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Biografia, lavori in corso - a breve anche il 1974 e il 1975

lunedì 22 aprile 2013

Paesaggio a-sonoro nel cinema di Pasolini. La poetica del silenzio

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro




Alessandro Cadoni
Paesaggio a-sonoro nel cinema di Pasolini. La poetica del silenzio
A. Cadoni, Paesaggio a-sonoro nel cinema di Pasolini. La poetica del silenzio, in "XÁOS. Giornale di confine", Anno II, N.3 Novembre-Febbraio 2003/2004, URL: http://www.giornalediconfine.net/anno_2/n_3/14.htm


Non è raro, nella produzione cinematografica di Pier Paolo Pasolini, incontrare sequenze in cui è quasi o addirittura totalmente assente l'uso dei dialoghi, e gli effetti di senso sono, nel contesto, affidati alla pura suggestione visiva. (1) In ogni caso, se si considera la natura del mezzo cinematografico, il fatto che un film possa fare a meno del supporto dialogico non dovrebbe stupire in modo particolare. La base del linguaggio cinematografico è in primo luogo costituita dalla successione delle immagini, dal montaggio. (2) La vista, quel senso della opsis proprio del teatro, secondo Aristotele, (3) è referente fondamentale, a volte unico, nella comprensione di un film. Il silenzio dei personaggi in scena dunque, alle condizioni che da qui in avanti si cercherà di mettere in luce, è un dato assolutamente significativo nell'ambito della colonna sonora, al pari dei dialoghi, delle musiche e dei suoni in generale.
Il primo "silenzio" significativo lo troviamo in Accattone, precisamente nella sequenza del sogno, una delle più riuscite dell'intero film. (4) Nella rappresentazione del sogno del protagonista regna un silenzio irreale, spettrale, che anticipa il finale tragico, facendo da pendent con il Coro finale (n. 68) della Matthäus Passion di Johann Sebastian Bach, che accompagna le inquadrature di Accattone che dorme nella misera stanzetta, introducendo alla visione del sogno vero e proprio. Scrive a proposito Serafino Murri:
Ma fra tutte vi è una scena che merita senz'altro di essere ricordata per la sconvolgente efficacia della sua essenzialità: quella del sogno di Accattone. La scena sovraesposta e polverosa in cui si aggirano, tra detriti e calcinacci, vestiti a lutto […] gli amici di Accattone che vanno al suo funerale, il senso di morte emanato dai mariuoli napoletani, l'angoscia di vedersi scavare la propria fossa all'ombra anziché al sole, sono sottolineati in maniera superlativa da un silenzio sordo, dall'assenza di qualsiasi rumore, un silenzio senza ampiezza, senza respiro, senza spazio. (5)
Con un lungo salto si giunge a Medea, dove si trovano intere sequenze in cui la parte dialogica è quasi del tutto assente, ma la drammaticità delle immagini e la suggestività del sonoro costituiscono un piano semantico assolutamente compiuto. È il caso della lunga sequenza del sacrificio in Colchide (che va dall'inquadratura 27 alla 180), nella quale le uniche parole sono pronunciate da Medea (nello spazio di una sola inquadratura). (6) Ma è soprattutto il caso, eccezionalmente importante per come affronta il problema del rapporto fra cinema, realtà e sogno e di quello fra cinema, realtà e visione (o delirio), (7) della doppia sequenza della vendetta di Medea: doppia perché essa viene proposta per due volte nel film (caso assai raro, almeno per quanto riguarda la mia esperienza di spettatore), con variazioni quasi impercettibili. Il fatto che le due sequenze rappresentino realtà e sogno oppure realtà e visione (o delirio) non è qui, per quanto molto interessante, motivo di discussione. Ciò che ci interessa notare, al fine di questa analisi, è come il cinema di Pasolini riesca a riportare sullo schermo due sequenze, anche uguali e diegeticamente contigue, e a dar loro vita mediante la pura espressione visiva, che è uno dei sensi della realtà e che in questi momenti diviene per lo spettatore il referente principale per la comprensione dell'esperienza cinematografica (ed è anche il mezzo più efficace per tradurre nel cinema l'esperienza onirica, nei limiti del verosimile).
La sfiducia nella razionalità, nel logos da parte di Pasolini, che si manifesta pienamente in Medea, (8) è uno dei temi principali in tutto il ciclo del cinema d'élite, e spesso si traduce in astrazione e silenzio. Se già in Edipo re e Teorema prendono forma lunghi tratti di angosciante afasia, il film in cui questa strategia di sottrazione si manifesta pienamente è sicuramente Porcile. Nell'episodio del cannibalismo, infatti, non viene pronunciata dai protagonisti neanche una parola; si ottiene così la contrapposizione violenta fra un mondo arcaico, mitico-realistico e a-storico e la degenerazione della moderna borghesia, in cui i discorsi non legati alle logiche di potere e profitto si sciolgono in un vacuo nichilismo.


