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lunedì 24 marzo 2025

Pier Paolo Pasolini, Questo è veramente il film che volevo fare - Ed è la cosa più perfetta che ho fatto.

"Le pagine corsare " 

dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro



“Tutto è bene quando è eccessivo.”

Il vescovo in apertura del film


Pier Paolo Pasolini
Questo è veramente il film che volevo fare.
Ed è la cosa più perfetta che ho fatto.


Io penso che, prima, non si debba mai, in nessun caso, temere la strumentalizzazione da parte del potere e della sua cultura. Bisogna comportarsi come se questa eventualità pericolosa non esistesse. Ciò che conta è anzitutto la sincerità e la necessità di ciò che si deve dire. Non bisogna tradirla in nessun modo, e tanto meno tacendo diplomaticamente, per partito preso.

Ma penso anche che, dopo, bisogna saper rendersi conto di quanto si è stati strumentalizzati, eventualmente, dal potere integrante. E allora se la propria sincerità o necessità sono state asservite e manipolate, io penso che si debba avere addirittura il coraggio di abiurarvi.

Io abiuro dalla Trilogia della vita, benché non mi penta di averla fatta. Non posso infatti negare la sincerità e la necessità che mi hanno spinto alla rappresentazione dei corpi e del loro simbolo culminante, il sesso.

Però, a coloro che criticavano, dispiaciuti o sprezzanti, la Trilogia della vita, non venga in mente di pensare che la mia abiura conduca ai loro «doveri».

Insomma, è ora di affrontare il problema: a cosa mi conduce l’abiura dalla Trilogia?

Mi conduce all’adattamento.

Dunque io mi sto adattando alla degradazione e sto accettando l’inaccettabile. Manovro per risistemare la mia vita. Sto dimenticando com’erano prima le cose. Le amate facce di ieri cominciano a ingiallire. Mi è davanti — pian piano senza più alternative — il presente. Riadatto il mio impegno ad una maggiore leggibilità (Salò?). (1)

*****

Qui tutto è più accurato: i movimenti, le composizioni, i trucchi, tutto questo una volta lo facevo con più disinvoltura, con meno attenzione, con più realismo ma perché con gli altri film me lo potevo permettere essendo film più spontanei, più realistici e disinvolti e magmatici! Qui per Salò invece, deve essere tutto molto curato nei particolari e perciò, se uno deve cader morto, lo faccio ripetere molte volte finché non sembri davvero un corpo che cade morto, e la scena non la spezzetto, deve essere un tutt’uno formale che mi serve per chiudere come in una specie di involucro le cose terribili di De Sade e del fascismo.

Per ottenere questo ho bisogno di una struttura che mantenga un ritmo ben preciso, ben determinato e perciò senz’altro meno realistico appunto proprio perché più perfetto. La conferma poi viene dal carattere dantesco che ho dato alla struttura del film, che poi secondo me era già nelle intenzioni di De Sade, dividendolo in giorni proprio come il verticalismo teologico nell’inferno di Dante.

Ma soprattutto gli altri film erano congegnati in modo che io dovessi raccogliere materiale per poi montarlo, e quindi dovevo raccoglierne tanto tanto, da tornarmene a casa col sacco pieno, per poi riguardarlo, sceglierlo, montarlo; questa volta non devo raccogliere magmaticamente del materiale, devo già organizzarlo mentre giro, e quindi la mia fretta è calcolata, perché qui girando soprattutto in interni, deve riuscire un film perfetto, anche nel senso convenzionale della parola.

E un nuovo registro, in cui affronto il mondo moderno: in realtà è la prima volta che lo faccio veramente, l’ho fatto sì, in parte in Teorema, ma in questo momento lo affronto in tutto il suo orrore, e, ci sarà un periodo in cui farò i film più o meno così; quello che è certo è che non potrò farlo realisticamente, non potrei, non reggerei fisicamente nel rappresentare questo potere che sto subendo, lo potrei fare come faccio sempre, con l’uso della metafora.

Quando un film è una metafora, deve essere per forza fatto in altro modo, perché ogni immagine che giri è significativa di qualcos’altro, e quindi deve essere precisamente quella e non un’altra. Non puoi aggiungere dei dettagli, per esempio, se non sono significativi e necessari! Non c’è, in questi film, il minimo spazio per l’immagine gratuita, non funzionale! Perciò anche qui in Salò, non posso in una scena correre il rischio di perdermi a seguire un particolare che in quel momento mi diverte o innamorarmi di un paesaggio e allungare il tempo di durata più del previsto!

Mentre cioè l’uso ossessivo del campo e del controcampo, del Primo Piano, opposto ad un altro Primo Piano, l’assenza di personaggi di quinta, l’assenza di personaggi che entrano in campo ed escono di campo, l’assenza soprattutto dei piani-sequenza sono cose tipiche di tutti i miei film, direi che in questo ultimo, tutto ciò è portato alla lucidità, alla assolutezza massima, direi quasi che le mie abitudini quasi ossessive, sono portate a tal punto di ossessività, da cambiarne forse qualità. (2)

*****

La caratteristica del film è l’ossessione, portata al massimo grado di sopportabilità. (3)

*****

Con questo film mi rivolgo in generale a tutti, ad un altro me stesso, a tutti quelli che come me detestano il Potere per quello che fa del corpo umano: la riduzione di questo a cosa, l’annullamento della personalità dell’uomo.

