"Le pagine corsare "
dedicate a Pier Paolo Pasolini
Eretico e Corsaro
'Porno Teo Kolossal':
il film mancato di Pasolini con Eduardo
Trattamento di Pier Paolo Pasolini e Sergio Citti (1975)
Il treno rallentando entra nella stazione (dove infatti anziché esserci scritto “Roma Termini”, c’è scritto “Sodoma Termini”).
Eduardo col suo fagotto ben stretto e Ninetto coi due valigioni scendono dal treno e vanno verso l’uscita della stazione.
S’affacciano in piazza dei Cinquecento. Anche qui -- come nell’alba in cui abbiamo visto Napoli -- tutto pare assolutamente normale: è la piazza dei Cinquecento solita con il suo traffico, i suoi passeggeri, i suoi bar ... Però, anche qui, si sente che c’è qualcosa di fuori dalla norma, di inaspettato, di straordinario.
Intanto all’uscita della stazione, c’è un controllo di polizia: ebbene, i poliziotti non sono affatto i poliziotti nemici, antipatici di sempre. Sono giovanotti molto carini, molto cordiali ed è con molta grazia che a tutti i passeggeri -- che vengono incolonnati con una burocrazia del resto molto agile e molto semplice -- chiedono le loro informazioni.
Con la maggior parte dei viaggiatori che scendono, essi s’intendono subito; con Eduardo invece, avviene un dialoghetto piuttosto comico. Infatti le guardie chiedono ad Eduardo...
se lui ama le donne oppure gli uomini!!
se lui ama le donne oppure gli uomini!!
A tale domanda, non senza una certa inorgoglita indignazione, il vecchio napoletano scandalizzato, risponde:
“Cumpa’ ! ‘e femmene! Ma che, so’ dimande a’ fa’?”.
“Benissimo!
Ma non è per prepotenza o per violenza
-- si spiegano le guardie --
però, se a lei piacciono le donne... oh Dio, può andare dove vuole, naturalmente anche al centro.. .ma sarà più adatto per lei e consigliabile per l’ordine della città, andare nel quartiere Borghese”
“Cumpa’ ! ‘e femmene! Ma che, so’ dimande a’ fa’?”.
“Benissimo!
Ma non è per prepotenza o per violenza
-- si spiegano le guardie --
però, se a lei piacciono le donne... oh Dio, può andare dove vuole, naturalmente anche al centro.. .ma sarà più adatto per lei e consigliabile per l’ordine della città, andare nel quartiere Borghese”
.
Eduardo guarda Ninetto (il quale non gli dà nessuna soddisfazione) e imperterrito ammicca come dire,
E vanno lì. Prendono il tram (perché tutta questa Roma -- [anche se non ricostruita perfettamente, che sarebbe impossibile] è la Roma degli anni ‘50: quindi, c’è la vecchia Circolare di una volta, con tutte le sue fermate, e le sue coincidenze, i suoi grappoli di ragazzini).
Attraverso questo viaggetto di Eduardo e Ninetto verso il quartiere che è stato loro consigliato dalla polizia, scopriamo, o meglio, abbiamo le prime impressioni della Città di Sodoma.
Non è ben chiaro, in principio, di che città sia, perché la scoperta non può che avvenire lentamente: ad un primo sguardo Sodoma infatti appare una città normale: la Roma degli anni ’50, appunto. Però si vedono, per esempio, nei giardinetti e per le strade, gruppi di uomini tutti insieme, non soltanto di ragazzi, non soltanto di adulti, ma anche di ragazzi e adulti mescolati. E così le donne, stanno tutte insieme tra loro. Nei bar non si vede nessuna coppia, non si vedono uomini e donne con bambini, ecc., ecc. Si vedono invece giovanotti e ragazzini insieme, oppure uomini e giovanotti, oppure donne e ragazzette. Addirittura, ad un certo punto, Eduardo -- a cui tutto questo sembra un sogno -- vede, passando attraverso i boschetti del Celio, contro un muretto, un ragazzo e un uomo che si baciano teneramente, come usano fare le coppie.
