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Biografia, lavori in corso - a breve anche il 1974 e il 1975

lunedì 2 novembre 2015

La polizia contro Pasolini, Pasolini contro la polizia - Le nostre vecchie conoscenze

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro




La polizia contro Pasolini, Pasolini contro la polizia
Reportage di Wu Ming 1, scrittore



"Le nostre vecchie conoscenze"


L’ultima stagione, quella "corsara" e "luterana", è segnata dalla reiterata, implacabile richiesta di un grande processo alla Democrazia cristiana, ai suoi dirigenti e notabili, ai complici delle sue politiche.

Dopo Il Pci ai giovani, sono alcune formule-shock del Pasolini 1974-’75 a detenere il primato delle decontestualizzazioni e delle letture strumentali.

Per esempio, si estrapolano paradossi come "il fascismo degli antifascisti" per difendere le adunate di estrema destra, guardandosi bene dal dire che Pasolini usava l’espressione per attaccare l’ipocrisia del cosiddetto arco costituzionale, l’insieme dei partiti al potere, quelli che – dice in un’intervista del giugno 1975 – "continueranno a organizzare altri assassinii e altre stragi, e dunque a inventare i sicari fascisti; creando così una tensione antifascista per rifarsi una verginità antifascista, e per rubare ai ladri i loro voti; ma, nel tempo stesso, mantenendo l’impunità delle bande fasciste che essi, se volessero, liquiderebbero in un giorno".

Senza il contesto cosa rimane? Una manciata di immagini – le lucciole, la fine del mondo contadino, i corpi omologati dei capelloni – ridotte a cliché e rese innocue. Rimane il "mito tecnicizzato" di uno pseudoPasolini light e lactose-free, propinato dalla stessa cultura dominante che perseguitò Pasolini, dagli eredi giornalistici dei suoi diffamatori e dagli eredi politici di chi lo aggrediva per strada.

L’8 ottobre 1975, sul Corriere della Sera, Pasolini commenta la messa in onda di Accattone da parte della Rai. Nel suo film d’esordio, scrive, metteva in scena due fenomeni di continuità tra regime fascista e regime democristiano: "Primo, la segregazione del sottoproletariato in una marginalità dove tutto era diverso; secondo, la spietata, criminaloide, insindacabile violenza della polizia".

Nella polizia fascista di Madrid e Barcellona, scrive Pasolini, rivediamo la nostra polizia

Riguardo al primo fenomeno, scrive Pasolini, la società dei consumi ha "integrato" e omologato anche i sottoproletari, le loro abitudini, i loro corpi. Ergo, il mondo rappresentato in Accattone è finito per sempre.

È trascorso poco tempo, ma quelle parti di Roma sono cambiate. Pasolini le attraversa e dietro ogni incrocio, dietro ogni edificio, dietro ogni capannello di giovani vede – in una sovrapposizione lievemente sfasata – com’erano l’incrocio, l’edificio e quei giovani solo poco tempo prima. Tutto è in apparenza simile, ma la tonalità emotiva è alterata, la nota di fondo è irriconoscibile. Per un potente resoconto psicogeografico su tale "doppiezza" rimando alla passeggiata del Merda in Petrolio, Appunti 71-74a.

Ma cosa dice Pasolini del secondo fenomeno di continuità tra regime fascista e regime democristiano? "Su questo punto c’intendiamo subito tutti", scrive, e sa di essere provocatorio. Sta parlando ai lettori del Corsera, è implausibile che tutti siano d’accordo nel ritenere "spietata" e "criminaloide" la violenza della polizia.

Ma l’autore è adamantino: "È inutile spendere parole. Parte della polizia è ancora così". Segue un riferimento alla polizia spagnola, la guardia civil del regime franchista. Riferimento oggi incomprensibile, se non si sa cosa accadeva in Spagna in quei giorni. Ecco un titolo da l’Unità del 5 ottobre 1975: "Tortura a Madrid. / È stata usata dalla polizia franchista in modo sistematico contro non meno di 250 baschi. – Le conclusioni di un’inchiesta di Amnesty International – Testimonianze agghiaccianti".

Il passaggio è rapido, ma non superficiale. Ci mostra un altro "doppio mondo" sfasato. Nella polizia fascista di Madrid e Barcellona, scrive Pasolini, rivediamo la nostra polizia, "le nostre vecchie conoscenze in tutto il loro squallido splendore".

L’uomo che sorride

Tre settimane dopo, la notte tra il 1 e il 2 novembre, il corpo di Pasolini giace nel fango di Ostia, massacrato, ridotto a un unico cencio intriso di sangue.

Ora, per chiudere, prendo in prestito le parole di Roberto Chiesi:

Se guardate tra le terribili foto del ritrovamento del cadavere di Pasolini, ce n’è una, forse la più terribile, che mostra il corpo rovesciato e martoriato, con intorno alcuni inquirenti e poliziotti seduti sulle ginocchia. In particolare c’è un poliziotto seduto accanto al cadavere di Pasolini, che sorride. La foto lo mostra in maniera inequivocabile: è un sorriso di scherno, di disprezzo. Questa immagine può essere presa a campione di tutta un’Italia deteriore, da rifiutare, condensata in quell’immagine in bianco e nero, apparsa sulle prime pagine di tanti giornali dell’epoca.

Pasolini continuava a essere contro la polizia, la polizia continuava a essere contro Pasolini.


Fonte:http://www.internazionale.it/reportage/2015/10/29/pasolini-polizia-anniversario-morte





@Eretico e Corsaro - Le Pagine Corsare

Curatore, Bruno Esposito

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