I silenzi di Maria: note su Il Vangelo secondo Matteo

È nota la straordinaria abbondanza di presenze musicali nella colonna sonora de Il Vangelo secondo Matteo. Qui Pasolini, dando sfoggio di grande sensibilità musicale, accosta i generi più disparati (da Bach e Mozart ai repertori di musica popolare russa, statunitense o africana), secondo il principio "auerbachiano" della contaminazione degli stili a lui tanto caro. Gianni Rondolino, nella sua monografia sulla musica nel cinema, accenna alla componente sonora del film, definendola "orgia musicale", (9) con un'espressione che non rende certo giustizia alla qualità dei brani utilizzati e alla cultura musicale dell'autore, ma dà tuttavia l'idea della strategia espressiva utilizzata. Uno dei miracoli di equilibrio che prendono vita ne Il Vangelo secondo Matteo, del quale molti critici parvero non accorgersi, è la sintesi espressiva raggiunta fra le diverse forme linguistiche e comunicative nel film: parlo soprattutto del perfetto contrasto fra la strategia di accumulo delle presenze musicali, contrapposta, o per meglio dire, accordata con quella di sottrazione a livello di comunicazione verbale, alla quale concorrono i vari elementi tipici del linguaggio pasoliniano, come il gusto estetico, i richiami pittorici, l'espressività in funzione della drammaticità. Tutti fattori che si caricano ancor più di significati e chiavi di lettura; qui il "silenzio cinematografico" (10) costituisce per lunghi tratti l'elemento predominante dell'azione filmica. Non è un caso che le sequenze più significative da questo punto di vista abbiano quasi tutte per protagonista Maria. Già la prima costituisce forse l'esempio più rilevante dell'intera pellicola; in essa si racconta di come Maria, promessa sposa di Giuseppe, si sia trovata a essere incinta per opera dello Spirito Santo e di come Giuseppe sia stato convinto da un Angelo del Signore a tenerla con sé e a dare al bambino il nome di Gesù. (11) Come si può già chiaramente intuire il film inizia seguendo quella che sarà una regola nel corso del suo svolgimento, cioè la fedeltà al Vangelo di Matteo. Infatti nella sequenza i personaggi non proferiscono una sola parola, come avviene in Matteo (fatta eccezione per ciò che dice l'Angelo a Giuseppe (12) e per la voce fuori campo che riporta le parole del profeta). (13) Si ha così modo di vedere come Pasolini sia in grado di far "parlare" le facce, i visi mediante le loro espressioni: accade in questo caso che la colonna visiva ci sveli e ci descriva, nello stesso momento, gli stati d'animo dei personaggi, descrizione che rispecchia, a mio avviso, quella dei Vangeli Apocrifi. (14) Vediamo, di seguito, come tutto ciò possa accadere.

Inq. 1: PP di Maria che tace, non guarda in macchina (si direbbe quasi che cerchi negli occhi di chi ha davanti aiuto, comprensione). (15)

Inq. 2: in controcampo PP di Giuseppe tace, non guarda in macchina (guarda certamente Maria che sta di fronte a lui, l'espressione del viso denota uno stato d'animo profondamente combattuto, incerto, (16) sembra quasi celare un distante moto di indignazione, forse un atto d'accusa, forse un rimprovero). (17)


Inq. 3: la MDP stacca e torna su Maria in PP, tace sempre ma ora abbassa gli occhi (come se non riuscisse più a sostenere lo sguardo di Giuseppe o come se non riuscisse a sopportare che la sua buona fede venga messa in discussione).


Inq. 4: la MDP torna in PP su Giuseppe.


