"Le pagine corsare "
dedicate a Pier Paolo Pasolini
Eretico e Corsaro
Inedito Pasolini
La mia eterna adolescenza è lieta malattia
Corriere della sera del 30 marzo 1980
( © Questa trascrizione da cartaceo, anche un po faticosa, è stata curata da Bruno Esposito )
Alcune pagine inedite di Pier Paolo Pasolini:
gli anni di crisi e di fantasia in Friuli.
In maggio tutte le sere andai a Rosano: furono momenti soavissimi. La chiesa spopolata, le rare candele, il pavimento che esalava fantasmi primaverili e il canto nudo delle litanie che un po' alla volta mi stordiva. Appoggiati alla porta, o presso il fonte battesimale o diritti in pedi, intorno a me cantavano coloro per cui ero entrato in chiesa... nella notte ormai tiepida, corrotti dalla distanza giungevano concerti di trombe e fisarmoniche, erano Milio, Gigi, Rino, che tentavano i loro strumenti appoggiati chissà, a un salice, seduti contro un paracarro...
La mia educazione non fu precisamente cattolica. Mio padre, ufficiale, era alquanto indifferente alla religione benchè ci conducesse a messa tutte le domeniche: egli non viveva e non vive di queste cose. Anch'egli come me (ma attraverso che diversi cammini!) ha ridotto la sua esistenza a se stessa. In lui coesistono, è vero, sovrastrutture, e ci crede: l'onore, la nazione, la pratica ecc... Mia madre, anch'essa è troppo nativa, ingenua. Naturalmente non può non credere: però la sua cultura, la sua fantasia le hanno fornito un'infinità di dubbi: senza che se ne rendesse conto la sua è diventata una
religione naturale. Ma spirava un'aria cattolica nella mia casa; un'aria morale e spirituale, questo si. Ed elevatissima, non per nulla mio fratello è morto a neanche vent'anni offrendo la sua vita per un Ideale dl libertà.
Fino ai quindici anni io credetti Dio con l'intransigenza dei ragazzi: l'adolescenza aumentava la rigidità e la serietà della mia falsa fede. Caratteristica era la mia devozione alla Madonna. Mi procuravo finte effusioni di sentimento religioso (tanto che varie volte mi convinsi di vedere le immagini della Madonna muoversi o sorridere)… alla sera prima di dormire, facevo penitenza dei peccati che ancora oggi avrei vergogna di confessare: recitavo centinaia dl avemaria. E' strano ma non ricordo come quella fede si dissolvesse.
In questi ultimi anni talvolta mi sono riavvicinato alla religione; dapprima per una specie di coscienza storica, per cui mi sono ritrovato cristiano e cattolico. Poi, per un'esperienza di assoluta solitudine che aveva straordinariamente assottigliato la mia vita spirituale: quando trovai il nome mistico per questo mio stato di interiorizzazione, incominciai ad attendere la Grazia, cioè la possibilità di concepire l'Altro, Dio. Ma in ambedue i casi agivo più per quel meccanismo che si forma dal nostro divenire, dal susseguirsi delle nostre momentanee illusioni. Solo nel vedere T. malato, pensai inesorabilmente alla presenza di Dio...
Cominciammo a fare scuola ai ragazzi di Versuta, una ventina in tutto. lo avevo dai
nove ai dodici scolari, tenevo le mie lezioni nella povera stanza che ci serviva da cucina e da camera da letto. Non credo di essermi mai dato agli altri con tanta dedizione come a quel fanciulli durante le lezioni di italiano e di storia. Osai insegnare loro (e le capivano benissimo) liriche di Ungaretti, di Montale, di Bettocchi... Quando venne la bella stagione andammo a far scuola in un casello tra i campi. Era molto piccolo e vi si stava appena; ma spesso si andava a far scuola nel prato, sotto i due enormi pini sfiorati dal vento...
