Benvenuto/a nel mio blog

Benvenuto nel blog

Questo blog non ha alcuna finalità di "lucro".
Viene aggiornato di frequente e arricchito sempre di nuovi contenuti, anche se non in forma periodica.
Sono certo che navigando al suo interno potrai trovare ciò che cerchi.
Al momento sono presenti oltre 1700 post e molti altri ne verranno aggiunti.
Ti ringrazio per aver visitato il mio blog e di condividere con me la voglia di conoscere uno dei più grandi intellettuali del trascorso secolo.

giovedì 4 dicembre 2025

La meglio gioventù di Pier Paolo Pasolini - La lingua “naturaliter poetica”, come codice estetico e simbolico.

"Le pagine corsare " 

dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro


La meglio gioventù di Pier Paolo Pasolini
La lingua “naturaliter poetica”
come codice estetico e simbolico.

La raccolta poetica La meglio gioventù di Pier Paolo Pasolini rappresenta uno dei vertici della poesia dialettale italiana del Novecento. Pubblicata nel 1954, essa raccoglie testi composti tra il 1941 e il 1953, prevalentemente in friulano, e si configura come un canzoniere che intreccia autobiografia, mito, memoria collettiva e riflessione politica. L’opera, dedicata a Gianfranco Contini, si colloca all’incrocio tra la crisi della lingua poetica italiana, la riscoperta delle radici popolari e la tensione verso una lingua “vergine”, capace di restituire la realtà nella sua immediatezza e autenticità.

La meglio gioventù nasce in un periodo di profonde trasformazioni per l’Italia: la fine della Seconda guerra mondiale, la caduta del fascismo, la ricostruzione, l’avvento della Repubblica e l’inizio del boom economico. In questo scenario, la questione della lingua assume un ruolo centrale: il fascismo aveva tentato di imporre l’italiano standard, reprimendo i dialetti e le identità locali. Nel dopoguerra, la riscoperta delle culture regionali e delle lingue minoritarie diventa anche una forma di resistenza e di rivendicazione identitaria. Pasolini si inserisce in questa dinamica scegliendo il friulano come lingua poetica, in polemica con la tradizione letteraria italiana e con la cultura borghese dominante. La sua operazione si pone in continuità con la stagione della poesia dialettale novecentesca, che da Salvatore Di Giacomo a Virgilio Giotti aveva progressivamente emancipato il dialetto dal ruolo di lingua subalterna, comica o folclorica, per farne strumento di espressione lirica e di esplorazione dell’io.

Il Friuli, e in particolare Casarsa della Delizia, paese natale della madre di Pasolini, diventa per il poeta un luogo mitico, simbolo di un’umanità arcaica, di una società pre-capitalistica e di una religiosità primitiva, in opposizione alla devastazione della storia e della modernità. La scelta di ambientare le poesie in Friuli e di utilizzare il friulano occidentale (casarsese) risponde a un’esigenza di autenticità, di ritorno alle origini e di ricerca di una lingua pura, non corrotta dalle mediazioni letterarie e intellettuali.

Pier Paolo Pasolini nasce a Bologna nel 1922, da padre romagnolo e madre friulana. L’infanzia e l’adolescenza sono segnate da continui spostamenti, ma Casarsa rimane il punto di riferimento affettivo e simbolico, luogo delle vacanze estive e della memoria familiare. Il rapporto simbiotico con la madre Susanna Colussi e la distanza dal padre segnano profondamente la sua sensibilità e la sua visione del mondo.

