"...Ho iniziato un libro che mi impegnerà per anni,
forse per il resto della mia vita.
Non voglio parlarne, però:
basti sapere che è una specie di
"summa" di tutte le mie esperienze,
di tutte le mie memorie.
Per me e per tutti gli altri, invece, ho una paura..."
Petrolio 1975
Postumo
Petrolio
è un romanzo di Pier Paolo Pasolini, rimasto incompiuto, pubblicato postumo nel 1992 da Einaudi.
L'ideazione dell'opera risale circa alla primavera del 1972 e Pasolini lavorerà a questo suo progetto fino alla morte - 1975.
Di Petrolio sono state trovate 522 pagine in forma di "Appunti", "frammenti" e soli "titoli"( come Lampi sull'Eni).
«È un romanzo, ma non è scritto come sono scritti i romanzi veri:
la sua lingua è quella che si adopera per la saggistica,
per certi articoli giornalistici, per le recensioni,
per le lettere private o anche per la poesia...»
Lettera ad Alberto Moravia
Caro Alberto, ti mando questo manoscritto perchè tu mi dia un consiglio. E un romanzo, ma non e scritto come sono scritti i romanzi [veri] : la sua lingua e quella che si adopera per la saggistica, per certi arti coli giornalistici, per le recensioni, per le lettere private o anche per la poesia: rari sono i passi che si possono chiamare [decisamente] narrativi, e in tal caso sono passi narrativamente cosi scoperti (“ma ora passiamo ai fatti”, “Carlo camminava...” ecc., e del resto c’e anche una citazione simbolica in questo senso: “Il voyager...*) che ricordano piuttosto la lingua dei trattamenti o delle sceneggiature che quella dei romanzi classici: si tratta cioè di ‘passi narrativi veri e propri’ fatti ‘apposta’, per rievocare il romanzo.
Nel romanzo di solito il narratore scompare, per lasciar posto a una figura convenzionale che e l’unica che possa avere un vero rapporto con il lettore. Vero appunto perchè convenzionale. Tanto e vero che fuori dal mondo della scrittura - o se vuoi della pagina e della sua struttura come si presenta a uno della partita - il vero protagonista della lettura di un romanzo e appunto il lettore.
Ora in queste pagine io mi sono rivolto al lettore direttamente e non convenzionalmente. Ciò vuol dire che non ho fatto del mio romanzo un ‘oggetto’, una ‘forma’, obbedendo quindi alle leggi di un linguaggio che ne assicurasse la necessaria distanza da me, <...> quasi addirittura abolendomi, o attraverso cui io generosa mente negassi me stesso assumendo umilmente le vesti di un narratore uguale a tutti gli altri narratori. No: io ho parlato al lettore in quanto io stesso, in carne e ossa, come scrivo a te questa lettera, o come spesso ho scritto le mie poesie in italiano. Ho reso il romanzo oggetto non solo per il lettore ma anche per me: ho messo tale oggetto tra il lettore e me, e ne ho discusso insieme (come si può fare da soli, scrivendo).
Ora, a questo punto (ecco la ragione di questa lettera) io potrei riscrivere daccapo completamente questo romanzo, oggettivandolo: cioè scomparendo in quanto autore reale, e assumendo le vesti del narratore convenzionale (che, <...>, e molto più reale di quello reale). Potrei farlo. Non sono privo di abilita, non sono digiuno di arte retorica, e non manco neanche di pazienza (non certo della sconfinata pazienza che si ha solo da giovani): potrei farlo, ripeto. Ma se lo facessi, avrei davanti a me una sola strada: quella della rievocazione del romanzo. Cioè non potrei far altro che andare fino in fondo a una strada per cui mi sono naturalmente incamminato. Tutto ciò che in questo romanzo e romanzesco lo e in quanto rievocazione del romanzo. Se io dessi corpo a ciò che qui e solo potenziale, e cioè inventassi la scrittura necessaria a fare di questa storia un oggetto, una macchina narrativa che funziona da sola nell’immaginazione del lettore, dovrei per forza accettare quella convenzionalità che e in fondo gioco. Non ho voglia più di giocare (davvero, fino in fondo, cioè
applicandomi con la più totale serietà); e per questo mi sono accontentato di narrare come ho narrato. Ed ecco il consiglio che ti chiedo: ciò che ho scritto basta a dire dignitosamente e poeticamente quello che volevo dire? Oppure sarebbe proprio necessario che io riscrivessi tutto su un altro registro, creando l’illusione meravigliosa di una storia che si svolge per conto proprio, in un tempo che, per ogni lettore, e il tempo della vita vissuta e restata intatta alle spalle, rivelando come vere realtà quelle cose che erano sembrate semplicemente naturali?