Poi, più avanti, ancora, dopo una curva del tram sferragliante, egli vede -- ma non crede ai suoi occhi (forse è un’allucinazione) -- una coppia di due donne -- di cui una è adulta, l’altra una ragazzina -- strette per mano che ogni tanto si scambiano un bacetto...C’ è poi una apparizione che non ha niente di speciale ma che colpisce Eduardo nel più profondo dei suoi sentimenti di uomo...maschio. Si tratta di una Mercedes nera, ferma a un semaforo, scortata da due motocicliste-poliziotte .Dentro la Mercedes sta, immobile, statuaria, una donna bellissima. “È una Regina --mormora Eduardo estatico -- una Regina!”. Finalmente si arriva al quartiere Borghese. Esso è, ancora, un vecchio quartiere della Roma degli anni ’50. Però anche qui, al solito, c’è qualcosa di anormale, di strano: infatti è come se questo quartiere fosse un quartiere isolato, con qualche gruppo di poliziotti (simpaticissimi, carini, molto carini, allegri, con niente di poliziesco) che piantonano le strade qua e là. Evidentemente si tratta di un quartiere particolare, dove abita gente particolare.
Come poi vedremo, si tratta di coloro che nel campo del sesso hanno gusti normali (quelli che noi chiamiamo gusti normali e che invece, nella città di Sodoma, sono ovviamente considerati anormali).
A questo punto, si presenta per Eduardo e per il suo servo (come in ogni storia picaresca che si rispetti) il problema di dove alloggiare: la Stella Cometa è infatti immobile in mezzo al cielo, alta e lucente sopra Sodoma. Evidentemente, Eduardo deve sostare e alloggiare lì.
Mentre i due sono alla ricerca di un luogo dove sistemarsi -- pensioncina o appartamento o alberghetto -- a un certo punto Ninetto rompe il suo scorbutico silenzio e se ne esce con una proposta del tutto inaspettata: dice a Eduardo,
“Perché non scrivete una cartolina a vostra moglie, che starà sola e in pensiero?
“Perché non scrivete una cartolina a vostra moglie, che starà sola e in pensiero?
Andiamo, scrivete sta’ cartolina”.
Eduardo strabiliato accetta il consiglio e obbedisce; effettivamente sente che è giusto scrivere una cartolina alla moglie che ha lasciato nell’ormai lontana, irrecuperabile Napoli... I due entrano così da un tabaccaio, Eduardo prende una cartolina [4], e vi scrive l’indirizzo: Vico Tre Re Napoli.
Eduardo strabiliato accetta il consiglio e obbedisce; effettivamente sente che è giusto scrivere una cartolina alla moglie che ha lasciato nell’ormai lontana, irrecuperabile Napoli... I due entrano così da un tabaccaio, Eduardo prende una cartolina [4], e vi scrive l’indirizzo: Vico Tre Re Napoli.
Lì, accanto a lui, c’è un altro uomo della sua età, un po’ più giovane forse, dall’aria simpatica: anch’egli sta scrivendo su una cartolina l’indirizzo: Vico Scassacocchie Napoli. È un altro napoletano, dunque! I due si riconoscono come compaesani, si salutano... grandi effusioni, grandi dichiarazioni, grandi massime... Il vecchio rito dell’agnizione napoletana. Tuttavia in esso c’è qualcosa di oscuro e di “anormale”: infatti l’altro napoletano sa, della città in cui si sono incontrati, tanti particolari che Eduardo non sa, quindi si sente in dovere di spiegargliela, sia pure, attraverso allusioni e cose dette e non dette. Ed è certo per questo che la sua cordialità, trasborda un po’ oltre il normale, diciamo così.
Inoltre egli pare molto eccitato per una festa che deve svolgersi nella città di Sodoma il giorno seguente...
In conclusione questo napoletano (picarescamente) prende un po’ sotto la sua protezione i due nuovi arrivati.
