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Biografia, lavori in corso - a breve anche il 1974 e il 1975

martedì 28 dicembre 2021

1962 MAMMA ROMA

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro



1962 MAMMA ROMA



Regia di Pier Paolo Pasolini (aiuto regia: Carlo Di Carlo)
Produzione: Alfredo Bini - Arco Film
Distribuzione: Cineriz
Soggetto e sceneggiatura: Pier Paolo Pasolini
Collaborazione dialoghi: Sergio Citti
Fotografia: Tonino Delli Colli
Musica: Antonio Vivaldi (coord. Carlo Rustichelli)
Fra gli interpreti: Anna Magnani, Franco Citti, Paolo Volponi
PRIMA PROIEZIONE:
31 agosto 1962: XXIII mostra di Venezia.
USCITA NELLE SALE:
22 settembre 1962: Roma, Cinema Quattro Fontane

STORIA DEL FILM:
Film girato dal 9 aprile al giugno 1962 nei teatri di posa Incir De Paolis (Roma) e negli esterni di Roma, Frascati, Guidonia, Subiaco. Secondo film di Pasolini. Vince il Premio della FICC (Federazione Italiana dei Circoli del Cinema) alla XXIII Mostra di Venezia.


TRAMA:
Mamma Roma è una prostituta romana decisa a cambiare vita. L’occasione le si presenta quando il suo protettore convola a nozze e, di fatto, la libera da ogni legame. Mamma Roma ha un figlio, Ettore, ignaro della professione della madre, cresciuto nella cittadina di provincia. Donna di grande temperamento e di inesauribile forza, smessa “la vita” allestisce un carretto di verdura in un mercato di piazza e si trasferisce col figlio in un piccolo appartamento alla periferia di Roma. Qui, secondo i sogni della madre, Ettore potrà ottenere il riscatto della propria condizione di sottoproletario e trovarsi un lavoro rispettabile (servire ai tavoli in una trattoria in Trastevere). Ma il passato riemerge quando il protettore si ripresenta alla porta e obbliga Mamma Roma a tornare a prostituirsi. Ettore verrà a sapere della vera professione della madre e comincerà a delinquere. Arrestato per aver rubato una radiolina ad un ricoverato d’ospedale, morirà tra i deliri della febbre mentre è in detenzione.

BIBLIOGRAFIA:
- P.P. Pasolini, Mamma Roma, Milano, Rizzoli, 1962 (30 luglio)
- P.P. Pasolini, Mamma Roma, in P.P. Pasolini, Alì dagli occhi azzurri, Milano, Garzanti, 1965 (novembre); pp. 363-464.


Fonte:
L’ARENGARIO STUDIO BIBLIOGRAFICO
IL CINEMA DI PIER PAOLO PASOLINI
Libri fotografie giornali manifesti
Filmografia completa
EDIZIONI DELL’ARENGARIO



