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sabato 19 aprile 2025

Lucciole per lanterne, "Risposta a Pasolini e Andreotti" - Roberto Guiducci, L'Avanti di sabato 8 febbraio 1975

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro



RISPOSTA a PASOLINI e ANDREOTTI
Lucciole per lanterne

pagina Avanti
sabato 8 febbraio 1975
pag. 5

( © Questa trascrizione da cartaceo, anche un po faticosa, è stata curata da Bruno Esposito )


.
Avevo deciso di non replicare questa volta a Pasolini (mentre l’avevo fatto nella «Tribuna aperta» del Corriere della Sera» a proposito del golpe), perché non trovo giusto che i problemi di fondo del nostro paese debbano essere sollevati solo perché questo o quell’« intellettuale » decide, per ragioni personali, di parlarne in modo bizzarro. Ma non trovo neanche giusto che se l’attenzione viene richiamata in questo modo affatto rigoroso, come «nuovi argomenti » richiederebbero, questa attenzione si monopolizzi.
Se, la polemica è inevitabile, avvenga allora su tutti fronti perché, altrimenti, al grande pubblico potrebbe sembrare che lo scontro fra Pasolini e Andreotti sia quello fra sinistra e destra, mentre è soltanto quello fra due cattolici, come aveva giustamente previsto Alberto Moravia ( per sapere cosa aveva previsto Moravia, clicca sul link di seguito: "Lo scandalo Pasolini"). Io cercherò di approfondire il perché, Pasolini, da tempo, va affermando che il proletariato si corrotto nell’ultimo decennio. Nella versione più recente Pasolini afferma: « Io, purtroppo, questa gente italiana, l'avevo amata » ( per saperne di più, clicca sul link di seguito: Pasolini, "Il vuoto del potere" ovvero "l’articolo delle lucciole").  Ma « ho visto, "coi miei sensi” il comportamento coatto del potere dei consumi ricreare e deformare la coscienza del popolo italiano, fino ad una irreversibile degradazione ». Dal canto suo Andreotti vede lo stesso fenomeno di decadenza uno «scivolamento infrenabile del permessivismo idealizzato». 
Marx pensava esattamente l'opposto non temeva, in tutte le sue opere, di descrivere negativamente tempi costumi del proletariato, ottocentesco usando addirittura l’aggettivo di «bestiali ». L'alienazione, al di fuori del termine solo filosofico, significa sociologicamente essere privato ed espropriato della possibilità di manifestazioni piene, autodirette, autogestite della personalità umana sociale. 
Ma appunto questa contraddizione fra umano intollerabilmente non-umano fa scattare processi di emancipazione delle classi oppresse, mentre porta ad una furiosa conservazione le classi o i gruppi dominanti fino alla loro « uscita dalla storia ».
Il problema si pone, allora, correttamente nella domanda se il proletariato italiano del 1945 sia peggiorato nel 1975 o se, invece, sia oggi potenzialmente più rivoluzionario pur attraversando la fase cosiddetta consumistica, che, in termini più precisi, si può definire il passaggio da un regime di scarsità ad un regime di beni più abbondanti, da una cultura prevalentemente rurale ad un’altra prevalentemente urbana. 
Nessuno nega che il consumismo abbia prodotto anch'esso gravi processi alienanti (e ulteriori contraddizioni scatenanti), ma non è successo solo questo nella società italiana dal 1945 ad oggi. 
Sotto le apparenze nonostante la continua politica di freno della DC (proprio quegli interventi gravemente ritardatori che Andreotti elogia: distribuzione antieconomica delle terre alla piccolissima proprietà contadina per giustificare la presenza della grande; piccoli appartamenti in proprietà per il 50% degli italiani sempre per radicare la proprietà e per terrorizzare i più nei confronti di una legge urbanistica che i espropri grandi detentori di terreni edificabili di grandi società immobiliari, ecc, ecc.),
la crescita procedeva per una via sempre più terrena, empirica e, dunque, laica.
La maggioranza non più ottocentesca degli italiani voleva cominciare vivere,
almeno in parte, l'unica vita effettivamente disponibile. E poiché questo, in qualche misura, diventava concretamente reale, venivano a cadere i classici pani sostitutivi dei poveri: patria, religione, anima, aldilà, famiglia, ordine, risparmio, moralità, ecc., ecc., per dei pani materiali storicamente materialistici.
E spero che Pasolini e Andreotti non si dolgano se le nostre contadine, divenute cittadine, consumano la bistecca almeno dopo il parto, anziché ingoiare la placenta, come fino dieci anni fa, per mancanza assoluta di proteine. 
Ma c’è molto di più. In un paese cattolico, che era vissuto soltanto di Controriforme, si affacciata, per la prima volta, negli anni 60 una politica di Riforma che non era soltanto economica (piano nazionale, ecc.), ma globale, cioè laica in un paese, in gran parte, da sempre cattolico o quasi totalmente cattolicizzato dal fascismo. Dico quasi totalmente cattolico, perché a parte alcune minoranze, i due grandi partiti, DC  e PCI, sono entrambi stati e sono due partiti «cattolici» nel senso di ecumenici, cioè universalizzanti, totalizzanti, egemonizzanti con le loro rispettive ideologie religiose, acritiche e autocratiche.
