"Le pagine corsare "
dedicate a Pier Paolo Pasolini
Eretico e Corsaro
Pasolini, Duemila anni di « Imitatio Christi per rinnegare il Cristo
Pasolini la quotidiana eresia
di Ferdinando Di Giammatteo
Lo scandalo Pasolini
Rosso e Nero
gennaio/aprile 1976
( © Trascrizione da cartaceo, curata da Bruno Esposito ).
Sommario:
Duemila anni di « Imitatio Christi per rinnegare il Cristo
Le motivazioni psicologiche della religiosità pasoliniana non hanno bisogno di essere ricordate. Né servirebbe analizzare il conflitto fra questa religiosità e la istituzione ecclesiale: si uscirebbe dai confini del discorso e si finirebbe sul terreno altrui (cfr., appunto, il saggio di V. Fantuzzi). Qui, invece, sul piano della immediatezza
e delle quotidiane reazioni dell'eretico, si può tentare una breve ricognizione di quelle insofferenze a livello minimo, di quegli impulsi profondi e. di quelle brutalità che hanno sempre caratterizzato il rapporto di Pasolini con la Chiesa cattolica. Vi troveremo una maggiore sincerità, un più aperto impegno polemico? Anche. Ma vi troveremo soprattutto quegli aspetti che più intensamente rivelano il dolore dell'intellettuale. la sofferenza << umana >> della eresia che insegue vanamente il dogma, che vuole trasformarsi in dogma. L'accusa di tradimento rivolta con sistematica ostinazione alla Chiesa cattolica, ne uscirà certamente, se non più chiara, più netta e disperata. Un frammento privato introduce
nel modo giusto il tema:
Lavoro, lavoro come un pazzo, sono nel cuore del mio lavoro. Quando non lavoro, quasi sempre sono occupato a risolvere problemi miei così gravi che non ho la forza di occuparmi di quelli degli altri. E' difficile che un malato possa curare altri malati. Nonostante questo che il bene non fatto è bene non fatto, e basta. Non ci sono mai giustificazioni. II mio moralismo di settentrionale protestante è spietato. Le mie omissioni sono uno spasimo.
Sono gli anni di La religione del mio tempo, di Accattone e di Mamma Roma, del sogno sottoproletario che sarà spazzato via dal neocapitalismo. Lo spasimo privato è anche un'accusa pubblica. L'accusa (contro l'istituzione) trae forza e furore da quello spasimo << senza giustificazioni >>. Nel 1958 era morto Pio XII, Pasolini gli dedicò una poesia (cfr. il saggio di Fantuzzi, nota 19):
Quanto bene tu potevi fare! E non l'hai fatto:non c'è stato un peccatore più grande di te.
Il peccato di omissione, la piaga immedicabile della Chiesa. Alle spalle dell'accusa vi sono molte ragioni, e una lunga riflessione teorica. Ma vi sono anche piccoli segni, che risalgono a un periodo in cui il problema non era stato ancora affrontato in maniera esplicita. All'inizio v'è incertezza. Per esempio, a ventott'anni, qualche mese dopo essersi trasferito a Roma, recensendo un'antologia di diciotto poeti italiani, Pasolini osserva:
L'incredibile attualità del problema religioso, sia nel campo dei dissenzienti o addirittura eretici sia nel grembo stesso della chiesa. Ma se questa attualità, questa freschezza, questa urgenza siano indice di un ricomporsi dell'umano dopo la crisi dell'uomo moderno o degli strascichi, disperati, di questa crisi, non è certamente facile calcolare.
Quattro anni dopo il problema comincia a precisarsi. In una occasiono marginale (la morte di Paul Claudel), Pasolini motivò il suo dissenso dalle posizioni ufficiali della cultura cattolica. Fu il solo a non unirsi al coro compunto che il giornale aveva raccolto intorno alle spoglie del poeta. Disse:
Ciò che mi dispiaceva in lui [ ...] era l'apriorismo della sua esaltazione e del suo apostolato, un apriorismo massiccio, in cui mi pareva che non si potessero più riconoscere i segni di un dramma, di un peccato sia pur vinto: nell'altissimo furore agiografico che ne derivava, sentivo che l'" inventio" era accepita dal poeta come un "dettato" e quindi mancava in lui, con la sofferenza dell'invenzione, l'umiltà: come del resto mancava la pietà nella sua violenza mistica e nella sua concezione politica e morale di fondo.
Se a un uomo (un poeta laureato) rimproverava la mancanza di umiltà e di pietà, e l'oblio delle sofferenze che produce il peccato, 'alla istituzione non poteva non rimproverare la sclerosi <<burocratica>> in cui si era formalizzata l'omissione del bene. In tre scritti del 1961, legati insieme da perfetta coerenza, la religione di Pasolini si confronta con l'<<antireligione>> istituzionalizzata.