Scritta e imbucata la cartolina, Eduardo comincia a chiedere delle caute spiegazioni su quelle cose strane che ha adocchiato dal tram attraverso Sodoma, e anche sul fatto che -- visto che egli ama le donne -- e che è anche sposato -- è stato mandato in quel quartiere... Il napoletano la smette quindi con le allusioni e comincia a dare le prime spiegazioni dirette, molto semplici e rozze (egli è un uomo assolutamente del popolo, che non capisce molto le cose che stanno al di là della esperienza. ..Ed essendo uno che si arrangia, che sta lì da tanti anni a sbarcare il lunario, la sua esperienza è molto limitata). Ciò che egli comunica a Eduardo -- in parole povere -- è che Sodoma è una città dove tutti sono “finocchi”, “tutti ricchioni”. E allora, per potere sbarcare il lunario, anche lui (lo ammette!) ha sempre fatto finta di essere ricchione, e fa l’amore con gli altri uomini; si è adattato insomma, alle norme e alle usanze della Città di Sodoma. Fa (e ha sempre fatto) di professione il suonatore ambulante; ma siccome è particolarmente bravo, e ha avuto anche un po’ di fortuna, da qualche tempo va a cantare le sue canzoni proprio nel palazzo dei capi della Città. Per adesso consiglia ad Eduardo e a Ninetto, per l’alloggio, una certa pensioncina simpatica dove si mangia bene, dove si dorme bene...
Eccola là, in fondo alla tortuosa stradina dal vecchio selciato...
Prima di entrare coi nostri personaggi nella pensioncina, dovremo però soffermarci su due piccoli dettagli che potrebbero forse parere irrisori, ma che in realtà si riveleranno poi, per il nostro racconto, abbastanza determinanti. Poco prima di entrare nella pensione “Sonno”, Ninetto vede raccolti, sul marciapiede dell’altra parte della strada --davanti a una casa, una qualsiasi casa del vecchio nobile quartiere [5] -- quattro o cinque ragazzi vestiti nella bellissima, sfolgorante divisa degli Allievi Ufficiali della scuola di Modena. Sono quattro o cinque ragazzi bellissimi, adolescenti ancora, sui sedici o diciassette anni: è il primo anno, evidentemente, che vanno alla loro Scuola militare: hanno delle facce particolarmente fresche e felici. Eduardo osserva Ninetto che li guarda: e si accorge, addirittura! , che Ninetto fa l’occhietto a loro, e loro fanno l’occhietto a lui. Dall’espressione dei suoi occhi napoletani, che nulla possono nascondere e significano mille cose insieme, è chiaro che Eduardo pensa fra di sè:
“Come? siamo appena arrivati nella città di Sodoma e già il mio servo prende così tranquillamente le abitudini di questa città?
Ba!”.
E si gratta la capa.
Il gruppo dei bellissimi allievi ufficiali dell‘ Accademia di Modena, entra nel portone della vecchia casa, e vi spariscono.
Ninetto, Eduardo e il loro amico napoletano salgono nella pensioncina. La pensioncina va benissimo.
Eduardo, appena salito, va alla finestra e dà una controllata alla Stella Cometa; la vede ancora ferma, scintillante, in mezzo al cielo di Sodoma.
Poi, subito, stanco, viene messo a letto affettuosamente da Ninetto.
Mentre Eduardo dorme si sente una musica, una patetica canzoncina degli anni ‘50. Noi seguiamo allora questa musica fino alla sua fonte: a vedere e a sentire le cose che succedono “oggettivamente”, e non più, come finora, “attraverso gli occhi” di Eduardo, che in questo momento sta russando.
Giungiamo così a una saletta dove la gioventù balla alla vigilia della grande festa della città. (La musichetta è “Johnny Guitar” o “Luna Rossa” o “Sono carcerato e mamma more”, insomma, una di queste canzoni d’antan).
Naturalmente, i maschi ballano tra di loro e le ragazze tra di loro, rigidamente divisi.
E a questo punto succede qualcosa di strano (che qui, adesso, riassumiamo, ma che va raccontato invece, naturalmente, con una certa ricchezza di particolari): succede qualcosa di strano, di miracoloso, di inaspettato: un vero e proprio rovesciamento della storia. Ecco, infatti, senza alcuna apparente ragione o giustificazione, uno dei ragazzetti, un biondino, uno dei più carini, per caso --fatto che in tutta la vita non lo ha fatto mai -- improvvisamente, pone gli occhi su una ragazzina, una brunetta, anche lei particolarmente carina.
Per la prima volta, subito -- ed è ben visibile -- egli sente qualcosa verso di lei, e lei sente qualcosa verso di lui. I due, come di comune accordo o per comune destino, infrangono di colpo le regole della città di Sodoma e sentono la vecchia attrazione tra i sessi diversi: la vecchia attrazione qui a Sodoma dimenticata, illegale, scandalosa.
