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giovedì 9 novembre 2023

NOTE PSICHIATRICHE. DEL PROF. ALDO SEMERARI, DELL’UNIVERSITÀ DI ROMA SULLO SCRITTORE PIER PAOLO PASOLINI.

Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro




Tratto da:

Malastoria
L’Italia ai tempi di Cefis e Pasolini



Le Note psichiatriche di Aldo Semerari

Anno II / N. 22 / 21 Giugno 1962

Documentazione per i caporedattori: riservata non pubblicare.

NOTE PSICHIATRICHE
DEL PROF. ALDO SEMERARI
DELL’UNIVERSITÀ DI ROMA 
SULLO SCRITTORE PIER PAOLO PASOLINI.


Al recente processo di Latina contro Pier Paolo Pasolini chiusosi con la condanna dello scrittore, la parte civile (Avv. Valerio Veronese e Avv. Giorgio Zeppieri), aveva chiesto le perizia psichiatrica, esibendo al Tribunale alcune note dello psichiatra Aldo Semerari, libero docente alla Università di Roma, presso la Clinica delle malattie nervose e mentali. La richiesta della parte civile, alla quale non si oppose la difesa (Avv.to Carnelutti), fu respinta dal Tribunale. Pubblichiamo la perizia del Prof. Semerari a documentazione dei caporedattori.
I criteri di giudizio sui quali si fonda la diagnosi di malattia mentale concernono un duplice ordine di fenomeni. Da un lato i fenomeni somatici validi per l’inquadramento delle “psicosi organiche”; dall’altro i fenomeni psichici, che, ovviamente, sono accessibili ad una analisi esclusivamente indiretta (analisi del comportamento, introspettiva, delle produzioni artistiche ecc.). 
La psicopatologia classica si fonda sul criterio della “comprensibilità psicologica” dello psichismo “normale” e, cioè, sulla legge di carattere generale secondo cui possiamo comprendere come da atti psichici derivino atti psichici secondo rapporti di “comprensibilità immediata”. È tipica delle malattie mentali la “incomprensibilità psicologica” ove con tale espressione ci si riferisce alla capacità di ogni soggetto “normale” di comprendere rivivendoli i reciproci rapporti intercorrenti fra “personalità”, “motivi” e “azioni”. 
Gli atti che derivano da “psicosi”, cioè da “malattie” ci sono “alieni” nel senso etimologico della parola proprio perché ci è impossibile di comprenderne i rapporti con i motivi che li hanno determinati e con la personalità da cui promanano. 
Ne deriva che quando ci troviamo di fronte ad azioni grossolanamente incomprensibili sul piano psicologico dobbiamo sospettare che queste non siano espressione di una cosciente e libera capacità di autodeterminarsi in vista di uno scopo ma sintomi di un processo morboso in evoluzione o, quanto meno, di una alterazione della personalità congenita o acquisita. 
Orbene se alla luce di queste considerazioni analizziamo l’azione delittuosa di cui il Pasolini è imputato vien fatto di chiederci: ma, almeno in apparenza, non si tratta di un disturbo comportamentale provocato da una causa patologica? 
Non si tratta di un’azione così evidentemente e grossolanamente incomprensibile da indurre il Pubblico Ministero a scrivere testualmente che «può far restare atterriti come un Pasolini possa essere stato protagonista di un simile episodio criminoso?» 
Proprio nella felice espressione “restare atterriti” non intravediamo tutto lo sgomento che prova il profano quando si trova di fronte ad azioni che gli sono “aliene”, “estranee” e che possono trovar spiegazione soltanto ove si ammette l’esistenza di un “quid novi”, di una noxa patogena che abbia alterato profondamente lo psichismo fino a frantumare i rapporti di comprensibilità che legano il simile ai propri simili? Si potrebbe obiettare riferendosi al caso concreto che la incomprensibilità dell’atto è solo apparente e che, in realtà, vi sono motivi non emersi attraverso l’indagine processuale. 
Ma l’atto in questione è l’unico “sintomo” che induce il tecnico a sospettare l’esistenza di una infermità di mente? 
Il Pasolini ci è noto attraverso le sue opere letterarie ed i suoi lavori cinematografici: la analisi psicopatologica della sua produzione ci potrebbe portare alla affermazione di una tendenza coprolalica e, qualora volessimo ispirarci alle teorie psicodinamiche, non sarebbe difficile dimostrare che la coprolalia è un comportamento “neurotico” e ad intravedere in tale comportamento la risultante di una “infermità”. 
Ma la coprolalia pasoliniana potrebbe anche rappresentare una esigenza di ordine estetico, discutibile quanto si vuole, ma indubbiamente sentita in alcuni ambienti: lo dimostra il successo commerciale di questo poeta decadente. 
Il Pasolini, però, ci è noto anche attraverso un altro aspetto della sua personalità: aspetto inequivocabilmente dimostrato dai precedenti penali e che apporta un contributo decisivo ai fini della presente indagine. 
Il Pasolini è uno psicopatico dell’istinto, un anomalo sessuale, un omofilo nel più assoluto senso della parola. 
Il Pasolini è così profondamente anomalo da accettare in piena coscienza la sua anomalia fino al punto da dimostrarsi incapace di valutarla come tale. 
