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mercoledì 16 febbraio 2022

Pier Paolo Pasolini, Votate scheda bianca e vincerà la cultura «II Giorno», 4 luglio 1968

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro



Pier Paolo Pasolini
Votate scheda bianca e vincerà la cultura

«II Giorno», 4 luglio 1968

Cari amici,

oggi andate a votare al Premio Strega. Non è una cosa di grande importanza — lo ammetto — benché non trovi che ci sia in questo nulla di «comico», come trova un giornale romano della sera, incomprensibilmente.

Se non è importante è indicativo. Per le seguenti ra­gioni:

1) I letterati italiani godono presso l’opinione pubbli­ca una pessima fama: sono visti irresistibilmente sempre in chiave umoristica, come personaggi sedentari, pette­goli, mondani, pigri, acquiescenti, vanitosi, snob, me­diocri e addirittura meschini: insomma, una specie di peso morto nella società italiana: una specie di reparto dello zoo e del folclore, sia pure non dei peggio (a causa della loro inoffensività).

2) Oggettivamente i letterati italiani hanno tradito certe illusioni, nate nello scorso decennio, quando a un certo punto ebbero l’aria di sostituire addirittura i preti in qualità di guida spirituale: caduta la potenziale ege­monia comunista — cui era allora dovuto il successo let­terario — si è trattato in realtà di un nuovo ritorno all’or­dine. E non si può dire che lo spirito di humour, da cui è preso irrefrenabilmente qualsiasi giornalista medio nel parlare dei letterati in genere, sia del tutto ingiustificato.

3) Su questo ambiente familiare (provinciale) della letteratura italiana si comincia a profilare un nuovo momento storico, che riguarda il rapporto tra letterato e opinione pubblica, in cui — dopo un breve e confuso in­terregno — alla tendenza culturale egemonica del Pci (ossia la politica dell’impegno, dal Pci stesso ora abban­donata) si va sostituendo una nuova egemonia, quella dell’industria culturale. Alcuni manager hanno preso il posto di Togliatti o di Alicata. Ma Togliatti e Alicata, per quanto cinici, per quanto diplomatici, per quanto pragmatici erano ancora uomini di cultura: erano gli ul­timi rappresentanti di quel tipo di intellettuale (a cui del resto anche tutta la mia generazione appartiene) che era stato descritto da Cechov, e che Lenin aveva conosciuto e analizzato. L’intellettuale umanista, di nascita o di ori­gine provinciale e contadina: pre-industriale.

In genere, invece, i manager dell’industria culturale non sono uomini di cultura. E appunto per questo — benché non più giovani di noi — appartengono a una nuova qualità di intellettuale: l'intellettuale che né Ce­chov né Lenin hanno conosciuto, non più umanista, di­rei non più umano: tipico fenomeno di una civiltà tecni­ca, che sta mercificando la cultura. Insomma, l’industria culturale può essere diretta soltanto da chi è fuori da quella che ancora è per noi storicamente la cultura.

Per queste ragioni io vi dico, cari colleghi letterati, che è giunto il momento di fare un non novecentesco esame di coscienza.

È finita l’egemonia culturale di sinistra, coi suoi miti e i suoi valori? Bene. Ne sta nascendo un’altra, quella dell’industria culturale coi suoi miti (del tutto cinici e materiali) e i suoi valori (inevitabilmente falsi)? Bene. Vuol dire che dovremo agire al di fuori di qualsiasi for­ma egemonica. Qui mi viene spontanea alle labbra una parola che detesto, perché divenuta senhal: autogestio­ne. Il letterato italiano deve finalmente politicizzarsi at­traverso la propria decisione: con ciò non dico che deb­ba fare della politica: ma che deve inventarsi e portare avanti una politica culturale che rivendichi la sua auto­nomia e la sua libertà.

   Ciò che minaccia oggi tale autonomia e tale libertà e non in maniera indiretta e tutto sommato civile (la di­scussione ed il dibattito avvenivano su un piano umani­stico comune) delle sinistre è la furia produttiva e con­sumistica di una cultura di altra natura, che finirà con lo svisare completamente i caratteri letterari, sia pur mode­sti, della nostra provinciale Nazione, e falserà tutti i suoi valori stabilendone nuove gerarchie.

Come tale minaccia sia grave e incombente — e non remota, e tale da guardarsi col solito scetticismo trovato così comico dall’opinione pubblica — basti guardare al­cuni dei casi letterari-umani creatisi durante la recente campagna elettorale del Premio Strega, avvenuta ap­punto sotto la brutale volontà di successo di una casa editrice. (Penso, esplicitamente, ad alcuni critici di roto­calco, miei amici, che tuttavia io voglio persistere ad amare.)

Insomma, la brutalità dell’industria culturale non deforma solo dei valori letterari, ma giunge a deformare le coscienze e a deteriorare l’umanità. Altro che guide spirituali. Ci siamo ridotti, ancora una volta, al grado di buffoni: non di corte (dove almeno c’era l’alternativa dell'altro, cioè della povertà e della realtà) ma del neoca­pitalismo (in cui l'altro è costituito dal consumatore me­dio e dall’irrealtà).

Tutto questo, in conclusione, mi fa pensare che il Pre­mio Strega non sia poi quella sciocchezza senza impor­tanza — arengo di pura vanità — che il qualunquismo (frangia marcescente dell’umanesimo) vuol far pensare attraverso la stampa benpensante. No: il caso del Pre­mio Strega è un caso di coscienza, e riguarda non solo il futuro personale di un singolo letterato in quanto lette­rato: ma anche il suo futuro di uomo, e la sua funzione pubblica di cittadino.

La battaglia perduta del Premio Strega (e non posso essere ottimista in questo) sarà una battaglia perduta non dico della letteratura italiana, ma della cultura ita­liana. Vorrà dire che da ora in poi i libri saranno scritti da certi editori: vorrà dire che tutto ciò che una cultura letteraria può dare a una nazione, sarà totalmente nega­tivo, in quanto sarà costituito da prodotti di consumo medi, dove tutto ciò che è la reale funzione del poeta, anche minore (protesta, contestazione, invenzione, in­novazione, irriconoscibilità, problematica, scandalo, re­ligiosità, dubbio, maledizione, vitalità) sarà scomparso.

Dunque, cari amici votanti, lasciate che la gente che non ha nulla a che fare con la letteratura, con la cultura e con una qualsiasi morale che abbia qualche accento di verità, voti per il libro che l’editore e gli organizzatori del premio, ormai, evidentemente, dalla sua parte, vo­gliono che vinca. Ma voi, uomini di cultura, votate sche­da bianca. Sarebbe, questa, la prima protesta collettiva della società letteraria italiana, sarebbe il suo primo tito­lo collettivo di merito.

Infatti sarebbe sufficiente il cinquanta per cento più uno di schede bianche, perché la letteratura italiana — rappresentata, purtroppo parzialmente e arbitrariamen­te, nel corpo elettorale dello Strega — ottenesse la sua prima vittoria, esprimesse per la prima volta la sua deci­sione ad essere padrona di se stessa, e la sua scelta a lot­tare per una causa che è ancora così evidentemente la causa giusta.



Curatore, Bruno Esposito

Grazie per aver visitato il mio blog

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