"Le pagine corsare "
dedicate a Pier Paolo Pasolini
Eretico e Corsaro
Vorrei aggiungere però una cosa. Nulla muore mai in una vita. Tutto sopravvive. Noi, insieme, viviamo e sopravviviamo. Così anche ogni cultura è sempre intessuta di sopravvivenze. Nel caso che stiamo ora esaminando, ciò che sopravvive sono quei famosi duemila anni di imitatio Christi quell'irrazionalismo religioso. Non hanno più senso, appartengono a un altro mondo, negato, rifiutato, superato: eppure sopravvivono. Sono elementi storicamente morti ma umanamente vivi che ci compongono. Mi sembra che sia ingenuo, superficiale, fazioso negarne o ignorarne l'esistenza. Io, per me, sono anticlericale (non ho mica paura a dirlo!), ma so che in me ci sono duemila anni di cristianesimo: io coi miei avi ho costruito le chiese romaniche, e poi le chiese gotiche, e poi le chiese barocche: esse sono mio patrimonio, nel contenuto e nello stile. Sarei folle se negassi tale forza potente che è in me: se lasciassi ai preti il monopolio del Bene.
Vie nuove n. 47 a. XVI, 30 novembre 1961
Il desiderio di ricchezza del sottoproletariato romano
Li osservo, questi uomini, educati
ad altra vita che la mia: frutti
d'una storia tanto diversa, e ritrovati,
quasi fratelli, qui, nell'ultima forma
storica di Roma. Li osservo: in tutti
c'è come l'aria d'un buttero che dorma
armato di coltello: nei loro succhi
vitali, è disteso un tenebrore intenso,
la papale itterizia del Belli,
non porpora, ma spento peperino,
bilioso cotto. La biancheria, sotto,
fine e sporca; nell'occhio, l'ironia
che trapela il suo umido, rosso,
indecente bruciore. La sera li espone
quasi in romitori, in riserve
fatte di vicoli, muretti, androni
e finestrelle perse nel silenzio.
È certo la prima delle loro passioni
il desiderio di ricchezza: sordido
come le loro membra non lavate,
nascosto, e insieme scoperto,
privo di ogni pudore: come senza pudore
è il rapace che svolazza pregustando
chiotto il boccone, o il lupo, o il ragno;
essi bramano i soldi come zingari,
mercenari, puttane: si lagnano
se non ce n'hanno, usano lusinghe
abbiette per ottenerli, si gloriano
plautinamente se ne hanno le saccocce
piene.
Se lavorano - lavoro di mafiosi
macellari,
ferini lucidatori, invertiti commessi,
tranvieri incarogniti, tisici ambulanti,
manovali buoni come cani - avviene
che abbiano ugualmente un'aria di ladri:
troppa avita furberia in quelle vene...
Sono usciti dal ventre delle loro madri
a ritrovarsi in marciapiedi o in prati
preistorici, e iscritti in un'anagrafe
che da ogni storia li vuole ignorati...
Il loro desiderio di ricchezza
è, così, banditesco, aristocratico.
Simile al mio. Ognuno pensa a sé,
a vincere l'angosciosa scommessa,
a dirsi: "È fatta," con un ghigno di re...
La nostra speranza è ugualmente
ossessa:
estetizzante, in me, in essi anarchica.
Al raffinato e al sottoproletariato spetta
la stessa ordinazione gerarchica
dei sentimenti: entrambi fuori dalla
storia,
in un mondo che non ha altri varchi
che verso il sesso e il cuore,
altra profondità che nei sensi.
In cui la gioia è gioia, il dolore dolore.
*****
«Prima gli uomini e le donne delle borgate non sentivano nessun complesso d’inferiorità per il fatto di non appartenere alla classe cosiddetta privilegiata. Sentivano l’ingiustizia della povertà, ma non avevano invidia del ricco, dell’agiato. Lo consideravano, anzi, quasi un essere inferiore, incapace d’aderire alla loro filosofia. Oggi, invece, sentono questo complesso d’inferiorità. Se osserva i giovani popolani vedrà che non cercano più di imporsi per quello che essi sono, ma cercano invece di mimetizzarsi nel modello dello studente, addirittura si mettono gli occhiali, anche se non ne hanno bisogno, per avere un’aria da “classe superiore”».
(1973, intervista rilasciata per il Messaggero a Luigi Sommaruga)
Presso Biblioteca Nazionale Centrale - Roma. |
La religione del mio tempo
di Pier Paolo Pasolini
...È passato il tempo delle speranze!
[…] No, la storia
che sarà non è come quella che è stata...
La religione del mio tempo è una raccolta poetica di Pier Paolo Pasolini che prende il titolo da un sonetto di Gioachino Belli (La riliggione der nostro tempo), uscita presso la Garzanti di Milano nel 1961 con una dedica all'amica Elsa Morante.
