"Le pagine corsare "
dedicate a Pier Paolo Pasolini
Eretico e Corsaro
La solitudine dell'intellettuale e la cieca violenza dei forti
Pasolini la quotidiana eresia, di Ferdinando Di Giammatteo
Lo scandalo Pasolini
Rosso e Nero
gennaio/aprile 1976
( © Trascrizione da cartaceo, curata da Bruno Esposito )
Gli ultimi tre anni della polemica pasoliniana contro il << mostruoso >> edonismo consumistico si trovano documentati, con puntigliosa cura, negli << Scritti corsari >>. La collaborazione al << Corriere della Sera >> , tribuna autorevole, dà nuovo vigore a quell'ansia profetica che aveva percorso tutta la carriera pubblica del poeta.
Lo scontro frontale con le istituzioni (quelle civili in primo piano, la Chiesa relegata sullo sfondo) lo impegna in un'opera tormentata e affannosa di testimonianza. I colpi subiti accrescono la violenza della polemica: Pasolini li cerca con ostinazione. in una sfida che sempre più appare come una autopunizione (l'<<eautontimorùrienos >> non era stato citato a caso, nella vecchia intervista annunciante l'inizio di quell'attività pubblica per eccellenza che è la creazione cinematografica). La sofferenza è ormai un bisogno insopprimibile. Una volta la sapeva giudicare e, nel giudizio, razionalizzarla:
Dovrei avere la forza di non parlare delle mie sofferenze: è stato rimproverato anche alle mie ultime poesie de La religione del mio tempo di essere troppo lagnose. Fare un rimprovero simile mi pare un pò disumano: ma io tuttavia non posso non prenderlo in considerazione.
Vie Nuove agosto 1962
Ora, non più. L'eretico di tutte le chiese e di tutte le istituzioni (compresi i partiti della sinistra, compresi i giovani contestatori) accetta il suo destino. e progetta una ultima opposizione, in nome di quella aurora che dovrà sorgere dopo la fine della << Nuova preistoria >> nella quale il capitalismo e la borghesia hanno precipitato 1'umanità. per una difesa di tutto ciò che è diverso.
Finché il . diverso, vive la sua diversità in silenzio, chiuso nel ghetto mentale che gli viene assegnato, tutto va bene: e tutti si sentono gratificati dalla tolleranza che gli concedono. Ma se appena egli dice una parola della propria esperienza di << diverso >>, si scatena il linciaggio. come nei più tenebrosi tempi clerico-fascisti. Lo scherno più volgare. il lazzo più goliardico, l'incomprensione più feroce, lo gettano nella degradazione e nella vergogna.
Il Mondo marzo 1975
In questi mesi del '75 Pasolini sta girando Salò, il film che intende essere anche (ma non solo, e a conti fatti nemmeno in parte lo è) il ritratto dei << tenebrosi tempi clerico-fascisti >>. Perfino la << degradazione >> e la << vergogna >> debbono essere accettate. L'intellettuale borghese non può sottrarsi al proprio ruolo. Vista tramontare la speranza di una rigenerazione attraverso la << purezza >> del sottoproletariato (anch'esso corrotto dal consumismo), constatata l'inutilità di una regressione al passato (e ai miti), accertata l'impossibilità di una rivoluzione della struttura capitalistica, non gli rimase che sviluppare sino in fondo il << motivo dell'autodistruzione — nota Ferretti — come estrema affermazione di consapevolezza >>.
Nel '70-71. quando iniziava la trilogia della vita pose le premesse dell'atteggiamento che l'avrebbe condotto alla solitudine estrema dell'intellettuale borghese (intervista con Sergio Arecco).
Sono privo. praticamente e ideologicamente, di ogni speranza. Quindi di giustificazioni, di possibilità, di alibi, di procrastinazioni. Da cosa nasce la speranza quella della prassi marxista e quella della pragmatica borghese? Nasce da una comune matrice; Hegel. lo sono contro Hegel (esistenzialmente — empirismo eretico). Tesi? Antitesi? Sintesi? Mi sembra troppo comodo. La mia dialettica non è più ternarla ma binaria. Ci sono solo opposizioni, inconciliabili. Quindi niente Sol dell'avvenire e, niente << mondo migliore >>. AI diavolo i figli! II mio futuro è paurosamente e fulmineamente diminuito. Quindi non ho più bisogno della speranza, per me (capisco che i giovani. disgraziati, che devono ancora vivere tutta una vita, in queste condizioni, abbiano bisogno di sperare, come nel '45). Finalmente, vivendo come gli uccelli del cielo e i gigli dei campi, cioè non occupandomi più del domani (che non sarà una sintesi, ma una nuova opposizione) mi godo un pò di libertà e di vita (quest'ultima tutta molto goduta, specie nel campo erotico, ma dissociandomi). […] Godere la vita (nel corpo) significa appunto godere una vita che storicamente non c'è più; e il viverla è dunque reazionario. Io pronuncio da qualche tempo proposizioni reazionarie.
Filmcritica marzo 1971
Amo ferocemente. disperatamente la vita. E credo che questa ferocia. questa disperazione mi porteranno alla fine. Amo il sole, l'erba, la gioventù. L'amore per la vita è divenuto per ma un vizio più micidiale della cocaina. Io divoro la mia esistenza con un appetito insaziabile. Come finirà tutto ciò? Lo ignoro.
Sentiva crescergli intorno il silenzio
( << Uno scrittore non può lavorare — confidò a Enzo Siciliano, sull' << Espresso >> — nel vuoto pneumatico. E il silenzio preordinato è teppismo della specie peggiore >>)
dubitava della propria intelligenza
( << Sento vagamente che qui le mie parole suonano senza i caratteri né della novità né dell'autorità >>, ivi).
