"Le pagine corsare "
dedicate a Pier Paolo Pasolini
Eretico e Corsaro
Pier Paolo Pasolini
Ragazzi di vita
Garzanti 1955
Tratto da saggi sulla letteratura e sull'arte - Walter Siti |
Il romanzo, composto di 8 capitoli, racconta le vicende di un gruppo di pischelli di Pietralata, quartiere della periferia romana degli anni ’50.
- Primo capitolo: Il Ferrobedò
- Secondo capitolo: Il Riccetto
- Terzo capitolo: Nottata a Villa Borghese
- Quarto capitolo: Ragazzi di vita
- Quinto capitolo: Le notti calde
- Sesto capitolo: Il bagno sull’Aniene
- Settimo capitolo: Dentro Roma
- Ottavo capitolo: La Comare Secca
I ragazzi di vita sono:
- il Riccetto,
- Marcello,
- Alduccio,
- il Caciotta,
- il Lenzetta,
- Genesio,
- il Begalone,
- il Pistoletta.
Attilio Bertolucci, consulente per Livio Garzanti, editore costantemente alla ricerca di nuovi autori, mostra all'editore il numero dell'ottobre del 1953 della rivista di arti e letteratura, "Paragone", dove era stato pubblicato il breve racconto di Pier Paolo Pasolini "Regazzi de vita".
"Eccole dunque, puntuale, il romanzo. La copia che Le invio è un po’ in disordine con le correzioni, ma non c’è certo tempo di ribatterla a macchina un’altra volta... Inoltre una trentina di parole sono state sottolineate, il che significa che attendono migliorie o correzioni, che apporterei sulle bozze. Ho lavorato come una bestia, e lei lo può immaginare: ora non so niente del mio lavoro, non sono né contento né scontento, sono semplicemente esausto. Ma spero con tutto il cuore che non Le dispiaccia, se non altro per la gratitudine che Le devo. Quanto alle parolacce, come vede, ho fatto molto uso di puntini: potrei farne (naturalmente a malincuore) ancora di più, se Lei lo credesse opportuno. Le espressioni gergali, mi sembrano quasi tutte o comprensibili o intuibili: se in qualche punto non si comprendono o non s’intuiscono, ciò non ha importanza, perché non si tratta in tal caso che d’una macchia di colore, d’un’esclamazione, che scivola via senza incidere sulla generale chiarezza, mi pare."
Il 13 aprile del 1955 Pasolini spedisce all'editore Garzanti il dattiloscritto completo di Ragazzi di vita A metà giugno la prima edizione è esaurita. Il romanzo diviene in breve tempo molto popolare accaparrandosi il parere favorevole di molti letterati. Il 21 luglio l’ufficio spettacoli e proprietà letteraria della Presidenza del Consiglio, su un’iniziativa del ministro degli Interni Fernando Tambroni, segnala alla magistratura milanese Ragazzi di vita per il suo carattere di “pubblicazione oscena”.
Il libro è anche aspramente recensito da una parte della critica, a partire da Emilio Cecchi fino ad Asor Rosa e a Carlo Salinari, tanto da venire scartato sia al premio Strega che al premio Viareggio. La magistratura accoglie la denuncia in un clima che nel frattempo è diventato infuocato dalle polemiche: la critica marxista si scaglia contro Ragazzi di vita mentre Pasolini, delle pagine della rivista Officina, attacca Salinari e Trombatore che rispondono sul “Contemporaneo”.
Biblioteca Gino Bianco |
Fu Attilio Bertolucci a informare Pasolini dell’accaduto. I versi che seguono sono di Pasolini:
Recit
"Mi aspettava nel sole della vuota piazzetta
l'amico, come incerto... Ah che cieca fretta
nei miei passi, che cieca la mia corsa leggera.
Il lume del mattino fu lume della sera:
subito me ne avvidi. Era troppo vivo
il marron dei suoi occhi, falsamente giulivo....
Mi disse ansioso e mite la notizia.
ma fu più umana, Attilio, l'umana ingiustizia
se prima di ferirmi è passata per te,
e il primo moto di dolore che
fece sera del giorno, fu pel tuo dolore".