Mi basta prendere in mano il Vangelo per poter condannare senza possibilità di dubbi e senza eccezioni quell'istituzione fredda, arida, corrotta, ignorante che è, oggi, la Chiesa cattolica.
Vie nuove n. 22 - giugno 1961
Fin che vivrò non potrò mai scordare un articolo dell'<< Osservatore della Domenica >> contro la mia persona (peraltro non nominata): la bassezze, la cattiveria, la volgarità, la disonestà, la malafede, l'empietà di quell'attacco mi fanno concludere senza possibilità di dubbio che ogni resto di spirito cristiano si è spento proprio là dove dovrebbe avere per definizione la sua sede. C'è qualcosa di terribile in questo: qualcosa che in certi momenti rischia di far perdere, per scoraggiamento, per esasperazione, per ira, ogni fiducia nell'uomo. La società italiana si presenta come completamente impregnata di quel marcio che è la corruzione del cristianesimo. In ogni atto, in ogni rapporto, si finisce sempre col mettere la mano su questo pus, su questo resto infetto di ciò che alle origini fu grande e puro.
Vie nuove n. 18 - maggio 1961
Discutendo — è il terzo degli scritti citati dei rapporti fra cristianesimo e marxismo, Pasolini azzarda una interpretazione storica. Ma storia finisce, una volta ancora, al servizio dei sentimenti personali (e della poetica del pauperismo elaborata in quegli anni, fra narrativa e cinema).
Nulla muore mai in una vita. Tutto sopravvive. Noi. insieme, viviamo e sopravviviamo, cosi anche ogni cultura è sempre intessuta di sopravvivenze. Nel caso che stiamo esaminando. ciò che sopravvive sono quei famosi duemila anni di Imitatio Christi, quell'irrazionalismo religioso. Non hanno più senso, appartengono a un altro mondo: negato, rifiutato, superato: eppure sopravvivono. Sono elementi storicamente morti ma umanamente vivi che ci appartengono. Mi sembra che sia ingenuo, superficiale, fazioso negare o ignorarne l'esistenza. Io, per me, sono anticlericale {non ho mica paura a dirlo!) ma so che in me ci sono duemila anni di cristianesimo: io coi miei avi ho costruito le chiese romaniche e poi le chiese gotiche e poi le chiese barocche: esse sono il mio patrimonio, nel contenuto e nello stile. Sarei folle se negassi tale forza potente che è in me: se lasciassi ai preti il monopolio del Bene.
Il 1962 è l'anno della rivelazione (ad Assisi, presso la pro Civitate Christiana ) del Vangelo. Pasolini decide di farne un film. Mai idea è Stata <<più spontanea, irrazionale e brutale>>. E' il tempo del pontificato di Giovanni XXIII. Ma la diffidenza verso l'istituzione non viene meno.
II valore particolare che questo Vangelo ha per il nostro tempo consiste nel fatto che rappresenta un esempio di grande forza e di assoluto rifiuto del compromesso. Senza per ciò cadere nel moralismo, uno dei cardini su cui si regge è, a mio avviso, l'affermazione che qualsiasi compromesso debba essere considerato il più grave di tutti i peccati. Il Vangelo secondo Matteo mi sembra l'archetipo di un pensiero chiaro e indipendente, la fonte di una dottrina dell'amore non sentimentale, né paterno né fraterno.
Der Tagesspiegel, gennaio 1966
Richiesto di indicare quale tra i problemi affrontati allora dalla Chiesa del Concilio potrebbe suggerirgli temi da sviluppare in un film, Pasolini risponde secco:
Potrei dire semplicemente: lo spirito di comprensione e di curiosità intellettuale, componente secolare dell'amore cristiano, che caratterizzano la figura di papa Giovanni.
Italia-Notizie novembre 1963
Morto Giovanni XXIII. l'ostilità verso l'istituzione pare sciogliersi. Ma, nella sostanza, poco cambia.
Credo di condividere i sentimenti della maggior parte dei miei simili esprimendo il mio affetto direi quasi familiare alla memoria di Giovanni XXIII e non posso trascurare il fatto che questo grande Papa è stato il primo a capire che il marxista non una bestia nera, che è possibile creare un dialogo tra marxisti e cattolici.
Sipario, ottobre 1964
In una intervista con Gideon Bachman, Pasolini argomenta la sua accusa con una spietata pacatezza. Il tono è dolce, riflessivo. La sostanza ha quel carattere atroce , che è del ragionare pasoliniano, quando, esaurita la passione dell'invettiva, lo scrittore riassume ordinatamente le proprie tesi, distaccato e quasi impassibile, come fossero idee altrui. O dogmi indiscutibili.
