"Le pagine corsare "
dedicate a Pier Paolo Pasolini
Eretico e Corsaro
Pier Paolo Pasolini
Dante e i poeti contemporanei
Questionario
Inedito, 1965
In occasione dei 700 anni dalla nascita di Dante, Pasolini rilascia un’intervista radio la cui trascrizione è rimasta inedita fino al 1999 e poi finalmente è stata pubblicata nell’edizione Meridiani Mondadori dei Saggi sulla letteratura e sull’arte.
A Pasolini viene posto un questionario di 11 domande.
Il questionario:
1. L'età di Dante presenta i caratteri di una grande civiltà giunta al suo culmine e già volta al declino, o - se si preferisce - in via di trasformazione verso una nuova civiltà che di lì a poco si sarebbe configurata e precisata come umanesimo. Alcuni aspetti dell'epoca che noi viviamo - crisi della cultura «borghese» in senso tradizionale, e profilarsi di un nuovo umanesimo - sembrano indicare che un fenomeno analogo si stia producendo nel nostro secolo. Quale è la sua opinione in proposito? Le rivolgiamo questa e le successive domande, facendo appello, naturalmente, alla sua personale e viva esperienza di poeta.
2. L'atteggiamento che Dante uomo e poeta assume nei confronti dei problemi suscitati dalla realtà immanente e trascendente del suo tempo, può trovare un riscontro nella posizione che lo scrittore d'oggi - in quanto uomo e in quanto poeta - assume nei confronti dei problemi della nostra epoca? Indubbiamente in Dante l'impegno dell'uomo e l'impegno del poeta coincidono. Ritiene che per i poeti d'oggi una coincidenza analoga sia possibile?
3. E, in connessione con la domanda precedente, la sintesi del reale nella sua totalità (morale, filosofia, teologia, storia, politica, scienza) che fa del poema di Dante un documento forse unico nella storia universale della poesia, può essere ripetibile oggi?
4. ln particolare, nella Divina Commedia, Dante ha tentato e realizzato la conciliazione tra poesia e scienza. In una situazione oggi assai più drammatica sotto questo profilo, ritiene possibile per i poeti attuali questa conciliazione, e che essa sia indispensabile ed essenziale a ciò che la poesia deve essere, e alla funzione che deve esercitare: in altre parole, alla sua esistenza e alla sua stessa sopravvivenza?
5. Dante crede nella parola, che nasce in lui dallo stesso atto di fede che lo volge a Dio, che è anche parola, da cui quella umana attinge la sua verità e la sua sostanza. Il poeta di oggi: si è detto, dubita anche della parola, come di tutto. E tuttavia si aggrappa ad essa, per farne specchio della sua disperazione, ma anche come a un estremo atto di fede. Non le sembra che questa posizione si avvicina: in qualche modo, alla concezione che Dante ha della funzione della poesia?
6. Esistono, nel panorama della poesia del Novecento, alcune figure rappresentative nelle quali la presenza di Dante è palesemente avvertibile anche se in modo e misura diversi. Basti accennare a Ezra Pound, Thomas Stearns Eliot, Saint-fohn Perse. Li considera casi isolati o li ritiene sintomi di una rinascita dantesca?
7. Sul piano specificamente linguistico, tecnico ed espressivo, lei ritiene che la lezione di Dante conservi la sua validità, e quindi la sua attualità? Lei personalmente, nelle sue esperienze concrete sulla pagina, ha tratto qualche vantaggio dalla frequentazione con la poesia di Dante?
8. Si rimprovera ai poeti d'oggi la tendenza a cogliere e a mettere in rilievo gli aspetti negativi del nostro tempo (che saranno senz' altro prevalenti) piuttosto che quelli positivi (che saranno poche: ma esisteranno); a considerare l'idea di crisi come fattore determinante, che conferisce a priori validità all'ispirazione, ai temi affrontati, alle soluzioni formali. Ritiene almeno in parte fondati tali rilievi? E, in caso affermativo, pensa che Dante, con l'equilibrio tra la partecipazione alla realtà storica del suo tempo e l'affermazione della sua persona e dei valori della sua fede, possa avviare i poeti d'oggi ad avere una visione più chiara dei problemi della nostra epoca e delle difficoltà espressive che essi comportano?
9. Più specificamente, ritiene possibile oggi il recupero dei valori in cui Dante credeva, o perlomeno di valori equivalenti? O pensa che il cammino della storia ci porti verso l'acquisizione di valori del tutto diversi, sostitutivi di quelli? E quali sarebbero, secondo lei: questi nuovi valori?
10. A Dante spetta il merito di aver creato la lingua italiana. Ma nell'evoluzione di essa, il contributo del Petrarca e di altri autori: ha avuto una incidenza maggiore. Sotto questo profilo, le sembra che nella poesia italiana del Novecento, e in particolare in quella del dopoguerra, la presenza di Dante sia meno avvertibile di quella del Petrarca? E, se la risposta è affermativa, quali - secondo lei - le ragioni?
11 . Oggi possiamo valutare in tutta la sua portata la rivoluzione linguistica di Dante, attuata soprattutto nella Divina Commedia. Partendo da tali considerazioni: e traducendo i concetti in termini moderni: ritiene che sia avventato parlare, a proposito di Dante, di sperimentalismo linguistico?