Il 21 luglio del 1955 la presidenza del Consiglio dei ministri invia alla procura della repubblica, ufficio stampa di Milano, la seguente segnalazione:
"Per gli eventuali procedimenti di competenza, si segnala l'acclusa pubblicazione Ragazzi di vita di Pier Paolo Pasolini, editore Aldo Garzanti, Milano. Nella pubblicazione si riscontra carattere pornografico. Il capo del servizio."
Processo Ragazzi di vita
21.07.55
Processo Ragazzi di vita. Segnalazione della presidenza del consiglio dei ministri al procuratore della repubblica di Milano per contenuto pornografico.
20.10.55
Processo Ragazzi di vita. Inizio delle indagini preliminari da parte della procura di Milano.
04.01.56
Processo Ragazzi di vita. Notifica del decreto di citazione a giudizio direttissimo davanti al tribunale di Milano per l'udienza del 18.01.56.
18.01.56
Processo Ragazzi di vita. I udienza davanti al tribunale di Milano. Rinvio a nuovo ruolo.
27.01.56
Processo Ragazzi di vita . Notifica del decreto di citazione a giudizio dle 18.04.56 (tribunale di Milano)
18.04.56
Processo Ragazzi di vita. II udienza davanti al tribunale di Milano.
04.05.56
Processo Ragazzi di vita. III udienza. Rinvio a nuovo ruolo.
04.07.56
Processo Ragazzi di vita. IV udienza e sentenza.
Il processo contro Ragazzi di vita terminerà con una sentenza di assoluzione con "formula piena", grazie anche alla testimonianza di Carlo Bo che aveva dichiarato essere il libro ricco di valori religiosi "perché spinge alla pietà verso i poveri e i diseredati" e che non contiene nulla di osceno perché "i dialoghi sono dialoghi di ragazzi e l'autore ha sentito la necessità di rappresentarli così come in realtà".
Deposizione di Pasolini del 4 luglio 1956
Pier Paolo Pasolini:
Io non ho inteso fare un romanzo nel senso classico della parola, ho voluto soltanto scrivere un libro. Il libro è una testimonianza della vita da me vissuta per due anni in un rione a Roma. Ho voluto fare un documentario. La parlata in dialetto romanesco riportata nel romanzo è stata un'esigenza stilistica. Quando antropomorfizzo la cagna ho voluto dire che molte volte i ragazzi purtroppo conducono la vita come animali. Nel titolo Ragazzi di vita ho inteso dire ragazzi di malavita. Nel descrivere i tre ragazzi che fanno il bisogno materiale ho voluto richiamare quel pretesto che ogni ragazzo sorpreso a rubare negli orti mette in ballo, e cioè era andato solo per un bisogno. Nei dialoghi riportati ragiono con la stessa mentalità dei ragazzi che sono i protagonisti del romanzo; anche nei discorsi indiretti, pur essendo io a parlare, cerco di pensare con la mentalità dei ragazzi e riporto in modo indiretto le battute dei ragazzi. Intendevo proprio presentare con perfetto verismo una delle zone più desolate di Roma.
Dichiarazione scritta di Giuseppe Ungaretti ai giudici
Ho letto Ragazzi di vita, e stimo sia uno dei migliori libri di prosa narrativa apparsi in questi anni in Italia. Questa mia convinzione l'ho dimostrata sostenendo il romanzo prima per il Premio Strega, poi per il Premio Viareggio, promuovendo da parte di Letture Critiche, società che presiedo, un pubblico dibattito sul romanzo stesso. La discussione, diretta dal prof. Schiaffini, si concluse con la generale ammissione che si trattava di un libro casto.
Le parole messe in bocca a quei ragazzi, sono le parole che sono soliti a usare e sarebbe stato, mi pare, offendere la verità, farli parlare come cicisbei. D'altra parte è libero compito del romanziere rappresentare la realtà com'è. Non si può chiedere a uno scrittore che abbia coscienza dei suoi doveri di fare come lo struzzo o peggio di fare l'ipocrita davanti a piaghe sociali tanto più esigenti una denunzia in quanto sono ragazzi e bimbi ad esserne le vittime più gravemente colpite.
Pasolini non solo ha sentito con raro impeto dell'animo questo dovere, ma ha anche avuto il merito di sollevare sempre la sua narrazione ad un alto grado di poesia.
