"Le pagine corsare "
dedicate a Pier Paolo Pasolini
Eretico e Corsaro
I luoghi campani del Decameron di Pier Paolo Pasolini
di Luigi Fusco
Pasolini riuscì a combinare arte figurativa e cinema, svelando paesaggi ed edifici storici della Campania, luoghi ai limiti della storia, e in un certo senso fuori dalla storia.
Basilica di Santa Chiara |
Tale approccio avvenne attraverso le lezioni di Storia dell’Arte medioevale e moderna tenute, al tempo, da Roberto Longhi: Storico dell’Arte di fama internazionale ed il primo studioso ad introdurre in Italia i nuovi metodi di critica storico-artistica di tipo formale.
L’incontro fra Pasolini e Longhi avvenne nel 1941, in occasione dei corsi, tenuti da quest’ultimo, incentrati Sui fatti di Masolino e Masaccio. A margine delle suddette lezioni, il giovane scrittore pensò di conseguire la laurea in lettere scrivendo una tesi sulla Pittura Italiana del Novecento, ma, nonostante vi avesse cominciato a metter mano, non portò a termine il progetto.
Nello stesso periodo, inoltre, Pasolini iniziò a pubblicare articoli di critica d’arte sulla rivista il “Setaccio”. Il contatto, intanto, con l’arte in generale, sia del passato e sia di età contemporanea, era stato talmente intenso che lo stesso scrittore intraprese una felice sperimentazione fra letteratura, cinema e, appunto, arte, coniugando, in termini di elaborazioni di immagini, la tradizione pittorica italiana ed il proprio stile, che emergeva, mano a mano, dalle sue sempre più frequenti prove di pittura o di disegno.
In questa fase svolsero un ruolo fondamentale nella sua formazione artistica due pittori. Prima Federico De Rocco, di Casarsa della Delizia in provincia di Pordenone, conosciuto durante i suoi soggiorni friuliani, avutisi fra il 1943 ed il 1950. Successivamente, Pasolini entrò in contatto con Giuseppe Zigaina, di Cervignano del Friuli, al quale vi restò legato per tutta la vita.
La sua consacrazione all’arte cinematografica venne in seguito ad affermarsi tramite la commistione di tutte le sue esperienze estetiche, che gli servirono, poi, a costruire, con grande gusto figurativo, i suoi film, orientandoli, contestualmente, verso specifici rimandi formali aventi una notevole valenza sia ideale che iconografica.
Con il film Accattone vennero, in maniera opportuna, a materializzarsi tutte le sue idee basate sulla traduzione di alcune figure, presenti in vari capolavori della pittura del passato, in dinamiche immagini cinematografiche.
Pasolini ebbe come riferimenti figurativi, soprattutto, i cicli pittorici di Giotto, di Masaccio e di tanti altri autori dell’Italia centro-settentrionale vissuti fra il Trecento ed il Quattrocento.
Per Mamma Roma, invece, trovò ispirazione nei dipinti del Caravaggio, ma pure del Ghirlandaio e di Leonardo da Vinci.
Enrique Irazoqui, l’interprete di Gesù nel Il Vangelo secondo Matteo, venne scelto da Pasolini perché il suo volto gli ricordava quello di alcuni “Cristi” eseguiti da El Greco. Sempre in questo film molteplici sono stati, inoltre, i rimandi alla pittura di Giotto così come a quella di Piero della Francesca; peculiare fu, poi, il luogo scelto per le riprese: i “Sassi di Matera”.
Torre Casertavecchia |
In merito, la caratteristica della lingua napoletana del Decameron pasoliniano, adottata dal regista in virtù dei rinvii novellistici relativi al periodo del soggiorno partenopeo del Boccaccio e delle sue continue ricerche sulla linguistica della narrativa italiana, ben si allineava alla sua prospettiva investigativa, di natura storica ed artistica, da svolgere in specifici territori della Campania, già ritenuti indispensabili per le riprese esterne del suo film.
