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Biografia, lavori in corso - a breve anche il 1974 e il 1975

domenica 7 luglio 2013

Pasolini e la città filmata

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro




Fin dalla nascita dell’industria cinematografica i peplummovies, i film storici o mitologici sull’impero romano (che invaderanno di nuovo gli schermi negli anni ’60), e poi con il cinema dei “telefoni bianchi”, fino al neorealismo di Roma città aperta e Ladri di biciclette, Roma vede i suoi quartieri e le sue strade, ricostruiti o reali che siano, popolati dai personaggi dei suoi film. Roma e la sua immagine filmica si intrecciano in modo inestricabile, al punto che talvolta diventa difficile separare la realtà storica dalla sua rappresentazione filmica. L’industrializzazione e l’urbanizzazione rapida e selvaggia degli anni ’60 fanno esplodere le contraddizioni di una città caratterizzata da un’ininterrotta stratificazione di antico e moderno che si riflette nella cultura materiale dei suoi abitanti.
2Alcuni fra i registi più significativi di quegli anni raccontano la città e, attraverso essa, le trasformazioni e i paradossi della società italiana : basti pensare a Il sorpasso (1962)di Dino Risi e al cinema di Fellini. Quando Pasolini si trova ad affrontare le sue prime esperienze come cineasta e a trasporre la sua visione di Roma dalla letteratura al cinema deve confrontarsi con una tradizione e con una contemporaneità che fanno della città un luogo privilegiato del racconto filmico. La sua ricerca della purezza deve confrontarsi con uno spazio intriso di riferimenti culturali di ogni tipo nel quale le immagini occupano uno spazio essenziale.
Pasolini, nella sua attività di cineasta e di scrittore, indaga e si interroga sulla dicotomia fra natura e cultura, che caratterizza la modernità, e proietta sul mondo la sua frattura esistenziale. Il percorso nella Roma pasoliniana può quindi iniziare da un’evidenza : i suoi film rendono sempre visibile la proiezione soggettiva dell’autore, come accade anche, con diversa modalità e forma, per Federico Fellini. Per Pasolini l’istanza realista de l’altro e de l’altrove si integrano sempre, e in profondità, con l’autobiografia(1). La questione sarà piuttosto quella di precisare e definire la forma di questa proiezione sullo spazio e sull’ambientazione. Questa riflessione sarà centrata sul décor e sulla sua relazione dinamica con l’azione drammatica e la struttura visiva dei film. La rappresentazione della città, nei suoi diversi livelli (fenomenologico, simbolico, storico) in Accattone, Mamma Roma, La ricotta costituisce un elemento essenziale per approfondire la discussione sulla visione pasoliniana, che proprio nel rapporto fra la “buona maniera”, elegante e intellettuale delle immagini, e la “cattiva condotta”, primaria e irrazionale dei personaggi, trova la sua originale cifra stilistica.

I luoghi delle riprese

Accattone, Mamma Roma, La ricotta costituiscono un corpus coerente, nel senso che, come sostiene Lino Micciché, compongono una trilogia non dichiarata sulla città(2), raccontata attraverso le diverse vicende dei tre personaggi principali : Accattone, Mamma Roma e Stracci che ne tracciano un quadro da un punto di vista decentrato e marginale. Nonostante la contiguità fra i tre film, se i primi due possono essere considerati come due parti di un grande affresco sulle borgate, La ricotta si distacca da questo modello per il suo radicale intento metaforico(3). L’immagine di Roma che emerge da queste opere, pur nella sua fondamentale coerenza, si presenta come una struttura sfaccettata e complessa. Questa complessità suggerisce di fissare dei punti di riferimento chiari sullo spazio e sull’ambientazione urbana che li caratterizza. Si è fatto quindi ricorso alle locations riportate sulle schede tecniche utilizzate durante la lavorazione. In questo modo si potrà disporre di una sorta di carta topografica delle riprese e iniziare la riflessione critica da un confronto concreto fra i diversi luoghi e quartieri in cui l’azione drammatica si sviluppa sottolineandone omologie e differenze.

