"Le pagine corsare "
dedicate a Pier Paolo Pasolini
Eretico e Corsaro
1961
ACCATTONE
ACCATTONE
In Accattone ho voluto rappresentare la degradazione e l’umile condizione umana di un personaggio che vive nel fango e nella polvere delle borgate di Roma. Io sentivo, sapevo, che dentro questa degradazione c’era qualcosa di sacro, qualcosa di religioso in senso vago e generale della parola, e allora questo aggettivo, «sacro», l’ho aggiunto con la musica. Ho detto, cioè, che la degradazione di Accattone è, sì, una degradazione in qualche modo sacra, e Bach mi è servito a far capire ai vasti pubblici queste mie intenzioni...
P.P. Pasolini, BIANCO E NERO, Anno XXVIII n. 3-4, Roma, marzo/aprile 1967
P.P. Pasolini, BIANCO E NERO, Anno XXVIII n. 3-4, Roma, marzo/aprile 1967
Regia di Pier Paolo Pasolini (aiuto regia: Bernardo Bertolucci)
Produzione: Alfredo Bini per Cino Del Duca - Arco Film
Distribuzione: Cino Del DucaSoggetto e sceneggiatura: Pier Paolo Pasolini
Collaborazione dialoghi: Sergio Citti
Fotografia: Tonino Delli Colli
Musica: Johann Sebastian Bach (coord. Carlo Rustichelli)
Fra gli interpreti: Franco Citti, Franca Pasut, Adriana Asti, Polidor, Sergio Citti, Elsa Morante
PRIMA PROIEZIONE:
31 agosto 1961: XXII Mostra del Cinema di Venezia.
USCITA NELLE SALE:
22 novembre 1961: Napoli, Cinema Metropolitan; Roma, Cinema Barberini e Quattro Fontane; Milano, Cinema Apollo.
STORIA DEL FILM:
Primo film di Pasolini, girato nella periferia romana fra l’aprile e il luglio del 1961. Alla prima del Cinema Barberini a Roma un gruppo di giovani neofascisti cercò di impedire la proiezione lanciando bottiglie d’inchiostro contro lo schermo, bombette di carta e finocchi tra il pubblico. Ci furono colluttazioni e la visione del film fu sospesa per quasi un’ora. Poco dopo fu censurato e ritirato dalle sale. «Accattone» è stato il primo film del cinema italiano ad essere vietato, con un apposito decreto, ai minori di 18 anni. Nel 1962 viene presentato al Festival Comunisti-e Internazionalisti-eonale del cinema di Karlovy Vary (Cecoslovacchia) e vince il Primo premio per la regia. Nello stesso anno l’avvocato e politico Salvatore Pagliuca fece causa a Pasolini e alla società Arco film perché nel film un criminale aveva il suo stesso nome, chiedendo il risarcimento dei danni morali e l’eliminazione del suo nome, ottenendo il risarcimento dei soli danni materiali. Pasolini citerà il politico nella poesia Poeta delle Ceneri.
TRAMA:
Accattone è il soprannome di Vittorio, un sottoproletario romano che vive alla giornata. Accattone si fa mantenere da una prostituta, Maddalena, prendendo il posto del suo sfruttatore, un napoletano finito in carcere. L’uomo evita la vendetta degli amici del carcerato incolpando Maddalena di tutto e abbandonandola. Maddalena finisce in carcere. Accattone, rimasto senza soldi, conosce la fame. Un giorno incontra Stella, una ragazza che lui cerca di convincere a prostituirsi, ma intanto se ne innamora. L’amore per Stella spinge Accattone a cercarsi un lavoro, guadagnandosi da vivere in modo onesto, ma la redenzione dura poco e presto torna a rubare. Dopo un piccolo furto s’imbatte nella polizia. Durante la fuga cade dalla motocicletta e muore, compiendo il destino che pesa su di lui sin dall’inizio.
BIBLIOGRAFIA:
- Franco Fedeli, «Da vero signore Pasolini fa l’accattone» IL REPORTER Anno III n. 13, Roma, 11 aprile 1961. Immagini riprese durante la lavorazione del film.
- P.P. Pasolini, Accattone, (Roma), Edizioni FM, 1961 (14 agosto). Sceneggiatura completa.
- P.P. Pasolini, Accattone, in P.P. Pasolini, Alì dagli occhi azzurri, Milano, Garzanti, 1965 (novembre; pp. 249--362. Prima stesura della sceneggiatura.
