"Le pagine corsare "
dedicate a Pier Paolo Pasolini
Eretico e Corsaro
La meglio gioventù di Pier Paolo Pasolini
La lingua “naturaliter poetica”
come codice estetico e simbolico.
La raccolta poetica La meglio gioventù di Pier Paolo Pasolini rappresenta uno dei vertici della poesia dialettale italiana del Novecento. Pubblicata nel 1954, essa raccoglie testi composti tra il 1941 e il 1953, prevalentemente in friulano, e si configura come un canzoniere che intreccia autobiografia, mito, memoria collettiva e riflessione politica. L’opera, dedicata a Gianfranco Contini, si colloca all’incrocio tra la crisi della lingua poetica italiana, la riscoperta delle radici popolari e la tensione verso una lingua “vergine”, capace di restituire la realtà nella sua immediatezza e autenticità.
La meglio gioventù nasce in un periodo di profonde trasformazioni per l’Italia: la fine della Seconda guerra mondiale, la caduta del fascismo, la ricostruzione, l’avvento della Repubblica e l’inizio del boom economico. In questo scenario, la questione della lingua assume un ruolo centrale: il fascismo aveva tentato di imporre l’italiano standard, reprimendo i dialetti e le identità locali. Nel dopoguerra, la riscoperta delle culture regionali e delle lingue minoritarie diventa anche una forma di resistenza e di rivendicazione identitaria. Pasolini si inserisce in questa dinamica scegliendo il friulano come lingua poetica, in polemica con la tradizione letteraria italiana e con la cultura borghese dominante. La sua operazione si pone in continuità con la stagione della poesia dialettale novecentesca, che da Salvatore Di Giacomo a Virgilio Giotti aveva progressivamente emancipato il dialetto dal ruolo di lingua subalterna, comica o folclorica, per farne strumento di espressione lirica e di esplorazione dell’io.
Il Friuli, e in particolare Casarsa della Delizia, paese natale della madre di Pasolini, diventa per il poeta un luogo mitico, simbolo di un’umanità arcaica, di una società pre-capitalistica e di una religiosità primitiva, in opposizione alla devastazione della storia e della modernità. La scelta di ambientare le poesie in Friuli e di utilizzare il friulano occidentale (casarsese) risponde a un’esigenza di autenticità, di ritorno alle origini e di ricerca di una lingua pura, non corrotta dalle mediazioni letterarie e intellettuali.
Pier Paolo Pasolini nasce a Bologna nel 1922, da padre romagnolo e madre friulana. L’infanzia e l’adolescenza sono segnate da continui spostamenti, ma Casarsa rimane il punto di riferimento affettivo e simbolico, luogo delle vacanze estive e della memoria familiare. Il rapporto simbiotico con la madre Susanna Colussi e la distanza dal padre segnano profondamente la sua sensibilità e la sua visione del mondo.
Nel 1942, a causa della guerra, Pasolini si rifugia con la madre e il fratello Guido a Casarsa. Qui fonda una scuola privata per i ragazzi contadini e si immerge nella vita rurale, entrando in contatto diretto con la parlata locale e con la realtà sociale del Friuli. L’esperienza educativa e la partecipazione alla vita del paese contribuiscono alla maturazione della sua poetica e della sua coscienza politica. La morte del fratello Guido, partigiano della Brigata Osoppo, nel 1945, segna un trauma profondo e alimenta il senso di perdita, di lutto e di nostalgia che attraversa tutta la produzione friulana. Nel 1950, a seguito di uno scandalo giudiziario e dell’espulsione dal PCI, Pasolini è costretto a lasciare il Friuli e si trasferisce a Roma. L’esperienza friulana, tuttavia, rimane centrale nella sua memoria e nella sua produzione poetica, come testimonia la pubblicazione de La meglio gioventù nel 1954 e, vent’anni dopo, de La nuova gioventù (1975).
La meglio gioventù viene pubblicata nel 1954 dall’editore Sansoni, con una dedica a Gianfranco Contini. La raccolta si articola in due grandi parti, che riflettono due momenti della poetica friulana di Pasolini:
Prima parte: Poesie a Casarsa (1941-1943) e Suite friulana (1944-1949), entrambe suddivise in ulteriori sezioni (Casarsa, Aleluja, La Domenica uliva; Linguaggio dei fanciulli di sera, Danze, Lieder).
Seconda parte: El Testament Coràn (1947-1952) e Romancero (1953), quest’ultima articolata in I Calùs e Il Vecchio Testamento.
Ogni poesia è accompagnata dalla traduzione italiana d’autore, a sottolineare la dimensione bilingue e la funzione di ponte tra due mondi linguistici e culturali.
Le prime sezioni (Poesie a Casarsa, Suite friulana) hanno carattere prevalentemente autobiografico e lirico, con componimenti brevi, spesso in terzine di endecasillabi o quartine di settenari, influenzati dalla poesia simbolista e liberty europea (Pascoli, Rimbaud, Mallarmé, Lorca, Machado). Le sezioni successive (El Testament Coràn, Romancero) accentuano i toni epici e narrativi, con una metrica più sperimentale e un’attenzione crescente ai temi sociali e politici, in particolare la condizione dei contadini friulani nel dopoguerra.