Accattone

Le vicende del film sono centrate sul personaggio di Cataldi Vittorio (Franco Citti), soprannominato Accattone. Accattone si guadagna la vita facendo il protettore, ma l’arresto di Rita, la donna che protegge e sfrutta, sconvolge il precario equilibrio della sua vita. Si innamora di Stella, cerca di lavorare, ma il lavoro è duro e il salario miserabile. Per trovare il denaro per sé e per Stella, Accattone entra a far parte di una banda di ladri. Durante un tentativo di furto, fugge su una moto e muore in un incidente. Dalla storia del film appare evidente come il personaggio principale funzioni come un catalizzatore sul quale si concentra l’intero dispositivo della messa in scena. L’ambientazione, la musica, la fotografia concorrono a costruire uno spazio drammatico che si organizza e si struttura intorno alla personalità del protagonista.
Accattone, il primo film di Pasolini, è evidentemente molto influenzato dalla sua attività letteraria e sembra presentarsi come una trasposizione visiva della materia dei suoi romanzi, in particolare di Una vita violenta. È lo stesso autore a segnalare una relazione fra il personaggio di Accattone e quello di Tommasino(4), ma l’ideologismo così evidente nella scrittura si attenua nell’immagine filmica(5). La stratificazione verticale dei diversi codici espressivi in ogni inquadratura, in ogni piano, valorizza la dialettica e la complessità del rapporto di Pasolini con il mondo delle borgate, lasciando sullo sfondo un discorso basato su un esplicito pregiudizio etico ed estetico. Il sistema degli ossimori, che nella scrittura si sviluppa in sequenza, si trasforma nell’immagine filmica in una fusione istantanea. Il confronto fra l’io (l’autore, intellettuale raffinato e borghese) e l’altro (sottoproletario, ignorante, anarchico e puro) è sempre in gioco, ma si sviluppa nel film con una freschezza e una vitalità che nei romanzi appare solo a tratti. L’ambientazione e lo spazio urbano sono decisivi perché questa impressione di realtà possa deflagrare e il piano di lavorazione del film può favorirne una più chiara definizione :

Riprese : aprile prima metà luglio 1961. Teatri di posa : Incir De Paolis, Roma. Esterni : Lazio : Roma. Via Casilina ; Via Portuense (la strada delle puttane) ; Via Appia Antica ; Via Baccina ; Ponte degli Angeli (la scommessa di Accattone) ; Acqua Santa (Maddalena pestata dai napoletani) ; Via Manuzio (il furto della moto) ; Ponte Testaccio (la morte di Accattone) ; il Pigneto (la casa di Accattone e il baretto) ; borgata Gordiani (la casa di Ascensa) ; la Maranella. Subiaco (il cimitero).(6)

Il piano di lavorazione segnala la predilezione di Pasolini per i quartieri di nuova costruzione situati nella parte Est della città. L’azione drammatica si svolge anche nelle periferie che circondano il centro e nei quartieri popolari del XIX secolo, come Testaccio, integrati nella città antica. Il centro storico appare raramente nel film con l’eccezione del Ponte degli Angeli e di Via Baccina, anche perché l’Appia Antica, dove vengono girate alcune sequenze, benché sia certamente una testimonianza urbanistica e archeologica straordinaria della città, non fa parte del suo tessuto urbano. Il cimitero della sequenza finale è quello di Subiaco, una cittadina di montagna vicino a Roma.
La topografia del film lascerebbe pensare a un tentativo di rendere la spazialità e l’architettura della città, ma in realtà fin dall’inizio ci si rende conto che l’immagine dei corpi domina su tutto. Il Pigneto appare fin dalle prime inquadrature come uno sfondo stilizzato, nonostante si tratti di un’ambientazione reale e non ricostruita in studio. Le sequenze che seguono, quelle di Accattone che mangia sotto il Ponte degli Angeli, perseguono con coerenza lo stesso dispositivo rappresentativo. Il quadro è costruito su due assi paralleli : Accattone in primo piano, il Ponte sullo sfondo. La composizione visiva è costituita da Accattone, leggermente decentrato sulla destra, e dalla statua di un Angelo sulla sinistra : la relazione di contiguità simbolica fra le due figure suggerisce chiaramente la chiave dell’azione drammatica. Le strutture architettoniche non hanno alcuna profondità. La sensibilità pittorica di Pasolini fa pensare alla concezione spaziale di Giotto nella Cappella degli Scrovegni, nel senso che il décor filmato si propone come un frammento di reale che acquisisce istantaneamente un forte valore metaforico e simbolico. Come negli affreschi di Giotto l’ambientazione del film vuol essere concreta e storicamente determinata, ma la sua immagine si rilancia su un piano simbolico. Il Ponte degli Angeli e la chiatta sul Tevere giustappongono verticalmente due décors e due mondi : la borgata e il ponte. Joubert-Laurencin descrive così questo processo : « Filmer la banlieue ne signifie pas seulement porter sa caméra dans les lieux excentrés de l’agglomération, mais hanter le centre ville : importer un regard excentré sur le centre »(7). Resta da vedere quale sia lo sguardo decentrato e di quale centro si tratti.
Pasolini fa subire al décor un processo di sacralizzazione rituale in cui vengono isolati gli elementi caratterizzanti di questo spazio : le statue degli Angeli e i bagnanti sul fiume. Pasolini elabora l’immagine della città su due poli dialettici : l’antico e il contemporaneo, ma l’antico pasoliniano è quello delle rovine romane, mentre la città rinascimentale e barocca è quasi completamente ignorata. Del Ponte degli Angeli solo l’aspetto simbolico legato all’immagine degli Angeli interessa l’autore e non l’architettura in cui sono inseriti e che li circonda. Gli Angeli rappresentano la purezza e la trascendenza delle radici del cristianesimo. Il contemporaneo è rappresentato dalla borgata che per la sua natura premoderna è simbolicamente legata all’immagine della Roma antica. L’opposizione degli spazi urbani è quindi apparente : essi definiscono la geometria dell’azione drammatica e del percorso esistenziale dei personaggi senza alcuna frattura. Se frattura esiste, essa si manifesta per assenza : i quartieri e i palazzi della Roma borghese sono totalmente esclusi dalle immagini filmiche. Non esistono neanche virtualmente, fuori campo. Il nulla non ha diritto alla rappresentazione.