Inq. 5: in CM appare Maria inquadrata in FI (è in piedi, guarda per terra, sempre in silenzio. Solo ora si scorge che è incinta. Sullo sfondo si alza un muro di mattoni con un arco romanico a tutto sesto, che è stato murato ma lascia comunque intravedere una porzione di cielo, che fa quasi da cornice alla figura). (18)


Inq. 6: Giuseppe in CM si allontana e varca una porta (è la prima inq. in cui notiamo un movimento di macchina, panoramico verso destra).


Inq. 7: in CM la MDP mostra frontalmente Maria che si avvicina, avanzando lentamente dall'uscio della casa che sta sullo sfondo. Sull'uscio si affacciano alcune donne (una tiene in braccio un bambino) per vedere. Maria si ferma, inquadrata in PA. Si intuisce che guarda Giuseppe mentre si allontana.


Inq. 8: in CM Giuseppe viene inquadrato di spalle mentre va via per una stradina. 


Inq. 9: PP di Maria, defilata sulla destra dell'inquadratura; sulla sinistra, senza profondità di campo, si intravede lo sfondo, sfocato, con l'uscio della casa e le persone che vi sono affacciate per assistere alla scena (19)


Inq. 10: ancora Giuseppe in CM, di spalle, che cammina.


Inq. 11: PPP di Maria (si intuisce che in un primo momento guarda Giuseppe andare via, poi abbassa gli occhi, tace)
(C'è ora un cambiamento di scena. Inizia la sequenza 2). (20)

Inq. 12: la macchina da presa segue Giuseppe. Si scorge in CL un villaggio arroccato su un colle (è la Palestina di duemila anni fa ricostruita nell'Appennino meridionale, fra i Sassi di Matera e le brulle campagne del Mezzogiorno).

Inq. 13: la MDP, con una panoramica prima verso destra, poi verso sinistra, ci mostra il villaggio e si sofferma su un gruppo di bambini che giocano.


Inq. 14: Giuseppe guarda i bambini e si appoggia a una pietra, dove si assopisce.


Inq. 15: si vedono ancora i bambini.


Inq. 16: Giuseppe, appoggiato alla pietra, dorme.


Inq. 17: ancora i bambini.


Inq. 18: PP di Giuseppe che dorme. Il vociare dei bambini, che finora si sentiva, cessa di colpo e Giuseppe apre improvvisamente gli occhi. (21)


Inq. 19: in controcampo appare l'Angelo in FI, in piedi sopra una roccia, che pronuncia le parole cui si è già accennato (è un'immagine che colpisce per la sacralità, ottenuta grazie all'uso della luce, e per l'impatto emozionale che causa nello spettatore).


Inq. 20: PPP di Giuseppe.
(Nuovo cambio di scena con Giuseppe che fa ritorno verso casa).

Inq. 21: la MDP stringe l'inquadratura verso la casa dove sta Maria.

Inq. 22: Giuseppe, ora inquadrato frontalmente, fa ritorno verso casa.


Inq. 23: la MDP segue Giuseppe. (Queste inquadrature sono accompagnate dal "Gloria" dalla Missa luba, il motivo di gioia, che accompagna diversi momenti del film. È l'unico intervento musicale nella sequenza descritta).
(La scena torna al di fuori della casa, dove la sequenza ha avuto inizio: seq. 3).

Inq. 24: Maria esce di casa per andare incontro a Giuseppe. È inquadrata obliquamente, in FI.

Inq. 25: PP di Maria.


Inq. 26: Giuseppe entra nel cortile e si ferma (ecco che si ripresenta la situazione iniziale).


Inq. 27: PP di Maria (sorride).


Inq. 28: PP di Giuseppe (anche lui, in segno d'intesa, sorride dolcemente).


Inq. 29: PP di Maria (sorride).


La sequenza è costruita in modo tale che già la consequenzialità delle immagini costituisca di per sé un piano semantico compiuto e che non ci sia bisogno di dialoghi per afferrarne il senso. È possibile individuare al suo interno quattro parti ben distinte, che chiameremo:

A) incontro Maria - Giuseppe (inqq. 1-11);


B) "sogno" di Giuseppe (inqq. 12-20);


C) ritorno a casa di Giuseppe (inqq. 21-23);


D) nuovo incontro tra Maria e Giuseppe (perdono, inqq. 24-29).