Pier Paolo Pasolini è lo scrittore più dotato che oggi possediamo in Italia. Ogni sua attività: romanzo, critica, erudizione, poesia, è prova di un impegno estremamente serio ed offre risultati che onorerebbero chiunque.
persecuzione e morte, Garzanti, Milano.)
È il 21 aprile del 1955 quando la casa editrice Garzanti pubblica il romanzo «Ragazzi di vita» di Pier Paolo Pasolini (1922–1975).
Esattamente tre mesi dopo, il Servizio spettacolo, informazione e proprietà intellettuale istituito presso la Presidenza del Consiglio – primo governo di Antonio Segni, DC – segnala l’opera alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano, poiché in essa si riscontra «contenuto pornografico e osceno».
L’editore Aldo Garzanti e l’autore Pasolini sono convocati a una prima udienza nel gennaio 1956, ma il processo viene rinviato per consentire al Collegio di leggere l’opera.
La seconda udienza, in data 18 aprile, vede i due imputati nuovamente contumaci e viene sospesa per impedimento del Prof. Avv. Giacomo Delitala, difensore.
La terza udienza si tiene il 4 maggio: in questa sede il Delitala legge una nota di Livio Garzanti, figlio di Aldo e suo collaboratore, che causa l’estensione dell’imputazione al figlio: «Sono io che mi occupo di tutto nella mia qualità di direttore generale...; nella specie, ad esempio, sono stato io e soltanto io che ho stipulato il contratto con Pasolini e ne ho curata l’edizione. L’imputazione, pertanto, se provata, dovrebbe far capo a me e non a mio padre...».
Interrogati gli imputati, sentiti i pareri di testi del calibro di Carlo Bo, accolta la dichiarazione scritta da Giuseppe Ungaretti e raccolte le recensioni e i giudizi criticoletterari sull’opera, il 4 luglio 1956, in contumacia di Aldo Garzanti e presenza di Livio e di Pasolini, il Tribunale Civile e Penale di Milano pronuncia l’assoluzione degli imputati con formula piena, perché «il fatto non costituisce reato».
Sedente i Dottori
MARAMOTTI Floriano Presidente
TRAPANI Pino Giudice
LABRUNA Francesco
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
I° – GARZANTI Aldo fu Livio e fu Fussi Maria, nato a Forlì il 4/6/1883 e res. Milano via Spiga n. 30 Libero – Contumace
2° – PASOLINI Pier Paolo di Carlo Alberto e Colussi Susanna, nato a Bologna il 5/3/1922, res. a Roma via Fonteiana 86 Libero – Presente
3° – GARZANTI Livio di Aldo e Rovati Rita, nato a Milano l’1/7/1921, ivi res. via Spiga n. 1 Libero – Presente
del reato p. e p. degli artt. 110/528 C.P. per avere il primo ed il terzo quali editori ed il secondo quale autore, in concorso tra loro, stampato e messo in commercio il romanzo intitolato «RAGAZZI di VITA» di contenuto osceno, segnatamente alle pagg. 47/48/101/130/174/227-231/252. A Milano dal 21 aprile 1955 in poi.
2° – Tratti a giudizio, per rispondere dell’imputazione in epigrafe trascritta, Aldo Garzanti ed il Pasolini si mantenevano contumaci, ed il Tribunale, con ordinanza emessa all’udienza del 18/1/1956, rinviava il processo a nuovo ruolo, allo scopo di consentire ai componenti del Collegio la previa lettura dell’opera incriminata.
3° – Sempre in contumacia dei due imputati, la causa veniva richiamata all’udienza del 18/4/1956, ed il dibattimento veniva sospeso per impedimento del prof. Delitala, difensore degli stessi. All’udienza del 4/5/1956, il Delitala esibiva al Tribunale una lettera, pervenutagli da parte del sig. Livio Garzanti, figlio di Aldo, che affermava tra l’altro: «Sono io che mi occupo di tutto nella mia qualità di direttore generale, con ampi poteri di gestione e di rappresentanza; nella specie, ad esempio, sono stato io e soltanto io che ho stipulato il contratto con Pasolini e ne ho curata l’edizione. L’imputazione, pertanto, se provata, dovrebbe far capo a me e non a mio padre, che nulla sapeva di questa pubblicazione».