Presso Biblioteca Nazionale Centrale - Roma. |
Scritte tra il 1955 e il luglio del 1960 e pubblicate per la prima volta nel 1961( Garzandi ), le poesie di La religione del mio tempo raccontano in versi, anche in modo duro, le contraddizioni di una società che muta inconsapevolmente. In questi versi, Pasolini con grande capacità di analisi, sintetizza ideologicamente tutta la sua passione civile:
"I fascisti rimproverano per esempio a una mia poesia (epigramma intitolato Alla mia nazione) di essere offensiva alla patria, fino a sfiorare il reato di vilipendio. Salvo poi a perdonarmi - nei casi migliori - perché sono un poeta, cioè un matto. Come Pound: che é stato fascista, traditore della patria, ma lo si perdona in nome della poesia-pazzia... Ecco cosa succede a fare discriminazione tra ideologia e poesia: leggendo quel mio epigramma solo ideologicamente i fascisti ne desumono il solo significato letterale, logico, che si configura come un insulto alla patria. Ma poi, rileggendolo esteticamente, ne desumono un significato puramente irrazionale, cioè insignificante. In realtà il momento logico e il momento poetico, in quel mio epigramma coesistono, intimamente e indissolubilmente fusi. La lettera dice, sì: la mia patria è indegna di stima e merita di sprofondare nel suo mare: ma il vero significato è che, a essere indegna di stima, a meritare di sprofondare nel mare, è la borghesia reazionaria della mia patria, cioè la mia patria intesa come sede di una classe dominante benpensante, ipocrita e disumana. [...] Per esempio, un epigramma intitolato Alla bandiera rossa. In esso delineo una tragica situazione di regresso nel sud (come si sa, coincidente con il progresso economico, almeno apparente, del nord) e concludo augurandomi che la bandiera rossa ridiventi un povero straccio sventolato dal più povero dei contadini meridionali. Forse per questo Salinari mi chiama, senza mezzi termini, senza appello, 'populista'".
(Vie nuove del 9 novembre 1961)
Autore/i: Pier Paolo Pasolini
Tipologia: Raccolta di poesie
Editore: Garzanti
Origine: Milano
Anno: 1961 (20 maggio)
Tipologia: Raccolta di poesie
Editore: Garzanti
Origine: Milano
Anno: 1961 (20 maggio)
I. LA RICCHEZZA (1955-59)
1. GLI AFFRESCHI DI PIERO A AREZZO – VIAGGIO NEL BRUSIO VITALE – IL VENTRE CAMPESTRE DELL’ITALIA – NOSTALGIA DELLA VITA
2. TRE OSSESSIONI: TESTIMONIARE, AMARE, GUADAGNARE – RICORDI DI MISERIA – LA RICCHEZZA DEL SAPERE – IL PRIVILEGIO DEL PENSARE
3. RIAPPARIZIONE POETICA DI ROMA
4. SERATA ROMANA – VERSO LE TERME DI CARACALLA – SESSO, CONSOLAZIONE DELLA MISERIA – IL MIO DESIDERIO DI RICCHEZZA – TRIONFO DELLA NOTTE
5. CONTINUAZIONE DELLA SERATA A SAN MICHELE – IL DESIDERIO DI RICCHEZZA DEL SOTTOPROLETARIATO ROMANO – PROIEZIONE AL “NUOVO” DI “ROMA CITTA’APERTA”
6. UN’EDUCAZIONE SENTIMENTALE - LA RESISTENZA E LA SUA LUCE – LACRIME
A UN RAGAZZO (1956-57)
LA RELIGIONE DEL MIO TEMPO (1957-59) – APPENDICE ALLA “RELIGIONE”: UNA LUCE (1959)
II. UMILIATO E OFFESO Epigrammi (1958)
AI CRITICI CATTOLICI / A GEROLA / AD ALCUNI RADICALI / AL PRINCIPE / A ME / A J.D./ A UN FIGLIO NON NATO / A BARBERI SQUAROTTI / A CADORESI / AI REDATTORI DI “OFFICINA” / ALLA FRANCIA / A UN PAPA
NUOVI EPIGRAMMI (1958-59)
A KRUSCIOV / ALLA BANDIERA ROSSA / AI LETTERATI CONTEMPORANEI / A BERTOLUCCI / A COSTANZO / A TITTA ROSA / A LUZI / A CHIAROMONTE / ALLE CAMPANE DI ORVIETO / ANCORA A GEROLA / A G.L. RONDI / AL PRINCIPE BARBERINI / AI NOBILI DEL CIRCOLO DELLA CACCIA / A BOMPIANI / ALLA MIA NAZIONE / A UNO SPIRITO
IN MORTE DEL REALISMO (1960)
III. POESIE INCIVILI (aprile 1960)
LA REAZIONE STILISTICA
AL SOLE
FRAMMENTO ALLA MORTE
LA RABBIA
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