Mamma Roma

Mamma Roma segna una tappa importante nel percorso iniziale e iniziatico di Pasolini cineasta. Le vicende del film si presentano come una variante rispetto a quelle di Accattone.Mamma Roma (Anna Magnani), abbandonata dal suo protettore (Franco Citti) che si sposa, cerca di cambiare la propria vita e quella di suo figlio Ettore (Ettore Garofalo). Abbandona la borgata e compra un appartamento in un quartiere moderno, ma il suo protettore viene a cercarla per chiederle dei soldi. Mamma Roma cerca con ogni mezzo di favorire l’ascesa sociale di suo figlio, ma Ettore, arrestato per un furto, muore in prigione.
La scelta degli attori testimonia la volontà di Pasolini di misurarsi con il cinema dei grandi autori del neorealismo, ma senza rinunciare al suo bisogno di sperimentare e di ricercare nuove e personali possibilità espressive. Due icone del cinema neorealista appaiono in questo film : Anna Magnani, che in quel momento è ancora una star del cinema italiano e mondiale, e Lamberto Maggiorani, il protagonista dimenticato di Ladri di biciclette, a cui offre un piccolo ruolo, quello del vecchio che subisce il furto della radio. Anna Magnani, Mamma Roma, è il segno tangibile e simbolico del capovolgimento che Pasolini attua rispetto alla poetica neorealista attraverso un doppio registro, sfruttando una combinazione e una sovrapposizione di naturalismo e di sublime(8). I riferimenti a modelli iconografici della grande pittura italiana confermano questa attitudine e influiscono evidentemente anche sulla costruzione dello spazio e del décor, proseguendo in quel processo di astrazione che in Accattone aveva trovato la sua prima realizzazione. Anche in questo caso la topografia del film può favorire la comprensione delle strategie di messa in scena.

Riprese : 9 aprile-giugno 1962. Teatri di posa : Incir De Paolis, Roma. Esterni : Lazio : Roma. Trastevere (il ristorante dove Ettore lavora) ; Porta Portese ; Cecafumo, i grattaceli dell’INA-casa (la casa nuova di Mamma Roma e il mercato ; Casal Bertone (la prima casa di Mamma Roma) ; Cava Aurelia (casa di Biancofiore) ; Quadraro ; Torre Spaccata ; Via Flaminia, palazzetto dello Sport ; Eur, Piazza dei Navigatori, pressi dell’Ospedale S. Eugenio (il furto della radiolina) ; palazzo dell’Eur (interni chiesa : Mamma Roma incontra il prete). Frascati (il pranzo di nozze in una fattoria abbandonata). Guidonia. Subiaco (il cimitero)(9)