Il ponte della Delizia, Madonna dl Rosa e la vicinissima Casarsa erano continuamente colpiti, distrutti, percossi dalle bombe, i cui pennacchi di fumo oscuravano l'orizzonte. Mi pare che quei giorni fossero sempre sereni, dolcemente celesti... Ma già dal gennaio facemmo insieme le prove di una mia favola drammatica << I fanciulli e gli elfi >> che ci ripromettemmo di recitare a guerra finita.
I nostri vicini C. furono i primi a darci le piccole gioie dell'esilio donandoci verdura, frutta e la carne del maiale appena immolato. Quello che però ci commuoveva di più era l'interesse di F. il capofamiglia, un pancione curiosissimo, emerito propinatore di frottole, con un viso da cacciatore di frodo, un viso arcaico, il quale, se potessi esprimermi lecitamente con un linguaggio letterario, realizzava bonariamente, ma ancora con una punta di terrore, l'homunculus mezzo uomo e mezzo gallo che da fanciullo sognavo all'alba. Con la sua voce da orco egli in quei primi giorni ci cantò il proemio di quel poema che doveva essere Il nostro incontro con l'anima del contadino. Difficilissima anima, frutto di una civiltà diversa dalla nostra, che ci vive accanto senza possibilità di scambi. Noi ci avviciniamo ad essa con troppo ardore (quando riusciamo a evitare le solite perversioni georgiche) ed è fatale che le nostre amorose armi si spuntino contro la loro inveterata indifferenza.
Non ho mai conosciuto degli scettici più coerenti dei contadini anziani; essi rompono volontariamente quella forma di dignità che è Il loro scetticismo solo in nome di due abitudini quasi passionali: la Chiesa e il vino... A quindici anni sono degli incantevoli idoli, adorni di pudori, di tenerezze, di vivacità che non si possono dire, a diciotto la grazia promettente (ma senza futuro) che li assetava di vita si è già immobilizzata, e la loro commovente timidezza ha assunto tinte più scure e monotone: resta loro da appagare la curiosità della carne e questo li rende ancora vulnerabili, cioè appassionati, ma a vent'anni il gioco è fatto.
Vivevo in un continuo rischio di perdere la vita: per vari mesi anzi ero certo che uscire vivo da quell'inferno non era che una speranza assurda. Questo mi dava un continuo senso dei mio cadavere, cosa che certo non agiva beneficamente nello svolgersi della mia vita interiore, che si era quasi paralizzata. E' in questo tempo che ebbi il senso di quel << limite >> oltre il quale c'era non piu io, ma un altro. Tale fu la mia vera crisi religiosa (non già quella ingenuamente pascoliana ed estetica del '43) che mi indusse ad intendere hic et nune che in questi mesi senza conoscerlo avevo recuperato il significato della parola << mistico >>...
Questo sarà compreso meglio se tiene conto della reale solitudine in cui vivevo, poiché i miei pensieri non potevano avere una risoluzione qualsiasi, si ammassavano, si annullavano l'uno dentro l'altro formando una specie di humus dove io perdevo il sentimento del reale che è misura e rassegnazione (e anche ipocrisia)... Passavo delle ore di fronte una foglia o a un tronco per capirlo. cioè per valicare il limite e natura dove io terminavo e cominciava l'altro: la foglia. il tronco. Non pensavo direttamente a Dio, ma all'altro, cosa più importante per me. Con la scoperta di questa nuova dimensione finii per credere al miracolo e alla profezia.
Ho venticinque anni.. il mio aspetto continua ad essere quello di un adolescente… la se mia eterna adolescenza è una malattia, è invero una malattia assai lieta. Il lato odioso, di essa è il suo rovescio, cioè la mia contemporanea vecchiaia. In altri termini l'avidità con cui, in qualità di giovanetto, divoro le ore dedicate alla mia esistenza cosi che portandomi dietro tutto il mio tenero e lucente bagaglio di gioventù sono entrato in uno stadio di precoce esperienza e quindi di indifferenza. Un giorno mi dicevo che tutti gli uomini hanno davanti a sé un'uguale quantità di vita, e che quindi, poiché io ne divoro con maggiore avidità di una parte degli altri, stava nella logica dei fatti che io dovessi morire assai giovane. Questa punizione si è forse avverata, solo non nel corpo della cronologia, ma nel suo sistema: la presente indifferenza dovuta a quell'operazione che distrugge se stessa e la vita; l'esperienza mi dà una specie di morte: e io, in effetti sono assai giovane.