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Siamo a Roma, all’inizio degli anni ’60. Durante il grottesco banchetto di nozze (con tanto di porci e giullari alla Paolo Veronese) del suo giovane protettore Carmine (Franco Citti), la prostituta Roma Garofolo, detta Mamma Roma (Anna Magnani), proclama, in mezzo a stornelli di scherno sulla sorte della sposa, l’intenzione di tagliare presto i ponti con la prostituzione e di occuparsi unicamente dell’avvenire del figlioletto
Ettore, avuto da un marito delinquente e scomparso di vista. Passa qualche anno, in cui scopriamo che il povero figlio di puttana è vissuto a Guidonia a pensione, è rimasto analfabeta, e non ha imparato alcun mestiere, ed è ormai diventato un adolescente dalla costituzione gracilissima. Mamma Roma, messi da parte un po’ di soldi, ha comperato una casa di nuova costruzione, lontana dallo squallore di Casal Bertone dove è
sempre vissuta, e ha preso la licenza per un banco di frutta al mercato, con l’intenzione di dare inizio a una nuova vita insieme ad Ettore (Ettore Garofolo). L’unica ambizione di Roma è inserire suo figlio in quella che lei reputa la società “perbene”, la piccola borghesia romana, inseguendo un sogno di rispettabilità che per lei, nata e vissuta nel fango e nell’umiliazione, è assolutamente irraggiungibile. Infatti, la sua illusione di
incominciare una nuova vita è subito infranta dal “destino”, personificato nella figura di Carmine (sempre accompagnato dalle note del concerto in do minore di Vivaldi): per esaudire una sua ricattatoria richiesta di denaro, Roma dovrà rimandare il trasloco con Ettore e battere il marciapiede di sera ancora per qualche tempo. Così, sul leitmotiv della canzonetta Violino tzigano, cantata da una raccapricciante
voce infantile, ha inizio la “nuova vita” del perplesso e dinoccolato Ettore e di Mamma Roma nel quartiere-condominio dell’INA-case, nei pressi di Cinecittà. Di lì a poco la vita di Ettore riprende gli stessi ritmi e le stesse abitudini del paese: incontra un gruppo di ragazzi e comincia a frequentarli, con il plauso di Mamma Roma che spera che questi siano figli di buona famiglia. Ma l’ambiente di Cecafumo (questo il nome
della località) è in realtà lo stesso di Casal Bertone, e quei ragazzi sono semplici perdigiorno che si riuniscono in bande simili a quelle che Ettore ha lasciato a Guidonia. Attraverso i suoi nuovi amici Ettore conosce una ragazza, Bruna, ventiquattrenne, che ha un figlio di due anni e che è un fragile impasto di ingenuità e malizia, ma soprattutto è lo spasso sessuale di tutti i ragazzi del quartiere. Ettore, dopo essere stato
iniziato da Bruna alla sessualità, in qualche modo se ne innamora, e comincia a vendere gli oggetti di casa (tra cui anche il disco di Violino tzigano) per poterle fare dei regali. Mamma Roma intanto si rivolge ad un sacerdote per cercare di far avere a Ettore un posto di cameriere in una trattoria di un “devoto” frequentatore della parrocchia. Il sacerdote (interpretato dallo scrittore Paolo Volponi) delude le aspettative di
Roma, e, dopo una predica “moderna”, che in sintesi è una fredda disamina dell’irresolubilità della miseria, le promette tutt’al più un posto di manovale: posto che Roma, sdegnosamente, rifiuta. La storia d’amore tra Ettore e Bruna, osteggiata da Mamma Roma, nel frattempo finisce male: Ettore è picchiato dai suoi compagni nel sole dell’arida campagna romana zeppa di ruderi, perché vorrebbe
tenersi Bruna “tutta per sè”. Bruna assiste a quell’umiliazione e al pestaggio inerme, e dopo una ribellione poco convinta, saluta Ettore e va via inseme a quei ragazzi, presumibilmente a fare l’amore. Roma decide di avere ad ogni costo il posto di cameriere per Ettore, e per farlo organizza un ricatto al padrone della trattoria. Si accorda con la prostituta Biancofiore, e con il suo protettore Zaccaria, che finge di esserne
un violento fratello: Roma e Zaccaria dovranno cogliere in flagrante consumazione l’uomo e Biancofiore, in modo da poterlo ricattare per estorcergli il posto da cameriere per Ettore. A bordo di una motocicletta nuova di zecca che Mamma Roma gli ha comperato, Ettore comincia a lavorare nella trattoria trasteverina di quel malcapitato. Ma ancora una volta Carmine torna da Roma a chiedere denaro, e la costringe a
prostituirsi minacciandola di raccontare ad Ettore ciò che è stata. Disperata, Mamma Roma torna in strada, stavolta assalita dall’angoscia e vinta dalla disperazione, dal senso di condanna della propria vita. Così, Ettore viene a sapere da Bruna che Roma batte la strada, e il suo dissimulato amore (la sua frase ricorrente è «e che mme frega a me de mi madre»), si trasforma in un rabbioso senso di rancore. Dopo aver
picchiato Bruna, Ettore si licenzia dalla trattoria, e comincia a commettere furtarelli assieme alla “banda” degli amici, rifiutando i soldi che sua madre tenta disperatamente di dargli. Ettore, cagionevole di salute, è preso dalla febbre alta, ma per spavalderia di fronte agli amici e con una rabbia ormai rimasta il suo unico sentimento, decide comunque di effettuare un furto in un ospedale (il Sant’Eugenio). Ma i suoi
movimenti sono lenti, e il malato derubato (Lamberto Maggiorani di Ladri di biciclette) lo scopre e lo denuncia. Ettore viene portato in carcere, e mentre è in cella, delira dalla febbre. Ad un tratto viene preso dal panico, è colto da una crisi di nervi e cerca di uscire, con l’unico risultato di essere legato, al reparto neurologico del carcere, ad un letto di contenzione. Mentre Mamma Roma a casa si dispera, Ettore muore
senza cure legato al suo lettuccio. Quando due poliziotti in borghese le annunciano, al mercato, che Ettore è morto, Mamma Roma-Anna Magnani, con una corsa che ricorda una celebre sequenza di Roma città aperta, corre verso casa e cerca di suicidarsi lanciandosi dalla finestra. Viene salvata dagli altri “mercatari”, e lasciata alla sua terrena disperazione, con lo sguardo perso in una Roma lontana e assassina che le fa da controcampo.

Serafino Murri, Il castro cinema.


@Eretico e Corsaro - Le Pagine Corsare

Curatore, Bruno Esposito

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