La Chiesa diffonde indiscriminatamente l'idea dall'amore del prossimo, senza comprendere né le ragioni dell'amore né quelle dell'odio, Penso ai suoi rappresentanti migliori, quantunque io sia persuaso che nessuno di loro conosce il significato, per esempio. del marxismo e che parlano e giudicano per sentito dire. Alla realtà essi oppongono una vaga idea generale di amore, che la sua stessa genericità rende antidemocratica. La Chiesa è tagliata fuori da ogni esperienza reale di democrazia. La sua "fraternità" (o il Suo larvale socialismo) è universale, senza distinzioni. Ma a me sembra che l'uomo abbia, fra gli altri diritti, quello di non essere amato alla leggera: ha il diritto di essere amato per ragioni valide. E la Chiesa conosce l'odio, perchè l'amore è fatto di passione e si trasforma facilmente in odio. Per questo ci offre posizioni estreme, presentate in forma retorica. E nessuna filosofia, nessuna azione si può fondare unicamente sulla retorica.
Les Lettres françaises, settembre 1965
I cattolici più avvertiti seguivano Pasolini con interesse. E Pasolini lo accoglieva, questo interesse a volte preoccupato più del necessario, con una simpatia ansiosa. L'OCIC gli attribui due premi, uno per il Vangelo secondo Matteo e uno per Teorema. Davanti allo stupore, dei tradizionalisti, Pasolini reagi con noncuranza.
Quando, con i premi, si profilò - dichiarò a Claude Mauriac del <<Figaro littéraire>> la possibilità di un dialogo con una certa avanguardia cristiana.
ho accettato subito. E non me ne sono mai pentito
Ma diversa fu la reazione quando il comitato direttivo dell'OCC sconfessò la giuria che aveva premiato Teorema:
poiché le cose sono a questo punto, sono pronto a rendere i due premi cha mi sono stati attribuiti dall'OCIC. Ma continuerò ugualmente sulla stessa strada e nulla m'impedirà il mio dialogo mistico. I rappresentanti di questa Chiesa clericale non hanno che un solo pensiero, cioè di morire lasciando dietro di sé un mondo immutabile, peggio per loro, poiché il mondo è cambiato e cambierà ancora. Il potere industriale non ne può più di questa vecchia Chiesa: non ne ha più bisogno: ne hanno ancora bisogno solo Franco e i colonnelli greci.
Cinema nuovo, marzo-aprile 1969
Negli anni successivi l'attenzione di Pasolini si volse altrove, le sue invettive colpirono altre istituzioni e altre ideologie. Il giudizio sulla Chiesa, assorbito in una visione totale della società borghese, divenne sprezzante. Gli pareva che ormai Cristo fosse stato rinnegato, e il peccato di omissione consumato sino in fondo
La Chiesa — ripeteva — si sta spegnendo. tra pochi anni non cisaranno più preti
Scritto nel 1968, ma solo dopo la fine della << trilogia della vita >> giunto a maturazione, il San Paolo sta per tradursi in immagini. Un'altra sfida diretta, ma effettivamente è troppo tardi: il progetto
non si realizzerà.
Sarebbe un maramaldeggiare contro la Chiesa, che in questo momento rivela una debolezza che mi fa pena. Un Anno Santo folcloristico_._ il papa con le penne di Sioux. Se la recessione sarà ancora tanto forte da portare a un rafforzamento della Chiesa potrei tornare al San Paolo. Ma allora vorrebbe dire che le cose si sono messe male.
Paese Sera febbraio 1975
La passione anticlericale, Che aveva alimentato per anni un furore aspro e ossessivo, sembra scomparsa, I toni dell'invettiva sono un ricordo lontano. Come se la lunga polemica si fosse improvvisamente conclusa. Nell'intervista di dieci anni prima (Gideon Bachman, << Les Lettres françaises >>) aveva ripetuto con durezza particolare ciò che in ogni colloquio non dimenticava mai di dire:
Mi sembra di essere il meno cattolico fra tutti coloro che appartengono, oggi, alla cultura italiana. Del resto, non provengo da un ambiente cattolico, non sono mai stato cresimato. […] Amo le abitudini religiose dei contadini, i vespri e le campane delle chiese, ma che rapporto c'è fra tutto questo e il cattolicesimo? D'altronde. è l'influenza di questi stessi contadini-minatori, che facevano gli scioperi nel dopoguerra, che mi ha fatto diventare comunista. Da allora, la mia posizione intellettuale. le mie letture sono state marxiste.
©Eretico e Corsaro - Le Pagine Corsare |
Curatore, Bruno Esposito
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