Comincia, così, la loro fulminea storia d’amore. Che è una storia, dunque, proprio classica - come quella di Romeo e Giulietta... Il loro è un amore proibito, lo devono vivere al di fuori delle regole di una società, ecc. Però --ripetiamo -- sono così irresistibilmente, improvvisamente, misteriosamente attratti fra di loro che non hanno più paura di niente. Con gli sguardi, con una mezza parola, s’intendono subito e si danno un appuntamento fuori, proprio come avrebbero fatto in una società normale, due anormali.
Si trovano, probabilmente, in un giardino; oppure a casa di lui; in un qualunque luogo solitario. E qui scoprono reciprocamente -- in una specie di estasi -- il sesso diverso: non soltanto sentimentalmente, è chiaro, ma anche e soprattutto fisicamente. Lei sbottona i calzoni a lui, e scopre come è fatto il sesso di un uomo; lui alza la sottana di lei, e le tira giù le mutandine, scoprendo com’è un sesso femminile.
Lo scopre, lo apre, lo guarda. Lei tocca quello del ragazzo... insomma la cosa è, infine, molto poetica perché si tratta della scoperta dell‘ amore e quindi del sesso--del sesso nella sua originaria purezza.
Ma è anche, s’intende, molto erotica, trattandosi appunto della scoperta della carne e della sua profonda emozione.
I due, dopo essersi scoperti e denudati -- molto titubanti e con terrori, appunto, molto poetici -- piano piano, compiono l’atto amoroso, l’antico atto amoroso della specie umana. Ma vengono scoperti [6].
È lo scandalo, il linciaggio. Si tratterà, come vedremo, di un linciaggio molto bonario, in conclusione, perché la società di Sodoma si fonda -- e vedremo anche questo -- su regole di bontà, di mitezza, di comprensione, di tolleranza reale. Però l’infrazione alla regola è qualcosa che mina sempre alle basi un tipo di vita, un modo di vita. Anche a Sodoma. I due vengono dunque, colti in flagrante, arrestati, presi a scappellotti (bonari) dai poliziotti, e infine trascinati via dal luogo del loro misfatto. Si viene subito a sapere la cosa, in tutta la città. È un turbine: la gente protesta indignata per l’accaduto, qualcuno anche, come sempre, con un certo veleno, un certo odio “razziale”... I due vengono trascinati in tribunale di fronte al presidente che si accinge a giudicarli e -- come poi vedremo -- verranno condannati...
A questo punto Eduardo si sveglia ignaro di tutto ciò che è accaduto durante il suo sonno; e si accinge a farsi testimone del giorno della Festa della Fecondazione .
Il napoletano (arrivato alla pensione “Sonno” per tempo) rinuncia a dare, a questo proposito, le sue rozze spiegazioni... Ora è chiaro che questa Sodoma è ciò che si chiama una città dell’Utopia, anzi, se vogliamo, la città di Utopia. Quella magari che gli Utopisti medioevali chiamavano la città di Dio, con tutte le sue regole coerenti e assolute -- un mondo assolutamente astratto, ideale, perfetto -- collocato in una dimensione, diciamo, metafisica.
Mentre il popolano di Napoli dà le sue divertenti spiegazioni su questa Utopia che si chiama Sodoma, ecco che si cominciano a sentire musiche, voci allegre...
Si tratta della più grande festa annuale della città; l’equivalente delle Feste che nel mondo normale sono Capodanno, oppure Natale, oppure Pasqua.
Passano gruppi di giovanotti con chitarre, sotto le finestre delle pensioncina; altri gruppi di ragazze, anche loro con delle chitarre, vestite come ci si veste alla domenica, passano più lontano, in fondo alla strada. Insomma si sta addensando, variopinta, vociante, eccitata, la folla della festa. Il Napoletano prega i due di accompagnarlo. I tre escono animosamente e vanno verso il luogo della Festa, durante lo svolgimento della quale, a quanto pare, il Napoletano dovrà esibirsi.
Li troviamo di fronte a quello, che per ragioni organizzative, diremo subito, che è il Vecchio Macello di Roma. L’ Ammazzatora di Testaccio. La Festa si svolge lì intorno, nei prati ancora disordinati delle aree fabbricabili, nelle piazzette e nei giardinetti del quartiere, e soprattutto nel Monte dei Cocci.