Nel 1942, a causa della guerra, Pasolini si rifugia con la madre e il fratello Guido a Casarsa. Qui fonda una scuola privata per i ragazzi contadini e si immerge nella vita rurale, entrando in contatto diretto con la parlata locale e con la realtà sociale del Friuli. L’esperienza educativa e la partecipazione alla vita del paese contribuiscono alla maturazione della sua poetica e della sua coscienza politica. La morte del fratello Guido, partigiano della Brigata Osoppo, nel 1945, segna un trauma profondo e alimenta il senso di perdita, di lutto e di nostalgia che attraversa tutta la produzione friulana. Nel 1950, a seguito di uno scandalo giudiziario e dell’espulsione dal PCI, Pasolini è costretto a lasciare il Friuli e si trasferisce a Roma. L’esperienza friulana, tuttavia, rimane centrale nella sua memoria e nella sua produzione poetica, come testimonia la pubblicazione de La meglio gioventù nel 1954 e, vent’anni dopo, de La nuova gioventù (1975).

La meglio gioventù viene pubblicata nel 1954 dall’editore Sansoni, con una dedica a Gianfranco Contini. La raccolta si articola in due grandi parti, che riflettono due momenti della poetica friulana di Pasolini:

Prima parte: Poesie a Casarsa (1941-1943) e Suite friulana (1944-1949), entrambe suddivise in ulteriori sezioni (Casarsa, Aleluja, La Domenica uliva; Linguaggio dei fanciulli di sera, Danze, Lieder).

Seconda parte: El Testament Coràn (1947-1952) e Romancero (1953), quest’ultima articolata in I Calùs e Il Vecchio Testamento.

Ogni poesia è accompagnata dalla traduzione italiana d’autore, a sottolineare la dimensione bilingue e la funzione di ponte tra due mondi linguistici e culturali.

Le prime sezioni (Poesie a Casarsa, Suite friulana) hanno carattere prevalentemente autobiografico e lirico, con componimenti brevi, spesso in terzine di endecasillabi o quartine di settenari, influenzati dalla poesia simbolista e liberty europea (Pascoli, Rimbaud, Mallarmé, Lorca, Machado). Le sezioni successive (El Testament Coràn, Romancero) accentuano i toni epici e narrativi, con una metrica più sperimentale e un’attenzione crescente ai temi sociali e politici, in particolare la condizione dei contadini friulani nel dopoguerra.

La decisione di scrivere in friulano nasce da una duplice esigenza: da un lato, la ricerca di una lingua “antichissima eppure del tutto vergine”, capace di restituire la realtà nella sua purezza originaria; dall’altro, la volontà di opporsi all’usura della lingua letteraria italiana e alla politica di omologazione linguistica del fascismo. Pasolini vede nel friulano una lingua “naturaliter poetica”, non ancora corrotta dalla tradizione scritta, e lo assume come codice estetico e simbolico, più che come strumento di rappresentazione realistica.

Il friulano utilizzato da Pasolini non è quello genuino della parlata locale, ma una lingua libresca e artefatta, frutto di una “violenza linguistica” che tende a fare del casarsese una koiné friulana e una sorta di linguaggio assoluto, inesistente in natura. Solo dopo un lungo apprendistato dialettale, grazie al contatto diretto con i contadini e alla fondazione dell’Academiuta di lenga furlana, Pasolini raggiunge una maggiore padronanza del dialetto autentico, come dimostra il rifacimento linguistico delle poesie del 1942 confluito nella raccolta del 1954. Il risultato è un idioletto poetico, una lingua personale e selettiva, che si colloca tra la realtà parlata e la trasfigurazione simbolica, e che spesso si rivela intraducibile o solo parzialmente traducibile in italiano.

La presenza costante della traduzione italiana a piè di pagina non è solo un espediente filologico, ma parte integrante del progetto poetico: il friulano e l’italiano convivono come due testi simultanei, in un rapporto di tensione e di scambio che riflette la condizione di bilinguismo e di marginalità dell’autore.

Il tema del mondo contadino è centrale in La meglio gioventù. Pasolini rappresenta la vita rurale friulana come un universo arcaico, scandito dai ritmi della natura, dai lavori agricoli, dai riti collettivi e dalla religiosità popolare. La campagna diventa luogo di autenticità, di innocenza e di resistenza alla modernità, ma anche scenario di miseria, fatica e sfruttamento. Nelle poesie dedicate ai contadini, Pasolini esprime un amore disperato per una società pre-capitalistica, minacciata dalla devastazione della storia e dal progresso. La lingua friulana, con la sua concretezza e la sua musicalità, si fa veicolo di questa realtà, restituendo i colori, gli odori, i suoni e le emozioni della vita agreste.