Vorrei che tu tenessi conto, nel consigliarmi, che il protagonista di questo romanzo e quello che e, e, a parte le analogie della sua storia con la mia, o con la nostra - analogie ambientali o psicologiche che sono puri involucri esistenziali, utili a dare concretezza a ciò che accade nel loro interno - esso mi e ripugnante: ho passato un lungo periodo della mia vita in sua compagnia, e mi riuscirebbe molto faticoso ricominciare da capo per un periodo che sarebbe presumibilmente ancora più lungo.
Certo lo farei, ma dovrebbe essere assolutamente necessario. Questo romanzo non serve più molto alla mia vita (come sono i romanzi o le poesie che si scrivono da giovani), non e un proclama, ehi, uomini! io esisto, ma il preambolo di un testamento, la testimonianza di quel poco di sapere che uno ha accumulato, ed e completamente diverso da quello che egli si aspettava |immaginava!
tuo...
Pier Paolo
Da Pier Paolo Pasolini, Petrolio, Einaudi, Torino 1992
Lampi sull'Eni. Petrolio e il capitolo scomparso
Il 10 gennaio del 1975 Pier Paolo Pasolini dichiara:
“Ho iniziato un libro che mi impegnerà per anni, forse per il resto della mia vita. Non voglio parlarne però: basti sapere che è una specie di “summa” di tutte le mie esperienze, di tutte le mie memorie”.
Il poeta quel libro non riuscirà a terminarlo e il manoscritto sarà pubblicato postumo da Einaudi nel 1992 con il titolo scelto dall’autore: Petrolio.
L’11 marzo 2010
l’Adnkronos batte una notizia strana. Eccola: “Il mistero resta fitto. Alla ventunesima Mostra del Libro Antico di Milano il capitolo inedito 'Lampi sull'Eni' di 'Petrolio' di Pier Paolo Pasolini non c’è. Il suo ritrovamento era stato annunciato da Marcello Dell'Utri, senatore del Pdl e bibliofilo. Ma alla mostra 'L'appunto 21' del romanzo incompiuto dell'intellettuale assassinato nel 1975 non ci sarà”.
La prima domanda è quasi scontata: che ci azzecca Marcello Dell’Utri con Pasolini? Ovvero, perché il senatore del PdL ha annunciato in pompa magna il ritrovamento di un inedito di Pasolini e poi ha fatto un passo indietro?
La storia l’ha raccontata lo stesso Dell’Utri, o almeno ne ha proposto la sua versione. Eccola.
Il 2 marzo
il senatore, non nuovo a boutade legate alla sua passione per i libri rari, annuncia che alla Mostra del Libro Antico
"“Un inedito che potrebbe svelare molti misteri italiani. Si infittisce così ''il giallo della tragica scomparsa di Mattei, la stessa scomparsa di Pasolini e forse qualche altro fatto dell'epoca che ormai fa parte dei cosiddetti misteri d'Italia. Quelle cose che ancora oggi sono tutte da scoprire".
"Non si facciano strumentalizzazioni, non parlo di queste cose perché obiettivamente non so ancora cosa ci sia stato dietro a questi misteri. Certamente un cosiddetto giallo quello sì, potrebbe esserci stato e se venisse fuori una trama vera con la soluzione finale, sarebbe un bene per tutti".
"Non ho ancora letto queste pagine, ho letto una sintesi. Non saprei dire se queste scritture siano di Pasolini o meno. In ogni caso, aspetto di vedere questo dattiloscritto che mi è stato annunciato. Però - rimarca il senatore bibliofilo - c'è una cosa interessante: si è scoperto o meglio dissotterrato forse un libro che era scomparso, libro dal quale Pasolini trae le argomentazioni per il famoso capitolo 'Lampi sull'Eni' di 'Petrolio'. Questo libro ('Questo è Cefis. L'altra faccia dell'onorato presidente' di un autore anonimo che si firma Giorgio Steimetz, ndr) è un libro che fu editato nel 1972 e sparì dal mercato, in maniera direi quasi rocambolesca perché non fu proprio neanche depositato nelle biblioteche nazionali per il deposito obbligatorio, quello legale. Per cui già la scoperta di questo libro mi sembra interessante, poi vedremo il resto. L'appuntamento è alla Mostra del Libro antico".