La decisione di scrivere in friulano nasce da una duplice esigenza: da un lato, la ricerca di una lingua “antichissima eppure del tutto vergine”, capace di restituire la realtà nella sua purezza originaria; dall’altro, la volontà di opporsi all’usura della lingua letteraria italiana e alla politica di omologazione linguistica del fascismo. Pasolini vede nel friulano una lingua “naturaliter poetica”, non ancora corrotta dalla tradizione scritta, e lo assume come codice estetico e simbolico, più che come strumento di rappresentazione realistica.
Il friulano utilizzato da Pasolini non è quello genuino della parlata locale, ma una lingua libresca e artefatta, frutto di una “violenza linguistica” che tende a fare del casarsese una koiné friulana e una sorta di linguaggio assoluto, inesistente in natura. Solo dopo un lungo apprendistato dialettale, grazie al contatto diretto con i contadini e alla fondazione dell’Academiuta di lenga furlana, Pasolini raggiunge una maggiore padronanza del dialetto autentico, come dimostra il rifacimento linguistico delle poesie del 1942 confluito nella raccolta del 1954. Il risultato è un idioletto poetico, una lingua personale e selettiva, che si colloca tra la realtà parlata e la trasfigurazione simbolica, e che spesso si rivela intraducibile o solo parzialmente traducibile in italiano.
La presenza costante della traduzione italiana a piè di pagina non è solo un espediente filologico, ma parte integrante del progetto poetico: il friulano e l’italiano convivono come due testi simultanei, in un rapporto di tensione e di scambio che riflette la condizione di bilinguismo e di marginalità dell’autore.
Il tema del mondo contadino è centrale in La meglio gioventù. Pasolini rappresenta la vita rurale friulana come un universo arcaico, scandito dai ritmi della natura, dai lavori agricoli, dai riti collettivi e dalla religiosità popolare. La campagna diventa luogo di autenticità, di innocenza e di resistenza alla modernità, ma anche scenario di miseria, fatica e sfruttamento. Nelle poesie dedicate ai contadini, Pasolini esprime un amore disperato per una società pre-capitalistica, minacciata dalla devastazione della storia e dal progresso. La lingua friulana, con la sua concretezza e la sua musicalità, si fa veicolo di questa realtà, restituendo i colori, gli odori, i suoni e le emozioni della vita agreste.
Il tema della giovinezza attraversa tutta la raccolta, sia come nostalgia dell’infanzia perduta sia come esperienza collettiva della generazione friulana costretta all’emigrazione. La poesia che dà il titolo alla raccolta, La meglio gioventù, è dedicata ai giovani che lasciano il paese per cercare lavoro all’estero, affrontando l’ignoto e la perdita delle proprie radici. La partenza dei giovani è vissuta come un dramma esistenziale e sociale: la “meglio gioventù” abbandona il paese, impoverendo la comunità e rinunciando alla propria spensieratezza e libertà. La poesia si fa testimonianza di un destino amaro, in cui la nostalgia e la malinconia si mescolano a una corale euforia, a una vitalità che cerca di resistere al dolore del distacco.
La riflessione sulla lingua è uno dei nuclei tematici più profondi della raccolta. Il friulano diventa per Pasolini la lingua della memoria, della nostalgia e del mito: una lingua materna, arcaica, capace di evocare un tempo perduto e di restituire la realtà nella sua concretezza sensuale. La nostalgia non è solo sentimento individuale, ma anche consapevolezza storica della fine di un mondo e della perdita di valori autentici. La poesia si configura come tentativo di recuperare la memoria collettiva e di opporsi all’omologazione linguistica e culturale della modernità.
Accanto ai temi lirici e autobiografici, La meglio gioventù affronta anche questioni politiche e sociali. La condizione dei contadini, la miseria, lo sfruttamento, le lotte di classe e la resistenza antifascista sono al centro delle sezioni più mature della raccolta, in particolare El Testament Coràn e Romancero. Pasolini si avvicina progressivamente al marxismo e alla militanza politica, senza mai rinunciare a una visione poetica e simbolica della realtà. La poesia diventa così strumento di denuncia e di testimonianza, ma anche di riflessione critica sulla storia e sulla società.
La domenica uliva e Aleluja restituiscono la dimensione corale e rituale della vita contadina, con una lingua che si fa canto collettivo e memoria di una civiltà arcaica.La meglio gioventù e Suite furlana affrontano il dramma dell’emigrazione e della perdita della giovinezza, con un tono elegiaco e una musicalità che sottolinea la malinconia del distacco.O me donzel e Casarsa sono poesie della memoria e della nostalgia, in cui la lingua friulana diventa strumento di evocazione del passato e di costruzione del mito personale.El testament Coràn e Romancero segnano il passaggio a una poesia più impegnata, attenta alle questioni sociali e politiche, alla denuncia della miseria e dello sfruttamento.Il nini muàrt e Còrus in muàrt di Guido affrontano il tema della morte e del lutto, sia sul piano personale (la perdita del fratello) sia su quello collettivo (la guerra, la fine di un mondo).A na fruta e Dansa di Narcìs esplorano la dimensione erotica e sensuale, la tensione tra innocenza e peccato, tra desiderio e colpa.
Edizione critica a cura di Antonia Arveda (Salerno Editrice, 1998)Studi di Marta Garbelli (2023) sul casarsese pasolinianoTesi universitarie e saggi recentiArticoli e commenti divulgativiCentro Studi Pier Paolo Pasolini di Casarsa






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