Il tema della giovinezza attraversa tutta la raccolta, sia come nostalgia dell’infanzia perduta sia come esperienza collettiva della generazione friulana costretta all’emigrazione. La poesia che dà il titolo alla raccolta, La meglio gioventù, è dedicata ai giovani che lasciano il paese per cercare lavoro all’estero, affrontando l’ignoto e la perdita delle proprie radici. La partenza dei giovani è vissuta come un dramma esistenziale e sociale: la “meglio gioventù” abbandona il paese, impoverendo la comunità e rinunciando alla propria spensieratezza e libertà. La poesia si fa testimonianza di un destino amaro, in cui la nostalgia e la malinconia si mescolano a una corale euforia, a una vitalità che cerca di resistere al dolore del distacco.

La riflessione sulla lingua è uno dei nuclei tematici più profondi della raccolta. Il friulano diventa per Pasolini la lingua della memoria, della nostalgia e del mito: una lingua materna, arcaica, capace di evocare un tempo perduto e di restituire la realtà nella sua concretezza sensuale. La nostalgia non è solo sentimento individuale, ma anche consapevolezza storica della fine di un mondo e della perdita di valori autentici. La poesia si configura come tentativo di recuperare la memoria collettiva e di opporsi all’omologazione linguistica e culturale della modernità.

Accanto ai temi lirici e autobiografici, La meglio gioventù affronta anche questioni politiche e sociali. La condizione dei contadini, la miseria, lo sfruttamento, le lotte di classe e la resistenza antifascista sono al centro delle sezioni più mature della raccolta, in particolare El Testament Coràn e Romancero. Pasolini si avvicina progressivamente al marxismo e alla militanza politica, senza mai rinunciare a una visione poetica e simbolica della realtà. La poesia diventa così strumento di denuncia e di testimonianza, ma anche di riflessione critica sulla storia e sulla società.

Lo stile poetico di Pasolini in La meglio gioventù si caratterizza per una grande varietà metrica e ritmica. Nelle prime sezioni prevalgono componimenti brevi, spesso in terzine di endecasillabi o quartine di settenari, con una musicalità che richiama la poesia simbolista e liberty europea. Le immagini sono vivide, concrete, sensoriali, e restituiscono la realtà attraverso dettagli minuti e simboli naturali (acqua, fiori, campane, luce, ombra). Nelle sezioni successive, la metrica si fa più sperimentale e discorsiva, con un tono epico e narrativo che accompagna la riflessione sociale e politica. 
Il registro linguistico oscilla tra la semplicità colloquiale e la raffinatezza letteraria. Il friulano di Pasolini è un idioletto poetico, una lingua personale che seleziona e trasfigura elementi del casarsese, del friulano centrale, del veneto e dell’italiano, creando un codice estetico unico e spesso intraducibile.
La scelta di parole arcaiche, onomatopeiche e fonosimboliche contribuisce a creare un’atmosfera di sospensione temporale e di evocazione mitica. La traduzione italiana, sempre presente, sottolinea la tensione tra due mondi linguistici e la difficoltà di restituire la pienezza semantica e musicale del testo originale.

Fin dalla pubblicazione delle Poesie a Casarsa (1942), la poesia friulana di Pasolini suscita l’interesse della critica più avvertita. Gianfranco Contini, in una celebre recensione, parla di “prima accessione della letteratura dialettale all’aura della poesia d’oggi, e pertanto una modificazione in profondità di quell’attributo”. La raccolta viene riconosciuta come uno dei momenti fondativi della poesia neodialettale italiana e come esempio di rinnovamento linguistico e stilistico.

