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domenica 2 marzo 2014

Pasolini, LA RABBIA 1963 - Di Carlo di Carlo.

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro



Pasolini, LA RABBIA 1963
di Carlo di Carlo.



Il testo che segue e' scritto da Carlo di Carlo, aiuto regista nel film La rabbia (lo e' stato precedentemente di Mamma Roma e de La ricotta) ed integralmente riportato dal testo Teoria e tecnica del film di Pasolini, a cura di Antonio Bertini ed edito dalla Bulzoni editore. Se ne consiglia la lettura per avere un quadro completo della tecnica filmica di Pasolini.

Tra le carte del mio lavoro con Pasolini (1962-1963), torvo un appunto relativo a La rabbia, l'ultimo film al quale ho collaborato con lui. Probabilmente una sua dichiarazione.

Dice Pier Paolo: "Il film La rabbia e' un saggio polemico e ideologico sugli avvenimenti degli ultimi dieci anni. Tali documenti sono presi da cinegiornali e da cortometraggi e montati in modo da seguire una linea, cronologico-ideale, il cui significato e' un atto di indignazione contro l'irrealta' del mondo borghese e la sua conseguente irresponsabilita' storica. Per documentare la presenza di un mondo che, al contrario del mondo borghese, possiede profondamente al realta'. La realta', ossia un vero amore per la tradizione che solo la rivoluzione puo' dare". La rabbia; un film di montaggio, un film-saggio politico, un film poetico. Meglio, un testo in poesia espresso per immagini, con la rabbia in corpo. La rabbia di Pasolini. La sua rabbia. Contro il mondo borghese, contro la barbarie, contro l'intolleranza, contro i pregiudizi, la banalita', il perbenismo. Contro il Potere che, soprattutto allora inveiva contro di lui (che non era ancora il Pasolini di poi) in modo persecutorio. Contro. Contro. Contro.

Perche' La rabbia e' stato proprio un film-contro, e per molti versi anticipatore.

Gia' all'inizio nacque contro il partener, Giovannino Guareschi, autore della seconda parte. Quel Guareschi, simbolo dell'umorismo da sacrestia di quegli anni, il quale incarnava meglio e piu' di ogni altro lo spirito del '48, della piccola borghesia, dei Comitati civici, dell'Italia degasperiana, quasi una liala del qualunquismo.

Si', perche' l'idea del produttore fu quella di sfruttare l'idea del "visto da destra.... e vista da sinistra", le due vignette che settimanlmente distinguevano la prima pagina del Candido mettendo in berlina i comunisti ("trinacituri") secondo le norme piu' bieche dell'anticomunismo della guerra fredda. Attraverso l'incontro/scontro Pasolini-Guareschi, il produttore era certo di compiere un'operazione commerciale di sicuro successo. Scandalo. Prestarsi a un'operazione del genere! Pasolini appariva gia' e sempre scandaloso, e a quei tempi poi! Ora addirittura si prostituiva a favore di un'operazione commerciale che lo vedeva affiancato a un tale figuro. (E pensare che la nostra moviola era perfino distante dieci metri da quella di Guareschi, in fondo a un corridoio di un appartamente di Viale Liegi. Di lui si intravedevano, ogni tanto, i baffi, perche' i due non si salutavano neppure). Il film fu un totale insuccesso commerciale. A Roma due giorni di programmazione, credo due a Milano, a Firenze uno. Poi basta. E cosi', sulle ceneri di questo insuccesso, rimase splendidamente sola, la parte di Pier Paolo, questo eccezionale documento (capito soltanto negli anni a venire) che implicitamente dimostrava ancora una volta l'autonomia della creazione, della poesia, della cultura. Questo film fu un lavoro eccitante, complesso, superiore a quella per Mamma Roma e per La ricotta. Perche' non si tratto' soltanto di scegliere insieme tra in novantamila metri di Mondo libero (il cinegiornale degli anni della guerra fredda confezionato dal nostro produttore) e di tanti altri documentari d'ogni tipo, ma di un paziente e vivace lavoro, sia dal punto di vista tecnico che da quello creativo: ricerca e scelta dei piu' svariati materiali fotografici e di documentazione, riprese dal vero e in truka di varie sequenze, prove e riprove di montaggi differenziati, costruzioni di sequenze di collegamento tra un tema e l'altro, ricerca dell'unitarieta' stilistica, infine tante e tante discussioni vive e accese su tutto perche' in quei mesi, d'un colpo, tutto cio' che era accaduto e accadeva d'importante nel mondo, era davanti ai nostri occhi, li' sul piccolo schermo della moviola.

Quindi: amarezze indifferenza iprocrisia delusioni tragedie e anche illusioni speranze. La rivoluzione. L'utopia. Bisognava stringere, scegliere, contenere. Gli argomenti si assotigliarono: la morte di De Gasperi, la guerra in Corea, le alluvioni, la televisione, l'Ungheria, l'anticomunismo, Egitto/Israele, l'assassinio di Lumumba, Nasser, Sukarno, la liberazione di Tunisia, Tanganika, Togo, Cuba, il canale di Suez e poi Sophia Loren, l'incoronazione della regina d'Inghilterra, Eisenhower, la morte di Pio XII (e' morto un Papa di famiglia eletta - grandi agrari del Lazio..."), l'elezione di Giovanni XXIII ("Uguale al padre furbo e al nonno bevitore di vinelli pregiati, figura umana sconosciuta ai sottoproletari della terra, ma anch'esso coltivatore di terra - il nuovo Papa nel suo dolce, misterioso sorriso di tartaruga, pare avere capito di dover essere il pastore dei Miserabili; pescator di pescecani, pastori di jene, cacciatori di avvoltoi, dei seminatori di ortiche, perche' e' loro il mondo antico, e non son essi che lo trascineranno avanti nei secoli, con la storia della nostra grandezza".), il realismo socialista e l'arte astratta, la Francia e l'Algeria, stermini, impiccagioni, esecuzioni, torture, De Gaulle. Poi l'inno a Marylin ("Del pauroso mondo antico e del pauroso mondo futuro / era rimasta solo la bellezza, e tu / te la sei portata dietro come un sorriso obbediente"). Infine, l'atomica, i voli nel cosmo, la grande era. Pier Paolo concludeva: "Perche' compagni e nemici, / uomini politici e poeti, / la rivoluzione vuole una sola guerra, / quella dentro gli spiriti / che abbandonano al passato / le vecchie, sanguinanti strade della Terra".

Un ultima cosa: Pier Paolo detestava i doppiatori e quindi leggere questo testo bellissimo divento' un problema non secondario. Ebbe l'idea di farlo leggere da due voci altre, agli amici Giorgio Bassani e Renato Guttuso. Testo a due voci: la voce in poesia e la voce in prosa, la voce della pacatezza (Bassani), la voce della rabbia, dell'invettiva (Guttuso). Bassani e Guttuso si sentirono protagonisti-attori, impegnati nel testo. Non fu facile, ma anche questo risultato fu singolare.

Carlo Di Carlo
 
Fonte:
 

@Eretico e Corsaro - Le Pagine Corsare

Curatore, Bruno Esposito

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