E aggrediva, per farsi aggredire. In ogni direzione, senza più distinguere, dentro l'universo borghese. Una intervista con Massimo Conti: non interessa salvarsi.
II mio giudizio è negativo su tutta l'umanità, giovani e vecchi. Sentimentalmente bisogna avere comprensione, e sia pure fraterna pietà, per i giovani. Questa loro fondamentale sofferenza e incertezza nevrotica li rende vittime; attraverso la tragedia li nobilita e l'ansia ridà loro quell'innocenza che hanno perduto con l'allegria. [...]Una possibilità di salvezza? Ci sarà, ma non m'interessa. Perché dal momento in cui uno dice che c'è possibilità di salvezza, matte a tacere la propria coscienza.
E una inchiesta di Emilia Granzotto: l'orgoglio della propria condizione.
Non rappresento altro che me stesso, non ho dietro né gruppi né partiti. Parlo sempre a titolo personale, quasi vivendo nel mio proprio corpo quello che dico. E sono sempre coerente, mi vanto di una coesività quasi da laboratorio strutturalista. << Sono un tutto solidale >> , come direbbe Lévi-Strauss.
Gli giunge l'occasione delle 120 giornate di Sodoma. E' l'unico film che non sia un progetto suo. Lo invita ad occuparsene Sergio Citti, per un altro regista. Pasolini propone di introdurvi lo schema dei gironi danteschi. Cade la collaborazione, l'iniziativa passa a lui. Se ne impadronisce, la assorbe nella propria ideologia, colloca l'azione del film nel più tenebroso dei << tempi clerico-fascisti >>. Per fare del sesso una << metafora del potere >> come spiega in una provocatoria autointervista:
Ho cercato nella Trilogia i fantasmi dei personaggi del miei film realistici precedenti. Senza più denuncia, ovviamente, ma con un amore cosi violento per << tempo perduto >> da essere una denuncia non di qualche particolare condizione umana ma di tutto il presente (permissivo per forza). Ora siamo dentro quel presente in modo ormai irreversibile: ci siamo adattati. […] II sesso è oggi la soddisfazione di un obbligo sociale, non un piacere contro gli obblighi sociali. Da ciò deriva un comportamento sessuale appunto radicalmente diverso da quello a cui io ero abituato. Per me dunque il trauma è stato (ed è) quasi, intollerabile. Il sesso in Salò è una rappresentazione o metafora di questa situazione: questa che viviamo in questi anni: il sesso come obbligo e bruttezza. [...] Oltre che la metafora del rapporto sessuale (obbligatorio e brutto), che la tolleranza del potere consumistico ci fa vivere in questi anni, tutto il sesso che c'è in Salò (e ce n'è una quantità enorme) è anche la metafora del rapporto del potere con coloro che gli sono sottoposti. In altre parole la rappresentazione (magari onirica) di quella che Marx chiama la mercificazione dell'uomo; la riduzione del corpo a cosa (attraverso lo sfruttamento). Dunque, il sesso è chiamato a svolgere nel mio film un ruolo metaforico orribile. […] Nel potere — in qualsiasi potere, legislativo e esecutivo — c'è qualcosa di belluino. Nel suo codice e nella sua prassi, infatti, altro non si fa che sancire e rendere attualizzabile la più primordiale e cieca violenza del forti contro i deboli: cioè, diciamolo ancora una volte, degli sfruttatori contro gli sfruttati.
Corriere della Sera marzo 1975
Il discorso vuol farsi universale, il tono si incupisce
( << La caratteristica del film è l'ossessione, portata al massimo grado di sopportabilità >>: << Paese Sera >>, febbraio 1975).
L'enfasi profetica occupa lo spazio dell'analisi sociologica e l'annulla, l'invettiva colpisce tutta la realtà.
L'Italia — e non solo l'Italia del Palazzo e del potere — è un Paese ridicolo e sinistro: i suoi potenti sono delle marionetta comiche, vagamente imbrattate di sangue: << contaminazioni >> tra Molière e il Grand Guignol. Ma i cittadini italiani non sono da meno. Li ho visti, li ho visti, in folla a Ferragosto. Erano l'immagine della frenesia più insolente.
Il Mondo, settembre 1975
Ma la voce si perde nel vuoto. Pasolini ora dà fastidio, o fa paura. E' finito persino il tempo delle polemiche. Sotto l'invettiva e il sarcasmo, nelle metafore felici (il << Palazzo >>) e nelle immagini sbiadite ( la << frenesia più insolente >>) il dolore provocato dalla esclusione diviene straziante. Il << gioco >> della vittima — l'eautontimorùmenos che si flagella sulla piazza — non ha più senso. Le parole profetiche suonano stonate. A Italo Calvino, che s'era chiesto perché fosse stata compiuta 'la carneficina del Circeo, risponde con un lamento:
Io sono più di due anni che cerco di spiegarli e volgarizzarli questi perché. E sono finalmente indignato per il silenzio che mi ha sempre circondato. Si è fatto solo il processo a un mio indimostrabile refoulement cattolico. Nessuno è intervenuto ad aiutarmi ad andare avanti e ad approfondire i miei tentativi di spiegazione. Ora, è il silenzio che é cattolico. […] Lascia che ti dica che non è cattolico, invece, chi parla e tenta di dare spiegazioni magari dal vivo, e circondato dal più profondo silenzio.
Per l'assistenza fornita, nella ricerca, dobbiamo ringraziare anzitutto Graziella Chiarcossi, generosa e indispensabile. E inoltre Carlo Barrese (<< La Fiera Letteraria>>) Bruno Ermini (<< L'Espresso >>) Gianni Pozzi (<< Paese Sera >>) Franco Ferri direttore dell'Istituto Gramsci, e Franco Mariotti.
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