In Mamma Roma Pasolini sceglie ancora una volta come luogo centrale dell’azione drammatica i quartieri a Est della città. Ci sono poi altri quartieri situati vicino al centro storico come Porta Portese, che si trova non lontano da Testaccio, dove si svolgeva una parte di Accattone. Il centro appare una sola volta : Trastevere. Qualche sequenza viene girata in altre zone di Roma : a Nord sulla via Flaminia e vicino al Palazzetto dello Sport ; a Sud Ovest a piazza dei Navigatori e nel quartiere fascista dell’EUR. Altre vengono girate nei paesi vicino alla città (Guidonia, Frascati). Il cimitero è sempre quello di Subiaco, lo stesso di Accattone.
La topografia delle riprese mostra una complessità e una varietà molto più marcata rispetto al film precedente, mentre le relazioni spaziali restano le stesse, pur coinvolgendo un’area più ampia della città. L’attenzione più incisiva per l’architettura urbana è dovuta all’azione drammatica del personaggio principale. Mamma Roma cerca con determinazione un nuovo quartiere dove vivere per cambiare l’orizzonte esistenziale della borgata, Casal Bertone, attraverso l’acquisto di un appartamento nel quartiere moderno di Cecafumo. L’arrivo di Mamma Roma e Ettore nell’appartamento di Casal Bertone è integralmente girato con inquadrature in movimento. I due personaggi attraversano un arco che li introduce in un palazzo degli anni ’20. Le immagini ci mostrano uno spazio degradato, ma vivo. All’esterno si vedono le finestre aperte e la biancheria stesa ad asciugare. All’interno i ragazzi oziano sulle scale davanti alla porta dell’appartamento. I muri sono scrostati. Tuttavia l’arco di Casal Bertone ci conduce in un luogo in cui le tracce della vita “primaria” e “primitiva” dei suoi abitanti sono evidenti dovunque. Il palazzo è una sorta di rudere moderno. L’arco si apre su un microcosmo socioculturale che resiste alla città capitalista che lo circonda. L’arrivo di Mamma Roma e Ettore a Cecafumo ripropone lo stesso dispositivo di messa in scena(10), ma in questo caso si tratta di un arco quadrato in cemento e ferro che conduce a uno spazio vuoto e impersonale come il nuovo appartamento di Mamma Roma, freddo e bianco.
I palazzi di Cecafumo si innalzano come blocchi anonimi di fronte a un enorme prato punteggiato da ruderi e dai resti dell’acquedotto romano, monoliti di un’antichità pagana al di là della storia. In questo spazio immobile le ere, la natura, le architetture non sono il segno della stratificazione temporale, ma un limbo della storia. Ciò nonostante è proprio qui che Ettore, Bruna (il suo primo amore) e suoi amici vivono le loro avventure quotidiane. Vivono là dove il cammino della civiltà si è arrestato. Non si tratta di un luogo paradisiaco, ma piuttosto di un luogo incontaminato perché assolutamente improduttivo. Socialmente irriducibile.
A questo spazio si oppone quello dell’appartamento della protagonista che testimonia l’aspirazione di Mamma Roma a integrarsi nella società neocapitalista degli anni ’60. Mamma Roma, che crede di conoscere la brutalità del mondo, non perde l’illusione di potere, con un atto di volontà, cambiarne le regole. Il tentativo avrà come risultato uno scacco e un trionfo, il trionfo della morte.
Lo spazio urbano che fa da sfondo a questo dramma è chiuso fra due frammenti visivi fortemente connotati dai loro riferimenti intertestuali : all’inizio il pranzo di nozze e alla fine, proprio prima dell’epilogo al cimitero, la morte di Ettore. Il pranzo di nozze è legato alla composizione de L’ultima cena di Leonardo da Vinci(11), mentre la morte di Ettore rimanda alla Deposizione del Cristo morto di Mantegna(12). Al di là delle relazioni iconografiche del cinema pasoliniano, queste due sequenze possono rivelarsi assai interessanti a livello macrostrutturale. Entrambe le sequenze esibiscono un riferimento pittorico e un processo di formalizzazione ispirati a modelli figurativi culturalmente “alti”. La loro integrazione nella diegesi del film è basata soprattutto sulla trasformazione figurale e simbolica delle immagini. La collocazione del pranzo all’inizio suggerisce allo spettatore una lettura figurale e simbolica delle immagini del film e, quindi, anche del décor. I quartieri, i ruderi, il mercato, i personaggi che li popolano sono sempre su una linea di confine fra storia e mito. La chiusura con l’inquadratura di Ettore morente è il sigillo di questa doppia visione e sottolinea ancora una volta la “buona maniera”, elegante e sublime, con cui Pasolini mette in scena la “cattiva condotta” dei suoi personaggi. Detto questo Mamma Roma ci offre un’immagine della città che non perde in nulla la sua freschezza e la sua forza.