Di queste quattro parti, A e D appaiono come un blocco unico, attraversato da B e C che costituiscono una sorta di parentesi, esplicativa all'interno del contesto, o meglio risolutiva ai fini dell'intreccio: grazie alle parole dell'Angelo, infatti, Giuseppe scaccia da sé ogni dubbio e si viene a creare una nuova intesa con Maria. Il costante uso del sintagma alternante in A e D è l'elemento che ci dà l'idea di come queste due parti costituiscano un tratto unico, in cui convergono B e C per dare compimento all'azione. (22) Al di là del discorso diegetico unitario, che ricalca fedelmente, come ho già detto, il Vangelo di Matteo (con un occhio anche al testo degli Apocrifi), (23) non si può non tenere conto dell'unicità e della significazione profonda che in sé e per sé producono le parti A e D, del plus-valore di senso che si viene ad aggiungere sul piano connotativo; già dalla trascrizione appare chiaro il modo della comunicazione fra i due personaggi, fatto essenzialmente di sguardi, impressioni ed espressioni, in cui il silenzio gioca un ruolo primario. Ma è anche importante sottolineare il fatto che esso coinvolge non solo i due protagonisti, ma anche il fruitore del film, lo spettatore: si crea così una sorta di triangolo, in cui il silenzio costituisce i lati che uniscono i tre vertici, cioè il modo di comunicazione fra i personaggi e il mezzo di comprensione (insieme - ovviamente - a quello visivo) per lo spettatore. Questa forma di comunicazione è descritta con elementi denotativi di tipo puramente visivo e il silenzio è un dato di fatto, ma è evidente che non è una mancanza, bensì un elemento portatore di senso, carico di significato a livello connotativo, (24) un dato aggiuntivo ancora più pregnante della parola, che qui non trova spazio, né per esprimere ciò che già è chiaro, né per tentare di spiegarlo.
In questo modo, utilizzando un linguaggio del tutto personale, Pasolini ricollega la sua opera a un topos religioso (e filosofico), quello del silenzio. Lo spettatore si trova così in mano una chiave di lettura aggiuntiva, che rimanda a un'analisi specifica.
Il silenzio, in qualsiasi religione, sta a significare, o meglio accompagna, nella maggior parte dei casi, il momento di raccoglimento, di riflessione, di preghiera dei fedeli. Nella Bibbia (come nella vita degli uomini ) esiste un silenzio sensato e un silenzio imprudente, (25) e ciò dipende dalla situazione, dalla circostanza particolare. (26) La reticenza e il silenzio erano una regola per gli orfici e per i pitagorici. Ancora in ambito biblico, troviamo nel Vecchio Testamento il silenzio di Dio che significa un mancato intervento nella vita dell'uomo, e può essere tragico o benevolo per gli uomini stessi. (27) Con la rivelazione di Cristo nel Nuovo Testamento cessa per sempre il silenzio divino. (28) Nel libro dell' Apocalisse tutto tace per circa mezz'ora dopo l'apertura del settimo sigillo, poco prima che le sventure si abbattano sulla Terra; (29) si tratta, in questo caso, di silenzio del creato (e, ovviamente, delle creature) al cospetto di Dio, tema che troviamo anche nel libro del profeta Zaccaria, dove egli invita gli uomini a tacere di fronte a Dio, " poiché egli si è destato dalla sua santa dimora ". (30)
Molti altri sono i passi delle Scritture in cui è presente questo tema, ma quello che più degli altri coinvolge la nostra analisi, contenuto nel libro del profeta Daniele, (31) è senz'altro l'episodio di Susanna, (32) moglie di un membro della comunità ebraica di Israele, che viene ingiustamente condannata a morte con l'accusa di adulterio da parte di due anziani, senza avere neanche la possibilità di difendersi rispondendo alle accuse che le vengono rivolte. Solo l'intervento del profeta riuscirà a salvarla e a convincere la comunità della reale innocenza della giovane donna.
È molto interessante notare che Susanna, nel momento in cui si sente accusata di quei fatti che pure non ha commesso, rimanga totalmente in silenzio: (33) al di là della ragione contingente di tale silenzio, (34) esiste certamente una spiegazione ermeneutica più profonda che possiamo trovare in Ambrogio. Egli accosta in diverse opere il silenzio di Susanna a quello di Cristo, che, tacendo di fronte alle calunnie che gli venivano mosse contro, andò incontro alla morte per redimere il mondo dai propri peccati, (35) e ignorando le accuse rivoltegli dal tribunale tolse ad esse ogni validità. (36) Perciò quello di Susanna è certamente il tipo di silenzio che Ambrogio, in opposizione a quello otiosum (inerte), definisce, nel De officiis, negotiosum (attivo, sensato), per spiegare al lettore i casi in cui tacere è più conveniente, più utile e persino più significativo che parlare:


Quid igitur? Mutos nos esse oportet? Minime. Est enim tempus tacendi et tempus loquendi. Deinde, si pro otioso verbo reddimus rationem, videamus ne reddamus et pro otioso silentio. Est enim et negotiosum silentium, ut erat Susannae, quae plus egit tacendo quamsi esset locuta. (37)
Susanna dunque, col suo silenzio, dice, secondo Ambrogio, più di quanto avrebbe detto con le parole, e, pur non parlando con gli uomini, riesce in se stessa a comunicare con Dio:
Tacendo enim apud homines locuta est deo nec ullum maius iudicium suae castitatis invenit quam silentium. Conscientia loquebatur, ubi vox non audiebatur, nec quaerebat pro se hominum iudicium quae habebat domini testimonium. (38)

Alla luce di quanto detto finora, è interessante notare le affinità che emergono fra Susanna e il personaggio di Maria (così come appare nella prima sequenza del film, sulla quale ci siamo finora soffermati). Abbiamo già detto di come la comunicazione per mezzo del silenzio sia rappresentata denotativamente attraverso la colonna visiva; si è anche già detto come Pasolini abbia volutamente fatto riferimento a un luogo topico religioso-letterario che contribuisce ad allargare ulteriormente i vari livelli di significazione della sua opera. (39) Maria si trova in una situazione simile a quella di Susanna: Giuseppe, nel vederla incinta, è molto dubbioso sulla sua buona fede, ma lei non ritiene di doversi discolpare con le parole e perciò rimane in silenzio; (40) tuttavia il suo è un silenzio assai eloquente, sa dentro di sé di non aver commesso alcuna colpa e lo comunica a Giuseppe attraverso gli occhi e a Dio attraverso la propria mente, tacendo; e, proprio come accadeva a Susanna, salvata grazie al provvidenziale intervento del profeta, ecco che un Angelo del Signore appare in sogno a Giuseppe, rivelandogli la verità, fugando così ogni dubbio dalla sua coscienza.
Altre sequenze che coinvolgono il personaggio di Maria sono assai significative dal "punto d'ascolto" del silenzio. Si può parlare, ad esempio, della scena della seconda apparizione dell'Angelo, che in sogno annuncia a Giuseppe che può fare ritorno in Israele (41). È un momento assai toccante del film, in cui la comunicazione fra Giuseppe e Maria avviene per sguardi, espressioni, negli stessi modi descritti nell'analisi della prima sequenza. La giovane Maria, interpretata da Margherita Caruso, continua a comunicare per mezzo del suo viso, i cui enormi occhi dallo sguardo dolce e malinconico riempiono lo schermo, segnando in modo indelebile la memoria visiva dello spettatore. La sequenza è accompagnata dalla musica di Bach (Adagio dal Concerto BWV 1060), che, in mancanza dell'evento sonoro verbale, assume una funzione ancora più evidente di connotazione dello stato emotivo delle immagini. Lo stesso accade in un'altra sequenza "muta", quella della visita dei Magi, in cui lo "spiritual" Sometimes I Feel Like a Motherless Child riempie lo spazio acustico, fungendo da cornice sonora alle splendide immagini che scorrono sullo schermo.
Un'altra sequenza - per concludere - che colpisce per il silenzio di Maria (che, conformemente alla fonte evangelica, non pronuncia una sola parola in tutto il film) è quella della predica in cui Cristo pronuncia le note parole: "Chi è la mia madre, chi sono i miei fratelli?". Il silenzio sta qui a sottolineare il dolore di Maria (ormai vecchia, interpretata dalla madre del regista) nel sentire pronunciare quelle parole, e successivamente nel vedere andare via il proprio figlio. Dolore accompagnato dalle strazianti note del motivo "di morte" di Johann Sebastian Bach, l' Adagio dal Concerto BWV 1042.