4° – Il P.M., fondandosi sul tenore della missiva prodotta, chiedeva la rimessione degli atti al proprio ufficio, al fine di estendere l’imputazione al dr. Livio Garzanti, e il Tribunale in conformità decideva.
5° – All’udienza odierna, si è preceduto in contumacia di Aldo Garzanti, ed in presenza del Pasolini e del Dr. Livio Garzanti, al quale il P.M. aveva esteso l’imputazione di concorso nel reato di cui all’art. 528 C.P.
Interrogati gli imputati, sentiti i testi Bianchi e Bo, acquisite agli atti copie fotografiche di recensioni intervenute sul romanzo in oggetto, raccolte le conclusioni del P.M. e della difesa, i quali hanno concordemente chiesto l’assoluzione del Garzanti e del Pasolini «perché il fatto non costituisce reato», il Tribunale, ritiratosi in Camera di Consiglio, e sostanzialmente aderendo alle istanze formulategli, ha emesso le decisioni che si leggono nel dispositivo più oltre riportato.
A sostegno delle quali, si deducono i seguenti
I° – Il dibattimento si è svolto in un clima di serena elevatezza, sia per la natura delle questioni sottoposte al vaglio del Collegio, sia per la nobiltà degli interventi del P.M. e della difesa, sia, infine, per l’impegno dello stesso imputato Pasolini di giustificare la sua opera sul piano morale, di porne in luce il significato artistico, letterario, di palesarne, per così dire, la chiave ed il motivo conduttore.
Forse del romanzo non ha l’ampiezza delle proporzioni, o quanto meno, l’unitarietà della trama e l’incentramento dell’interesse dei lettori attorno ad uno o pochi personaggi. Forse del romanzo non ha le ambizioni, la struttura, il respiro. È tipico fenomeno, anzi, della letteratura «romanzata» del dopoguerra (e si vuol dire di quella più nobile ed autentica, e non dell’altra, contrabbandata per buona, ma priva, in realtà, di temi, di ispirazione, di contenuto valido, promanante dai così detti «produttori in serie»), il prescindere, a volte, da una trama, o, comunque, da una sequenza di nessi e di aspetti che, sia pure quale pretesto, valgano a dare uno sfondo ai personaggi che lo animano, e servano di ausilio al lettore nel seguirne e comprenderne le ascese, le perversioni, le sublimazioni, il decadimento, o anche solo le peripezie; altro fenomeno è quello di presentare, talvolta, i soli personaggi, pressoché esclusi e tagliati fuori, non solo dal contatto di altri uomini, appartenenti a cerchie o categorie diverse, ma anche dal contatto fra loro medesimi, dalla comunione con la natura delle cose, dalla possibilità stessa di redimersi e perfino di irrevocabilmente perdersi. E allora, è fatale, tutti, ad egual diritto, possono dirsi protagonisti del libro; non si distingue più il personaggio di secondo piano da quello di contorno, ma tutti rimangono, d’altro canto, ignoti a se stessi, ignoti agli altri, inconoscibili, impenetrabili.
La prateria, la via del tabacco, il ponte, la palude, il villaggio, la piccola città, o anche solo il sobborgo valgono, sì, a localizzare i loro impulsi, la loro ferocia, le loro inibizioni, e a volte anche la loro problematica, la loro generosità e le loro meditazioni, ma costituiscono anche il confine simbolicamente invalicabile, il muro al di là del quale non v’è tregua da sperare, o pace, o isola di sogni, ma solo ignoto, smarrimento e tenebra.
Questi personaggi, che vivono costretti in unioni necessarie, alle quali non sanno ribellarsi, in abitudini annose, dalle quali non sanno scuotersi, in collusioni assurde ed umilianti, che hanno rinunziato allo loro dignità di uomini, o, forse, mai ebbero a conoscerla, che sanno, di rado, patire, ma mai appresero cos’è l’angoscia e il dolore, immoti, incerti, discontinui, vacillanti di sé diffidenti e degli altri, occupano gran parte della letteratura moderna, conquistano sempre più il favore degli scrittori più reputati, godono, quasi sempre, gli elogi della critica ed il plauso, se non la simpatia e l’entusiasmo, del medio lettore.
b) – Orbene, sia romanzo il libro di Pasolini, sia racconto, od anche solo romanzatura, i «ragazzi» sono contraddistinti, di massima, da quella stessa apatia morale, immobilità, indifferenza, incapacità di perdersi coscientemente ed di coscientemente risorgere, di sublimarsi, di anelare, che li accomuna a tutti gli altri, ragazzi, o no, che fittamente popolano le manifestazioni artistico-letterarie dei nostri tempi.