La ricotta

La storia di Stracci, una comparsa di un film sulla Passione che muore sulla croce per un’indigestione, segnala con chiarezza la volontà dell’autore di mettere in primo piano il mito personale della tragica purezza del sottoproletariato legandolo alla Passione di Gesù. Lo spazio e l’ambientazione del film attenuano in modo ancora più evidente che in Mamma Roma la loro collocazione topografica, per presentarsi come un luogo intellettualmente strutturato per una rappresentazione :

il set di un film. In effetti l’ambientazione de La ricotta è uno solo, quello dell’Acqua Santa, e coincide con il set del film in corso di lavorazione.
Riprese : 17 ottobre-novembre 1962. Teatri di posa : Cinecittà (la deposizione del Pontormo). Esterni : periferia di Roma, pratone dell’acqua Santa presso l’Acquedotto romano.(13)

Fin dalle prime sequenze si coglie che la funzione distintiva del décor, in maniera ancora più evidente che nei film precedenti, è quella di svolgere un ruolo simbolico ed evocativo. Il film inizia con didascalie che riportano alcune citazioni tratte dai vangeli di Marco e Giovanni ; seguono la voce off di Pasolini e infine le inquadrature a colori delle comparse che ballano il twist. Dopo questo prologo le altre sequenze ci presentano i personaggi : Stracci, il regista e la troupe, fino al tableau vivant della Deposizione di Rosso Fiorentino nella quale ritorna il colore. Il dispositivo rappresentativo del film riposa quindi su un processo di astrazione che trasfigura su un piano simbolico tutta l’azione drammatica, anche i bisogni primari più concreti (la fame di Stracci). La scelta di utilizzare didascalie scritte (o scritte e dette) è un omaggio alla scrittura, alla sua forza evocatrice ; quando il bianco e nero lascia il posto al colore e al movimento, c’è un chiaro riferimento alla pittura. Integralmente basato su una dialettica contrastiva, il film La ricotta è strutturato sul principio dell’inversione del falso e del vero, di cui le coppie oppositive (bianco e nero/colore, scrittura/pittura, arresto/movimento, musica profana/sacra) costituiscono le articolazioni(14).
Si può dire che Pasolini adotti la struttura retorica della parabola per la messa in scena del film. Il décor si manifesta con una proliferazione di indizi e di segni. Lo spazio del prato dell’Acqua Santa è ancora una volta al di là della storia. I riti della modernità, il cinema in primo luogo, diventano un’eco blasfema che non tocca la sacralità della Passione. La città di Roma, i suoi quartieri moderni, si stagliano lontano all’orizzonte, indizi e segni di una degradazione che non tarderà a manifestarsi. È soltanto nell’epilogo del film che la città, modernamente inserita nella storia, s’impone, quando il corteo dei produttori e dei giornalisti arriva sul set per assistere alla fine delle riprese che coincide con la morte di Stracci. In questo momento, sullo sfondo, appaiono i palazzi della città nuova, come un orribile miraggio della modernità.