Da quanto si riesce a capire qualcuno proveniente da Roma va da Marcello Dell’Utri (probabilmente a causa della sua nota passione per i libri rari) e gli propone di acquistare un capitolo inedito e “perduto” del libro incompiuto di Pier Paolo Pasolini. Il senatore è tanto sicuro di poterlo avere che addirittura ne annuncia l’esposizione alla Mostra del Libro Antico. Poi accade qualcosa e il capitolo ritrovato scompare di nuovo.
Questa la versione di Dell’Utri. Ma il mistero resta fitto. Qualcuno nell’apprendere la notizia non ha potuto trattenersi dal dire: ”Ecco chi ce l'aveva!” Al di là delle vicende poco chiare che potrebbero riguardare il manoscritto, resta irrisolto il problema dell’attribuzione. La cugina di Pasolini, Graziella Chiarcossi, ha sempre sostenuto che il capitolo non è scomparso perché non c’è nessun capitolo sfuggito ai curatori dell’edizione Einaudi del 1992. Però nel capitolo successivo Pasolini fa riferimento alle imprese antifasciste nella Resistenza di Mattei dicendo di averne già parlato nel paragrafo 'Lampi sull'Eni'. Per cui o Pasolini questo capitolo non l’ha mai scritto, pur avendo in animo di farlo, oppure “qualcuno” potrebbe averlo rubato nelle ore successive alla sua morte.
Dell’Utri potrebbe avere semplicemente mentito, ovvero aver fatto una “sparata delle sue” per richiamare attenzione mediatica sulla Mostra del Libro antico a lui tanto cara, oppure potrebbe essersi spaventato dalla prospettiva di dover spiegare da chi e come lo ha avuto, o anche il misterioso visitatore potrebbe essersi eclissato dopo il clamore delle dichiarazioni del senatore per lo stesso motivo.
Ma la storia non è finita.
Il 17 marzo Walter Veltroni presenta un'interrogazione parlamentare al ministro Sandro Bondi, mettendo in dubbio l'esistenza di quel capitolo.
“Stiamo parlando – dice Veltroni in aula – del volume Petrolio di Pierpaolo Pasolini, che è l'ultimo volume al quale ha lavorato nei tre anni che hanno preceduto la sua morte. Si tratta di un volume incompiuto dedicato ad una complessa storia immersa nelle vicende italiane degli anni Sessanta e Settanta, uscito con alcune parti incomplete, in particolare con un capitolo che, siccome il libro è strutturato per appunti, è l'appunto 21, del quale esiste il titolo che, nell'edizione pubblicata da Einaudi, (edizione curata filologicamente in maniera molto attenta dal professore Roncaglia), è intitolato «Lampi sull'ENI». È un appunto in bianco perché non risulta da nessuna parte che sia stato autenticamente scritto. Vi è un richiamo nel capitolo successivo all'appunto 21, ma da molte parti si lascia intendere, o si interpreta, questo richiamo come un richiamo a qualcosa di cui si aveva in testa la struttura, ma che sarebbe stato successivamente scritto. Sia come sia, non risulta né nella disponibilità della famiglia, né nella edizione pubblicata da Einaudi, l'esistenza di questo capitolo, peraltro, evidentemente, importante - se non altro per il titolo - nella struttura dell'opera e, essendo l'ultima opera di uno dei più grandi intellettuali italiani, per la cultura del nostro Paese.
Questo è il tema del quale stiamo parlando perché qualche settimana fa, tra il 3 e 4 marzo, questo capitolo è salito alla ribalta della cronaca allorché un senatore della Repubblica, il senatore Dell'Utri, ha annunciato di esserne in possesso. Faccio riferimento a frasi tra virgolette citate da giornali assolutamente non sospettabili di malizia che in questo caso sarebbe, peraltro, culturalmente non giustificabile in quanto parliamo di una cosa che o c'è o non c'è.
