"Le pagine corsare "
dedicate a Pier Paolo Pasolini
Eretico e Corsaro
Il film liberato in censura
Pasolini, da Chaucer alle Mille e una
notte
Vuole completare la trilogia, iniziata con Boccaccio
(Nostro servizio particolare)
Roma. 23 giugno.
Il sollievo di Pier Paolo Pasolini è profondo: I racconti di Canterbury, bocciato in prima istanza dalla censura, ha ottenuto il visto in appello.
« Questa volta me l'ero vista brutta — confessa —. Avevo temuto che il film non potesse uscire, o che mi fossero chiesti tagli impossibili da accettare. Spesso ho avuto guai con la censura, mai però un rifiuto così reciso. Da anni vengono fatte promesse solenni di abolire questa arcaica istituzione, ma niente cambia. E i censori che un anno fa, anche se turbati, non avrebbero avuto il coraggio di negare ai Racconti il visto, oggi si sono fatti di nuovo aggressivi, imbaldanziti dal clima generale di restaurazione in Italia ».
Nella sua casa all'Eur le finestre sono spalancate su un terrazzo pieno di piante e le tende sono gonfie di vento. Le carte della corrispondenza e degli appunti, i
giornali e i libri appena usciti sono disseminati ovunque, dai divani ai tavoli, riducendo al minimo i soprammobili. Su una pila di pubblicazioni ancora intatte troneggia una copia del suo pragmatismo eretico, da pochi giorni in libreria (« ma la critica mi ha concordemente ignorato, e non capisco perché », dice con amarezza). A giorni Pasolini inizierà la sceneggiatura del prossimo film, una riduzione delle Mille e una notte, che girerà in autunno tra India e Yemen. Lo considera una parte della trilogia composta dal Decamerone e dai Racconti di Canterbury.
«Insieme costituiscono un unico film — spiega — e sbagliano i critici se giudicano separate le singole pellicole. Cambiano, dall'una all'altra, le componenti etniche, i caratteri, la collocazione ambientale: ma è unitario il tempo in cui le tre vicende si svolgono (il momento in cui nasce una civiltà) e il mondo che con esse viene alla ribalta ».
Autore per élites fino ad un anno fa, con il Decamerone, Pier Paolo Pasolini è diventato autore di successo. Il film ha incassato più di quattro miliardi di lire, provocando una valanga di denunce, e ha fatto nascere un filone di pellicole imitative sfacciatamente commerciali, che egli definisce
« un grosso dispiacere, una limitazione alla gioia per le accoglienze che il pubblico mi ha riservato ».
Adesso ha intenzione di proseguire per la strada di questo cinema, squisitamente fantastico, pervaso di umori comici e grotteschi. Crede non ci sia più spazio per opere più meditate e pungenti?
« Solo in apparenza manca ai miei ultimi film uno spessore politico — risponde. — Il mondo che in essi si agita è quello che prediligo, le idee che circolano sono quelle cui ho improntato tutta la mia vita, la realtà che getto in faccia al pubblico è quella autentica, contrapposta all'irrealtà cui il cinema consumistico e la televisione hanno assuefatto gli spettatori. Avere scelto un diverso tipo di espressione credo sia un mio diritto. «Gli elementi che hanno concorso a farmi compiere questa scelta sono molteplici. La polemica con un cinema facilmente politico, che volgarizza e semplifica i problemi, e serve soprattutto a tacitare la cattiva coscienza della borghesia; la voglia di tentare qualcosa di nuovo e di provare piacere nel farlo; la trasformazione psicologica e l'evoluzione biologica di un uomo, connessa con il passare degli anni, la caduta delle illusioni, quelle di chi — a vent'anni — crede di poter rifare il mondo: adesso ho imparato che occorre continuare a lottare per ciò in cui si crede, senza sperare di vincere ».
Liliana Madeo
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