"Le pagine corsare "
dedicate a Pier Paolo Pasolini
Eretico e Corsaro
PASOLINI. I TESTIMONI DEL DELITTO
Il primo testimone che racconta una storia diversa da quella di Pino la Rana lo trova, la mattina del 2 novembre Furio Colombo, allora cronista de La Stampa, all’Idroscalo. La conversazione tra lui e l’individuo sarà ricostruita solo nel 1995 nel film di Marco Tullio Giordana, Pasolini. Un delitto italiano. In sintesi emerge che Pelosi non ha agito da solo.
Oriana Fallaci si becca una condanna per reticenza pur di mantenere riservata l’identità dell’informatore che le racconta una possibile dinamica degli eventi. Oriana era scrupolosa ed aveva incontrato l’informatore due volte, la seconda assieme a Libero Montesi, vicedirettore de l’Europeo il 13 novembre del 1975, ovvero il giorno prima della pubblicazione dell’articolo “Ucciso da due motociclisti”.
La Fallaci indicherà la sua fonte soltanto come “persona”, senza precisarne il sesso, “informata dei fatti” e non ne rivelerà mai l’identità. Si può supporre che fosse un frequentatore, probabilmente maschio, delle “baracchette” dell’Idroscalo, utilizzate indifferentemente da prostitute e omosessuali, e dai loro clienti. La “persona” racconta però de relato, ovvero racconta una dinamica che le è stato a sua volta riferita da un presunto testimone oculare. Racconta che Pasolini era giunto all’Idroscalo con la sua Alfa 2000 GT insieme a Pelosi, seguito da due individui su un “motorino”.
Un collaboratore della Fallaci riesce a far leggere l’articolo ad un altro “testimone”, non si capisce se diretto o indiretto, dell’omicidio. Fallaci lo chiama il “ragazzo che sa”. Forse si tratta di uno che ha partecipato all’aggressione, oppure di un “marchettaro” del giro dei giardinetti di Piazza dei Cinquecento che ha avuto informazioni di seconda mano. Ma potrebbe anche esserci un’altra ipotesi. Nonostante fornisca un paio di “conferme” che, guarda caso, lo stesso Pelosi riprenderà nell’ultima ricostruzione, “il ragazzo che sa”, prima di scomparire per sempre, propone la versione “minimalista” dell’aggressione, ovvero il tentativo di furto finito male: “Gli volevamo solà er portafojo e…”. Pier Paolo Pasolini però il portafoglio non lo aveva. Quando andava in giro di notte il portafoglio non se lo portava mai. Ninetto Davoli lo conferma. Erano stati a cena insieme dal Pomodorino a San Lorenzo proprio la sera del 1 novembre e Pier Paolo aveva pagato il conto staccando un assegno. Sempre secondo Davoli, oltre al libretto aveva un po’ di denaro contante appresso, “altrimenti – annota l’attore – avrebbe fatto al ristoratore un assegno di importo maggiore del conto della cena per farsi dare del contante”. Quelli che hanno conosciuto Pasolini hanno riferito che lo scrittore si era ritrovato altre volte in situazioni difficili da gestire, ovvero in presenza di individui che volevano solo rapinarlo e sapeva benissimo come comportarsi. Non avrebbe mai rischiato la vita per due o trecentomila lire. Qualche dubbio sul ruolo del “ragazzo che sa” allora viene. Si potrebbe addirittura ipotizzare che abbia provocato di proposito l’incontro con il collaboratore di Oriana Fallaci per “depistare” l’attenzione della giornalista da uno scenario più inquietante di quello del “tentativo di furto finito male”.
Dopo la pubblicazione dell’articolo “Ucciso da due motociclisti”, Oriana Fallaci incontra nel suo ufficio un tal Libero Malusà che il 12 novembre del 1975 dichiara in Questura di essere la “fonte” della Fallaci. Il tentativo sembra essere quello di screditare la giornalista. Il Malusà sostiene, di fronte ai poliziotti della Mobile, che la Fallaci avrebbe pubblicato le sue ipotesi senza precisare che si trattava semplicemente di deduzioni. Non ci vuole molto a capire che è una bufala. Libero Malusà, noto anche come Ivano Ferro, non solo non è l’informatore con cui la giornalista ha parlato, ma solo un millantatore che sostiene di aver fatto un sogno nel quale gli sarebbe apparsa la visione di una catenina e di un anello. Dalla “visione” lui avrebbe tratto una serie di considerazioni sull’omicidio.
Nonostante le ricerche effettuate dalla Questura di Roma, l’identità della “persona informata dei fatti” da cui Oriana Fallaci avrebbe avuto due incontri, resta sconosciuta. Non dubito dello scrupolo di Oriana Fallaci, tuttavia le dichiarazioni da lei raccolte sono “lacunose” e probabilmente inesatte almeno per due motivi. La prima motivazione è che essendo di “seconda mano” hanno già subito un taglio interpretativo alla fonte, la seconda motivazione è che l’informatore avrà certamente alterato anche lui il racconto recepito per non rischiare di essere individuato. In sintesi non reggono molto.
Sergio Citti, uno dei migliori amici di Pier Paolo Pasolini, aiuto regista in alcuni dei suoi film e fratello di Franco, il protagonista di Accattone, qualche giorno dopo la morte di Pasolini va all'Idroscalo, raccoglie testimonianze e gira un filmato riprendendo tutti i particolari del luogo del delitto. Il filmato viene assunto agli atti dell’inchiesta della magistratura e resta perciò secretato. Ho avuto modo di parlare con chi aiutò Sergio Citti a girare il filmato e sembra che il regista abbia avuto un colloquio con un “pescatore” di Ostia che avrebbe assistito all’aggressione di Pasolini e che sarebbe stato in grado di ricostruire in parte la dinamica degli eventi.
Sergio Citti ha sempre sostenuto che Pier Paolo cadde in un tranello tesogli, con la complicità di un piccolo malavitoso, tal Sergio Placidi, da qualcuno che voleva “ucciderlo”. Secondo Citti il tranello sarebbe scattato in seguito al furto di alcune “pizze”, avvenuto a Cinecittà, contenenti delle scene del film Salò. Pasolini ci teneva a recuperarle. Ma la prospettiva del recupero delle “pizze” è solo un pretesto: il furto potrebbe essere stato realizzato da individui che con Sergio Placidi non c’entrano nulla. Nei fatti Placidi indica a Citti una strada per entrare in contatto con chi avrebbe trafugato gli spezzoni di Salò da Cinecittà. Sergio ne parla immediatamente con Pier Paolo.
Un contatto diretto con Pasolini potrebbe essere stato stabilito attraverso un altro personaggio di cui si sono perse le tracce, taleAntonio Pinna, altro piccolo malavitoso del quartiere Donna Olimpia, assiduo frequentatore del poeta nelle sue ultime settimane di vita per motivi rimasti tuttora oscuri. Antonio Pinna il 14 febbraio 1976, a processo iniziato, scompare nel nulla, la sua auto viene rinvenuta parcheggiata all'aeroporto di Fiumicino, nel quartiere Donna Olimpiasi può trovare ancora oggi qualcuno disposto a dirti che fu eliminato perché sapeva la verità sulla morte di Pasolini.
di Igor Patruno
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