Questo si dica, senza peraltro disconoscerne i valori stilistici, la caratteristicità del gergo posto sulla bocca dei giovani protagonisti, la persistenza di esso nelle parti descrittive e non dialogate (quasi a voler significare un’ideale continuazione del colloquio, od a rappresentare, quanto più fedelmente possibile, una meditazione od un monologo) e non senza dire che il Pasolini ha saputo dettare pagine di autentico lirismo, nelle quali si concludono, o dalle quali traggono occasione, alcuni episodi del romanzo (p. 26/27; 63/64; 119/120). (Una stonatura, forse, la citazione erudita di due versi a pag. 85, come, sott’altro profilo, meramente grafico, un errore apostrofare la «c» davanti alla «a» – per es., pag. 39, linea 11: «senza che loro c’avessero» –, nonostante che la «c» perde il suono duro).
c) – Se tale, dunque, è il clima del romanzo, al quale non sono mancati riconoscimenti, plausi, recensioni favorevoli, o, addirittura, lusinghiere, è in rapporto a codesto clima, al motivo che inspirò l’autore, alla natura e ai limiti dei personaggi, che va esaminato e vagliato il capo d’imputazione.
aa) – La pubblica accusa ravvisa il contenuto osceno un po’ dovunque nel libro, e, segnatamente, alle pagine citate in rubrica. Ma che la pubblicazione possa definirsi oscena, deve essere recisamente escluso dal Collegio.
bb) – E ciò sia perché le parole volgari, triviali, da suburra, continuamente pronunciate, si giustificano in relazione alla psicologia dei giovani personaggi, agli istinti che li spingono, ai desideri che li muovono (e linguaggio volgare, d’altro canto, non significa sempre osceno linguaggio), sia perché nelle pagine particolarmente segnalate, anche se contengono esclamazioni poco ornate, e locuzioni dure e scabrose, l’autore non s’indugia con malizia, od anche solo con compiacimento, a descrivere situazioni obiettivamente oscene, non adopera frasi o circonlocuzioni titillanti e pruriginose, non sollecita i bassi istinti, non pretende, né specificamente richiama, l’attenzione del medio lettore su eventi, figure, accadimenti che rivelano la depravazione morale (o l’indifferenza morale) dei suoi ragazzi. Addita, sì, codesti avvenimenti, accenna, sì, codeste figure, tratteggia codeste situazioni, al fine di aggiungere un ulteriore elemento che consenta al lettore di apprezzare più compiutamente l’episodio rappresentatogli, e di meglio, conseguentemente, valutarlo, soprattutto come indice del significato e dell’importanza di questo o di quel personaggio, ma non si vale mai, d’altro canto, di un aspetto riprovevole, di una circostanza ambigua, di un ambientazione equivoca, per indugiare, o solo sostare, sopra narrazioni od episodi atti ad offendere il sentimento medio del pudore.
cc) – Il Pasolini va, quindi, assolto (e con lui il dott. Garzanti) perché il fatto non costituisce reato. Il sig. Aldo Garzanti, che è provato essere rimasto del tutto estraneo alla pubblicazione dell’opera, va assolto per non aver commesso il fatto.
Delle copie del romanzo va disposto il dissequestro.
Letto l’art. 479 C.P.P.
Pier Paolo PASOLINI e Livio GARZANTI dall’imputazione ascritta loro, perché non imputabili, in quanto il fatto non costituisce reato; assolve Aldo GARZANTI dall’imputazione contestatagli per non aver commesso il fatto;
il dissequestro delle pubblicazioni.
Milano, 4 luglio 1956.
Ma che lavoro!! Grazie!!
RispondiEliminaGrazie per il gradimento.
EliminaBel commento e grazie di avermi fatto gradita visita.
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