"Le pagine corsare "
dedicate a Pier Paolo Pasolini
Eretico e Corsaro
ACCATTONE,
1961
Articolo di Angela Molteni
La drammaticità e la tragicità della "storia" che Pasolini
narra nel film è sottolineata, fin dall'apparire dei titoli di testa, dalla
musica della Passione secondo Matteo di Johann Sebastian Bach, quasi ad
accostare la squallida povertà, morale e materiale, della vita del
sottoproletario urbano alle terribili sofferenze del Cristo condannato a morte.
Accattone è il personaggio centrale delle vicende narrate, un "povero Cristo",
emarginato da una società di benpensanti borghesi quale quella che Pasolini
sfidava e criticava senza indulgenze. Non a caso, quella stessa società che
perseguitò letteralmente il poeta-regista poiché questi osava dichiarare
implicitamente - nel film, come nelle opere letterarie - la propria solidarietà,
la propria simpatia per i piccoli delinquenti, per i sottoproletari romani, per
la vita dei "diversi", dei "relitti" umani. Accattone è, appunto, la realistica
rappresentazione di un povero essere umano, frustrato e senza speranza nel
futuro, senza volontà di riscatto, così come sono i suoi compagni di strada. La
società "normale", quella borghese (alla quale - è da tener presente - anche
Pasolini apparteneva; ed è anche da questa appartenenza che traggono origine i
motivi persecutori, anzi, i linciaggi esercitati nei suoi confronti) è
rappresentata nel film soltanto attraverso la presenza di alcuni funzionari e
agenti di polizia. Ed è chiaro come la pensi Pasolini nei confronti di questi
ultimi: riserva loro modi autoritari, sbrigativi, repressivi, punitivi,
antipatici; nelle mani del poliziotto in borghese al quale è assegnato il
compito di spiare le mosse di Accattone per coglierlo in flagrante vi è un
foglio, "Candido", un periodico della destra neofascista. Non vi sono altre
raffigurazioni di questa società, "altra" rispetto al mondo vissuto da Accattone
e dai suoi compagni, e ciò rafforza il concetto di separazione, di indifferenza,
di non considerazione, di non riconoscimento reciproco: mondi diversi e che si
ignorano vicendevolmente. Nel film ho trovato descritta, più in generale,
un'umanità senza lavoro, priva di futuro, che vive alla giornata di espedienti,
di miseri lavori, duri e malpagati ("...poi, quando uno c'ha bisogno... basta
ch' è lavoro..." "Te pagano bene?" "Tanto pe' non mori' de fame", è il dialogo,
essenziale, tra Accattone e Stella. E quando anche questi mancano, la vita
quotidiana è fatta di "stravaccamenti" intorno al tavolino di un baretto, di
piccoli furti, di ricettazione, o di un "artigianale" quanto subito abortito
sfruttamento della prostituzione. Così è fatta la vita quotidiana di Accattone,
così è quella dei sottoproletari confinati nelle periferie delle grandi città,
ci dice Pasolini. Se aggiungessimo le tossicodipendenze, lo scenario sarebbe
esattamente quello dei nostri giorni... L'attualità, la "modernità" di Pasolini
è qui, in questa denuncia di condizioni di isolamento, di "non esistenza", di
disperazione e di emarginazione: le stesse di oggi. Condizioni che fanno sì che
le vittime affidino le loro vite, il loro futuro - inesistente - ai propri
carnefici. O, in altre parole, che - qui e ora - il sottoproletariato urbano in
una città come Roma voti in massa per la destra, per esempio. Oppure, per fare
un altro esempio, che i supersfruttati operai del celebratissimo Nordest
suppongano che la soluzione di tutti i problemi stia nel neoliberismo e nel
cosiddetto "mercato". Vi sono nel film rari momenti di amara ironia, come
nell'episodio della "spaghettata" di Accattone e dei suoi amici nella baracca di
un altro disperato loro pari ("Sbrigatevi a butta' giù 'sta pasta sennò famo la
fine de quelli de Norimberga") e di sana filosofia popolare ("A 'sto mondo, più
bene fai, più calci in faccia ricevi"). Ma un elemento che certamente non è
secondario, un elemento attraverso il quale Pasolini costruisce e rafforza i
messaggi che intende trasmettere con le sue figurazioni, è costituito dalla
musica e... dai silenzi. Nella sequenza del "sogno" di Accattone, quella che
personalmente ho più apprezzato, la suggestione maggiore è proprio dovuta al
silenzio, all'assenza assoluta di suoni che non siano lo scambio di pochissime
parole tra Accattone, coloro che seguono il suo funerale, il becchino, e il
respiro, quasi un lamento, di Accattone che sogna. Geniale. Trasmette fino in
fondo l'angosciante sensazione della morte pre-sentita, lo struggimento di non
poter neppure contare su una fossa esposta al sole... Definitiva e terribile
conferma dello spregio che lo circonda in vita e in morte. Agli stornelli o a
spezzoni di canzoni popolari con testi "rivisitati" sono affidati momenti di
aperto sarcasmo o di ironia di Accattone e della combriccola cui spesso si
accompagna. Nel momento più tragico, quello della morte, insieme alle ultime
parole di Accattone ("Ah, mo' sto bbene"), viene riproposto Bach. Il "Corale"
della Passione secondo Matteo, che nel film è eseguito da soli strumenti,
contiene un testo che mi piace riportare, poiché mi pare l'esatto coronamento
della frase del protagonista: "Siamo seduti in lacrime / e ti chiamiamo nella
tomba: / dormi tranquillo, dormi in pace! / Riposate, stanche membra! / Dormi
tranquillo, dormi in pace!"
Angela Molteni aprile 1997
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