La città filmata

Roma, i suoi spazi, i suoi personaggi, la sua storia, sono per Pasolini uno dei territori privilegiati della sua avventura esistenziale. I luoghi delle riprese di Accattone e Mamma Roma, con qualche variante, non tradiscono la sua topografia ideale, che a partire dall’area delle borgate, Casilino, Prenestino, Tuscolana, Appia Nuova, si estende talvolta ad altre zone della città : Cecafumo, Testaccio, il Ponte degli Angeli, Trastevere fra gli altri. Nonostante un’architettura e una storia diverse e lo spostamento da un quartiere all’altro, i film non perdono la loro coerenza visiva. L’immagine della città, pur se mostruosa e dissonante, conserva un’estrema organicità, anche se la Roma monumentale non appare mai, ad eccezione dell’inquadratura dell’Angelo e di Accattone. L’Angelo di Bernini è inoltre la sola traccia della città barocca ad apparire nella trilogia. A differenza di Fellini, che soprattutto sul barocco (basti pensare alla Fontana di Trevi de La dolce vita) costruisce la dimensione onirica e personale della città (e della vita), Pasolini ignora la dimensione più spettacolare dello spazio urbano. Il décor architettonico, soprattutto nei primi due film, è inerte, immobile fra le case scrostate delle borgate, il biancore anonimo dei palazzi moderni, i ruderi abbandonati di un’antichità perduta e indefinita.
A proposito della struttura spaziale de La ricotta (ma, pur se attenuato, il discorso vale anche per Accattone e Mamma Roma) Antonio Bertini così scrive : « Sembra quasi che ci sia la volontà – da parte del regista – di togliere all’immagine filmica l’impressione di tridimensionalità, di profondità di campo (dovuta soprattutto all’immagine in movimento, al movimento all’interno dell’inquadratura) per ricondurla in un ambito figurativo e pittorico »(15). In effetti questo procedimento agisce essenzialmente sull’ambientazione e non sui personaggi. Pasolini ricerca la sacralizzazione delle immagini filmiche attraverso un’opposizione dinamica fra uno spazio bidimensionale e una corporeità tridimensionale. È lo stesso Pasolini a chiarire quest’aspetto :
Io cerco la plasticità, soprattutto la plasticità dell’immagine, sulla strada mai dimenticata di Masaccio : il suo fiero chiaroscuro, il suo bianco e nero – o sulla strada, se volete, degli arcaici, in uno strano connubio di sottigliezza e di grossezza. Non posso essere impressionistico. Amo lo sfondo, non il paesaggio.(16)
Roma appare allora in questi film come una griglia simbolica senza consistenza né profondità(17). Pasolini elabora un sistema di quinte teatrali che sintetizzano la realtà fenomenologia della città. I colori calcinati dei palazzi e degli esterni funzionano come specchi che riflettono la loro immagine sui personaggi. Con l’eccezione forse del mercato di Cecafumo e di Porta Portese in Mamma Roma, gli spazi e i paesaggi proiettano sui personaggi un’immagine mentale piuttosto che un’immagine reale. Ne La ricotta il prato dell’Acqua Santa, la funzione lirica del colore e del Bianco e Nero respingono l’immagine della città verso l’orizzonte rendendola appena percettibile allo sguardo.
Roma diventa allora una città fantasmatica, un fantasma urbano. Il manierismo pasoliniano non fa che esaltare la natura di una stratificazione urbanistica e sociale in cui sembra che non esista alcuna materia solida, ma tutto si giochi in un infinito gioco di rimandi segnici, di linguaggi continuamente reintepretati e rivissuti. La città, frutto di un processo storico e urbanistico preciso, si trasforma in uno spazio teatrale in cui ha luogo il dramma della modernità.