Note

(1) Questo non ci stupisce, già sapendo che il gusto cinematografico di Pasolini trae origine dall'arte figurativa ancor prima che dal cinema stesso. Sui rapporti fra il regista e le arti figurative v. GALLUZZI 1994.
(2) Cfr. METZ 1989: 78 e ss. Metz, ripercorrendo attraverso un'analisi semiologica le principali tappe dello sviluppo del linguaggio cinematografico, insiste particolarmente sul "paradosso" del cinema sonoro, e sul fatto che l'avvento, intorno al 1930, del sonoro nei film abbia rivoluzionato il concetto stesso di linguaggio cinematografico (o, se così vogliamo intendere, di espressività delle immagini), e che molti autori del muto pensavano che questo potesse costituire la rovina del cinema stesso. Alla luce di questa analisi, è innegabile che il linguaggio cinematografico abbia subito un'importante evoluzione (ma è un'evoluzione naturale e tuttora in atto), ma è anche vero che, in un panorama in cui la parola assume un effetto drammatico determinante, spesso tendente a un'eccessiva verbosità, la pura espressività delle immagini, in quanto di per sé rara, diviene ancor più notevole e significante.
(3) Cfr. Aristot. Poet. 6
(4) Questa sequenza riporta alla mente quella del sogno iniziale de Il posto delle fragole di Bergman.
(5) MURRI 1994: 28.
(6) "Dai vita al seme, rinasci dal seme": sono le parole pronunciate dall'eroina. Sull'argomento cfr. FUSILLO 1996: 127-179 e RIVOLTELLA: 1991.
(7) Problema che ci riporta a tematiche del cinema più recente, molto care a un autore come David Lynch, che insiste molto sulla percezione sensibile del delirio "surreale" contrapposta alla percezione visiva in dimensione spesso iper-reale del fatto reale. E a proposito di Lynch vorrei qui aprire una breve parentesi, dato che il tema del silenzio, alla base di questa analisi, può fornire spunti di riflessione molto interessanti anche a partire dall'opera del regista statunitense. Citerò due esempi: il primo è Una storia vera, e mi riferisco alla sequenza finale, quella dell'incontro dei due fratelli Straight, al modo della comunicazione fra i due, fatto di sguardi, di gesti, di silenzio, che può essere paragonabile a quello che vedremo ne Il Vangelo secondo Matteo. Il secondo, un caso certo differente, è il recente Mulholland Drive; si ricordi la frase ricorrente (che rimane indelebilmente impressa, e rimbomba nella mente dello spettatore): "no hay banda, no hay orquesta…silencio…". Silencio, una parola che è certamente una delle possibili chiavi di lettura del film, cfr. a proposito CENSI 2002: 11.
(8) Come nota FUSILLO 1996: 127-132.
(9) RONDOLINO 1991: 109.
(10) Così felicemente definito in MURRI 1994: 54.
(11) Cfr. Mt I, 18-25.
(12) Nel film il discorso pronunciato dall'Angelo è ripreso fedelmente da Mt I, 20-21: "Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati." V. inqq. 19-20.
(13) Anche qui si segue fedelmente il testo evangelico, che a sua volta si riferisce a un passo biblico (cfr. Is 7, 14); Mt I, 23: "ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio che sarà chiamato Emmanuele, che significa Dio con noi." V. inqq. 21-22.
(14) Cfr.Protovangelo di Giacomo, XIII-XIV, e Ps.-Mt, X-XI.
(15) Fuori dalle parentesi è presente una sintetica descrizione degli elementi denotativi della colonna visiva della sequenza; fra parentesi ho inserito elementi più spiccatamente personali, passibili di interpretazione, senza alcuna pretesa di oggettività.
(16) Cfr. Protovangelo di Giacomo, XIV, 1.
(17) Cfr. Protovangelo di Giacomo, XIII, 2