Ci sono ancora delle vecchie osterie, degli anni ‘50, in cui la gente fa festa, sotto le incannucciate e i pergolati di viti. Ci sono venditori ambulanti, venditori di palloncini, ragazzi con cappelletti messicani in testa, banchi con sopra la porchetta; insomma è proprio come se fosse la festa di S. Giovanni o di S.Paolo.
In mezzo al Monte dei Cocci è stato piantato un padiglione, abbastanza sontuoso: qui, come vedremo, si trovano le Autorità della città di Sodoma.
Il Napoletano, in poche parole, accenna -- non senza un certo imbarazzo -- a quel che sta per succedere. Lo vedremo poi, in concreto e per esteso, attraverso gli occhi di Eduardo esterrefatto, ma anche incuriosito, perché, essendo un filosofo, benché abituato al buon costume, alla correttezza eccetera eccetera, è aperto a tutto. Lo vedremo attraverso i suoi occhi e quelli di Ninetto, ma intanto il Napoletano glielo accenna: una sola volta l’anno -- cioè durante questa festa della Fecondazione -- gli uomini smettono di fare l’amore con gli altri uomini, oppure con i ragazzetti, e le donne, a loro volta, smettono di far l’amore con le altre donne oppure con le ragazzette: e uomini e donne si uniscono fra di loro per dar vita ai nuovi figli di Sodoma.
Un grande coito annuale pubblico, per andare avanti con la specie.
La cosa dentro il Macello è organizzata un po’ come durante le elezioni: ci sono cioè le sezioni in cui tutti i giovanotti capaci di generare si presentano a fare il loro dovere; e così le ragazze.
Ci sono i luoghi dove i designati al coito aspettano il loro turno, e i luoghi dove avvengono i congiungimenti. Questo è lo schema della rappresentazione: i giovanotti vengono con la loro scheda, e le ragazze vengono con la loro. La scheda designa le coppie. I giovanotti vengono festosamente accompagnati da tutti i loro amici, sia coetanei che più giovani o più anziani: come nelle feste dei coscritti, insomma. E la stessa cosa fanno le donne. Prima che il giovanotto o la ragazza entrino a fare il loro dovere di cittadini, gli altri scherzano, ridono con loro, brindano, bevono, si ubriacano, cantano, urlano [7]. C’è un Re della Festa della Fecondazione e una Regina della Festa della Fecondazione.
Intorno a loro più grande è la ressa e l’ allegria. Essi sono gli ultimi a congiungersi nel coito. Quando lo fanno, è già scesa la sera -- ed è a quel punto che, finito il dovere -- la festa esplode in tutta la sua allegria. Ci sono fuochi artificiali, balli all’aperto, ecc. ecc.
Ora, il Napoletano -- non aveva dunque raccontato vanterie -- va a suonare e a cantare, con il suo mandolino, nel Padiglione dove si trovano le Autorità.
Da lì, in cima al Monte dei Cocci, si vede tutta Roma. Il Napoletano ha capito, a modo suo, cioè senza sfumature e dubbi, che Eduardo è un filosofo: prima di entrare nel Padiglione, gli fa dunque l’occhietto come a dire “Venitemi appresso, ci penso io!”. Del resto, nel Padiglione delle Autorità c’è un’aria molto alla buona, molto democratica. A capo della città di Sodoma è una donna. Ed è -- Eduardo, con profonda, incondizionata, frastornata ammirazione, la riconosce -- la donna che gli era apparsa, il giorno prima, dal tram, nella grande Mercedes nera. Essa è a capotavola, e intorno ha le sue amiche, ognuna delle quali ha accanto a se la sua amante.
