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Biografia, lavori in corso - a breve anche il 1974 e il 1975

sabato 8 gennaio 2022

Due domande a Pasolini a cura di Fr. Pal. - L'Avanti 23 dicembre 1965, pagina 3

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro



Due domande a Pasolini a cura  di  Fr.  Pal. 

L'Avanti 23 dicembre 1965
pagina 3


Prima domanda:
In che cosa  le  « autentici­tà »  di  Moravia  si  distingue dal  « realismo »?,  e  crede  che quella  autenticità  o  realismo debbano   pre-esistere   all’in­terno   della   dimensione   — psicologica,    sociale,    stori­ca  —  che  si  prende  in  esame  nel  lavoro  artistico?,  e in  che  misura  ritiene  che  u­na ideologia  possa  costituire metodo  di  ricerca? 
Risposta
L'autenticità  di  cui  parla Moravia  è  una  cosa,  l’auten­ticità  del  libro  è  un'altra  co­sa.  Ciò  che  dice  il  personag­gio  che  si chiama  « io »  nell'« Attenzione »  non  va  con­siderato  attendibile.  E ’  uno scherzo.   E’ straordinaria­mente  critica  l’intuizione  del traduttore  inglese   che   ha dato  al  libro  il  titolo  « Sto­ria  di  una  bugia ».  Infatti tutto  ciò  che  dice  il  perso­naggio  del  libro  è  bugiardo. Egli  non  può  dire  la  verità. Può  viverla  a  patto  di  non dirla.
Si  tenga  perciò  presente questo  dato  bruto  e  lettera­le  della  « trama  del  roman­zo »:  in  una  delle  ultime  cin­que  o  sei  pagine  del  libro,  il personaggio-protagonista   in prima  persona,  confessa  che era  lui il cliente  che  era  com­parso  alla  figliastra,  nel  pri­mi  giorni  della  sua  vita  di prostituta   (mancata),   nello specchio. Cosa  significa  questo?  Si­gnifica  che  tutto  il  libro,  fi­no  alla  quintultima  o  se­stultima   pagina,   è   stato costruito   su   un’omissione volontaria.  Il  lettore  è  cioè stato  giocato,  come  in  un  ro­manzo  d’evasione  o  di  puro intreccio,  da  uno  scherzo  del­l’autore.  Il  non  aver  detto, appositamente,    che    quel cliente  apparso  alla  figliastra spinta  alla  prostituzione  dalla madre,  era  lui, ha  un  peso determinante   sul  libro   in due  sensi:

1)  Toglie  ogni  at­tendibilità  al  diario  teorico-morale  tenuto  dal  protagoni­sta,  perchè  non  può  essere « vero »  il  diario  di  chi  omette  volontariamente  un  da­to  così  importante,  anzi, sostanziale,  come   quello   che ho  detto.  Il  diario  si  presen­ta  dunque  — alla  luce  di questa  omissione  — come  un gioco  intellettualistico  di  in­telligenza,  un  pastiche, am­biguo  e  condotto  diabolica­mente  come  qualcosa  di  can­giante  tra  lo  scherzo  e  la  se­rietà,  ai  danni  del  lettore.

2)  Vanifica  la  storia  d’amore del  protagonista-narratore con la  figlia  Baba,  perchè  non può  essere  presa  sul  serio una  storia  d’amore  basata  su un’omissione  che  è  quasi  u­no freddura:  infatti  tutta  la storia  d'amore  è  «  data  per data »,  è  ontologia  e  mecca­nica. 
E  allora?  Il  vero  libro  è  il rapporto  tra  il protagonista e  sua  moglie  Cora.  Il  per­sonaggio   più  misterioso   e poetico  di  Moravia:  così  mi­sterioso  e  poetico,  che  egli non  può  affrontarlo  di  petto, descrivendolo  a  tutto  tondo, come  usa  fare:  non  può  im­padronirsene  insomma.    Da qui  è  nato  l’intrigo  intellet­tualistico  del  libro  come  « li­bro  da  farsi ».  Infatti  Moravia  non  avrebbe  mai  potuto fare  Cora  se  non  attraverso questa  tecnica  reticente  e  al­lusiva,  questo  fare  non  fa­cendo.  Così  Cora  è  l’autenti­cità  del  romanzo.   Ed  è  il mistero  di  una  carogna  di pecora  sul  mare,  di  un  so­gno,  di  un  volto  fatto  ros­seggiare  dal  tramonto,  di  un cancro,  di  un  seppellimento girato  da  Charlot  o  da  Bergman.  Per  la  prima  volta, senza  ammetterlo,   Moravia ha  accettato  e  subito  l’« ir­razionalità  del  reale ».  Così tutto  quello  che  dice  il  protagonista-narratore.  sul  rea­le,  è  un  gioco,  a  cui  il  ra­zionalista  Moravia,  con  sag­gezza o  cinismo,  non  crede. Egli  afferma  sempre  che  l’u­nico  modo  per  afferrare  la realtà  è l’ideologia.  E  questo è  vero.  Nel  caso  dell’« Atten­zione»  questa  ideologia  non è  però  quella  tipica  pratica­ta  da  Moravia:  è  un  altro  ti­po  di  ideologia,  l'ideologia del  « personaggio  da  farsi »come  prova  o  ammissione della  conoscibilità  solo  in­diretta  e  casuale  del  reale  ».

