Comizi d'amore 1963-64
di Angela Molteni
Scritto e diretto da Pier Paolo Pasolini
Intervistatore e commentatore Pier Paolo Pasolini
Fotografia Mario Bernardo, Tonino Delli Colli; aiuto alla regia Vincenzo Cerami; musica a cura di Pier Paolo Pasolini; montaggio Nino Baragli; speaker Lello Bersani.
Interventi di Alberto Moravia e Cesare Musatti; in ordine di apparizione Camilla Cederna, Oriana Fallaci, Adele Cambria, Peppino di Capri, squadra di calcio del Bologna, Giuseppe Ungaretti, Antonella Lualdi, Graziella Granata, Ignazio Buttitta; nel ruolo della sposa Graziella Chiarcossi.
Produzione Arco Film (Roma); produttore Alfredo Bini; pellicola Ferrania P 30, Kodak Plus X; formato: 16 e 35 mm, b/n; macchine da ripresaArriflex; sviluppo e stampa Istituto Luce; sonorizzazione Fonolux; distribuzione Titanus;
Riprese marzo-novembre 1963, esterni Napoli, Palermo, Cefalù, Roma, Fiumicino, Milano, Firenze, Viareggio, Bologna, campagna emiliana, Venezia Lido, Catanzaro, Crotone.
Nel 1963 Pasolini si dedica a un film-inchiesta (un prologo e tre atti) su un argomento considerato ancora tabù nell’Italia dell’epoca: la sessualità. Il regista percorre in lungo e in largo, registratore e cinepresa alla mano, la penisola (dalle grandi città dal Sud al Nord Italia, alle campagne) chiedendo a passanti, a ignoti contadini, operai, calciatori famosi, studenti, commercianti, a persone appartenenti a diversi ceti sociali, che cosa ne pensassero dell’erotismo e dell’amore.
Il regista pone le domande più disparate: da quelle rivolte a un gruppo di bambini (“Come nascono i bambini?”), a quelle concernenti la libertà sessuale indirizzate ad alcune ragazze; oppure chiede a signori borghesi, viaggiatori su un treno – o a giovani siciliani “bighellonanti” nelle piazze di paese – che cosa pensino riguardo all’omosessualità.
Dalle risposte degli intervistati esce un quadro del nostro “Belpaese” (Pasolini lo chiamò con ironia “Fritto misto all’italiana”) complessivamente falso e superficiale, infarcito – per quanto riguarda gli intervistati di estrazione borghese – di luoghi comuni; altrettante frasi fatte sono contenute nelle risposte di “borghesi illuminati” quali Camilla Cederna e Oriana Fallaci, anche se tali risposte sono formulate scientemente in un’ottica “antiborghese” e femminista. Le persone appartenenti a classi meno abbienti forniscono invece risposte più spontanee, più istintive.
Ciò che più colpisce, dice Enzo Siciliano nel suo Vita di Pasolini (Giunti, Firenze), “è la presenza sullo schermo di Pasolini medesimo: il film è il suo più spassionato autoritratto. La sua testardaggine pedagogica, la sua mitezza che era violenza e la sua violenza che era mitezza – quell’insistere nelle domande, quel modularle a pennello, a una madre, a una recluta, a un ragazzotto siciliano, a due frequentatrici di balere; quindi il timbro insolito della sua voce, schermata dietro un rigore razionalista che pare non appartenergli: il film aderiva perfettamente, e fuori di ogni previsione, alla sua persona fisica, al modo in cui erano inforcati gli occhiali o la giacca gli ricadeva sulle spalle”.
L’impressione che si trae oggi da questo film-inchiesta – recentemente riproposto dalla televisione italiana – è quella di una grande, diffusa ignoranza anche in strati di popolazione più acculturata, di una profonda, generalizzata arretratezza e di un vero e proprio timore dell’italiano medio ad affrontare, senza assurde “vergogne” un qualsiasi confronto legato ad un tema quale quello della sessualità, che dovrebbe invece essere trattato con infinita naturalezza.
Il film fa riflettere, infine, su quali siano stati nel nostro paese (all’epoca, ma ancor oggi, direi) i condizionamenti, le distorte sovrastrutture mentali, le paure instillate da un uso repressivo della religione fatto dalle istituzioni cattoliche. E anche sulle responsabilità di una classe politica che non ha dato impulsi di sorta a un rinnovamento profondo dei sistemi educativi.
Intervistatore e commentatore del film è lo stesso Pasolini, affiancato nei commenti, per quanto riguarda l’aspetto morale ed estetico, da Alberto Moravia, e da Cesare Musatti che inquadra i problemi che si presentano, via via che l’inchiesta procede, da un punto di vista psicanalitico.
Angela Molteni, luglio 1997
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