In un altro tavolo ci sono invece gli uomini, perché, come vedremo, e come la Regina di Sodoma spiegherà a Eduardo -- un anno a capo dello stato è una omosessuale e l’anno successivo un omosessuale. Il Napoletano si accinge a suonare, ma prima umilmente, presenta lo straniero filosofo -- che secondo lui deve essere un mago -- alle Autorità. La Regina lo fa accomodare, ospitale, accanto a sé e mentre mangiano gli spaghetti -- allegramente, tra motti e canti -- essa rivela a Eduardo il senso e le norme su cui si fonda l’Utopia di Sodoma. Lo fa in poche e chiare parole [8]. A Sodoma la tolleranza è reale, la mitezza è reale, la comprensione degli altri è reale; e tutto è fondato su una reale democraticità. Nel mondo di Sodoma trovano poi posto anche minoranze di qualsiasi tipo. Non soltanto minoranze eterosessuali, ma anche minoranze di negri, minoranze di ebrei, minoranze di zingari, che lì vivono nella più assoluta libertà anche interiore.
Mentre la Presidentessa della Repubblica di Sodoma, sta dando queste spiegazioni ideologiche all’ospite filosofo, improvvisamente, ecco, si sente scoppiare un grande tumulto. La festa ha qui il suo grande risvolto. Come poi vedremo, si tratterà di trasferirsi tutti quanti allo stadio “Torino”, dove verrà celebrata la punizione del ragazzino e della ragazzina che hanno infranto le regole di Sodoma amandosi fra di loro.
Questa punizione sarà una punizione relativamente mite; però, al tempo stesso, solenne ed esemplare.
È per questo che è stata riservata alla fine della festa, quasi a suo coronamento.
Tutti, pieni di eccitazione e di fervore, abbandonano le osterie, abbandonano i prati intorno al Macello, abbandonano i grandi pic-nic sul Monte dei Cocci. E su camionette, su Lambrette (siamo negli anni ‘50), tutta la folla si trasferisce verso lo Stadio.
Eduardo e Ninetto, anche loro, seguono questa specie di emigrazione festosa con bandiere, musiche, ecc. ecc. Però è naturale che a questo punto Ninetto e Eduardo scompaiono un po’ in mezzo all’immensa folla popolare; e che li troviamo qua e là solo nei momenti essenziali.
Per qualche tempo il film è così assolutamente corale -- lo stadio “Torino” è in festa, pieno di sbandieramenti “gremito in ogni ordine di posti”: addirittura, la gente si arrampica sui cancelli. Il prato verde smeraldo dello stadio è vuoto. Ma presto comincia la parte della festa che consiste nella punizione dei colpevoli. Vengono portati due lettini in mezzo allo spiazzo verde dello stadio, tra le acclamazioni della gente, le risate, i motti di spirito, ecc. ecc. Poi, attraverso l’altoparlante, viene annunciata la condanna, col nome e cognome dei due colpevoli. Nuove acclamazioni, nuove risate, nuovi motti di spirito. Dai poliziotti, infine, viene portata per prima in mezzo al grande prato la ragazzina colpevole. Essa viene obbligata a spogliarsi, e lo fa piano piano, piangendo, finché rimane del tutto nuda di fronte alla sterminata folla. E si stende riversa sul letto. Annunciate nuovamente dall’altoparlante, vengono ora avanti per il prato tre bellissime donne, fiorenti, felici, giunoniche.
Sono le tre lesbiche, che godono la fama di essere le più calorose della città.
Vengono avanti, e arrivano accanto al lettino e ognuna di loro trova la voluttà, a lungo, di fronte al pubblico osannante, con la ragazzina: la quale è costretta ad amarle -- a farsi possedere con falli di legno -- a leccarle --esattamente come esse vogliono.
Poi è la volta del ragazzino. Anche lui viene portato sul lettino, accanto alla ragazzina, anche lui viene costretto a spogliarsi di fronte agli ottantamila spettatori.
Quando è tutto nudo, tre giovanotti, tra i più prestanti della città -- quelli forniti del membro più grosso -- arrivano, orgogliosi, malandrini, molleggianti come pugili, accolti da acclamazioni particolarmente entusiaste. E la punizione del ragazzino è uguale a quella della ragazzina; egli è costretto a subire la violenza di questi tre superdotati, i “meglio” di Roma. Il pubblico è delirante di fronte a un così eccitante spettacolo.
Eduardo e Ninetto, a questo punto, abbandonano lo Stadio, facendosi largo tra la folla impazzita e arrivano, per la strada deserta, alla loro pensione. Eduardo, ancora una volta, è stanco morto, e come è dentro la sua camera, fa per andare a letto: senonché nella pace del quartiere ai margini della festa,
improvvisamente, si sentono delle voci che hanno qualcosa di assai più violento, di più drammatico e misterioso, di tutto quanto abbiamo sentito finora: non sono più voci gaie di ubriachi; quelle voci hanno qualcosa di più passionale, di più brutale.