Siamo nel 1947: era questo dunque l'anno in cui la natura, avrebbe perso per me il suo valore. Adesso sono seduto sul greto del Tagliamento per l'ennesima volta; ecco le vene di sabbia lungo le interminabili prospettive di ghiaia, che, risalendo contro un orizzonte tinto d'un azzurro torbido, vanno a lambire il cielo. Ecco qui, intorno a me, la proda con la sua erba stecchita; la sua polvere, i suoi pioppi... Tutto questo non è sufficientemente misterioso per sedurmi ancora... Il turbamento dovuto ai suoni domenicali delle campane che fiottando dai diversi campanili che si ergono qua e là per un raggio di vari chilometri intorno al fiume vengono a echeggiare nell' immenso greto dove stagna la massa accecante del sole — quel turbamento è semplice nozione -; non me ne curo che per notarlo. Ecco dunque che dopo tante ambizioni e aspirazioni di assoluto, mi sento divenire null'altro che un << caso >>: la gloria che io dovevo edificare sopra un'immagine tanto serena di me stesso, si arena in questo fiume di pietre...
Caro lettore, mi ritrovo nell'ottobre del '47, ormai privo di impedimenti,. addirittura pagano... Non è vero; io più che laico, irreligioso, sono continuamente occupato da una mia interminabile crisi religiosa. Ho finito di scrivere da pochi giorni l'ultimo settore dl un mio libro di versi, settore che si intitola << Un'anima >>: dico agli Angeli che intendo esser lasciato in pace, che voglio essere il reo impunito e recidivo, che l'intervento del Dio che li invia (spazio bianco) e quindi se proprio mi vuole si taccia temere in me, non nei suoi innocenti: che se mi ha dato tante doti di entusiasmo, di credulità, di intransigenza, ebbene che mi sorprenda ora con esse; che l'unica cosa che temo effettivamente (perché la mia unica attenzione è altrove che in Lui) è che quando la giovinezza e il candore presenti non esisteranno più in me, io perda le fila della gioia, e si scateni in me il mio fantasma, il mio automa: allora nella mia, in questa vita, si avrebbe per me il Dies Irae e io impetrerei da Dio solo i miei giorni, il mio passato.
Tutto questo è stato scritto ad ogni modo a un solo fine: quello di ottenere un'autorizzazione. lo chiedevo a Dio di autorizzarmi a peccare! Sarebbe un'ingenuità mostruosa, se non fosse cosi umano. Io sono stanco di essere cosi intoccabilmente eccezione, exlege: va bene, la mia libertà l'ho trovata, so qual è e dov'è; lo so, si può dire dall'età di quindici anni, ma anche prima... Nello sviluppo del mio individuo, della diversità, sono stato precocissimo; e non mi è successo, come a Gide, di gridare d'un tratto << Sono diverso dagli altri >>, con angoscia inaspettata; io l'ho sempre saputo. L'Autorità la cerco adesso, forse, o almeno, per ora, un'autorizzazione...
Quanto a Dio dovrebbe essere logico, dovrebbe spiegarmi tutto: è chiaro che ormai solo nel caso che io fossi tutto spiegato a me stesso cesserei di interessarmi, forse. La possibilità di questa spiegazione è fuori di me; che fatica devo fare per pensarci! Preferisco rinunciare a spiegarmi, e continuare a interessarmi; ricado cosi nella tremenda orizzontalità della vita di chi risolve gli innumerevoli fatti della vita, non fuori, ma dentro la vita, magari nell'incanto di una << forma diversa >> o, insomma, nel ritmo della mia vita che si fa leggenda. Metto dunque tutto a tacere, sono passato, dopo una breve visita al Calvario, dall'orto dell'infamia al giardino di Alcina e mi ci trovo bene.
Pier Paolo Pasolini
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