Fonte:
L’ARENGARIO STUDIO BIBLIOGRAFICO
IL CINEMA DI PIER PAOLO PASOLINI
Libri fotografie giornali manifesti
Filmografia completa
EDIZIONI DELL’ARENGARIO
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Cataldi Vittorio, detto Accattone, (Franco Citti), è un “pappone”, lo sfruttatore di una prostituta di nome Maddalena, mestiere che ha “ereditato” da un delinquente napoletano, Ciccio, denunciandolo anonimamente e raccogliendone la piccola “industria”. Accattone vive in una borgata fatta di baracche senza tempo, ai margini della periferia romana, in una casa diroccata, presumibilmente anche questa di Ciccio, insieme alla sua donna-prostituta e alla moglie-chioccia di Ciccio, Nannina, una donna disoccupata con cinque bambini a carico, di quelle che nel Sud Italia dell’epoca si sposavano a quindici anni. La vita di Accattone si svolge per lo più fuori del “baretto” assieme a un gruppo di amici tra i quali vige il codice non scritto di un fraterno antagonismo, tutti stoicamente fieri del loro non lavorare: ladruncoli, ricettatori, mantenuti dai genitori, adolescenti spiantati e violenti che dileggiano sarcasticamente chiunque lavori (come Sabino, il fratello di Accattone). Accattone ha una moglie, Ascenza, dalla quale è separato, che gli ha dato un figlio. Ascenza lavora l’intera giornata per un salario da miseria in una officina di riciclaggio di bottiglie usate. L’apparente staticità della sua vita si interrompe quando quattro mariuoli napoletani compiono una spedizione per conto di Ciccio, scopo della quale è accertare le responsabilità di Accattone nell’arresto di Ciccio, e, nel caso, farsi giustizia. Accattone capisce le loro intenzioni e scarica tutta la colpa su Maddalena, la quale, una notte, nella squallida penombra di una discarica, viene malmenata dai quattro vendicatori di Ciccio e lasciata malconcia sul terreno. Portata in questura, Maddalena non denuncia i veri assalitori ma alcuni ragazzi che l’avevano insultata qualche sera prima. Accertata però la falsa testimonianza della donna, la polizia ne stabilisce la reclusione. Così Accattone resta all’improvviso “senza lavoro”, ma rinuncia spavaldamente alle “offerte di lavoro” del ladro Balilla, il quale, con una serenità millenaria, cerca di convincerlo spiegandogli che da quando il mondo è mondo un ladro non è mai stato disoccupato. Depresso e digiuno da giorni, Accattone torna all’officina in cui lavora la moglie per chiederle un prestito. Qui incontra Stella, una ragazza mite e ingenua, poverissima, della quale si innamora. Stella accetta l’amore di Accattone con una sorta di timida rassegnazione, vincendo un’inibizione nei confronti degli uomini derivata dal suo vissuto familiare: Stella è infatti figlia di una prostituta. L’esperienza dell’innamoramento provoca in Accattone una crisi di coscienza tutta istintiva, un’insoddisfazione di sè fino ad allora sconosciuta; ma i suoi propositi di cambiamento sono costantemente minati dalla spinta alla continuità proveniente dai suoi amici. Accattone porta Stella a vivere da Nannina, e, addirittura, decide, tramite una “raccomandazione” del fratello, di andare a lavorare da un fabbro. Lo spirito “malandro” di Accattone riaffiora di continuo, come quando, per comprare delle scarpe a Stella deruba il figlioletto della catenina d’oro, con una rassegnazione amara che è tutto un presagio del futuro. Infatti, l’apparente rinascita di Accattone è di breve durata, appena un giorno: il tempo di scontrarsi con la durissima realtà del lavoro materiale, con la paura feroce del giudizio degli amici, con l’incapacità di tenere fermo un proposito positivo senza farsi toccare dalla disperazione della propria condizione, e Accattone crolla miseramente in una cupa e feroce depressione. Così, dilacerato, Accattone sogna il proprio funerale, la sua morte rituale di fronte agli amici di sempre, in un paradiso-cimitero pezzente e squinternato gestito da un imperturbabile becchino. Accattone rinuncia al lavoro con rabbia, e decide, non senza tormento, di sfruttare la prostituzione della rassegnata e benevola Stella. Ma il tentativo non riesce, Stella crolla di fronte al primo cliente e torna in lacrime da Accattone. Per di più, Amore, una prostituta che ben conosce Accattone, viene arrestata in una retata e portata nella cella di Maddalena, dove fa la spia sui cambiamenti intercorsi nella vita del suo ex-protettore. Maddalena, ferita nell’orgoglio, decide di denunciare Accattone. La polizia comincia a controllarne i movimenti. Così, mentre Accattone, alla ricerca di cibo per sè e per Stella, accetta l’offerta di Balilla di partecipare a qualche furto, la polizia è pronta a intervenire. Durante il furto di alcuni salumi, infatti, Accattone, Balilla e il giovane Cartagine vengono colti in flagrante dalla polizia. Accattone però riesce a fuggire rubando una motocicletta: ma la fuga, come ogni altro tentativo di riscatto di Accattone, è di breve durata. Fuori campo sentiamo i rumori di un incidente stradale. La polizia e gli amici accorrono, mentre con la testa sanguinante sul selciato scuro, poco prima di morire, Accattone dichiara la sua avvenuta liberazione, il compimento del suo tragico destino, dicendo semplicemente: «Ah, mo’ sto bbene». Il film si chiude sul segno della croce fatto meccanicamente e senza emozione dal ladro Balilla in manette, sulle note della Passione secondo San Matteo di Johann Sebastian Bach.
Serafino Murri, Il castoro cinema
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