Comincia dunque qualcosa di nuovo e, in un certo senso, di “contraddittorio”, nella città di Sodoma.
Eduardo, che, dicevamo, sta per andarsene a dormire, apre la solita finestrella, e si mette ad osservare la strada, con accanto Ninetto. Cosa succede? Succede che un gruppo di una quarantina di giovani della città, appunto vociando con violenza -- certo reduci dallo Stadio -- vengono a mettersi sotto la pensione dove alloggia Eduardo De Filippo, ed esattamente di fronte alla casa dove avevano visto entrare quei ragazzetti, bellissimi, vestiti da allievi ufficiali della Accademia di Modena...
Lì, sotto, i giovinastri di Sodoma, cominciano a urlare, a protestare, a dare pugni e calci alla porta.
È inaudito che ciò accada in una città che ha eletto la mitezza a suo primo principio: la polizia interviene, ma, in fondo, lascia fare (proprio succede nelle città normali, quando la polizia è dalla parte dei teppisti).
Gli avvenimenti in questa occasione sono rigorosamente visti “attraverso gli occhi” di Eduardo: cioè dall’angolo visuale di una finestrella al secondo piano. È così che seguiamo gli andirivieni, i gesti, le violenze -- tutto piuttosto misterioso ed enigmatico -- della gente che si è radunata sotto il palazzetto
di fronte alla pensioncina “Sonno”. La scena, o meglio il dramma tragicomico, che vi si svolge lì sotto è il seguente; i giovinastri di Sodoma vogliono a tutti i costi far l’amore col gruppetto di bellissimi ragazzetti dell’ Accademia, arrivati il giorno prima a Sodoma.
Ma il padrone della casa, di cui essi sono ospiti, un vecchio signore, evidentemente eterosessuale, di nome Lot [9], non è assolutamente d’accordo su questo punto.
Nascono da ciò violente discussioni, dispettosi alterchi. Ma gli ospiti sono sacri per Lot, ed è chiaro che egli non li cederà mai, ne cercherà di convincerli a cedere all‘ amore di questi sodomiti teppisti .
Semmai -- come egli stesso propone -- è disposto a dare non soltanto le sue tre figlie, ma anche la moglie, alle lesbiche della città. È questo comunque il primo caso, pare, di violenza reale che succede a Sodoma. È la prima volta che i sodomiti -- invece di fare le cose con mitezza e con dolcezza -- si lasciano travolgere dalla passione.
Ecco dunque che i giovani sodomiti abbattono le porte della casa di Lot, entrano, e -- attraverso le grandi finestre -- si intravede che tentano di usare violenza ai giovanissimi militari metà svestiti e metà ancora con addosso le loro belle uniformi discinte.
È a questo punto che Eduardo esterrefatto, supplicandolo scandalizzato, guarda Ninetto, come per cercare almeno un po’ di comprensione da parte di quel suo servo sempre così inespressivo e assente.
È strano: invece di vederlo indignato in difesa di questo Lot -- oppure magari, come è suo solito -- indifferente -- lo vede guardare in cielo fisso, intento, con una strana luce negli occhi. Allora guarda in cielo anche lui: la Cometa si sta muovendo.
È il fatale annuncio che Eduardo deve partire immediatamente.
Qualsiasi cosa succeda, lui deve immancabilmente, seguire la sua Cometa.
Dimentico di Lot e di tutto, Eduardo aiutato dall’indecifrabile Ninetto, si mette a fare in fretta e furia le valigie, prende il suo misterioso fagotto, ed eccoli che corrono giù in strada, e coi nasi in alto, cominciano ad andare dietro alla Cometa che si muove, invitandoli a partire da Sodoma, ancora verso Nord.
Appena svoltato l’angolo della strada, ecco i primi fulmini di Dio.
E qui si ha una scena grandiosa che è inutile che ci attardiamo a descrivere nei suoi dettagli.
