dedicate a Pier Paolo Pasolini
Eretico e Corsaro
«Dio fece quindi piegare il popolo per la via del deserto»
Teorema viene pubblicato nel 1968 e può essere considerato l'ultimo lavoro narrativo pubblicato da Pasolini. Il romanzo è tratto dal soggetto scritto per il film omonimo dello stesso anno e inizialmente nasce come opera teatrale - Per la prima volta i personaggi appartengono alla borghesia.
"I primi dati di questa nostra storia consistono, molto modestamente, nella descrizione di una vita famigliare. Si tratta di una famiglia piccolo borghese: piccolo borghese in senso ideologico, non in senso economico. É infatti il caso di persone molto ricche, che abitano a Milano. Crediamo che non sia difficile per il lettore immaginare come queste persone vivano; come si comportino nei loro rapporti col loro ambiente (che è quello appunto della ricca borghesia industriale), come agiscano nella loro cerchia famigliare, e così via. Crediamo inoltre che non sia neanche difficile (consentendoci quindi di evitare certi non nuovi particolari di costume) immaginare a una a una queste persone: non si tratta, infatti, in nessun modo di persone eccezionali, ma di persone più o meno medie."
Suonano le campane di mezzogiorno. Sono le campane del vicino Lainate, o di Arese, ancora più vicino. Al suono delle campane, si mescolano gli urli, discreti e quasi dolci, delle sirene.
Una fabbrica occupa tutto intero l'orizzonte (molto incerto, per la leggera nebbia che neanche la luce del mezzogiorno riesce a diradare) con le sue muraglie di un verde tenero come l'azzurrino del cielo. È una stagione imprecisata (potrebbe essere primavera, o l'inizio dell'autunno: o tutte e due insieme, perché questa nostra storia non ha una successione cronologica), e i pioppi che cingono in lunghe file regolari l'immensa radura dove è sorta (solo da pochi mesi o anni) la fabbrica, sono nudi, o appena ingemmati (oppure hanno le foglie secche).
All'annuncio del mezzogiorno, gli operai cominciano a uscire dalla fabbrica, e le file dei posteggi delle macchine, che sono centinaia e centinaia, cominciano ad animarsi...
In questo ambiente, contro questo sfondo, si presenta il primo personaggio del nostro racconto.
Dall'ingresso principale della fabbrica - tra i saluti quasi militari dei guardiani - esce infatti, lentamente una Mercedes: dentro, con una faccia dolce e preoccupata, un poco spenta, da uomo che per tutta la vita non si è occupato che di affari e, forse saltuariamente, di sport, c'è il proprietario - o almeno il principale azionista - di quella fabbrica.
La sua età va dai quaranta ai cinquant'anni: ma è molto giovanile (il viso è abbronzato e i capelli sono appena un po' grigi, il corpo ancora - agile e muscoloso, come appunto quello di chi ha fatto in gioventù, e continua a fare, dello sport). Il suo sguardo è perduto nel vuoto, tra preoccupato, annoiato o semplicemente inespressivo: perciò indecifrabile. L'entrare e l'uscire così solennemente dalla fabbrica - di cui è padrone - non è per lui che un'abitudine. Insomma, egli ha l'aria di un uomo profondamente immerso nella sua vita: l'essere un uomo importante da cui dipendono i destini di tanti altri uomini, lo rende, come succede, irraggiungibile, estraneo, misterioso. Ma si tratta di un mistero, per così dire, povero di spessore e di sfumature.
La sua macchina si lascia alle spalle la fabbrica, lunga come l'orizzonte, e quasi sospesa nel cielo, e prende la via, appena costruita tra i vecchi pioppeti, che va verso Milano.
[...]
Il messaggio del libro:
una presa di coscienza dolorosa e drammatica della nullità dell'esistenza che produce in tutti i personaggi, delineati da Pasolini, una perdita di identità che, forse, può essere recuperata solo attraverso un processo lungo e doloroso.
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