Mi riferisco ad un'intervista rilasciata a Il Tempo dal senatore Dell'Utri il giorno 3 marzo: «Sono quindici pagine inquietanti. Con feroci accuse a Cefis. Se avrò la conferma dell'autenticità allora ci troviamo di fronte ad un materiale che scotta... - Perché usa il condizionale? - Perché sono in possesso di un dattiloscritto di una quindicina di pagine che non è l'originale, si tratta di una sorta di sunto dei 78 fogli che componevano il capitolo scomparso. Come se qualcuno li avesse letti e condensati...». «Ha letto quelle pagine?» gli domanda la giornalista; risposta: «Parlano dell'ENI dell'epoca, di loschi intrecci, di particolari sulla morte di Enrico Mattei. Contengono feroci accuse a Cefis». Chiede la giornalista. «Insomma, ordine, affinché questo mistero della storia del nostro paese venga chiarito un tuffo in uno dei gialli irrisolti di questo Paese?». «In più di un giallo - dice Dell'Utri - perché si collega ad altri enigmi. La morte di Mauro De Mauro quella dello stesso Pasolini». Sono frasi di un senatore della Repubblica.
Su Libero, sempre Dell'Utri afferma: «Si pensa che in queste pagine l'autore abbia indirettamente parlato di molti aspetti oscuri della storia dell'ENI come lo stesso attentato a Mattei. Io le ho lette e le ho trovato inquietanti». Già qui non si capisce se abbia letto il sunto o il testo integrale. Qualcosa, però si è lasciato sfuggire su Il Giornale Alessandro Noceti, il curatore dell'iniziativa presso la quale il senatore Dell'Utri ha annunciato che sarebbe stata esposta questa parte mancante del romanzo Petrolio. Cito testualmente: «Si tratta di un testo di 120 pagine - siamo passati da 78 a 120 - inedite ritrovate pochi giorni fa. Le pagine erano all'interno di una cassa. La cassa apparteneva ad un istituto che ne è anche il proprietario».
Sul Corriere della Sera del 12 marzo, dopo che il senatore Dell'Utri aveva smentito che sarebbero stati pubblicati questi fogli perché ha sostenuto che chi li aveva era improvvisamente sparito, c'è scritto: «La persona che me le ha promesse è scomparsa». Domanda: «Ma lei le ha viste?». Risposta: «Li ho avuti tra le mani per qualche minuto, sperando di poter leggere con calma dopo».
Invece, come abbiamo visto, nelle altre interviste sosteneva di averli letti, esaminati e persino ne descriveva il contenuto in una forma assolutamente inquietante, cioè come pagine che avrebbero consentito all'Italia di sapere delle verità sulla morte di Mattei, di Mauro De Mauro, e sulla morte dello stesso Pier Paolo Pasolini.
Domanda di Paolo Di Stefano del Corriere della sera: «Che fisionomia avevano?». Risposta: «Una settantina di veline dattiloscritte con qualche appunto a mano»; poi preciserà che sono esattamente 78 di un totale di circa 200. Inoltre, sono sempre parole di Dell'Utri riportate da la Repubblica: «C'è un giallo perché credo che questo capitolo sia stato rubato dallo studio di Pasolini; è un capitolo inquietante per l'ENI, di grande interesse, perché si lega alla storia del Paese, a Eugenio Cefis, alla morte misteriosa di Enrico Mattei e di Pasolini».
Ne Il Messaggero del 9 marzo c'è un'intervista al senatore Dell'Utri: «Ma quindi lei il capitolo non ce l'ha? No, non ce l'ho. Ma l'ha visto? Si, me lo hanno mostrato. E poi? E poi chi me lo ha proposto è sparito». Sempre su Il Messaggero, stavolta del 12 marzo: «Io so chi è il proprietario, lo conosco, ma sono giorni che lo cerco e non si fa trovare; evidentemente si è spaventato per il clamore che avete suscitato voi giornalisti». I giornalisti si sono limitati a riportare delle frasi il cui carattere evidentemente rilevante è palese. Ancora su La Stampa del 3 marzo: «C'è un giallo. Credo sia stato rubato dallo studio di Pasolini».