La critica ha sottolineato la complessità dell’operazione pasoliniana: da un lato, la scelta del dialetto come lingua della poesia pura e della memoria; dall’altro, la tensione tra autenticità e artificio, tra adesione alla realtà e trasfigurazione simbolica. Alcuni studiosi hanno evidenziato il rischio di una visione mitica e idealizzata del mondo contadino, mentre altri hanno messo in luce la dimensione autobiografica e la funzione di resistenza culturale e politica. Negli ultimi decenni, l’opera è stata oggetto di nuove letture, che ne hanno valorizzato la dimensione plurilinguistica, la riflessione sulla crisi della modernità, il rapporto tra lingua, corpo e identità, nonché le implicazioni gnostiche, cristiane ed erotiche di molti testi. 

La meglio gioventù rappresenta il laboratorio poetico e linguistico da cui si sviluppa tutta la successiva produzione pasoliniana. La riflessione sulla lingua, la tensione tra purezza e contaminazione, il rapporto con il mondo popolare e la critica alla modernità ritornano nei grandi libri in italiano, come Le ceneri di Gramsci (1957), La religione del mio tempo (1961), Poesia in forma di rosa (1964), e nelle opere narrative, teatrali e cinematografiche. Il bilinguismo, la sperimentazione linguistica e la ricerca di una lingua “altra” diventano tratti distintivi dell'opera pasoliniana, che si confronta costantemente con la crisi della modernità e con la perdita delle radici culturali e antropologiche.

La meglio gioventù è considerata uno dei capolavori della poesia dialettale italiana e un modello per le generazioni successive di poeti neodialettali. L’opera contribuisce a ridefinire il ruolo del dialetto nella letteratura nazionale, sottraendolo alla marginalità e alla subalternità, e affermandolo come lingua della poesia, della memoria e della resistenza. La raccolta si inserisce nel dibattito novecentesco sulla crisi della lingua, sulla funzione della poesia e sul rapporto tra individuo e collettività, anticipando molte delle tematiche che saranno centrali nella letteratura e nella cultura italiana degli anni Sessanta e Settanta.

Alcuni critici hanno individuato nella raccolta una tensione gnostica, una dialettica tra luce e oscurità, bene e male, presenza e assenza del divino. Il motivo dell’abbandono, della solitudine e della “divina indifferenza” richiama la tradizione gnostica e la poesia di Montale. Al tempo stesso, la religiosità popolare, i riti collettivi e la figura materna rimandano a un cristianesimo arcaico e sentimentale, che si intreccia con la nostalgia dell’infanzia e della purezza originaria. La poesia friulana di Pasolini è attraversata da una sensualità diffusa, da un’attenzione al corpo, ai sensi, alla fisicità della lingua e della realtà. Il dialetto diventa lingua del corpo, dell’immediatezza e dell’istinto, in opposizione all’astrattezza e all’intellettualismo della lingua nazionale. L’intera raccolta può essere letta come un grande poema della memoria e del mito personale. Casarsa, il Friuli, la madre, il fratello, l’infanzia, la giovinezza, la morte: tutto si trasfigura in simbolo, in archetipo, in figura di un destino collettivo e individuale.

La meglio gioventù (estratto):
Un puc ciocs a ciàntin la matina bunora
cui fassolès ros strens atòr la gola,
e a comàndin sgrausìs quatri litros di vjn
e cafè par li zòvjnjs che ormai tàzin planzìnt.
Vegnèit, trenos, ciamàìt chis-ciu fantàs
ch’a ciàntin cui so blusòns inglèjs e li majetis blancjs.
Vegnèit, trenos, puartàit lontàn la zoventùt
a sarcià par il mond chel che cà a è pierdùt.
Puartàit, trenos, pal mond a no ridi mai pì
chis-ciu legris fantàs paràs via dal paìs.

