"Le pagine corsare " dedicate a Pier Paolo Pasolini
Eretico e Corsaro
APPUNTI PER UN’ORESTIADE AFRICANA
di Roberto Chiesi
Titolo: Appunti per un’Orestiade africana
Regista: Pier Paolo Pasolini.
Anno: 1970
Durata: 55’
Soggetto: Pier Paolo Pasolini.
Musiche: Gato Barbieri.
Fotografia: Giorgio Pelloni.
Produzione: Gian Vittorio Baldi.
Distribuzione: Dae.
(Ringrazio Roberto Chiesi, per il cortese consenso alla pubblicazione)
Nella primavera del 1968, Pier Paolo Pasolini stava progettando un film diviso in cinque episodi, sotto il titolo complessivo di Appunti per un poema sul Terzo mondo, che avrebbe voluto ambientare, rispettivamente, in Africa, India, America Latina, nei Paesi Arabi e nei quartieri neri dell’America del Nord. Per l’episodio africano, considerò l’ipotesi di rielaborare la sceneggiatura di un film mai realizzato, Il padre selvaggio, ma alla fine decise di ispirarsi all’Orestiade di Eschilo.
Erano trascorsi quasi dieci anni da quando Pasolini aveva tradotto la trilogia eschilea per uno spettacolo teatrale diretto e interpretato da Vittorio Gassman. Nella Lettera del traduttore (1960), scriveva: «Il momento più alto della trilogia è sicuramente l’acme delle Eumenidi, quando Atena istituisce la prima assemblea democratica della storia. Nessuna vicenda, nessuna morte, nessuna angoscia delle tragedie dà una commozione più profonda e assoluta di questa pagina. Le Maledizioni si trasformano in Benedizioni. L’incertezza esistenziale della società primitiva permane come categoria dell’angoscia esistenziale o della fantasia nella società evoluta».
Nell’immaginazione pasoliniana, la “società primitiva” venne ad identificarsi con l’Africa tribale e arcaica. Mentre il progetto di Appunti per un poema sul Terzo mondo si arenava per ostacoli produttivi, nel dicembre 1968, si concretizzò invece la possibilità di realizzare l’Orestiade sotto forma di “appunti per un film da farsi”, in Kenia e Tanzania.
«Il tema profondo dell’Orestiade, almeno per noi lettori moderni, è il passaggio tra un periodo storico “medievale” e un periodo storico “democratico”: indi della trasformazione delle Menadi (dee medievali del terrore esistenziale) in Eumenidi (dee dell’irrazionalità in un mondo razionale). Se oggi, nell’Africa, accade qualcosa di simile, è indubbio che Atene (modello di forme democratiche) è il mondo bianco 73progressivo: e Atena, la Dea che ha insegnato a Oreste la democrazia, istituendo il primo tribunale umano e l’istituzione della votazione, è una dea bianca. Il progetto di un film dall’Orestiade di Eschilo ambientato nell’Africa nera moderna, potrebbe essere intanto un perfetto filo conduttore per un documentario, appunto sull’Africa nera moderna» (da L’Atena bianca, 1968).
Come era già avvenuto con il mediometraggio documentario prodotto dalla RAI Tv, Appunti per un film sull’India (1968), anche il film girato in Africa, segue un itinerario scandito dalla ricerca dei volti e dei luoghi, in questo caso per le figure di Agamennone, Oreste, Clitennestra, Cassandra e Pilade, tra le popolazioni delle tribù e dei villaggi della Tanzania e dell’Uganda. La voce di Pasolini si sofferma a commentare le possibili scelte di visi e corpi per i personaggi del suo film, ma sceglie e filma anche una povera capanna sul lago Vittoria, con gli umili utensili del lavoro quotidiano, il villaggio di Kasulu, “ancora vicino alla preistoria”, un mercato e la folla che lo gremisce, i sarti e i loro clienti, un barbiere, un altro mercato della città di Kigoma, perduto nella Savana. Negli Appunti per un’Orestiade africana, appaiono anche le immagini della modernità, come una fabbrica nelle vicinanze di Dar es Salaam, una scuola moderna “Livingstone”, nei pressi di Kigoma. Il poeta confronta la sua visione dell’Africa a quella di alcuni studenti africani dell’Università La Sapienza di Roma, cui mostra alcune sequenze girate. Per rappresentare le Furie, irrappresentabili sotto l’aspetto umano, Pasolini ha una geniale intuizione visiva e filma le forme degli alberi africani. Nel film si inseriscono anche sequenze di diverso registro: come i brani di repertorio sulla guerra del Biafra, che, nell’immaginazione di Pasolini, diventano una sorta di evocazione contemporanea della guerra di Troia da cui ritorna Agamennone all’inizio dell’Orestiade.
Ad un registro diverso appartiene anche la sequenza di un duetto cantato, “nello stile del Jazz” da Yvonne Murray e Archie Savage con la musica di Gato Barbieri. In seguito, Pasolini mette in scena, quasi come sequenze di prova, l’arrivo di Oreste (impersonato da un giovane africano) sulla tomba del padre e la sua fuga, dopo il matricidio, perseguitato dalle Furie. Nell’immaginazione pasoliniana, la città di Kampala, capitale dell’Uganda, evoca Atene e l’Università di Dar es Salaam il Tempio di Apollo. È nella libreria del college che la mdp. di Pasolini scopre i segni della colonizzazione culturale neocapitalista e anglosassone, nonostante che la costruzione rechi una lapide di ringraziamento alla Repubblica Popolare Cinese. Le riprese africane di Appunti per un’Orestiade africana avvennero in due tempi: nel dicembre 1968 e nel febbraio 1969. Ai primi mesi del 1970, risalgono, invece, le riprese effettuate all’università di Roma. Per la prima volta nella sua attività cinematografica, Pasolini fece anche l’operatore per l’intera durata delle riprese, come per tutti i film realizzati successivamente.
Appunti per un’Orestiade africana, prodotto da Gian Vittorio Baldi per la IDI Cinematografica, era destinato alla RAI Tv, che lo rifiutò adducendo motivi pretestuosi. Venne proiettato per la prima volta, in una versione non definitiva (presumibilmente più lunga di oltre venti minuti), al Mercato Internazionale dei programmi televisivi - MIDEM di Cannes, il 16 aprile 1970. Dopo alcuni interventi al montaggio, Pasolini stesso lo presentò a Venezia, durante le Giornate del cinema italiano, il 1° settembre 1973.
Le prime proiezioni regolari del film nelle sale della penisola avvennero solo alcune settimane dopo la morte di Pasolini, il 29 novembre 1975. Appunti per un’Orestiade africana conobbe una diffusione molto limitata, quasi “confidenziale”. Nel 2005, il film è stato restaurato dalla Cineteca di Bologna presso il laboratorio “L’Immagine ritrovata”, grazie ai materiali messi a disposizione dal produttore Baldi. Dai negativi 16mm scena e colonna, sono state stampate matrici di conservazione 35mm.
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