E proprio gli inadeguati tentativi di rendere comprensibile un tale comportamento che egli assume dettato da “ragioni letterarie (sic!) e psicologiche” (cfr. verbale d’interrogatorio del 17-X-1949) che scaturisce l’abnormità di questa sua impostazione. 
Riportiamo integralmente quanto l’imp. ebbe ad affermare in tale circostanza: «non posso e non devo negare che le dichiarazioni fatte dai suddetti ragazzi – (che egli aveva nella medesima circostanza passionalmente baciati e dai quali si era fatto masturbare) – rispondono in parte almeno esteriormente a verità. Del resto certi particolari mi sfuggono perché essendo sera di sagra e trovandomi in compagnia di amici avevo un po’ ecceduto nel bere: appunto da imputarsi all’euforia del vino e della festa l’aver voluto tentare questa esperienza erotica di carattere e origine letteraria accentuata dalla recente lettura di un romanzo di argomento omosessuale di Gide». 
Il che dimostra non soltanto che il Pasolini è un omosessuale esibizionista e skeptofilo (si fece masturbare e si masturbò alla presenza di tre ragazzi) ma, se si dovesse dar credito ai suoi tentativi di giustificazione dobbiamo pensare che si tratti anche di una personalità fortemente insicura ed estremamente suggestibile, al punto di farsi influenzare nel determinismo della sua condotta, anche quando si tratti di decidere nei senso di azioni criminose, dalla lettura di un «romanzo di argomento omosessuale». Ed anche a questo punto, se volessimo seguire gli indirizzi psicodinamici, potemmo agevolante dimostrare come gli ambienti prediletti dal Pasolini, i suoi atteggiamenti – rivivibili pienamente attraverso la lettura di Una vita violenta – la scelta delle sue amicizie, la sua totale impostazione di vita siano in realtà un puro e semplice tentativo di “compenso” di un soggetto dagli istinti profondamente tarati e con grossolani radicali di insicurezza. 
La nostra analisi, però, non deve e non può oltrepassare i limiti imposti dall’analisi fenomenologica dei fatti e, nella valutazione psicopatologica di essi, deve tener conto esclusivamente di ciò che è provato. Partendo da tali limitazioni, imposte dal rigorismo obiettivo del metodo medico-legale è possibile affermare che nella specie vi siano gli estremi per il concretizzarsi del vizio parziale o del vizio totale di mente e, in caso affermativo, tale affermazione riveste il carattere di certezza? Attraverso la nostra analisi abbiamo messo in evidenza da un lato l’esistenza di una grave anomalia del nucleo istintivo della personalità, dall’altro una condotta grossolanamente incomprensibile. 
Vi è un reciproco rapporto tra l’anomalia e l’azione delittuosa? 
A tale quesito non possiamo rispondere in via diretta: soltanto attraverso un’approfondita indagine psichiatrica sarà possibile affermare o meno l’esistenza di reciproche interferenze tra i due ordini di fatti. 
Qui ci limitiamo a prospettare, su un piano generale, che spesso azioni del genere, apparentemente immotivate, rappresentano un equivalente dell’atto sessuale ed a riportare quanto scrive in proposito un profondo conoscitore di problemi sessuologici, il Pellegrini. 
«Nella ricostruzione dinamica del delitto ci si accorge che spesso questo viene commesso solo o prevalentemente per il piacere di commetterlo; ciò è facilmente comprensibile nei delitti contro la libertà sessuale e se sia evidente la mancanza di un fine specifico come è per es. nei casi di aggressione senza motivo a danno di persone non conosciute e non rapinate». «Il piacere incide sulla libertà volitiva … nei riguardi penalistici va valutato in modo diverso a seconda della intensità degli stimoli che lo provocano, a seconda che siano di natura patologica o no e ciò sia nei rapporti qualitativi che quantitativi». «Il comportamento di benessere, di felicità di liberazione che segue spesso alla detumescenza ottenuta mediante il reato è in vari casi indipendente dalle qualità morali dell’imputato, non depone senz’altro per una presuntiva malvagità della sua indole; va invece eventualmente considerato agli effetti degli artt. 42, 88, 89 C.P.; ciò in modo particolare quando possa escludersi il fine obiettivamente denunciato dall’atto giuridicamente illecito» – (Trattato di Medicina Legale vol. II pag. 723 e seg. Cedam, Padova 1959). 
Tenuto conto di quanto sopra appare evidente che nel caso in questione vi è il fondato sospetto che l’atto criminoso commesso dal Pasolini sia espressione di una infermità di mente che abbia escluso o, quanto meno, scemato grandemente la sua capacità di intendere e di volere. Ne scaturisce la necessità di sottoporre il soggetto ad accertamenti tecnici al fine di stabilire: 
a) se l’anomalia sessuale da cui il Pasolini è affetto riveste o meno il carattere della “infermità” prevista dagli artt. 38 e 39 C.P.; 
b) se tale infermità abbia avuto rilevanza del determinismo dell’azione delittuosa escludendo o scemando grandemente senza escluderle lo capacità d’intendere e di volere del soggetto al momento del fatto; 
c) se trattasi di persona socialmente pericolosa.

ALDO SEMERARI


@Eretico e Corsaro - Le Pagine Corsare

Curatore, Bruno Esposito

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