Traduzione italiana:

Un poco ubriachi cantano, alla mattina presto,
coi fazzoletti rossi stretti intorno alla gola,
poi comandano rauchi quattro litri di vino
e caffè per le ragazze, che ormai tacciono piangendo.
Venite, treni, caricate questi giovani
che cantano coi loro blusoni inglesi e le magliette bianche.
Venite, treni, portate lontano la gioventù
a cercare per il mondo ciò che qui è perduto.
Portate, treni, per il mondo, a non ridere mai più,
questi allegri ragazzi scacciati dal paese.

Questa poesia esemplifica la forza espressiva, la musicalità e la capacità evocativa del friulano pasoliniano, nonché il tema della diaspora giovanile e della perdita delle radici.

Negli ultimi anni, la ricerca su La meglio gioventù si è arricchita di contributi filologici, linguistici e critici di grande rilievo. Si segnalano in particolare gli studi di Marta Garbelli (2023) sul casarsese pasoliniano e il passaggio dalla “lingua inventata” alla “lingua imparata”, le tesi universitarie dedicate alla lingua e ai temi della raccolta, e i materiali divulgativi e didattici disponibili online, che offrono introduzioni, analisi e commenti accessibili a un pubblico colto ma non specialistico.

Le poesie che rappresentano i nodi tematici fondamentali della raccolta:

La domenica uliva e Aleluja restituiscono la dimensione corale e rituale della vita contadina, con una lingua che si fa canto collettivo e memoria di una civiltà arcaica. 

La meglio gioventù e Suite furlana affrontano il dramma dell’emigrazione e della perdita della giovinezza, con un tono elegiaco e una musicalità che sottolinea la malinconia del distacco.

O me donzel e Casarsa sono poesie della memoria e della nostalgia, in cui la lingua friulana diventa strumento di evocazione del passato e di costruzione del mito personale. 

El testament Coràn e Romancero segnano il passaggio a una poesia più impegnata, attenta alle questioni sociali e politiche, alla denuncia della miseria e dello sfruttamento.

Il nini muàrt e Còrus in muàrt di Guido affrontano il tema della morte e del lutto, sia sul piano personale (la perdita del fratello) sia su quello collettivo (la guerra, la fine di un mondo). 

A na fruta e Dansa di Narcìs esplorano la dimensione erotica e sensuale, la tensione tra innocenza e peccato, tra desiderio e colpa.

La meglio gioventù di Pier Paolo Pasolini è un’opera di straordinaria complessità e ricchezza, che intreccia autobiografia, mito, memoria, riflessione linguistica, impegno politico e tensione estetica. La scelta del friulano come lingua poetica, la costruzione di un idioletto personale, la capacità di restituire la realtà nella sua concretezza sensuale e simbolica, fanno di questa raccolta un capolavoro della letteratura italiana del Novecento e un modello per le generazioni successive di poeti e scrittori.
L’opera si impone come testimonianza di un mondo in via di scomparsa, ma anche come laboratorio di sperimentazione linguistica e stilistica, luogo di resistenza alla modernità e di ricerca di autenticità. La ricezione critica, le edizioni filologiche, le interpretazioni contemporanee e l’influenza sulla produzione pasoliniana e sulla poesia dialettale italiana confermano la centralità di La meglio gioventù nel panorama letterario e culturale del Novecento.

Le fonti utilizzate per per realizzare questo breve saggio comprendono edizioni critiche, studi filologici, saggi accademici, materiali divulgativi e risorse varie, tra cui:

Edizione critica a cura di Antonia Arveda (Salerno Editrice, 1998)
Studi di Marta Garbelli (2023) sul casarsese pasoliniano
Tesi universitarie e saggi recenti
Articoli e commenti divulgativi
Centro Studi Pier Paolo Pasolini di Casarsa

In sintesi, La meglio gioventù è il luogo in cui Pasolini elabora la sua personale mitologia delle origini, la sua lingua della poesia, la sua visione del mondo e della storia, in un intreccio inestricabile di memoria, nostalgia, impegno e sperimentazione.

Bruno Esposito

Curatore, Bruno Esposito

Grazie per aver visitato il mio blog

Nessun commento:

Posta un commento