La trilogia sulla città non diventa però un astratto discorso rappresentato in un décor artificioso. Le riprese sono realizzate in spazi reali e c’è una corrispondenza quasi totale fra l’azione dei personaggi e le locations del film. Pasolini ricerca la propria soggettività sul campo in un continuo, faticoso confronto con la realtà, in cui il corpo umano è il luogo della materia. In Accattone Pasolini, per citare un esempio concreto, adotta spesso un punto di vista dal basso che esalta l’eroismo vitale dei corpi ; tuttavia, nell’ambito della composizione delle inquadrature, torna sempre ad una relazione con le arti figurative, costruendo, con la materialità dei corpi, modelli figurativi che rimandano a precisi riferimenti pittorici.Piuttosto che nei primi piani, ispirati a Dreyer, è nei movimenti, nei gesti, nella cadenza, negli accenti che il fantasma della città ritrova la sua materialità. “La cattiva condotta” dei personaggi spezza l’intellettualismo visivo dell’autore per diventare materia incandescente e viva. Prima di recitare, mentre recitano, gli attori, professionisti e non, esistono al di là della storia del film, esistono nella storia e nel tessuto della città. È a questo livello che l’impressione di realtà del cinema pasoliniano si fa più forte. Lo scontro, la fascinazione o il disprezzo di Pasolini nel rapporto con il corpo e l’anima dei suoi personaggi si ripercuote nello spazio.
A Roma Pasolini può cercare le radici dei miti e degli orrori che agitano la sua esistenza. D’altra parte è l’autore stesso attraverso il personaggio del regista, Orson Welles, ne La ricotta, che declama un frammento della poesia 10 giugno(18), a tracciare la sua topografia personale :
Un solo rudere, sogno di un arco,
di una volta romana o romanica,
in un prato dove schiumeggia il sole
il cui calore è calmo come un mare,
e, del mare, ha il sapore di sale,
il mistero splendente : lì ridotto,
sulla schiuma del mare della luce,
il rudere è solo : liturgia
e uso, ora profondamente estinti
vivono nel suo stile – e nel sole –
per chi ne comprenda presenza e poesia.
Fai pochi passi, e sei sull’Appia
o sulla Tuscolana : lì tutto è vita,
per tutti. Anzi, meglio è complice
di quella vita chi non ne sa stile
e storia. I suoi significati
si scambiano nella sordida pace
insofferenza e violenza. Migliaia,
migliaia di persone, pulcinella
di una modernità di fuoco, nel sole
il cui significato è anch’esso in atto,
si incrociano pullulando scure
sugli accecanti marciapiedi, contro
l’Ina. Case sprofondate nel cielo.
Io sono una forza del Passato
Solo nella tradizione è il mio amore.
Vengo dai ruderi, dalle Chiese,
dalle pale d’altare, dai borghi,
dimenticati sugli Appennini o le Prealpi,
dove sono vissuti i fratelli.
Giro per la Tuscolana come un pazzo,
per l’Appia come un cane senza padrone.
O guardo i crepuscoli, le mattine,
su Roma, sulla Ciociaria, sul mondo,
come i primi atti del Dopostoria,
cui io assisto per privilegio di anagrafe,
sull’orlo estremo di qualche età
sepolta. Mostruoso è chi è nato
dalle viscere di una donna morta.
E io, feto adulto, mi aggiro
Più moderno di ogni moderno
A cercare fratelli che non sono più
.(19)
Ne La ricotta, Mamma Roma, Accattone, Pasolini attraversa ed evoca luoghi ed epoche diverse, guarda alla modernità con gli occhi del passato, con la pittura di Mantegna o Pontormo e, al centro di questo vortice di spazio e di tempo, si estende Roma, caput mundi, fantasma e materia del suo mondo.