(18) Con un evidente richiamo figurativo a Piero della Francesca, come ci dice l'autore stesso nella sceneggiatura del film, VSM: 487. In tutta la sequenza notiamo comunque un senso della misura estremamente simmetrico che denota un'ispirazione alla più alta tradizione pittorica italiana; cfr. anche PPC 1: 672-673: "La mescolanza, nel testo sacro, di violenza mitica […] e di cultura pratica […] proiettava nella mia immaginazione una doppia serie di mondi figurativi, spesso connessi fra loro: quello fisiologico, brutalmente vivente, del tempo biblico […], e quello ricostruito dalla cultura figurativa del Rinascimento italiano, da Masaccio ai manieristi neri".
(19) È la prima inquadratura da cui traspare quello che sarà il modulo linguistico predominante nel Vangelo, casualità e asimmetria vs frontalità e rigore geometrico, cfr. CT.
(20) VSM: 488-489.
(21) Si tratta di una rappresentazione del sogno assai essenziale. I rumori di fondo e le voci indistinte dei bambini cessano tutto a un tratto e un silenzio improvviso che si crea ci riporta all'atmosfera indefinita tipica del ricordo che si ha di un sogno avuto. A questo proposito mi sembra interessante notare le affinità con la scena del sogno in Accattone, rappresentato in modo assai più articolato, ma con modi sostanzialmente simili: inquadratura sul protagonista che dorme, sostenuta dalla musica di Bach, stacco della MDP e inizio del sogno, e contemporaneamente stacco della musica e immersione in un silenzio irreale, con assenza di rumori di fondo.
(22) Nel linguaggio filmico esistono tre tipi di sintagma alternante: il sintagma alternativo, che mostrando di seguito due immagini cronologicamente consecutive, presuppone da parte dello spettatore un'operazione intellettiva basata su un nesso analogico, il sintagma alternato, costituito da immagini contemporanee montate arbitrariamente (è il caso della nostra sequenza) e il sintagma parallelo, che mostra di seguito due immagini apparentemente senza alcun nesso analogico o temporale che le leghi. Sull'argomento cfr METZ 1989: 146-148.
(23) Il film e la sequenza in questione ci riportano all'atmosfera di un'opera, liberamente ispirata ai Vangeli Apocrifi, apparsa a distanza di pochi anni e appartenente a un comune tessuto culturale, pervasa da un tipo di religiosità se non simile, almeno paragonabile a quella di Pasolini: parlo dell'album La Buona Novella di Fabrizio De André. Basti pensare, a proposito, ai versi della canzone Il Sogno di Maria: "e la parola ormai sfinita \ si sciolse in pianto, \ ma la paura dalle labbra \ si raccolse negli occhi…"; sull'argomento sono presenti alcuni accenni in GIUFFRIDA - BIGONI 1997: 62-66.
(24) Sul rapporto fra cinema e linguistica, in particolare sui concetti di denotazione e connotazione cfr. METZ 1989: 138-141.
(25) Cfr. Eccle 3, 7.
(26) Cfr. WAU 1971.
(27) Cfr. Is 64, 11, Gb 30, 20, Ab 1,13. Il tema del silenzio di Dio, per rimanere in ambito cinematografico, ha ispirato, in modo molto particolare, il grande maestro svedese Ingmar Bergman. Partendo daI Il Settimo Sigillo per arrivare ai film della "presunta" trilogia sul silenzio di Dio (Come in uno specchio, Luci d'inverno, Il silenzio), Bergman dimostra una grande sensibilità e un'impostazione del tutto personale nell'affrontare il tema, v. TRASATTI 1993: 33-36 e 67-79.
(28) Cfr. Rm 16, 25 : "a colui che ha il potere di confermarvi secondo il vangelo che io annunzio e il messaggio di Gesù Cristo, secondo la rivelazione del mistero taciuto per secoli eterni, ma rivelato ora…"
(29) Cfr. Ap 8, 1 : "Quando l'Agnello aperse il settimo sigillo si fece silenzio in cielo per circa mezzora."
(30) Zc 17,2.
(31) Dn 13.
(32) Sul motivo del silenzio in questo episodio biblico v. PIREDDA 1991.
(33) Cfr. Dn 13, 36-42. Le uniche parole che Susanna pronuncia in tutto l'episodio non sono finalizzate alla difesa della propria innocenza, ma sono un ulteriore atto di fede nei confronti di Dio (Dn 13,42).
(34) La situazione di inferiorità della donna nella società ebraica non le permetteva di parlare a propria discolpa in un processo, PIREDDA 1991: 170.