Colpita dai fulmini di Dio, Sodoma comincia a bruciare alle spalle di Eduardo e Ninetto che escono di corsa dalla città. Ad ogni angolo che svoltano, ad ogni piazza che attraversano, i fulmini colpiscono, dietro di loro, le case, i palazzi, le chiese; e case, palazzi, chiese vanno a fuoco in un incendio spaventoso.
Ad un certo punto svoltando in una strada -- fra la gente che urla dalle finestre delle case in fiamme -- Eduardo e Ninetto, si incrociano anche con le figlie di Lot, e Lot stesso, che passano avanti a loro a tutta velocità quasi comicamente.
Eduardo e Ninetto arrivano finalmente fuori porta: e tutta la città brucia alle loro spalle, come in un quadro surrealista.
Essi continuano a camminare (adesso all’estrema periferia), seguendo la loro Stella, affannati, mentre dietro a loro si svolge lo spettacolo apocalittico, biblico, delle borgate che bruciano da un orizzonte all’altro. Eduardo e Ninetto [10] dalle parti di Tor di Quinto, lungo il Tevere, illuminati di rosso dallo spaventoso incendio, tornano ad incontrare Lot e le sue figlie, che scappano via terrorizzati. (“Non voltatevi, non voltatevi”! grida quasi comicamente il vecchio alle figlie). I due si aggregano a questo gruppetto famigliare che corre a gambe levate, scappando da Roma, col vecchio Lot che continua a raccomandarsi alle figlie: “Non voltatevi, per carità, non voltatevi!”.
A questo grido, e sempre di corsa, mentre Roma fiammeggia alle loro spalle, arrivano ad una stazioncina di periferia (che potrebbe essere quella della Roma Nord, oppure quella di Monterotondo).
In questa stazione c’è un treno che proprio in quel momento sta partendo. Il gruppo si getta sul treno, e tutti si imbarcano, urlando e spingendo dentro le valigie.
Il treno corre ora in piena campagna -- ancora laziale o umbra -- nella grande luce estiva. È semivuoto, perché nessuno dei sodomiti è riuscito a scappare da Sodoma. In un vagone sono tutti soli Epifanio, Nunzio, Lot e le figlie.
Evidentemente durante una sosta del treno, hanno comprato qualcosa per fare uno spuntino e stanno mangiando pane e salame, attaccandosi ogni tanto a due fiaschi di vino accanto a loro. Mangiano e bevono con aria triste e abbacchiata. Nunzio ed Epifanio stanno in un scompartimento, mentre Lot e le
figlie sono in quello vicino.
Ad un certo punto le figlie di Lot cominciano a non essere più tanto abbacchiate, e ad avere addirittura gli occhi riderelli. È -- non c’è dubbio -- l’effetto del vino. Sì, sono decisamente ubriache, e ubriaco è anche il padre. Tutti quanti sono ubriachi. Comincia così una scena comica in cui si riproduce, in termini, appunto, comici, la misteriosa scena biblica delle figlie di Lot, che ubriacano il padre e compiono atti lussuriosi con lui.
E infatti è proprio questo che avviene nello scompartimento. Le figlie ubriache prendono il padre, lo sbottonano, lo denudano, gli toccano il membro, ridendo, giacché riescono a farlo entrare in erezione.
Poi a una a una, mentre le altre due, ridendo, lo tengono stretto, gli montano sopra a gambe larghe, sul sedile dello scompartimento. Mentre fanno tutto questo -- pur nella pazzia sacra del vino e del sesso -- non si dimenticano mai, però, che non debbono voltarsi indietro, verso la lontana Sodoma abbandonata per sempre. Quando poi finiscono col cadere in un sonno profondo, che le fa sembrare delle morte -- vittime del troppo vino dei Castelli bevuto -- Lot, continua a dire e ripetere, nel suo sonno di ubriaco, come in delirio: “Non voltatevi, non voltatevi”.
Il treno è già molto avanti nella strada del Nord; il paesaggio intorno è già un paesaggio padano. Ed è qui che avviene la solita “gag” di Nunzio ed Epifanio che, presi dalla nostalgia per la loro lontana città, cantano una canzone napoletana; Nunzio suona la chitarra ed Epifanio fa la sua controscena.
Cosi mentre cantano, ecco che compare una nuova città -- la nuova Utopia -- verso cui la Stella Cometa li porta.
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