Che cosa possiamo decriptare da queste dichiarazioni tra loro separate, confuse e contraddittorie? Stiamo parlando di un testo che, se esiste, ha un'importanza che il senatore Dell'Utri ha sintetizzato molto efficacemente, e cioè, se esiste, avremmo a disposizione un materiale che ci consentirebbe di fare luce su questi momenti della storia.
Pier Paolo Pasolini stava scrivendo questo romanzo, per cui si era documentato particolarmente; presso il Gabinetto Vieusseux, che conserva le carte di Pier Paolo Pasolini, esistono ampi materiali di quello che Pasolini aveva raccolto per scrivere queste pagine. Il senatore Dell'Utri dice che le ha lette, o ne ha letto un sunto. Non si capisce bene se e perché questo sunto di quindici pagine non gli sarebbe stato consegnato, non essendo l'originale di 78, o come dice l'altra persona di 200, di proprietà di un istituto. Insomma c'è una grande confusione e un grande mistero attorno alla vicenda di questo capitolo.
Se questo capitolo esiste come è arrivato nelle mani di qualcuno? Questo capitolo, se esiste, doveva essere a casa di Pier Paolo Pasolini. Chi lo ha portato via dalla casa? Chi lo ha consegnato a mani diverse da quelle della famiglia e dei curatori della sua opera? Come è arrivato a questo fantomatico interlocutore che si sarebbe rivolto al senatore Dell'Utri, mostrandogli o facendogli leggere l'integrale o un sunto, il cui contenuto il senatore Dell'Utri evidentemente conosce bene, perché ne parla nei termini drammatici nei quali ne ha parlato? Questa è un'ipotesi, cioè l'ipotesi che Pier Paolo Pasolini abbia veramente scritto questo capitolo e che questo capitolo dunque sia stato trafugato da qualcuno e messo nelle mani di altri che non avevano titolo per averlo.
È evidente che in questo caso si tratterebbe di qualcosa di illegale, e come tale dovrebbe essere affrontato e perseguito. Ma dobbiamo fare anche altre ipotesi, cioè che questo capitolo non esiste (come dice la sua famiglia). Ma se questo capitolo non esiste, se questo capitolo Pier Paolo Pasolini non l'ha mai scritto (nonostante avesse raccolto molto materiale e tra questo materiale, e nella misteriosissima vicenda attorno a questa storia, c'è come base di riferimento un testo che fu pubblicato nel 1972 e fatto sparire nel giro di poche ore dal mercato, libro che Pasolini aveva avuto da qualcuno, e c'è anche il riferimento degli storici che si sono occupati di questa vicenda su chi lo avrebbe consegnato a Pasolini; si tratta, lo ripeto, di un testo di base, di un libro contro Cefis che fu pubblicato nel 1972), di cosa stiamo parlando? Perché il senatore Dell'Utri annuncia all'opinione pubblica, al mondo culturale di questo Paese, di avere avuto a disposizione un sunto o l'integrale di un testo, e dice - avendolo letto - che questo testo consentirebbe di sapere di più su misteri come il caso Mattei, la sparizione di Mauro De Mauro e la morte dello stesso Pier Paolo Pasolini?
Questa è la ragione, signor Ministro, per la quale mi sono permesso di disturbarla: chiedere che cosa il Governo intende fare per chiarire questa vicenda. Non stiamo parlando di una vicenda che attiene esclusivamente ad una discussione di carattere letterario e intellettuale che, peraltro, sarebbe comunque importante nell'ambito delle responsabilità del Ministero. Qui stiamo parlando di qualcosa di più importante che ha a che vedere con la storia e la parte più dura e più oscura della storia italiana.
Personalmente sono tra coloro - questa è una mia opinione personale - che ritengono che sulla morte di Pier Paolo Pasolini debba essere fatta luce. Lo penso da anni e ne sono ancora convinto. Sono state emanate sentenze, peraltro, contraddittorie nei tre gradi di giudizio, ma comunque alla fine è stata emanata una sentenza che ha stabilito una verità processuale della quale bisogna prendere atto.