Torre Casertavecchia |
Presso Casertavecchia, prevalentemente nell’area del Castello, vennero effettuate le riprese relative alle seguenti scene: il Racconto-Cornice di Ser Ciappelletto (novella I della prima giornata), quella del mercato riguardante il racconto di Andreuccio da Perugia (novella V della seconda giornata) ed una breve sequenza visibile nell’episodio di Peronella (novella VII della II giornata). Mentre a Piedimonte di Casolla, vennero filmate una inquadratura del tema di Andreuccio da Perugia e buona parte della narrazione di Caterina di Valbona (novella V della quarta giornata). Quest’ultima novella venne largamente registrata nel giardino e negli ambienti del sottotetto del Palazzo dei Marchesi Cocozza di Montanara
Via San Michele Arcangelo a Casertavecchia |
Alla pagina 10 delle “Cronache di Napoli” del “Il Mattino”, di martedì 6 ottobre 1970, è ancora possibile leggere i due titoli «A piazza Santa Chiara a Napoli un mercato del Trecento ricostruito da Pasolini» e «Nel suo Decamerone egli non è solo regista, ma interprete, quale allievo napoletano di Giotto», a cui segue l’intervista all’autore:
Grand Hotel Convento di Amalfi in Via Annunziatella 46 ad Amalfi |
R. Perché rappresenta in un senso molto profondo tutta una parte dell’Italia che è in via di disfacimento. Amo Napoli e il proletariato napoletano perché rappresenta un modo antico di essere, con la sua gentilezza, con la sua violenza, insomma con le forme umane che più mi affascinano. Però so anche che tutto questo è arcaico e sorpassato, e, in fondo, Napoli rappresenta una saga storica. Un po’ mi ricorda (lo dico scherzando) certe tribù del Nord Africa, che hanno deciso di rifiutarsi alla storia e, quindi, ai consumi. E se, da una parte, esiste una Napoli consumistica (vedi Agostino o’ Pazzo) dall’altra, c’è gente come quella che vive nel profondo dei vicoli, che si chiude alle nuove forme di vita.
R. Il cinema italiano ha preso un po’ il posto della pittura. La nostra è una nazione di pittori. I letterati italiani veramente grandi sono pochi. Al contrario abbiamo un’eccelsa tradizione pittorica che il cinema ha ripreso. E allora, come la pittura del ‘300, ‘400 e ‘500, pur attraversando i filtri dello stile e la deformazione della forma riesce a darci, in modo addirittura commovente, la realtà italiana di quel periodo, così il cinema di oggi ha preso un pochino il posto della pittura. Sono quindi venti anni che buoni registi restituiscono la realtà italiana. Naturalmente non parlo dei registi della commedia rosa, ma piuttosto dei Fellini, dei Visconti, dei Bertolucci, ecc.”.
Le riprese partenopee vennero realizzate all’esterno della Chiesa di Santa Chiara e riguardarono la breve introduzione della novella di Caterina di Valbona
e diverse sequenze relative ad altre narrazioni; mentre nei pressi della zona vesuviana venne girata la scena dell’arrivo a Napoli dell’allievo di Giotto
invece nel convento di San Francesco a Ravello venne registrato il racconto di Masetto da Lamporecchio (novella I della terza giornata)
Basilica di Santa Chiara |
Santissima Annunziata situata in Via dell'Annunziata a Ravello |
Santissima Annunziata situata in Via dell'Annunziata a Ravello |
Lo Storico dell’Arte, al riguardo, affermava che nei quadri del Merisi gli apostoli e i santi erano rappresentati da personaggi poveri dei ceti popolari, mentre il regista dichiarava che aveva scoperto nel mondo della piccola delinquenza e delle genti di strada, nonché nell’universo del sottoproletariato, dei veri e propri “santi”.
Pasolini, attraverso questo film, riuscì a combinare
nuovamente, e con successo, arte figurativa e cinema, svelando paesaggi ed edifici storici della Campania, all’epoca misconosciuti, orientandoli poi verso la sua personalissima visione estetica, incentrata, sicuramente, sulla esaltazione dei valori della corporeità, ma anche sulla celebrazione di un mondo che è ai limiti della storia, e in un certo senso fuori dalla storia (P.P.P.)
Agrumeto di via Trarivi presso i colli di San Pietro frazione di Caserta |
Fonte:
Sapereincampania.it
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