Seconda domanda
Ha  voluto  in  questo   suo ultimo  libro  («Alì  dagli  occhi azzurri»)  darci  qualche  risul­tato  delle  polemiche  su  «  la lingua  nazionale »?,  e,  dopo i   suoi   primi   romanzi,   per quale  soddisfazione  nei  risul­tati  ha  preferito  affidare  quasi  tutta  la  sua  ultima  « nar­rativa »   al   linguaggio   cine­matografico?

Risposta
« Alì  dagli  occhi  azzurri » è  una  raccolta  di  racconti, per  lo  più  inediti,  che  vanno dal  '50  al  '65.  Sono  cose  che hanno  preceduto  o  fiancheg­giato  la  mia  narrativa  di  que­sti  lustri,  compresa   quella cinematografica.    Considero le  prime  cento  pagine,  quelle che  sono  state  scritte  dal  ’50 al  ’51-’52  —  e che  non  ho mai  pubblicato  —  tra  le  mie cose  migliori.   Quanto   alla destinazione  o  alle  ragioni del  libro  nel  suo  insieme, posso  riportare  qui  una  paginetta  di  prefazione  — che non  ho  poi  pubblicato,  ma che  in  questa  sede  si  può leggere  utilmente  (il  riferi­mento  al  metro  poetico è puramente  casuale):

Vaneggiando e  brindando


Barbarolessi?  /  
Sì. ma  ir­landese.  / 
(Sono  gli  altri  i Franceschi  Colonna).  / 
E  per­ciò  ripropongo  questi  testi  / 
non  classicistici,  / 
al  nuovo spirito  monoclasse:  /  
e  li  de­dico  agli  operai  torinesi  che parlano  in  italiano.  / 
Quivi (in  questi  testi)  / 
l’urbaniz­zazione  era  quella  classica  di italiani  profughi  / 
non  si  era ancora  avuto  il  poema  delle migrazioni  interne   / 
Oggi, uno  mio  protagonista  potreb­be,  è  vero,  essere  un  poeta ceco.  /  
Ma  tuttavia  quei  mor­ti  vivono  ancora,  / 
anche  se visti  per  televisione  in  Afri­ca.  / 
Come  un  suonatore  d'ar­pa  birmana  voglio  seppellirli e  non  dimenticarli.  / 
Quando avrò  compiuto  il  dovere  di becchino  non  battezzato  / 
af­fidando  a  Garzanti  l'incarico di  allestire  tombe  e  bare,  / 
andrò  per  l’Italia  con  occhio non  meno  affascinato,  / 
men­tre  i  cadaveri  dei  napoletani fischiettano  ancora  a  Roma  / 
(e  ballano  l’high  life  quelli degli  Ibo  inurbati  a  Lagos),  / 
Comunque  anche  i  vivi  sono altrettanto  cari  / 
al  cuore  del suonatore  birmano!  / 
Ringra­zio  gli  uomini  a  uno  a  uno per  essere  così  buoni,  / 
per aver  dato  tante  manifestazio­ni  d'amore non riconosciuto,  / 
Ringrazio  Kubista,  per  i  suoi quadrucci  inameni  /  
e inden­ni  da  falsa  pittura,  e  così Kupka  / 
che  dipingeva  in  un umile  anno  del  principio  del secolo  /  
con  un  amore  pro­fondo  per  il  grigiore  e  la  du­rezza;  / 
ringrazio  Janacek  , per  la  sua  opera  / 
dove  si  ri­conosce  l’amore  che  si  fa  trai cespugli,  (.....)   / 
l’amore quello  veramente  vero.  / 
nel grigiore  e  la  durezza  di  una musica  sema  paura.  / 
Ringra­zio  i  piccoli  pittori  d’una  nazione-provincia,  / 
soprattutto Kotàki,  col  suo  realismo  di classico  terrorizzato,  / 
che  ri­conosce  con  amore  gli  oggetti a  uno  a  uno.  / 
in  un  mondo dove  si  compie  il  miracolo della  Boemia.  / 
Ringrazio  lo scrittore  Mnoncko  per  la  sua testardaggine  /  
e  il  poeta  Novomensky  per  il  suo  occhio azzurro  / 
che  soggioga  il  Tur­co.  /  
E,  a  proposito  di  Tur­chi  — eccomi  sulla  coltre  del­le  alluvioni,  / 
tormentato  da spese  vive,  /  
a  disseppellire i  dodici  capitoletti  neonatura­listici  / 
della  storia  di  una Melisenda   della   Terra  del  Mazzoni.  / 
e  i  XLIII  para­grafi  alessandrini   / di  una notte  del  ’57.  / 
...il  poeta  ce­co  / 
attende  nella  fantasia  / 
sostituendo  Charles  de  Foucauld  e  Bestemmia.  / 
............C'è  un  verdino  veronese  e  un rosso  fragola  così  intensi  / 
nell’aria,   / 
che  il  problema del  decentramento  del  pote­re  /  
e  della  continuazione  del­la  rivoluzione.....  /

(a cura  di  Fr.  Pal).




@Eretico e Corsaro - Le Pagine Corsare

Curatore, Bruno Esposito

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