E quindi anche contro l’anarchia del potere, perché nulla è più anarchico del potere, il potere fa ciò che vuole, e in ciò è completamente arbitrario spinto da sue necessità economiche che sfuggono alla logica comune. Ognuno odia il potere che subisce, quindi io odio con particolare veemenza questo potere che subisco: questo del 1975. (4)

*****

Curvai :

«La vostra idea è quella che si dice “un uovo di Colombo” e mi trova del tutto consenziente, quanto poi alle altre forme di potere, quelle così dette democratiche o tolleranti, non esiterei a rincarare la dose: infatti là dove tutto è proibito, in realtà si può fare tutto, mentre là dove si può fare qualche cosa, si può fare solo quel qualcosa».

È un potere che manipola i corpi in modo orribile e che non ha nulla da invidiare alla manipolazione fatta da Hitler: li manipola trasformando la coscienza, cioè nel modo peggiore; istituendo dei nuovi valori alienanti e falsi, che sono i valori del consumo; avviene quello che Marx definisce: il genocidio delle culture viventi, reali, precedenti.

Per esempio, questo potere ha distrutto Roma, non esistono più i romani, un giovane romano è il cadavere di se stesso, che vive ancora biologicamente ed è in uno stato di imponderabilità tra gli antichi valori della sua cultura popolare romana e i nuovi valori piccolo borghesi che gli sono stati imposti.

Sì, il potere è codificatore e rituale, e anche i gesti erotici lo sono, c siccome appunto la gesticolazione è sempre la stessa, e si ripete eternamente eguale, risulta che la gestualità sodomitica è la più tipica di tutte perché è la più inutile, quella che meglio riassume la ripetitività dell’atto, appunto perché è la più meccanica delle altre e su questo si inserisce la gesticolazione del carnefice che è anomala, perché il carnefice può ripetere il gesto una sola volta; qui ancora infatti si pone il problema di ammazzarne, anziché una di vittime, mille sempre per potersi ripetere. Oppure, e questa è una soluzione che ho aggiunto io nel film: fingere di ammazzare la vittima e in realtà non ammazzarla affatto: mettere la pistola sulla tempia, tirare il grilletto e sparare avendo la pistola caricata a salve; il ritorno alla vita diventerebbe una variante perversa, essendo ormai il rito della morte consumato.

Altra cosa importante che ho preso da Klossowski e che poi riprendo in Blanchot, è il modello di Dio: cioè, tutti questi super-uomini nicciani ante litteram, in realtà, nell’adoperare i corpi delle vittime come cose, altro non sono che degli dei in Terra, cioè il loro modello è sempre Dio; nel momento in cui lo negano con la passione, lo rendono reale e lo accettano come modello. (5)

*****

Blangis :

«dopo aver meditato a lungo sono giunto ad una conclusione liberatrice: basta sostituire la parola DIO con la parola POTERE, così tutto rientra perfettamente nel programma che ci siamo prefissi».

Curvai :

«Ma scusi, noi, non siamo forse la dimostrazione vivente di ciò che è realmente il Potere? L’unica vera, grande, assoluta Anarchia, è quella del Potere.

Il sesso è oggi la soddisfazione di un obbligo sociale, non un piacere contro gli obblighi sociali. Da ciò deriva un comportamento sessuale appunto radicalmente diverso da quello a cui io ero abituato. Per me dunque il trauma è stato (ed è) quasi intollerabile. Il sesso in Œ è una rappresentazione o metafora di questa situazione: questa che viviamo in questi anni: il sesso come obbligo e bruttezza. Oltre che la metafora del rapporto sessuale (obbligatorio e brutto), che la tolleranza del potere consumistico ci fa vivere in questi anni, tutto il sesso che c’è in Salò (e ce n’è una quantità enorme) è anche la metafora del rapporto del potere con coloro che gli sono sottoposti. In altre parole è la rappresentazione (magari onirica) di quella che Marx chiama la mercificazione dell’uomo: la riduzione del corpo a cosa (attraverso lo sfruttamento). Dunque, il sesso è chiamato a svolgere nel mio film un ruolo metaforico orribile. Nel potere — in qualsiasi potere, legislativo e esecutivo — c’è qualcosa di belluino. Nel suo codice e nella sua prassi, infatti, altro non si fa che sancire e rendere attualizzabile la più primordiale e cieca violenza dei forti contro i deboli: cioè, diciamolo ancora una volta, degli sfruttatori contro gli sfruttati. (6)

*****

Chi potrebbe dubitare della mia sincerità quando dico che il messaggio di Salò è la denuncia dell’anarchia del potere e dell’inesistenza della storia? Eppure, così enunciato, tale messaggio è sclerotico, menzognero, pretestuale, ipocrita, cioè logico, della stessa logica che non trova affatto anarchico il potere e che trova esistente la storia. Anzi pone ciò come un dovere. La parte del messaggio che pertiene al senso del film è immensamente più reale, perché include anche tutto ciò che l’autore non sa, cioè l’illimitatezza della sua stessa restrizione sociale e storica. Ma tale parte del messaggio è imparlabile. Non può che essere lasciata al silenzio e al testo. (7)


Fonti:

(1) Abiura alla trilogia della vita, «Corriere della Sera», 15 giugno 1975.

(2) Con P.P.P., pp. 116–19.

(3) Il viaggio di P. nell’inferno di Salò, «Paese Sera», 9 febbraio 1975.

(4) Con P.P.P., p. 119. 

(5) Con P.P.P. 119–20. 

(6) Il sesso come metafora del potere, «Corriere della Sera», 25 marzo 1975.

(7) Intervento letto da Nico Naldini alla conferenza stampa dopo la condanna del film e prima del processo di appello.


Da: Pier Paolo Pasolini, Il cinema in forma di poesia, a cura di Luciano De Giusti, Pordenone, Edizioni cinemazero, 1979, pp. 106–11


Fonte:

Mario Mancini - Medium

©Eretico e Corsaro - Le Pagine Corsare


Curatore, Bruno Esposito

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