(35) Cfr. Ambr. expos. ps. CXIII 20,35.
(36) Cfr. Ambr. expos. Luc. X 97.
(37) Ambr. Off. I 3, 9: "e che dunque? È necessario tacere? No davvero. C'è un tempo giusto per tacere e uno per parlare. E poi, se rendiamo conto di un parlare inerte, cerchiamo di non dover rendere conto anche di un silenzio inerte. Esiste infatti un silenzio sensato, come quello di Susanna, che ottenne tacendo più di quanto avrebbe ottenuto con le parole."
(38) Ambr. Off. I 3, 9: "tacendo infatti davanti agli uomini, ella parlò con Dio, e non trovò per la sua castità giustificazione più grande del silenzio. Era la coscienza a parlare, laddove la voce non poteva essere udita, e non chiedeva per sé il giudizio umano, lei che aveva la testimonianza di Dio".
(39) Oltre all'istanza espressa (connotata, che a grandi linee corrisponde, in linguistica, al significante) e a quella rappresentata (denotata, ovvero il significato) si viene ad aggiungere al piano semantico un legame con fonti precedenti non propriamente attinenti al tema trattato dal film (o dalla sequenza in questione). Cfr. METZ 1989: 140.
(40) Sappiamo che anche Giuseppe non pronuncia alcuna parola nell'arco di tutta la sequenza, tuttavia sembra più giusto soffermarsi sul silenzio di Maria, che, proprio per il confronto con Susanna, si carica maggiormente di significato.
(41) Bisogna notare che anche in questa sequenza, come nella prima, si sente l'influenza dell'atmosfera degli Apocrifi, soprattutto nella bellissima immagine di Cristo fanciullo che gioca in maniera gioiosa, come un bambino qualsiasi.
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NOTA BIBLIOGRAFICA
CENSI 2002
Rinaldo Censi, "In Statu Nascendi", Cineforum n. 413, Aprile 2002, pp. 11-13.
CT
Pier Paolo Pasolini, "Confessioni tecniche", in Pier Paolo Pasolini, Pier Paolo pasolini. Per il cinema, a cura si Walter Siti e Franco Zabagli, Milano, Mondadori, 2001, pp. 2768-2781, vol. II (già in, Uccellacci e uccellini, un film di Pier Paolo Pasolini, Milano, Garzanti, 1966).
FUSILLO 1996
Massimo Fusillo, La Grecia secondo Pasolini: mito e cinema, Firenze, La Nuova Italia, 1996.
GALLUZZI 1994
Francesco Galluzzi, Pasolini e la pittura, Roma, Bulzoni, 1994
GIUFFRIDA - BIGONI 1997
Romano Giuffrida - Bruno Bigoni, "Canzoni corsare", in Fabrizio De André. Accordi eretici, a cura di Romano Giuffrida e Bruno Bigoni, Milano, Euresis, 1997, pp. 62-66.
METZ 1989
Christian Metz, Semiologia del cinema, Milano, Garzanti, 1989. (tit. orig. Essais sur la signification au cinéma, Éditions Klincksieck, 1968).
MURRI 1994
Serafino Murri, Pier Paolo Pasolini, Milano, Editrice Il Castoro, 1994.
PPC (1-2)
Pier Paolo Pasolini, Pier Paolo pasolini. Per il cinema, a cura si Walter Siti e Franco Zabagli, Milano, Mondadori, 2001, 2 vol.
PIREDDA 1991
Anna Maria Piredda, "Susanna e il silenzio. L'interpretazione di Ambrogio", Sandalion" 14, (1991), pp.169-192.
RIVOLTELLA 1991
Pier Cesare Rivoltella, "Per una lettura simbolica del film Medea di Pier Paolo Pasolini", in Sulle orme dell'antico, a cura di A. Cascetta, Milano, Vita e Pensiero, 1991, pp. 263-282.
RONDOLINO 1991
Gianni Rondolino, Cinema e musica, Torino, UTET Libreria, 1991.
TRASATTI 1993
Sergio Trasatti, Ingmar Bergman, Milano, Editrice Il Castoro, 1993.
VSM
Pier Paolo Pasolini, "Il Vangelo secondo Matteo", in Pier Paolo pasolini. Per il cinema, a cura si Walter Siti e Franco Zabagli, Milano, Mondadori, 2001, vol. 1, pp. 485-682 (I ediz. Il Vangelo secondo Matteo, a cura di G. Gambetti, Milano, Garzanti, 1964).
WAU 1971
Carlos Wau, "Silenzio", in Enciclopedia della Bibbia, Torino-Leumann, ELLE DI CI, 1971, vol. VI, pp. 460-461.
Fonte:
http://www.giornalediconfine.net/anno_2/n_3/14.htm


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