In mezzo questi due blocchi, ha preso sempre più spazio e corpo una Riforma protestante, contestativa, laica. Il movimento socialista è stato, insieme con il Partito di Azione, gli « Amici del Mondo », i primi «radicali» e molti piccoli gruppi, uno degli elementi più rilevanti di questa Riforma. E ne ha pagato anche il prezzo. Infatti, come Max Weber aveva chiarito, proprio lo sganciamento laico dalle chiese, ideologie, religioni totalizzanti favorisce, in un primo tempo, la nascita di «sette» che non hanno più remore a scindersi e ricomporsi e scomporsi perché è finalmente ammessa la diversità di opinioni ed azioni e sparisce il ricatto infernale del «dentro il campo sacro» «fuori nell'eresia ».
Solo, dopo un lungo travaglio, le sette possono riuscire a diventare movimenti pluralistici fondati su solide basi autonomistiche. Questi primi «protestanti» hanno avuto vita difficile nel paese dei due grandi «cattolicesimi» intransigenti totalizzanti ed hanno appeso alle porte di San Pietro «centinaia
romantici articoli di legge» su una possibile programmazione finalmente democratica, su cui ironizza naturalmente Andreotti, ed alla quale si opposero colpevolmente comunisti, mentre le altre forze della società civile non erano ancora emerse. 
Ma nel 1968-69 esse sono venute alla luce: hanno assunto la forma di sindacati portatori di riforme non solo di « contratti »; di movimenti giovanili rivoluzionari; di comitati, consigli, comunità di zone, quartieri, aree del paese; di associazioni club per il divorzio, l'aborto, le libertà civili, la lotta contro la distruzione della città della natura (comprese le lucciole), ecc., ecc. Il processo di disalienazione ed emancipazione era cominciato. 
Contro tutte le previsioni gli ostacoli e remore dei due « cattolicesimi », il referendum per il divorzio ha codificato il passaggio della maggioranza del paese dalla cattolicità alla « riforma ». 
Ma questa società civile consumistica, perduta e immorale, gustato il frutto della libertà, ne vuole altre tutte autenticamente socialiste: vuole un lavoro che abbia un senso umano e un plus valore sociale; non vuole risparmiare individualisticamente (per vedersi annientata la fatica dall’inflazione), ma vuole servizi sociali dall'infanzia alla vecchiaia; vuole case e città vivibili; vuole vedere smantellati giganti parassitari della burocrazia, delle speculazioni e del clientelismo e vuole fare l'amore, come vuole, con più Eros che può e con meno figli possibile. 
Ma le religioni totalizzanti hanno solo passato e niente futuro,  e pensano sempre che il paradiso sia perduto e che gli uomini, se vogliono una città terrena in cui vivere, debbano essere puniti dall'ira degli Dei. 
Tuttavia laici non hanno più Dei, e perciò non credono, neppure, di essere diventati mostri proprio nella misura in cui si sforzavano finalmente di crescere soltanto come uomini.
Le Chiese cattoliche sentono il terreno franare sotto piedi si tendono la mano: il compromesso storico è un progetto di controriforma per far fronte alla riforma non riformistica in atto nella società civile. Il passaggio dal « bipartitismo imperfetto », analizzato da Giorgio Galli, al «cattolicesimo più che perfetto » di oggi. La Grande Madre, ipotizzata da Franco Fornari, tende a riprendere coercitivarnente sotto di sé figli ribelli. 
E mentre Andreotti fa il suo mestiere di Gran Sacerdote della «Chiesa, patria, famiglia, obbedienza, ordine, risparmio e moralità », Pasolini si attarda a prendere le lucciole inquinate per lanterne del disastro generale, e non vede che le vere lanterne, sempre più grandi, sono portate in mano dagli uomini laici della società civile per far chiaro alla Montedison e altrove, nei palazzi di un potere arcaico e imbecille, nelle sagrestie e nelle segreterie, nell'imbroglio «delle divergenze parallele ». 
Non parlerò in fretta di alternativa perché anch'essa potrebbe essere un imbroglio, se non fosse degna di una società civile, ormai in gran parte laica, cosciente e adulta. 
Vorrei soltanto che l’amico Pasolini verificasse quanto paese pulito c'è già qui (e non in una delle Chiese che tendono a diventare Chiesa); che diffidasse dei suoi «sensi» che lo possono, come le scienze hanno dimostrato da tempo, gravemente ingannare: che ricordasse come il «sonno della ragione genera mostri»; che considerasse (a proposito del suo rifiuto alla legalizzazione dell'aborto) che dire il contrario di quello che dicono quelli che sono contrari all’Arcivescovo è dire, purtroppo, quello che ha sempre detto l'Arcivescovo.

ROBERTO GUIDUCCI


@Eretico e Corsaro - Le Pagine Corsare


Curatore, Bruno Esposito

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