Notes

1-  Tutta la critica riconosce il soggettivismo della visione pasoliniana. Robert Gordon ha tentato di darne una definizione generale : « Due categorie primarie auto-referenziali agiscono nei film di Pasolini : auto-rappresentazione e figurazione archetipica. La prima consiste nelle sue apparizioni personali o nel suo autoritratto mascherato nei film. La tipologia e la natura di queste allusioni rimanda a elementi di frammentazione e di trasposizione autobiografica […]. La seconda categoria auto-referenziale, quella relativa alla figurazione archetipica, funziona come contrappunto, figure negative della soggettività già citate come distintive della prima categoria » [« Two primary categories of self-reference operate in Pasolini’s films ; self–representation and archetypal figuration. The first consists either of personal appearances on film or veiled autobiographical self-portraiture. The range and nature of these allusions recall elements of autobiographical fragmentation and transposition […]. The second category of self-reference, that of archetypal figuration, takes as its starting-point the contrapuntal, negatives figures of subjectivity noted above as qualifiers to the first category] » : Robert S. C. Gordon, Pasolini, Forms of Subjectivity, Oxford, Clarendon Press, 1996, pp. 196-197 e p. 200.
2-  Lino Micciché, Pasolini nella città del cinema, Venezia, Marsilio, 1999, p. 22.
3- Ibidem, p. 138.
4-  Cfr. Pier Paolo Pasolini, La libertà stilistica, in Gian Carlo Ferretti, « Officina », Cultura, letteratura e politica negli anni ’50, Torino, Einaudi, 1975, p. 280.
5-  Sul rapporto fra cinema e letteratura Adelio Ferrero ha sviluppato una riflessione che conserva intatta la sua efficacia. Cf. Adelio Ferrero, Il cinema di P. P. Pasolini, Venezia, Marsilio, 1986, pp. 19-37.
6- Pier Paolo Pasolini, Le regole di un’illusione, I film, Il cinema, a cura di Laura Betti e Michele Gulinucci, Roma, Fondo Pier Paolo Pasolini, 1991, p. 33.
7-  Hervé Joubert-Laurencin, Pasolini : portrait du poéte en cinéaste, Paris, Cahiers du Cinéma, 1995, p. 56.
8-  Sandro Bernardi suggerisce con acutezza che il dispositivo di messa in scena pasoliniano risente dell’influenza del Dante della Divina Commedia che Bernardi considera come un modello generativo della sua visione. Cfr. Id., Ibridazione e citazione nel cinema : Pasolini e Godard, in Leonardo De Franceschi (a cura di), Cinema/Pittura, Dinamiche di scambio, Torino, Lindau, 2003, pp. 133-141.
9-  Pier Paolo Pasolini, Le regole di un’illusione,cit., p. 53.
10-  Lino Micciché ha segnalato questa simmetria nel suo découpage desunto dal film. Cfr. Id., Pasolini nella città del cinema, cit., p. 94.
11-  La relazione evidente all’opera di Leonardo in Viridiana di Luis Buñuel farebbe supporre che Pasolini sia stato influenzato dal regista spagnolo. Tuttavia è lo stesso Pasolini, sollecitato da Carlo Di Carlo, a negare di conoscere i film di Buñuel. Sulle fonti iconografiche di Pasolini vedi Alberto Marchesini, Citazioni pittoriche nel cinema di Pasolini (da ‘Accattone’ al ‘Decameron’), Firenze, la Nuova Italia, 1994 ; su Buñuel vedi Raul Grisolia, Le metamorfosi dello sguardo, Cinema e pittura nei films di Luis Buñuel, Roma, B&N - Marsilio, 2002.
12-  O più precisamente, secondo Pasolini, a un’immagine ibrida fra Masaccio e Mantegna. Cfr. Pier Paolo Pasolini, Le belle bandiere, Roma, Editori Riuniti, 1977, pp. 230-231.
13-  Pier Paolo Pasolini, Le regole di un’illusione,cit., p. 63.
14-  A proposito dalla suddivisione cromatica, che è un elemento essenziale di questo sistema, Hervé Joubert-Laurencin sottolinea che : « le noir et le blanc c’est le cinéma, et la couleur la peinture » (Hervé Joubert-Laurencin, Pasolini : portrait du poéte en cinéaste, cit., p. 89). Tuttavia questa interpretazione appare troppo legata al medium della rappresentazione. Ci sembra che la definizione di Lino Micciché chiarisca in modo più approfondito questa realzione : « il SET e il FILM che vi si gira sono i due falsi, i due “irrealismi”. Solo che il B. e il N. racconta il vero, è “realistico” » (Lino Micciché, Pasolini nella città del cinema, cit., p. 157).
15-  Alberto Bertini, Teoria e tecnica del film in Pasolini, Roma, Bulzoni, 1979, p. 23.
16-  Pier Paolo Pasolini, Mamma Roma, Rizzoli, Milano, 1962, p. 149. L’autore adotta lo stesso principio visivo per Accattone. (Ibidem, p. 145).
17-  L’analisi di Micciché sull’inquadratura in campo lungo di Cecafumo in Mamma Roma conferma questo procedimento di Pasolini. Micciché segnala il valore ideologico dell’inquadratura che ritorna più volte nel film senza svolgere una funzione direttamente integrata alla narrazione. Cfr. Lino Micciché, Pasolini nella città del cinema, cit., pp. 108-116.
18-  La poesia 10 giugno fa parte della raccolta Poesia in forma di rosa (1961-1964) ed è stata pubblicata anche inPier Paolo Pasolini, Mamma Roma, cit., pp. 159-160.
19-  Abbiamo segnalato in corsivo il frammento della poesia letto da Orson Welles ne La ricotta.

Pour citer cet article

Référence papier

Italies, Revue d’études italiennes, Université de Provence, n°11, Bonnes manières et mauvaise conduite, 2007.

Référence électronique

Raul Grisolia, « Roma : fantasma e materia. Accattone, Mamma Roma, La Ricotta di Pier Paolo Pasolini », Italies [En ligne], 11 | 2007, mis en ligne le 29 janvier 2010, consulté le 21 mai 2013. URL : http://italies.revues.org/942

Auteur

Raul Grisolia

Université Roma 1 La Sapienza
Fonte:
http://italies.revues.org/942#tocfrom1n3

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