ente regione ha una potestà legislativa primaria in fatto di agricoltura e foreste, cave e torbiere, l’ha però sempre «in armonia coi principi della Costituzione e delle leggi fondamentali dello Stato»; e che, del resto, ha solo una potestà normativa di integrazione e di attuazione delle leggi dello Stato, in materia di riforme economiche e sociali.

Quanto al secondo punto, il Pascoli ci offre un dilemma veramente gratuito, e noi altrettanto gratuitamente, voilà, scegliamo il corno triestino. Il Friuli, direbbe una persona sensata, è il naturale retroterra di Trieste, a Trieste fino a meno di un secolo fa si parlava friulano (durante la guerra il Friuli traboccava di donne triestine che venivano a rifornirsi) ecc. ecc. Il patetico sguardo volto «alla Città ducale, regina delle genti venete» non è che un’inspiegabile lancia spezzata dal Pascoli in favore di Venezia, se si pensa alla lapalissiana obiezione che i Friulani non sono Veneti... Del resto arrossiamo di questa discussione senza fatti, che ci attende se mai al varco di un futuro improbabile. Preferiamo piuttosto dar ragione al Pascoli sulla denominazione Giulio-Friulana, che è veramente di pessimo gusto, se non altro linguistico.

Libertà, domenica 26 gennaio 1947
In conclusione, ci dispiace di assistere all’opposizione della Federazione comunista udinese alla nostra autonomia, non solo perché sostiene la propria tesi piuttosto superficialmente, ma perché, andando verso una sicura sconfitta, e pronunciandosi contro i sentimenti friulani della maggior parte degli iscritti al Partito, non fa altro che procurarsi dell'impopolarità: lo dimostri il fatto che nelle votazioni comunali succede assai spesso che i consiglieri comunisti si astengono, dimostrando con questo, senza venir meno alla loro disciplina, di essere inclini al riconoscimento del Friuli a regione. No, per noi la questione della «Piccola Patria» non è una questione sentimentale: per noi di sinistra, diciamo.

Infatti spetterebbe soprattutto alle Sinistre, poi, di far si che il nuovo Ente Regione (Friulano, veneto, lombardo ecc.) non diventi il covo di interessi locali, di campanilismi — di reazione, in una parola: ma che al contrario sia il più immediato e naturale campo di progresso sociale. In una regione che sia una necessaria espressione storica, linguistica, etnica, è ovvio che aumentino le possibilità di una civiltà in quanto coscienza, cioè in quanto superamento di convenzioni e sentimentalismi ritardatari. I comunisti temono nella Regione un rinfocolarsi del conservatorismo borghese e clericale? Ma no, si tratterebbe piuttosto di un suo beato impigrirsi; e dipenderebbe da essi il suggerimento o l’instaurazione di una nuova mentalità capace di trasformare la preistoria in storia, la natura in coscienza. Noi, da parte nostra, siamo convinti che solo il Comunismo attualmente sia in grado di fornire una nuova cultura «vera» (come accennava Saragat in una intervista concessa al «Gazzettino»), una cultura che sia moralità, interpretazione intera dell’esistenza, e non comprendiamo quindi come i comunisti siano contrari alla Regione (e in particolare a una Regione così coincidente con (a propria natura, come sarebbe la friulana), quando è proprio attraverso questa Regione che essi potrebbero attuare ab imis e democraticamente la loro rieducazione.

Pier Paolo Pasolini


@Eretico e Corsaro - Le Pagine Corsare


Curatore, Bruno Esposito

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