Le risposte:
1 . Mi sembra una domanda troppo «adattata» alla contingente circostanza della celebrazione, e quindi poco scientifica. Solo nelle storie della letteratura di tipo idealistico e romantico ci si imbatte in simili figure di poeti che giganteggiano tra epoca ed epoca, in un'assurda toponomastica dove un Comune sta accanto a una Signoria, una Signoria a uno stato ecc. ecc. come in un blasone popolare. Dante non si librava fuori dalla storia, in queste magniloquenti prefigurazioni di storia futura: egli stava dentro la piccola storia della sua Firenze e della sua Italia appenninica, ed è lì dentro che noi lo amiamo. Nel momento in cui lo si estrae da lì, diventa un poeta ufficiale, anzi, direi con orrore, o un simbolo nazionalistico o un simbolo universalistico: due simboli falsi e brutti, tutti e due. Come si sa, Dante ha avuto una grande idea, quella di usare la lingua volgare:· ma ha avuto anche un'altra grande idea, quella di usare le varie lingue di cui tale lingua e ogni lingua è composta. Il che dimostra la sostanziale democraticità trecentesca di Dante: se egli non usa il volgare come una possibile lingua istituzionale e letteraria da contrapporre in blocco al latino per sostituirlo in una stessa funzione universalistica e metastorica. Se articolato nei suoi vari sotto-linguaggi o lingue sociali - dalla lingua dell'aristocrazia alla lingua dei malfattori, dalla lingua gergale letteraria alla lingua famigliare ecc. ecc. significa che la funzione del volgare rispecchiava un momento reale della società. Anche senza ricorrere al determinismo di certa estetica marxista degli anni Cinquanta, e richiamandoci alla revisione operata su quel determinismo dal Goldmann, è chiaro che la poesia di Dante ha strutture omologhe a quelle della società comunale fiorentina: e i vari sotto-linguaggi trovano il loro principio in una esperienza di lotte sindacali, che opponevano drammaticamente categoria sociale a categoria sociale. In questo senso mi pare che Dante non prefiguri per niente l'incombente umanesimo, e che anzi, non prefiguri per niente nessun momento dell'Italia futura: egli se mai ha prefigurato qualche momento ideale dell'evoluzione democratica delle borghesie europee, saltando tutto l'umanesimo, il rinascimento e la controriforma in Italia.
2. 3 . 4. 5. Anche le domande 2, 3 , 4 e 5 - chiedo scusa mi sembrano delle domande radiofoniche. A cui si può rispondere indifferentemente di sì o di no, a seconda dell'umore.
6. Ho detto rispondendo alla prima domanda che Dante prefigura semmai, piuttosto che l'umanesimo italiano ecc., certi momenti dell'evoluzione democratica borghese nell'Europa dal Seicento in poi. Ebbene a tutto pensavo fuori che ai nomi fatti in questa domanda. L'uso che Pound o Perse hanno fatto di Dante è un uso del tutto arbitrario ed estetizzante, allineato. com'è coi poeti cinesi... C'è una specie di processo degenerativo della cultura europea dell'Ottocento, per cui i testi della storia letteraria vengono destoricizzati, collocati in una piattaforma metastorica che deforma i loro significati. Tale piattaforma è il laboratorio di un poeta (il laboratorio, si capisce, è un luogo poeticissimo) , e lì i significati di un'opera vengono sottoposti a violentazioni addirittura sadiche. Dante in Pound è esattamente come un
ebreo nelle mani di Hitler.
7. (e in parte 10 e 11 ) C'è stata negli anni Cinquanta, presso un gruppo di addetti ai lavori, molto impegnati in questo, sulla scorta di un ormai famoso saggio del Contini, una specie di assunzione di Dante a simbolo. Il suo plurilinguismo, le sue tecniche poetiche e narrative, erano forme di un realismo che si opponeva, ancora una volta, alla Letteratura. Sicché io, nel mio operare di quegli anni, avevo in mente Dante come una specie di guida, la cui lezione, misconosciuta o mistificata nei secoli, era ricominciata a essere operante con la Resistenza. Ora quell'idea di realismo degli anni Cinquanta pare ed è superata: e con essa si stinge l'interpretazione dantesca della «compagnia picciola» che dicevo.
8. Preferisco il Lager di Pound a questo tipo di funzione del poeta che l'ottava domanda implica, in nome del buon senso e dell'opinione media e quindi ufficiale. Dante ha passato una straziante vita in esilio, per rispondere di no a simili pretese dell'establishment, facilmente retrodatabili al suo tempo.
9. «Più specificamente» credo che il recupero dei valori in cui Dante credeva non sia possibile, sempre per via di quella strada anti-dantesca che ha preso l'Italia, fino ad arrivare alla controriforma e all'attuale borghesia profondamente nemica di ogni sorta di realismo, anche religioso. Recuperare quei valori, poi, attraverso l' elaborazione delle grandi borghesie europee che hanno continuato, in qualche modo, lo spirito comunale, è altrettanto impossibile, perché i valori del neocapitalismo non sono religiosi, né sono equivalenti, se non in senso aberrante, a quelli religiosi. È chiaro che dietro ogni tecnico si nasconde un mistico: ma che mistico?
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