Dal punto di vista storico rimangono in me moltissimi dubbi e sono dubbi accompagnati da una parte consistente dell'opinione pubblica, ma in questo momento non c'entrano. In questo momento ciò su cui mi permetto di richiamare l'attenzione del Governo è sapere che cosa il Governo intende fare per dire una parola di verità su questa vicenda. Si tratta di un senatore della Repubblica che ha reso dichiarazioni pubbliche e che afferma di aver avuto a disposizione un testo, di averlo consultato e letto. Riporta i contenuti di questo testo e, dunque, dobbiamo essere messi nella condizione di sapere se questo testo esista o non esista.
Ritengo che il Governo abbia gli strumenti o comunque il dovere di intervenire per chiarire quello che rischia, altrimenti, di essere uno dei tanti misteri, anche con tutti i rischi che possa essere inteso come un gioco di segnali o di altre cose che non è bene che in un momento così avvelenato della vita del nostro Paese possano essere messi in circolo".
Il Ministro Sandro Bondi, presente in aula gli risponde immediatamente.
"Sono lieto di rispondere personalmente all'interpellanza urgente dell'onorevole Veltroni e dell'onorevole Ventura perché anch'io sono sinceramente interessato a capire e a far luce, se sarà possibile, sulla vita drammatica di uno dei più grandi intellettuali e scrittori del nostro Paese, e su alcuni aspetti ancora oscuri della storia del nostro Paese. Ciò mi permette in primo luogo di precisare che il Ministero per i beni e le attività culturali non ha mai avuto notizie formali dirette della possibile esistenza di un dattiloscritto contenente un capitolo del romanzo postumo Petrolio di Pier Paolo Pasolini.
Al riguardo proprio a seguito della interpellanza sua, onorevole Veltroni, e dell'onorevole Ventura, ho ritenuto opportuno e necessario prendere contatti diretti con il senatore Marcello Dell'Utri, il quale mi ha confermato quanto lui stesso ha comunicato nelle scorse settimane ad alcuni organi di informazione nel corso di interviste e dialoghi che lei stesso questa mattina ha citato ampiamente, tratti da diversi quotidiani e da diverse riviste anche di carattere culturale.
Il senatore Dell'Utri mi ha confermato quanto ha comunicato agli organi di informazione e cioè che, effettivamente, avrebbe preso visione e letto un manoscritto di circa settanta pagine di carta velina che avrebbe dovuto costituire proprio un capitolo del romanzo di Pier Paolo Pasolini. Il senatore Dell'Utri sarebbe stato contattato qualche tempo fa da una persona che gli avrebbe mostrato questo manoscritto e lo stesso senatore Dell'Utri aveva la speranza di poterlo esporre nel corso della «Mostra del libro antico» di Milano, come lui stesso ha detto alla stampa.
Dopo la risonanza che questa notizia ha avuto sulla stampa, come lei ha ricordato, questa persona non avrebbe più preso contatti con il senatore Dell'Utri, facendo cadere, quindi, la possibilità di esporre questo manoscritto alla «Mostra del libro antico» di Milano, presumibilmente - e cito le parole dello stesso senatore Dell'Utri - intimorita dall'eco che tale notizia aveva nel frattempo suscitato.
Personalmente non so niente di più di quello che in questo momento ho riferito. Era doveroso, da parte mia e da parte del Ministero, rispondere immediatamente alla sua interpellanza urgente, considerata l'importanza che questa vicenda può avere non solo per la storia della nostra letteratura, naturalmente, ma anche - lo ripeto - per fare piena luce sulla vita di Pier Paolo Pasolini e su alcune vicende ancora misteriose della nostra storia nazionale visto che, come lei ha ricordato, in questo manoscritto vi sarebbero riferimenti, appunto, ad aspetti, momenti e vicende della nostra storia, come gli avvenimenti dell'ENI, del Cefis e altri temi sui quali ancora sarebbe necessario fare piena luce.
In conclusione, mi riservo di svolgere, per quanto di mia competenza e di mia responsabilità, a seguito della sua interpellanza urgente, degli ulteriori accertamenti anche attraverso il Comando generale dei carabinieri per la difesa del patrimonio culturale del nostro Paese e nel caso in cui avrò ulteriori notizie - ma anche nel caso in cui non ne avrò - informerò immediatamente il Parlamento, così come ho fatto questa mattina".
Poi oggi una lettera di Veltroni è stata pubblicata su il Corriere della Sera. Vi si chiede la riapertura delle indagini sull’omicidio del poeta.
di Igor Patruno
Nessun commento:
Posta un commento